The Little Scarlet Rose
parte 47
Un’altra alba era giunta, un’altra alba, che in molti non
erano sicuri, di poter vedere e che, ogni volta, si ritrovavano ad accogliere
con un piccolo sorriso sulle labbra.
La Sala Grande, come d’abitudine, era piena di persone intente a fare colazione:
c’erano coloro che che avevano avuto il turno durante la notte, quelli che
praticamente vivevano nella ex scuola, quelli che sarebbero stati troppo soli
nelle proprie case, e quelli che semplicemente adoravano “scroccare” le
prelibatezze che gli elfi domestici preparavano. Un mix di gente e persone che
creava un’allegra cacofonia, in contrasto con il silenzio che, spesso e
volentieri, finiva per regnare non solo in quella scuola, ma nell’intero mondo
magico.
Harry adorava momenti come quello, osservare quelle
persone sempre così indaffarate, sempre insicure nell’avere o meno un domani,
così assolutamente non curanti, chiacchierare, ridere e scherzare.
Essere assolutamente normali, in quei tempi in cui la
normalità era un dono raro e prezioso.
Si voltò verso quello che un tempo era stato il tavolo
degli insegnanti, versandosi l’ultimo sorso di caffé presente nel bricco e
decidendo di riempire l’altro che aveva preso di latte e cacao.
«Tieni» mormorò poi, praticamente infilandolo sotto il
naso della figura che aveva puntato e poi raggiunto.
Quella non si prese neanche la briga di aprire gli occhi,
allungando una mano e recuperando a tentoni quanto le veniva passato.
Le prime parole dopo un iniziale mugugno di dissenso
furono «Non c’è caffé»
«E’ finito» fu la semplice risposta del moro, mentre
prendeva posto davanti a lei.
Biscotti… ci voleva qualcosa di dolce.
«Poi, qualcuno dovrà spiegarmi questa cosa del non rifare caffé
e simili… gli elfi che ci sono a fare?!» mormorò scocciata Mary,
stropicciandosi un occhio.
Harry sorrise divertito, rendendosi conto che la Darkness era ancora troppo addormentata per riuscire a risultare abbastanza convincente. O
abbastanza spaventosa.
«Hermione» mormorò in risposta lui, stringendo con una
mano la tazza, scaldandosi così il palmo.
«Infame babbana…» borbottò la moretta.
«Viziata Purosangue»
«Poi mi spieghi perché tu invece hai del caffé…»
«Il mio era l’ultimo rimasto»
«Egoista di un eroe»
«Così mi ferisci veramente sai?» sorrise lui, assolutamente
non toccato da quello scambio di battute.
Si, era decisamente troppo assonnata.
«Hai dormito bene?» gli domandò lei, la testa poggiata sul
tavolo, gli occhi grandi, chiarissimi il cui colore risaltava in contrasto con
la matita nera che li truccava, fissi su di lui.
«In maniera miracolosa, tanto da non poter credere che tu non
mi abbia infilato qualche intruglio strano nella sbobba di ieri sera» rispose
lui, stiracchiandosi indietro, e prendendo poi a dondolarsi sulla sera.
Si, era decisamente strano che fosse riuscito ad
addormentarsi la sera prima, considerato l’ennesimo paesino babbano attaccato…
non era il suo turno ed era stato lui stesso a suggerire ad Hermione di
tracciare una scheda per dividere i periodi di servizio ed evitare di risultare
troppo stanchi ed impreparati quando Voldemort avrebbe portato a termine
l’ennesima mossa, ma…
«Era solo una tisana… e poi sei uno con poca resistenza,
ti ho distrutto subito» concluse Mary, colorando le parole con una deliziosa
tinta maliziosa, gli occhi che le brillavano divertiti.
Harry scosse la testa, sbuffando in un risolino
sarcastico. «E ci credo, sai essere estremamente sfiancante quando attacchi
bottone. Non la finivi più di parlare. Ci sono tanti altri modi più proficui ed
interessanti per usare la lingua, sai?»
L’occhiata che gli lanciò la ragazza fu assolutamente
impareggiabile.
Harry sorrise, vincitore per il momento di quel piccolo
scontro, scuotendo la testa e, tornando a sedere composto, si allungo sul
tavolo, andando poi a scompigliare la capigliatura corvina della giovane
davanti a sé.
«E tu invece? Sei assolutamente esausta. Temo quasi di
chiederti cosa hai fatto dopo avermi rimboccato le lenzuola»
«Che devo aver fatto secondo te? Ho atteso la fine della
battaglia, placcato prima Draco e poi zio Severus e dopo, con tutti i dati che
sono riuscita a spillar loro, mi sono ammazzata per scrivere un articolo che
potesse essere pronto prima della stampa dell’International. Se consideriamo
poi che qui gli orari della colazione sono da schiavisti…» continuò a
lamentarsi lei.
«Povera bimba infelice e sfruttata»
«Non fossi troppo stanca ti avrei rovesciato questo latte
e cioccolato dove dico io»
«Paura…»
Si, troppo assonnata per risultare altro se non adorabile,
con quel broncio con cui cercava di intimorirlo al momento, ma Harry preferì
scacciare il pensiero mentre, con assoluta incuranza, si alzava e allontanava,
senza nessuna parola specifica, proprio così come era arrivato…
Nagini si avvicinò lentamente al suo Signore.
Sentiva il cuore del suo Lord battere velocemente,
intensamente, il potere che lo ammantava sembrava elettrizzare l’aria intorno a
loro.
Sibilando, strisciando sul suo piede, si arrampicò lungo
la sua gamba, sul fianco, fino ad avvolgergli le spalle, ritrovandosi ad
osservare i suoi occhi rossi.
«Nagini…» sospirò quell’essere.
Il serpente si sentì ammaliato dalla sua voce.
Non avrebbe mai voluto sentirne un’altra, se non quella,
così vibrante di forza e potere. Aveva sempre trovato fastidiosi gli umani, ma
il suo Signore era al di sopra di essi.
Effulvescente.
«Nagini, lo senti? Ormai è tanto tempo che tutto continua
ad andare avanti, sempre uguale. Non ti sei stufata di giocare?»
Il serpente fece sibilare la lingua nella bocca, scoprendo
i denti intrisi di veleno, mortali.
Si, si era stufata. Lo sentiva anche nei servi del suo
Signore… l’attesa.
E la trepidazione.
«Presto… molto presto… porremo fine a quest’inutile pausa,
che dura ormai da troppo tempo… troppo. E’ giunto il tempo che io mi riprenda
le loro vite… quelle vite che mi appartengono»
Ginny si guardò intorno, camminando lentamente, le mani
infossate nelle tasche del lungo cappottino nero che indossava.
Non sapeva ancora decidere se l’idea di recarsi a Diagon
Alley fosse stata buona o meno.
Era più o meno una vita che non vi metteva piede e, per
una volta, poteva affermarlo senza la solita ironia che la frase avrebbe
richiesto.
Da quando aveva preso l’identità della Piccola Rosa
Scarlatta le occasioni per uscire da Malfoy Manor non erano mai state molte… e
aveva sempre tentato di evitare di frequentare da sola luoghi che si sarebbero
potuti rivelare pericolosi, sia per quanto riguardava il suo stato fisico che
il suo stato mentale.
Lo aveva fatto solo in alcune occasioni che finivano
espressamente per richiederlo… e visitare una stradina ormai priva del proprio
brillante fascino non era di certo tra esse.
Forse, chissà, in quegli anni qualche scappatella ce
l’aveva pur fatta accompagnata da Draco ma… non la ricordava. Non doveva mai
essere stata di grande importanza.
E non ricordava certamente come si doveva essere
presentata la via magica ai suoi occhi.
A stento ormai la riconosceva.
Anche all’inizio del suo quarto anno vi era stato un progressivo
inaridimento tra la gente che la frequentava, ma da quando poi la guerra era
iniziata nel massimo della sua forza distruttiva, tutti avevano cominciato a
temere anche solo di uscire di casa.
A molti la paura aveva reso impossibile essere felici.
Nessuno si fidava e tutti si guardavano intorno sospetti,
sempre pronti a Smaterializzarsi al seppur minimo sentore di pericolo, ma ora
la situazione era decisamente degenerata.
Era ancora possibile percepire la vita intorno, ma la
gente che camminava per le vie era sempre serrata in gruppi, oppure preferiva
rimanere rintanata nei negozi e sbrigarsi negli acquisti.
Niente più chiacchiere frivole tra ragazze in cerca di
qualche capo d’abbigliamento, niente più risate di bambini che cercavano di
convincere i genitori a comprar loro qualche gioco, né le urla degli strilloni
che provavano di rifilare la loro merce a qualche povero sprovveduto.
Le vetrine continuavano a mettere in bella mostra i propri
prodotti, ma non c’era più quella cura di un tempo.
«C’è da dire che sicuramente non finiremo a terra a causa
di qualche disattento che ci viene addosso…» finì per mormorare,
soprappensiero.
Harry si voltò a guardarla, inarcando un sopracciglio.
«Diciamo di no… a meno che non si tratti di qualche
ragazzino che cerca di rubarti il portafoglio» aggiunse, piuttosto incolore,
continuando quel leggero gioco ironico che lei aveva iniziato.
«Ah, perfetto! Considerando che io non ho neanche uno
zellino addosso, non credo mi ritroverò nessuna mano addosso… o per lo meno nel
caso non subirei un gran danno» concluse lei, sorridendo divertita.
Si trovava bene con Harry.
Inaspettatamente era stato relativamente più semplice
riprendere a parlare con lui che con i suoi fratelli.
A parte il fatto che era uno dei pochi che, alla base, non
le scoccasse strane occhiate ogni volta che si incollava alle labbra di Draco,
aveva un modo assolutamente naturale di trattarla. Sembrava quasi aver preso
per dato di fatto l’enorme cambiamento che lei aveva avuto ed aver accettato il
tutto con una semplice alzata di spalle, senza stare poi a porsi tanti
problemi.
Aveva apprezzato profondamente la mancanza di strani tic
nervosi che a volte avevano finito per colpire i suoi fratelli, quando la
vedevano con i suoi abiti (nonostante tutto, li trovava decisamente
comodi…opinione che condivideva pienamente con Draco, sebbene lui la intendesse
in ben altro senso).
Ed in più si erano ritrovati, silenziosamente ed
inaspettatamente, a condividere piccole premure per Mary, finendo per passare
diverso tempo insieme.
E, se nel suo caso era cominciata per fare un favore a
Draco, non riusciva ad immaginare il perché che invece muoveva le azioni del
bambino sopravvissuto.
Sapeva semplicemente che, anche in quel momento, entrambi
si trovavano insieme perché Mary aveva voluto passare a comprare alcune cose
che sembrava le servissero.
Guardandosi intorno con espressione decisamente
distaccata, quasi non la riguardasse lo spettacolo per nulla piacevole che si
ritrovava in quel momento davanti agli occhi, incedeva lentamente davanti a
loro, imboccando gli ingressi dei vari negozi di cui necessitava i prodotti,
acquistandoli velocemente e con un ottimo senso critico.
A parte una nuova piuma Prendiappunti – che aveva
strappato una smorfia di disappunto ad Harry ed una conferma che «No, questa
non è incantata per raccontare frottole» da parte di Mary – ed una consistente
scorta di pergamene e cancelleria adatta ad una giornalista, i loro acquisti si
erano incentrati su pietre, piante particolari, ingredienti di pozioni.
Spesso avevano finito per parlare lei e la ragazza,
fermandosi raramente davanti a qualche vetrina con qualcosa che le incuriosiva,
mentre Harry, paziente, si era limitato a star loro dietro, controllando che
non ci fosse nessuno di sospetto nei paraggi, o che le due non corressero
particolari pericoli.
«Quanto tempo abbiamo ancora?» domandò la ragazza, voltandosi
a mezzi, per lanciare un’occhiata distratta al ragazzo che le accompagnava.
«Tranquilla, al momento non c’è alcuna fretta. Il mio
turno è stanotte, e non ho null’altro da fare oggi…» replicò Harry.
«Si, ma ragazzi, non per fare la solita guastafeste, o
magari no, anche per farla perché comincio ad avere fame, ma… tra meno di venti
minuti chiuderanno tutti per la pausa pranzo e riapriranno nel pomeriggio. E
poi dove ancora ci devi trascinare? A saperlo mi sarei messa qualcosa di più comodo»
mormorò la rossa, alzando un piede e mostrando gli stivaletti che portava ai
piedi.
Si, effettivamente il tacco non sembrava avere un’aria poi
così comoda, si ritrovò a pensare la mora, imbronciando leggermente le labbra.
«E’ che… non so, non mi va di rientrare al castello… ho
voglia di rimanere fuori E’ una vita che gli schiavisti non mi lasciano
uscire!» si lamentò la ragazza, con un’aria così infantile che Ginny finì per
dimenticare di essere lei la più piccola tra le due, sebbene di appena otto
mesi.
«Schiavisti?» le domandò, vagamente risentito il moro.
«Si, tu e quell’altro scocciatore di mio fratello…»
«Ripeto, schiavisti?»
«Preferisci il termine di balie stressanti e soffocanti? O
se mi lasci un po’ di tempo mi concentro e trovo altro che possa farti
maggiormente piacere, non devi preoccuparti» lo prese in giro la ragazza,
voltandosi a fronteggiarlo, le braccia strette davanti al busto, un
sopracciglio arcuato ed un sorrisino di scherno puro sulle labbra fine.
«Ti prego, non fare così che mi fai senso… Mi sembra di
star parlando con un Draco Malfoy effeminato – mormorò Harry, soprassedendo
all’immediato commento della rossa accanto a loro, che, per la “gioia” di
entrambi, si era offerta di decantare le lodi del biondo, per dimostrare come i
termini Draco Malfoy ed effeminato non potessero essere coniugati insieme in
alcun modo - comunque, credo preferirò il termine schiavista…»
«Quindi Mary?» li bloccò Ginny, prima che riprendessero a
perdersi in chissà quali altri battibecchi.
«Direi sarebbe meglio tornare ad Hogwarts a questo punto
però…»
Un leggero schiavista in sottofondo fece alzare gli occhi
al cielo al moro.
Era… divertente.
Si, era decisamente divertente vedere quel lato infantile
in quella ragazza che, i primi periodi in cui l’aveva conosciuta, aveva semplicemente
additato come “scocciante e fin troppo arrogante”.
«Ma se hai altre idee ti prego di rendere anche noi
partecipi. Magari questo aguzzino finirà per cedere alle tue lamentele…»
concesse, subito dopo.
«Restiamo a mangiare fuori… chiudiamoci da qualche parte
nella Londra Babbana, e quando riapriranno i negozi torniamo qui a completare
gli acquisti» propose la giornalista, subito dopo, con una luce negli occhi a
cui il moro non sarebbe stato decisamente in grado di dire di no.
Voleva rimanere fuori.
Si… era come assolutamente impossibilitata a rimanere al
castello. Chissà, magari era vero che le pressioni su di lei erano risultate
soffocanti. Considerato che lui stesso non l’aveva più fatta uscire per
settimane dopo che l’aveva salvata da Voldemort a Nocturn Alley, e che l’unica
uscita in quel periodo che la ragazza si era concessa era stata nel locale da
cui lui e Malfoy erano finiti per andare a ripescarla (al seguito della quale
anche il biondo aveva cominciato a farle pressioni perché non lasciasse mai il
castello)… forse si poteva immaginare perché si sentisse così desiderosa di
passare quanto più tempo le era possibile fuori da quelle mura.
«Sei impossibile. Che altro dovrai mai comprare!» esclamò
la rossa, avvicinandolesi e prendendola sotto braccio, mentre si avviavano
all’entrata della via, verso il retro del Paiolo Magico.
«Si avvicina Natale! Voglio cominciare a dare un’occhiata
per vedere se trovo qualcosa qui intorno…»
Harry prese a seguirle, mentre un leggero sorriso gli si
dipingeva in volto.
Ma sì, per una volta potevano concedersi di apparire
normali…
Anche se si avvicinava Natale…
Li vedeva radunarsi, sorpresi, in trepida attesa.
Si, tutti si rendevano conto che qualcosa si stava
muovendo.
Tutti…
E quel giorno si sarebbe mosso.
Era l’occasione che attendeva ormai da mesi…
riappropriarsi di un’arma che avrebbe dato nuovamente vita alla sua vittoria.
«Sono lieto di avervi qui, miei adorati Mangiamorte…»
Si sentiva felice, semplicemente.
Un’intera giornata all’aperto sembrava averla completamente
rinnovata.
Era stato un impulso che non aveva potuto reprimere, il
desiderio di uscire e fare qualcosa di diverso dalla sua solita routine.
Le scuse non le erano mancate ed Harry si era rivelato
decisamente paziente.
Dopo aver pranzato in un piccolo locale vicino al paiolo
magico avevano passeggiato per la Londra Babbana, attendendo la fine della pausa pomeridiana, ed infine erano tornati a Diagon Alley.
Si, lo sapeva che forse non era il posto più sicuro del
mondo, ma…
«Non trovi che sia stupenda?» mormorò, rivolgendosi a
Ginny, additandole una collanina dal laccetto in caucciù, con un ciondolo di
smeraldo, dalla forma a piramide stretta ed allungata, incastrata in una
montatura di acciaio.
«Potremmo regalarla a Draco» mormorò la rossa,
impensierendosi.
Mary si fece soprappensiero, osservandola critica.
«Credo sia più tipo da oro bianco, sai?»
«Facciamo che se la montatura era in argento, era perfetta
per lui» la prese in giro Ginny.
Le due si guardarono, con cipiglio furbo.
Ma sì, potevano regalarglielo comunque.
Fecero per entrare nel negozio, quando un leggero rumore
le distolse dal loro proposito.
Un fischio, un leggero sibilo, che le portò a girarsi.
«Si… si capisco… - Harry si era girato di spalle, la
bacchetta di traverso sulla mano, uno strano bagliore che non riuscivano a
mettere a fuoco, ed un bisbiglio di cui non captavano pienamente le parole.
Solo il cipiglio serissimo del ragazzo le portò ad allertarsi – Ok, arrivo
subito. Si, falli preparare, partiamo immediatamente»
Parole che non era possibile equivocare.
«Dobbiamo tornare ora» si voltò verso di loro,
comunicandogli la notizia con urgenza.
Ginny gli si avvicinò subito, pronta per smaterializzarsi,
ma Mary apparve subito più titubante.
Il moro provò immediatamente a richiamarla, ma lei scosse
la testa, tornando seria.
«Mary, niente capricci…»
«Nessun capriccio. Mi mancano delle foglie di Pirera ed
altre piccole cose. Sono nel negozio laggiù…»
«Non abbiamo tempo ora. Manderemo poi qualcuno a
prendertele e-»
«Vai… comincia a tornare che qualunque cosa sia hanno
bisogno di te. Tempo di prendere quelle cose e tornerò indietro anche io»
«E’ pericolo e-»
«No, non è pericoloso. L’attacco è da un’altra parte, e
più tempo perdi, più vite vanno perdute… sbrigati»
Harry si passo una mano tra i capelli, in un gesto di
stizza.
No, non l’avrebbe lasciata lì… assolutamente! A costo di
caricarsela in spalla e-
«Ok, rimango con lei, e controllo torni presto. Tu va
Harry»
Il moro si voltò verso Ginny, con gli occhi allargati
dalla sorpresa.
«Questo è ammutinamento!» esclamò, cercando di allentare
la tensione.
Bene, due così in spalla se le poteva caricare solo se
prima le schiantava, e Malfoy gli avrebbe fatto la pelle.
…
Ok, gliel’avrebbe fatta in qualunque caso e-
Nuovamente il fischio basso e fastidioso si espanse
nell’aria.
Era urgente… dannatamente urgente.
«Ok, ma appena avete fatto tornate indietro,
immediatamente. Sono stato chiaro?»
«Cristallino Comandante»
Ad Harry non restò che smaterializzarsi… un qualcosa per
cui sarebbe stato difficile perdonarsi poi in seguito…
Un sorriso, che su quel volto che ormai non poteva più
essere chiamato umano appariva quasi come un’ignobile ferita, si allargò nell’oscurità.
Perfetto.
Tutto assolutamente perfetto.
«Siamo pronti con la seconda fase mio Lord…»
«E allora diamo il via alle danze»
Harry si smaterializzò, lasciando le due ragazze sole
nella viuzza magica, a terminare i loro acquisti.
«Mi mancano solo alcune erbe, se ti va di accompagnarmi…»
mormorò Mary, rivolta alla rossa, dopo alcuni momenti di silenzio che erano
risultati un poco imbarazzanti.
Ginny scosse la testa, indifferente alla cosa.
Era stata una fortuna nella sfortuna che Harry avesse
fatto in tempo ad accompagnarle precedentemente anche a Nocturn Alley.
Di sicuro da sole non vi avrebbero mai messo piede ora…
entrambe avevano motivi ben validi nel cercare di evitare le persone che
frequentavano quell’oscuro quartiere.
«Dai, sbrigati, Harry ci ha detto di tornare presto indietro»
la richiamò Ginny, cominciando a scocciarsi mentre osservava la mora che
continuava a spostarsi tra i vari scaffali.
Quanto ancora aveva da acquistare? Considerato poi che era
tutto il giorno che giravano in ogni dove per reperire un po’ di tutto…
«Un solo istante» rispose Mary, mentre infilava la mano in
una cesta in cui erano raccolte delle foglioline dorate.
Si, quelle erano assolutamente necessarie… il ritrovato
migliore e meno intrusivo che conoscesse per aprire la mente.
Ne prese due pugni, evitando di schiacciarle, facendole
cadere in una bustina di carta scura.
Sbuffò divertita, notando che comunque due piccoli
frammenti di esse erano rimaste impigliate nella stoffa dei suoi guanti.
La portò alla bocca, soffiandoci piano, e quelle due
piccole foglioline dorate si alzarono in aria, prendendo poi a girare mentre
riscendevano verso la vesta.
I suoi occhi rimasero incantati dal loro movimento… era
quasi come se esse rallentassero il loro moto… piano… scendevano sempre più
piano…
Fu quasi con uno strattone che la sua mente la portò via
da lì, mentre la pupilla scompariva ed i suoi occhi si schiarivano, sfiorando
quasi il bianco.
Buio, nero, morte.
La serpe nel teschio ghignate.
Urla, sangue, orrore.
Morte, morte, morte.
«Lasciateli! Sono solo dei bambini!»
Un’ombra nera che si avvicina, che alza la bacchetta su
quelle piccole creature, le maestre che provano a tirarli in salvo.
Morte, sangue e disperazione…
«Mary! Riprenditi Mary!» due braccia la stavano
scuotendo, tenendola sollevata da terra. Ginny la stringeva, preoccupata.
L’aveva cercata e poi l’aveva vista lì, ferma immobile… non aveva capito che le
stesse succedendo, fino a che non l’aveva vista accasciarsi, come un burattino
senza fili.
L’aveva presa al volo, inginocchiandosi, tenendola stretta
al petto, nel tentativo di svegliarla.
La mora aveva aperto gli occhi, ed ora si guardava
intorno, terrorizzata.
«Calmati, calmati Mary… è tutto passato…» prese a
mormorarle cercando di essere in qualche modo tranquillizzante. Una cosa
decisamente difficile, considerato che lei stessa era abbastanza spaventata –
non era certo una cosa da lasciare stare come se niente fosse vedere una
veggente in una simile disastrosa situazione fisica.
«No… perché… no» mormorò solo la mora, passandosi una mano
sul volto, ad asciugare lo strato di sudore freddo che le imperlava la fronte.
Fu solo dopo che si accorse di ciò che doveva essere
successo, mentre cominciava a prendere contatto con la realtà. Le braccia di
Ginny erano un appiglio così solido, così…
Una risata maligna, fredda, dolorosa.
Si rimise immediatamente in piedi, scostando le braccia
che ancora la sostenevano e, barcollante, rivolse lo sguardo a terra, alla
ragazza che la guardava preoccupata, ancora inginocchiata a terra.
«Mary»
«Devo andare» mormorò lei, lo sguardo ancora fin troppo
dilatato, troppo sensibile, il fiato pesante che le scoteva il petto.
Ginny si alzò immediatamente, uscendo di corsa dal
negozio.
Avevano abbandonato tutto lì, sacchetti, acquisti, nulla
veramente importante.
L’altra era fuggita di scatto, come se avesse il diavolo
stesso alle costole… e conoscendo la Darkness, ci si poteva aspettare anche questo.
Ginny si mosse agile sugli impervi ed apparentemente
eccessivi tacchi, prendendo a dirigersi verso la via in cui aveva visto sparire
la particolare chioma della sorella di Draco.
«Fermati Mary!»
Un’ombra a pararlesi davanti.
Uno sguardo maligno in cui perdere il proprio.
Neanche il tempo di realizzare…. fu tutto nero.
Si, era quello il luogo.
L’aveva visto chiaramente – Merlino, aveva visto TUTTO
così chiaramente che non si sarebbe assolutamente potuta confondere. Se poi
sentiva quelle risate, voleva dire che era decisamente nel posto giusto.
In un unico gesto tirò su il cappuccio del suo mantello, a
coprirle il volto, recuperando la bacchetta da una tasca interna dello stesso,
facendo poi irruzione nell’asilo.
Quel bambini… presente e futuro si sovrapposero per un
attimo, lasciandola completamente disorientata e senza fiato.
Merlino…
«ANDATE VIA SE NON VOLETE MORIRE!» urlò, puntando la
bacchetta il alto.
La fiammata che si generò fece tremare i vetri dell’edificio,
spaventando a morte i bambini.
Le maestre si ripresero velocemente dallo stato di shock
in cui erano per un attimo cadute, mentre la maggior parte accoglievano i
fanciulli che correvano verso di loro in cerca di aiuto, cominciando a farli
scappare, portandoli via verso le uscite di emergenza, mentre altre, seppur
terrorizzate, le si facevano contro, per cercare di guadagnare tempo.
Anche solo pochi secondi sarebbero stati vitali… qualunque
cosa sarebbe potuta bastare.
Lo Schianteismo la colpì di striscio ad una spalla,
facendola indietreggiare.
Rossa… luce rossa…
E vide ancora, la porta aprirsi – euforia – la
figura nera di spalle – mia – sua…
Trovata.
Un brivido lungo la schiena la risvegliò.
Erano a terra… le maestre che l’avevano attaccata ora
giacevano scomposte a terra, gli occhi spalancati e vuoti, emblema del terrore
che si ha solo dinnanzi alla morte, che sta ormai calando la sua falce sul
debole filo della nostra vita.
La mano le sfiorò un fianco, mentre il fiato caldo
dell’essere le lambiva il collo.
«Finalmente mio piccolo e preziosissimo occhio,
finalmente…»
Non avevano fatto a tempo ad arrivare che i Mangiamorte,
avvertita la loro presenza, si erano allontanati in fretta dal quartiere
magico, lasciando alla loro vista la terribile devastazione che avevano portato
con loro.
I corpi giacevano a terra, scomposti, il sangue bagnava
l’acciottolato creando una patina viscida sotto i loro piedi.
Uno spettacolo agghiacciante, preparato con maestria che
ormai, non poteva più definirsi insolita.
Uomini, donne, bambini. Tutti sorpresi nei loro piccoli
gesti quotidiani, condotti dolorosamente all’oblio.
Molti erano corpi dei loro compagni, li inviati, nel
tentativo di arginar quella carneficina, sorpresi da forze ingenti, troppo
potenti.
Pochi erano quelli ancora in piedi, quelli veramente
pronti, delle squadre migliori, ma erano in numero troppo misero per poter
impedire tutte quelle vittime in quella furia cieca, in quella folle inutilità.
E loro, impegnati in quello sciocco diversivo, erano arrivati troppo tardi per
fare qualunque cosa.
«Erano la cerchia di fedelissimi. Questa volta era
presente anche Voldemort» esclamò ad alta voce Sirius, uno dei primi accorsi,
avvicinandosi zoppicante a causa di una ferita al polpaccio, che però non
sembrava destare eccessive preoccupazioni.
Harry si girò verso di lui, valutando velocemente il suo
stato, per poi concentrarsi sulla situazione.
«Se c’era Voldemort, vuol dire che avevano un obbiettivo
ben preciso, che premeva loro raggiungere…» disse Draco, osservando il Marchio
Nero svettante sopra il quartiere, il serpente che, sinistro, strisciava fuori
dal teschio, le cui orbite vuote brillavano maligne.
Un leggero fremito gli fece vibrare il braccio sinistro.
Un fremito che cercò di dominare, flettendo le dita della mano, apparentemente
indifferente.
Ma Harry non aveva tempo di preoccuparsi di un simile
dettaglio.
Non aveva bisogno di alcun tipo di aiuto, perciò si voltò
prendendo ad impartire ordini, perentorio.
«Cercate i sopravvissuti, vediamo se siamo in grado di salvare
qualche vita…. I feriti dei nostri tornino invece alla base, per farsi curare»
purtroppo avevano bisogno di ogni singolo soldato al pieno delle forze.
Affidò le operazioni di soccorso all’efficiente mente di
Hermione, obbligando Sirius a tornare ad Hogwarts, sebbene il ragazzo, mentre
si allontana con Ron e Draco, sapesse perfettamente che l’Animagus non gli
avrebbe minimamente dato ascolto.
Ma sapeva che, di lui, non avrebbe dovuto realmente
preoccuparsi. Era adulto e vaccinato, oltre che il suo padrino e, nominalmente,
un suo superiore.
Aveva perciò richiamato i due ragazzi con sé, dirigendosi
verso l’edificio sopra il quale svettava l’oscuro marchio.
Un edificio apparentemente illeso, la porta lasciata
socchiusa.
Uno degli asili magici, in cui i genitori lasciavano i
figli piccoli mentre andavano al lavoro. Uno dei pochi ancora rimasti.
Ron lo guardò con una leggera morsa allo stomaco. Non
voleva pensare a ciò che avrebbero potuto trovare là dentro, non voleva
assolutamente pensare allo scempio che, quegli infami, dovevano aver compiuto.
Harry fissava il tutto gelido, senza espressione, aprendo
la porta ed avanzando all’interno.
I primi corpi giacevano riversi a terra, ancora così poco
numerosi, come prologo del massacro che avrebbero trovato poco più in là.
Draco strinse gli occhi, avvicinandosi ad un angolo della
stanza, inginocchiandosi davanti ad un bambino e poggiandogli due dita sul
collo «E’ vivo, l’hanno semplicemente addormentato – esclamò incolore,
rimettendosi poi in piedi – è un Pureblood. Ce ne saranno sicuramente altri
sopravvissuti. Non si ha interesse ad ucciderli. L’obbiettivo è epurare il
mondo dal sangue sporco, e se è possibile farlo alla radice… bhè, meglio»
spiegò.
I tre presero a guardarsi intorno, alla ricerca di altri
sopravvissuti, prendendo a studiare il sangue che macchiava i pavimenti ed i
tratti dei ragazzi, ricercando quelle fattezze tipiche che caratterizzavano
alcune famiglie pure.
Era uno spettacolo che faceva male.
Draco non riusciva a non pensare alla piccola vittima che
si era spenta nel ventre di Virginia, per salvare lui.
Harry invece sentiva vuoto e rabbia dentro di sé.
Come si poteva essere “così”. Come si poteva raggiungere
un simile livello di crudeltà! Non fosse stato per Voldemort, ma i
Mangiarmorte, come facevano a seguire un simile incubo, perpetrando un simile
orrore?
Ogni piccolo corpo, freddo e scomposto, era una croce
bianca che si piantava nelle ferite della sua anima.
I suoi sensi di colpa a creare quel piccolo cimitero, le
vittime di ogni singolo attacco, ogni piccola esistenza spenta a causa sua.
Perché non era abbastanza forte.
Si addentrarono nel cuore dell’asilo, nell’ala ludica,
dove i bambini più piccoli venivano lasciati a giocare e divertirsi.
«Merlino» mormorò Ron, portandosi una mano alla bocca.
Sentì lo stomaco contrarsi, mentre un senso di nausea gli
saliva fino alla bocca, e dovette trattenersi per non girarsi e rimettere
quanto aveva nello stomaco.
Aveva visto massacri, dei più terribili, ma quello era
semplicemente crudele.
Non era possibile definirlo in un altro modo se non così.
Crudele.
Gli infanti erano stato semplicemente seviziati.
I loro piccoli corpicini erano stati piegati, torturati,
fino ad essere smembrati, il loro sangue imbrattava in schizzi e pozze ogni
dove e, in mezzo ad un simile scempio, nascondendosi nel rosso rubino che,
scintillante, la circondava, stava una chioma rossa, accucciata a terra, sporca
anch’essa di quel liquido.
Immobile.
«Virginia…» esclamò Draco, appena l’ebbe vista,
slanciandosi verso di lei, inginocchiandolesi davanti, controllando subito il
suo stato.
Non si premurò minimamente si avvertire gli altri delle
sue condizioni, accecato dalla propria preoccupazione.
Le prese il volto tra le mani, facendoglielo alzare per
osservarla, rimanendo turbato dalla completa inespressività che traspariva da
esso.
Occhi vuoti.
Che ti hanno fatto amore mio?
Con il pollice cercò di pulirle alcune gocce di sangue che
brillavano sinistre sul suo incarnato pallido, sollevato dal fatto che,
apparentemente, non le appartenesse.
Troppo preso dal suo esame non si accorse del leggero
guizzo delle mani della ragazza, se non quando era ormai tardi.
Sentì la lama gelida affondare impietosa nelle sue carni,
nel suo ventre, mentre Virginia – era veramente lei? Eppure… si dannazione si,
era lei – allungava l’altro braccio, circondandogli il collo, passandogli la
mano tra i capelli, sensuale.
Una luce risvegliò i suoi occhi, mentre un ghigno maligno
le storceva le belle labbra rosse.
«C-cos…»
«Morte ai traditori» sussurrò zuccherina lei, girando ed
estraendo la lama dal suo corpo, provocandogli un piccolo verso di dolore.
Ginny…
Realizzare quanto era successo fu troppo.
Draco si accasciò su se stesso, accolto tra le braccia
della ragazza, una bambola spezzata stretta indelicatamente nella morsa di un
oscuro burattino.
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