Autore: roxy_xyz
Titolo: Storia
di come Harry Potter riuscì a dire (quasi) tutto alla sua migliore amica (e non
solo) grazie all’aiuto (inaspettato) di una pallina di Natale
Genere: songfiction, one shot (dal titolo figherrimo),
Harry/Hermione
Betareader: BeaPot
Note: Questa oneshot è dedicata a Jaybree, un piccolo pensiero per il suo compleanno. Lei ama
le storie natalizie, la neve, le paturnie di Harry, il Dottore e gli abbracci, quindi ho pensato di
scrivere questa breve storia per ringraziarla di tutte le volte che mi ha
ascoltato, fangirlato, ispirato o che semplicemente
mi è stata accanto. Ti voglio bene, sister, e ti
auguro di saltare verso l’incredibile
futuro che ti aspetta.
Storia di come Harry Potter riuscì a
dire (quasi) tutto alla sua migliore amica (e non solo) grazie all’aiuto
(inaspettato) di una pallina di Natale
“Say something, I’ll
giving up on you
I’ll be the one, if
you want to me”
(A Great Big World & Christina Aguilera
- Say Something)
§
Avete mai fatto uno di quei sogni in cui correte, correte sempre più veloci, per poi ritrovarvi davanti a un
vuoto, un burrone che non c’era mai stato e che vi blocca lì, impedendovi di
proseguire e di raggiungere la vostra meta? Potreste saltare lo stesso,
dopotutto non è reale, ma il vostro inconscio vi ferma e vi trattiene dal
farlo. Tornate indietro per rifare un altro percorso, magari più lungo, e alla
fine vi ritrovate davanti allo stesso spazio di terra che si fa beffa di voi
perché non salterete, riproverete all’infinito, ma
alla fine rimarrete lì, inchiodati in quel punto.
Non salterete mai, siete troppo codardi, e
io lo sono per primo.
Non sarei Harry Potter dopotutto se non lo fossi, perché
anche se ho affrontato uno dei Maghi più forti e crudeli del mondo, non ho mai
smesso di avere paura, e forse era proprio quella a
tenermi in vita. Neanche ora che Voldemort è morto,
dopo tanti anni dalla mia vittoria, riesco a essere pienamente felice. C’è
sempre qualcosa che me lo impedisce, e non è un mago o una stregoneria a farlo,
sono io. Lo sono sempre stato.
Un giorno smetterò di creare ostacoli lungo il mio cammino,
cercando di vivere più sereno, ma per il momento mi accontento di cadere su
questa neve mezza sciolta mentre corro, cercando disperatamente di raggiungerti
prima che tu parta.
Non è un sogno e sì, ho dimenticato la bacchetta a casa, ma
forse è meglio cosi. Agire come un
normale Babbano e schiarirmi le idee prima di vederti.
Sarai ancora arrabbiata con me dopo ieri sera? Ti eri invitata a casa mia
perché non avevi voglia di passare l’ultimo giorno da sola e avevi deciso che
era giunta l’ora di fare l’albero di Natale, dopotutto mancava poco alle feste
e Grimmauld Place era
troppo tetra per i tuoi gusti. Ti eri armata di tutta la pazienza possibile e
avevi recuperato un vecchio abete da uno dei tanti ripostigli dei Black e tutte le decorazioni necessarie. Non c’era nemmeno
una lampadina funzionante delle tante illuminazioni, e l’avevamo scoperto una
volta finito l’albero. Ti avevo proposto di sistemarlo con la magia, ma tu eri
decisa nel lasciarlo così, perché era come me, cocciuto e stupendo. Avrei
dovuto replicare, vero? Dirti che ti sbagliavi o semplicemente ringraziarti per
la fiducia che mi hai sempre concesso, anche quando non la meritavo. Invece ero
rimasto con una stupida pallina in mano senza pronunciare una parola e, alla
fine, avevi esclamato che era ora di tornare a casa per chiudere le valigie.
Era la mia ultima occasione per farlo, per parlare apertamente con te, e invece
ero rimasto in silenzio, sopraffatto dalla mia perenne paura di essere
rifiutato, persino da te. Con una cazzo di pallina in
mano.
Sono uno sciocco, o forse dovrei lasciare che sia tu a
scegliere l’epiteto migliore per definirmi e so già che avresti una grande
scelta. Dopotutto ho fatto tante di quelle cazzate nella mia vita, come quella
di mettermi delle scarpe da ginnastica per correre da te. Volevo essere comodo,
certo, dimenticando che la suola di gomma non è l’ideale per correre con questa
neve. Non sarà poi così diverso dallo scappare dai Mangiamorte
o da Voldemort, no? Dio, si può essere più deficienti
di me e ridursi all’ultimo momento per dichiararsi ad
una persona che si frequenta da tutta una vita?
Scivolo ancora una volta e cado rovinosamente per terra,
sporcandomi il viso con questa neve mista ad acqua che ha invaso Londra
stamattina, giusto per rendermi tutto più difficile. E se non riuscissi ad
arrivare in tempo? Mi toccherebbe raggiungerti a New York, dove stai andando
per intraprendere la tua nuova carriera e urlare a squarciagola il mio amore.
So già che mi odieresti a morte, hai sempre detestato queste scenate o gli atteggiamenti
fin troppo eloquenti. Tu sei come me, parliamo lo stretto necessario e a volte
non facciamo neanche quello, inghiottendo bile e parole che vorrebbero uscire.
Manca davvero poco e finalmente riuscirò a pronunciare
quello che mi preme dirti da tanto tempo, da quel 19 Aprile
2012 in
cui mi annunciasti il tuo divorzio da Ron. I miei migliori amici avevano
iniziato le pratiche per separarsi e io non mi ero
accorto di nulla, nessun sintomo da parte tua o sua. E ovviamente neanche
allora ti avevo detto qualcosa, era troppo presto. Ora potrebbe
essere troppo tardi e io sono un ritardatario cronico secondo la McGranitt, quindi ho ottime probabilità di tenere altre
mille palline del cazzo in mano prima di capire ciò che è sempre stato evidente
a tutti.
Eccoti! Ti vedo, sei lì al bordo
della strada con un taxi in attesa mentre saluti i tuoi genitori. Rallento il
passo per osservarti meglio, perché posso vedere la vera te
mentre abbracci tua madre e tuo padre. Ti sei sempre nascosta dietro quel
gesto, celando agli altri le emozioni che ti avrebbero resa
più vulnerabile. Sono belli gli abbracci, ma forse sarebbe meglio guardarti
negli occhi e non smettere mai di farlo.
“Hermione.” Si vede che ho riflettuto durante il percorso,
vero?
Mi osservi come se fossi un alieno e sei davvero stupita
della mia presenza. Forse nel tuo immaginario io ero ancora a Grimmauld Place, a fissare
l’albero di Natale e a guardare la televisione e qualche melenso film
natalizio.
Eccomi, Hermione! Vorrei dirti tante cose,
ma credo sia meglio andare dritti al sodo, ho avuto già 27 anni per
girare intorno e parlare a vanvera.
Come diceva sempre zia Petunia? Pensa prima di parlare! E be’, io non l’ho mai fatto, dopotutto la mia bocca e il mio
cervello non sono collegati.
“Non partire, ti prego,” esclamo
tutto d’un fiato.
I Granger vorrebbero fucilarmi o semplicemente prendermi a
randellate se potessero.
“Perché, Harry?” mi domandi con tutta la calma possibile.
Pensa, Harry. Pensa.
“Le luci.” Ecco, il mio genio, la mia
grande abilità come oratore. “Dobbiamo comprare delle nuove
illuminazioni per l’albero e magari fare anche il presepe. Ti piace come idea?”
Certo non mi sarei aspettato che iniziassi a ridere, piano e
poi sempre più forte. “Potremmo fare le montagne con la carta e creare fiumi e
laghi, però dovrai aiutarmi tu, Harry, non sono molto brava in queste cose.”
Il suono del clacson mi spaventa, e tu mi guardi ancora e
apri lo sportello del taxi pronta a partire e a
lasciarmi qui. Non andare, Hermione. Di’ qualcosa, Harry. Qualsiasi cosa.
“Ti aspetterò qui, allora. Manca poco a Pasqua!” esclamo.
“Non capisco, Harry. Volevi dire Natale, forse?”
Volevo dire tante altre cose a dire
il vero, ma poi ho capito che non ho alcun diritto a farlo. Non ora che stai
per realizzare i tuoi sogni e che hai accettato il posto per cui hai lavorato
tutta la vita. Non ti fermerò, Hermione e ho dovuto
cadere tante volte per capirlo.
“Fai buon viaggio, Hermione.” Mi allungo verso di te e ti
bacio come ho sempre desiderato fare, senza preoccuparmi delle occhiate ostili
di tuo padre o dell’aria annoiata del taxista. Tutti quanti aspettano una mia
mossa, magari intelligente, invece sembro uno che parla di ferie con una collega.
“Io sarò qui a Natale, l’ultimo dell’anno,
a Pasqua, insomma sempre! Sarò qui e ti aspetterò perché ho finalmente
capito una cosa,” continuo imperterrito, parlando a
pochi millimetri dalla tua bocca. Potrei allungarmi e baciarti ancora e capisco
che anche tu lo vorresti. Percepisco un fremito mentre con le punte delle dita
sfiori le tue labbra, senza smettere di fissare le mie. “Cosa?” domandi, cercando di mostrarti
tranquilla.
“Non voglio dirti addio.”
Non so se hai capito le mie parole o quell’ammasso di
stupidaggini che ti ho propinato, ma i tuoi occhi sembrano dirmi che neanche tu
rinuncerai a me.
Entri dentro l’abitacolo e mi parli
attraverso il finestrino abbassato.
“Anche io ti amo, Harry.”
E allora capisco. Finalmente corro e scatto in avanti,
incurante del burrone che ho di fronte e che mi blocca. Salto, salto verso di te.