Il brutto anatroccolo
Uelaaaaaaaa! Ciao bella gente! Eccomi ritornata con una nuova fic.
Stavolta sarà un pò più lunghetta e spero di
piacevole lettura. Finalmente ho finito con il controllo ortografico
(porca paletta quanti errori!...) e così ho deciso di postare in
questo solenne giorno, Venerdì 07 Novembre Anno Domini
2008, il primo capitolo.
Ci tengo a dire che il titolo non c'entra niente con il film che
è uscito (non mi ricordo più) tempo addietro. Parla
comunque di un cambiamento in una certa persona e il conseguente cambio
di atteggiamento di altre persone che ruotano attorno a questa
persona...so che non avete capito niente, ma per chi mi conosce sa
benissimo qual è il mio pairin preferito.
Che dire...spero ovviamente di ricevere qualche commento di
incoraggiamento o di abbandono definitivo alla professione di
scrittrice. Mi rimetto completamente nelle vostre mani e al vostro buon
senso di non cacciarmi da questo sito.
Come ultima notizia, e poi non scoccio più, posterò una volta alla settimana, sperando che non ci siano intoppi.
Mi pare di aver detto tutto e se avessi qualcos'altro ve lo comunicherò successivamente. A voi il primo capitolo!
Besitos!
Kagome Higurashi, diciassette anni appena compiuti, frequenta l’istituto Sakkey di Tokyo e ha innumerevoli difetti:
Primo. È una secchiona.
L’intera classe non sopporta quel suo essere sempre la migliore,
quei voti così perfetti che la rendono automaticamente odiosa.
Il punto è che lei non si sente né migliore né
secchiona, ma le piace solo conoscere quello che ancora non sa.
Secondo. Veste male. A scuola
è obbligata ad indossare la divisa, ma quando torna a casa,
l’aspettano una tuta di tre taglie più grandi di lei e una
maglia da pre mamman in attesa di sei gemelli. Il punto è che
lei si sente a suo agio così.
Terzo. Porta gli occhiali.
Tutte le ore passate china sui libri le hanno indebolito la vista.
Nulla di particolare, sono solo occhiali da riposo, tuttavia, se vuoi
essere bella secondo i canoni delle fighette della sua classe, non devi
portare gli occhiali: piuttosto sbatti contro un muro, ma non portare
gli occhiali. Il punto è che Kagome preferisce evitare i muri.
Quarto. Odia Inuyasha NoTaisho.
L’ultimo è forse il difetto più grande, più
impensabile, più…più, che quella ragazza potesse
avere. Che era una ragazza, lo si capiva da quando ci si doveva
cambiare per fare educazione fisica perché entrava nello
spogliatoio delle ragazze.
Le venivano attribuiti altri, numerosi difetti, ma questi sono quelli
che saltano più all’occhio. Le ragazze della sua classe
sarebbero passate sul fatto che era una secchiona, che vestisse male e
che portasse gli occhiali, ma! (e questo è un “ma”
enorme…) non potevano tollerare che odiasse Inuyasha NoTaisho,
quello no! Era a dir poco impensabile che qualcuno non morisse ai piedi
di quel dio greco, sceso sulla terra per far impazzire le comuni
mortali. Inuyasha NoTaisho aveva i capelli del colore della luna e gli
occhi del colore del sole. Questo, era ciò che si diceva di
Inuyasha: bello come un dio. Tralasciamo il fatto che ha un corpo
statuario, dovuto agli allenamenti di basket che sostiene tutti i
giorni nel pomeriggio.
Lui era seduto esattamente vicino a Kagome e la ragazza pensava che tra
poco le sarebbe venuto un esaurimento nervoso. Continuava a prenderla
in giro, la spaventava, le rubava i quaderni, giusto per copiare ogni
tanto qualcosa. Quando si stancava, la mollava di punto in bianco e si
girava dall’altra parte. I primi tempi Kagome rimaneva interdetta
per quel comportamento, ma dopo che ebbe capito l’antifona, smise
di arrabbiarsi, lasciando che tutto le scivolasse di dosso. Non sentiva
nemmeno più i commenti che lui le faceva sul suo aspetto fisico.
Quel mattino non sarebbe stato tanto diverso dagli altri. Il professore
avrebbe interrogato e, dato che rimaneva solamente lei, sarebbe
scattata l’operazione di sfottimento. Kagome entrò in
classe e si sedette al suo banco in ultima fila, vicino alla finestra.
Si perse un attimo nei suoi pensieri prima di essere riportata alla
realtà dal suono della campanella. Tirò un sospirone e si
fece coraggio.
Quello che la tormentava di più non era tanto
l’interrogazione in sé, praticamente era preparata su
tutto e non temeva niente. La terrorizzava più che altro il suo
modo di parlare. Altro difetto che aveva la povera Kagome era che
portava…l’apparecchio per i denti. Questo la portava ad
avere una “s” sibilante, tendente allo sputacchio e questo
era il momento preferito da Inuyasha.
“Buon giorno ragazzi.” – disse il professore entrando.
“Buon giorno, professore.” – risposero i ragazzi
alzandosi in piedi. Con un gesto della mano, il profe li fece
accomodare.
“Molto bene…allora Higurashi, è pronta?”
– Kagome annuì. Inuyasha si girò completamente
verso di lei con un sorrisetto di vittoria sul volto e iniziò a
fissarla. Non era tanto per deconcentrarla, perché aveva notato
che una volta che la ragazza aveva iniziato a parlare nessuno la
fermava più, ma per vedere se sputava. L’interrogazione
iniziò e Kagome rispose tranquillamente a tutte le domande del
professore, purtroppo ogni tanto, sputacchiando. Prese un bel nove e
mezzo e questo sembrò raddrizzarle un po’ la giornata.
Finite le lezioni, tornò a casa dove non sapeva che il padre doveva darle una notizia particolare.
“Ciao tesoro, com’è andata oggi?” –
chiese l’uomo. Kagome non aveva mai detto niente al padre della
sua situazione in classe e anche quel giorno la sua risposta fu la
solita.
“Bene, grazie…” – i due si sedettero al tavolo
e pranzarono insieme, solo che la ragazza aveva notato che il padre
sembrava doverle dire qualcosa. Sembrava che avesse il fuoco sotto il
sedere. – “Devi dirmi qualcosa, papà?” –
l’uomo sobbalzò.
“Oh beh…ecco…” – Kagome aveva la
forchetta a mezz’aria e la bocca semi aperta e lo fissava da
dietro gli occhiali. Dopo che le venne la carne grea al braccio per la
posizione, poggiò la forchetta sul piatto e aspettò che
il padre parlasse.
“Che c’è?”
“Ecco…” – il padre tirò un sospiro e
cercò dentro di sé una forza nuova. Kagome era sempre
più stupita per quel suo comportamento. –
“…stasera avremo ospiti.” – Kagome lo
guardò un po’ perplessa. Tutto quel balbettamento per
degli ospiti?
“Tutto qui?” – il padre fece cenno di no con la
testa. – “E me pareva…chi viene ‘sto giro? Lo
zio Noriuky? Il nonno Takemaru?” – si bloccò e le
venne un colpo al cuore. – “Non verrà mica la zia
Berenice, vero?” – chiese terrorizzata. Di tutti i parenti
più serpenti che c’erano la zia Berenice batteva tutti.
Acida, zitella, scontrosa, sempre sul chi va là, quando vedeva
Kagome la ragazza veniva riempita di pizzicotti e di cinture di
castità. L’uomo negò violentemente con la testa.
Anche a lui la zia Berenice incuteva un certo…terrore.
“NO! NO! Per l’amor di Dio…” – Kagome si calmò.
“E allora chi viene?”
“Una…”
“Una?” – chiese Kagome avvicinandosi con la testa al padre. Ma cos’erano tutti quei misteri?
“Una donna.” – Kagome spalancò la bocca. Una donna? A casa sua poi?
=Ok Kagome…respira…= pensò la ragazza tra sé e sé.
“E chi è? La conosco?” – lo sguardo di Kagome era fisso sul piatto.
“No…” – il padre di Kagome prese
l’ennesimo respiro e si decise a raccontare tutto alla figlia.
– “Si chiama Kagura Oe. Lei
è…è…” – Kagome sgranò
gli occhi.
“Ti sei fidanzato?!?!?!” – lo sgomento aveva preso
possesso del volto di Kagome. Il padre annuì, colpevole. Kagome
non sapeva più che pensare. Aveva visto che l’umore di suo
padre era cambiato, ma da li ad avere una fidanzata…non se lo
sarebbe mai aspettato. – “Da quanto tempo va avanti questa
storia?”
“S-sei mesi…”
“Oh mio Dio…e perché me la fai conos…”
– Kagome si bloccò di scatto. Possibile che suo
padre…no dai! – “Vi…vi…vi
sposate?” – l’uomo annuì, felice di essersi
tolto quel peso. – “E QUANDO DOVEVO SAPERLO? NEL DUEMILA
MAI?”
“Kagome…io credo che sia venuto il momento di girare
pagina. Sono stanco di svegliarmi al mattino e ripensare ogni volta a
quel maledetto giorno.” – Kagome si rabbuiò
immediatamente. Lei lo ricordava perfettamente. –
“Vorrei…vorrei svegliarmi al mattino e trovarmi accanto
una donna che mi sappia amare, che non mi costringa a fare quello che
non voglio…” – Kagome si morse il labbro. Forse
aveva giudicato la situazione un po’ troppo in fretta. –
“…vorrei…vorrei essere felice. Stasera la
conoscerai e spero che ti piaccia, come piace a me. Oddio, non come
piace a me.” – Kagome rise. Infondo, che male c’era?
E poi non era tenuta a chiamarla mamma, no?
“Ok, ok…stasera conoscerò quest’incredibile
wonder woman. Certo che però me lo potevi dire, che ti
costava?” – fece notare la ragazza.
“Beh…io per primo mi devo ancora abituare all’idea
che mi sposerò…” – ammise il padre,
infossando la testa nel collo.
“Ah…beh, che ti devo preparare?” – l’uomo sbiancò.
“Oh beh…tranquilla…usciamo.” – Kagome scosse la testa, determinata.
“Non fai venire qui la tua futura moglie per poi portarla fuori
al ristorante. Dai, ci penso io. Tu va a farmi la spesa che io per oggi
penso anche di poter fare a meno di studiare.” – il padre
la guardò sinceramente grato. Kagome andò a farsi una
doccia e dopo dieci minuti scese con la sua tuta mega larga e si mise
dietro ai fornelli. Contando che aveva iniziato alle due e mezzo,
concluse il tutto verso le sette e Kagura doveva arrivare verso le
sette e mezzo. Aveva il tempo per un’altra doccia e per cambiarsi.
Era davanti all’armadio e non sapeva che mettersi. Di solito non
badava molto a cosa indossare, ma quella volta decise di fare
un’eccezione per il padre. Mise una gonnellina gialla e una
maglia verde con un paio di ballerine nere. Mise un filo di profumo e
scese giusto in tempo allo squillare del campanello. Il padre di lei
stava già andando ad aprire la porta, ma la figlia lo
bloccò, allarmandolo.
“Aspetta!” – Kagome diede un’ultima occhiata in
giro per assicurarsi che fosse tutto a posto e poi mollò il
padre. – “Adesso puoi aprire.” – l’uomo
aprì la porta e fece il suo ingresso una donna.
Una bellissima donna.
Kagome pensò che non aveva mai visto una donna così bella
in tutta la sua vita. Indossava un paio di pantaloni verdi e una maglia
dello stesso colore. I capelli rossi erano raccolti in un chignon e una
simpatica frangetta era sparpagliata per la fronte. Gli occhi erano
dello stesso colore dei capelli, resi ancora più belli da un
leggero velo di matita nera.
“Ciao Kagura…” – salutò l’uomo evidentemente emozionato.
“Ciao Naraku…” – lo salutò lei con un
leggero bacio sulla guancia. Kagome osservava suo padre mentre trattava
quella donna come se fosse stato un fiore delicato. La fece accomodare
e poi passò alle presentazioni.
“Kagura…lei è Kagome, mia figlia. Kagome, lei
è Kagura, la donna di cui ti ho parlato.” – Kagome
allungò la mano e prese quella di Kagura. Sentì la sua
mano liscia e vellutata e pensò che per averle in quel modo
doveva essere una persona non molto avvezza ai lavori domestici.
=Spero di non fare la fine di Cenerentola…= pensò Kagome che ormai si vedeva già sporca di fuliggine.
“E’ un piacere fare la sua conoscenza,
signora…” – rispose cortesemente Kagome con la sua
immancabile “s” sibilante.
“Il piacere è mio Kagome. Ti va se ci diamo del tu?”
– Kagome annuì e Naraku riprese a respirare.
“Bene…vogliamo accomodarci a tavola?” – si
accomodarono in sala da pranzo e Kagura fu molto sorpresa nel trovare
la tavola così riccamente imbandita. Naraku la condusse vicino a
lui e le spostò la sedia per farla sedere. Lei lo guardò
e lo ringraziò con un bel sorriso. Kagome si sedette senza tante
cerimonie, ma poi si alzò subito. Prese l’aperitivo e lo
servì a Kagura. Brindarono e la cena ebbe inizio. Ogni pietanza
era accompagnata da un commento della donna.
“Ma è buonissimo…non sapevo cucinassi così
bene, Naraku…” – disse Kagura assaporando un ottimo
branzino al cartoccio. Kagome rise per la situazione.
“Papà non è capace nemmeno di prepararsi un uovo in
camicia…” – disse Kagome imbarazzando il genitore.
Kagura la guardava non capendo.
“Ma allora…chi è che…” – Naraku
prese la mano della figlia, allibendo la futura consorte. –
“Sei stata tu?” – chiese meravigliata. Kagome
annuì. – “Beh…complimenti…”
– disse continuando ad assaporare ogni cosa. Arrivarono anche al
dessert e Kagura, nonostante fosse sazia, decise che un posticino per
il dolce ce lo avrebbe fatto stare. Assaggiò un pezzo di torta
al limone rimanendone conquistata. Chiese addirittura il bis,
complimentandosi ad ogni pezzetto con la ragazza.
La cena si concluse. Le due ebbero modo di conoscersi un po’ e si
trovarono abbastanza bene insieme. Naraku dovette assentarsi un attimo
perché doveva fare una telefonata urgente, lasciando così
da sole le due donne.
“Allora Kagome…non mi hai ancora detto quanti anni hai.” – disse Kagura.
“Diciassette.” – rispose lei sputacchiando.
“Porti l’apparecchio per caso?” – Kagome la guardò con ovvietà.
“Non si nota, vero?” – chiese mentre una fontanella le usciva di bocca. Kagura rise di gusto.
“Immagino che ti scocci portarlo, ma vedrai che quando lo toglierai avrai un bellissimo sorriso.”
“Lo spero…sono sei anni che non rido.” – Kagura adesso era allibita.
“Sei anni?”
“Si…” – disse sconsolata Kagome. – “…tutti a scuola mi prendono in giro.”
“Diamine come ti capisco…anch’io l’ho portato
e sono stati i cinque anni più brutti della mia vita.”
– dopo quel breve scambio di battute, ritornò ad esserci
il silenzio.
“Posso farti una domanda, Kagura?”
“Certo…”
“Ecco…non ti arrabbiare, ma…volevo sapere una
cosa…” – Kagome era molto imbarazzata. Solo in quel
momento si rese conto di quanto stupida poteva sembrare la sua domanda.
“Dai dimmi…”
“Ma tu…lavori?”
“Ehm…si…” – rispose lei con qualche perplessità. – “Perché?”
“Le mani…”
“Le mani?” – Kagura istintivamente se le toccò. – “Che hanno che non vanno?”
“Sono…belle…” – Kagura capì solo allora a cosa alludesse Kagome.
“Aaaahhh…perché sono così morbide,
dici?” – Kagome annuì. – “Non hai idea
delle quintalate di crema che ho dovuto mettere in questa settimana.
Erano così secche…”
“Secche?”
“Io abito da sola e non mi posso permettere la domestica, quindi
i lavori me li devo fare io.” – disse Kagura con un sorriso
comprensivo. Kagome divenne viola per l’imbarazzo.
“Hai…hai per caso una pala?”
“Una pala?”
“Per scavarmi la fossa…” – disse Kagome
affondando la testa nelle ginocchia. Kagura rise di gusto e in quel
momento arrivò Naraku.
“Ehi? Che succede qui?”
“Niente…parlavamo di…giardinaggio…” – disse Kagura ridendo.
“Giardinaggio?” – chiese Naraku guardando Kagome che era tutta rossa.
“Beh…per me è venuto il momento di tornare a casa.
Naraku, grazie per la bella serata. Mi ha fatto molto piacere
conoscerti, Kagome.”
“A-anch’io…” – Naraku accompagnò
alla porta Kagura e Kagome li spiò da lontano. Non aveva mai
visto suo padre in quello stato. Era peggio di un ragazzino al suo
primo appuntamento. Non che suo padre fosse brutto, per carità,
era un bell’uomo sulla quarantina e la sua bella figura la faceva
sempre. Quando tornò dalla figlia, aveva il fiato in sospeso.
“Guarda che puoi respirare, sai?” – Naraku buttò fuori l’aria tutto d’un colpo.
“Allora? Che te ne pare?”
“E’…una bella persona…mi piace.”
– quel verdetto lasciò di stucco il padre che
abbracciò di slancio la figlia.
“Non sai quanto sia importante per me, questo.
Grazie…” – Kagome abbracciava felice il padre. Era
contenta per lui.
“Ho messo tutto in lavastoviglie. Devi solo schiacciare il
bottone e chiudere lo sportello. Adesso vado a letto che sono un
po’ stanca.”
“Certo, certo…grazie mille, tesoro.” – Kagome si girò e lo salutò con un sorriso.
Capitolo uno concluso - stop
attendo fiduciosa commenti - stop
ora vado che è pronta la cena - stop
la smetto di scrivere come un'idiota - stop
Besitos!
Stop...
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