ch0-comp.dell.inetto
“Venghino, venghino, bambini e bambine, signori e signore,
ad ascoltare i racconti di quest’ umile menestrello. Il mio nome è Cecil, “The
Mage”, cantore di fatto e avventuriero di professione.
Venite, genti, ad ascoltare le avventure di questo umile e
vecchio cantastorie, fermatevi ad ascoltare delle mie gesta.”
Nella locanda l’atmosfera
era calda e accogliente, e nonostante il rigido inverno il braciere riusciva
egregiamente nel suo compito di scaldare la stanza.
Gli avventori bevevano e mangiavano allegri, mentre alcuni
bambini(portati da padri coscienziosi)
si rincorrevano con spade di legno:il salone non era così
grande, ma i tavoli erano pochi, e vi era molto spazio vicino al fuoco.
“Signori, vi può interessare delle mie avventure nelle
lontane lande dell’ovest, dove gli uomini camminano sulle mani? O forse
preferite ascoltare delle mie mille peripezie alla ricerca della leggendaria città
di Pordenon? O magari vi interessa sapere cosa accadde davvero durante la
guerra dei Boschi tetri?”
Un bambino si fermò di fronte al fuoco. Accanto, seduto su
una panca, un anziano lo fissava con occhi vitrei. Era vestito di uno
spolverino grigio, consunto,con un bizzarro cappello a tuba sulla testa, che in
origine poteva essere stato nero, ma che ora restava in piedi per miracolo.
Il vecchio lo fissò, arricciando lievemente le labbra in un
sogghigno, sollevando dei baffetti sottili e arricciati.
“E tu, bambino, cosa vuoi ascoltare? Una storia d’avventura?
Di magia? Di amori? Ne dubito,dell’ultima … e comunque, dato un mio grave
incidente, avrei ben poco da raccontarti … Ma per il resto, chiedi, e stupisci!”
Il bambino lo fissò meglio, incuriosito, presto raggiunto
dagli altri.
-Signore, signore , perché non ha un braccio?-
Effettivamente lo spolverino non riusciva a coprire la
completa assenta del braccio sinistro dell’uomo, dalla spalla in giù.
“E’ una storia lunga, ma non molto interessante: anzi,
piuttosto cruenta, che racconta della mia prigionia nelle celle della Città
degli Orchi e delle loro terribili
torture,da cui sono riuscito a fuggire solo grazie alle mie arti magiche”
I bambini lo fissarono con meraviglia, come se la parola “magia”fosse
l’equivalente di una bistecca in un canile.
-Lei sa usare la magia, signore?Davvero? La prego, la prego,
ci faccia vedere!-
Il vecchio si mise a ridere, per recitare poi qualche
sillaba in una lingua arcana:e un guanto,apparentemente lasciato casualmente
sul pavimento, si sollevò, lentamente, senza che nessuno lo toccasse.
Piano piano, nello stupore generale dei bambini, il guanto
si gonfiò, assumendo la consistenza di una mano vera, seppur sospesa a mezz’aria.
“Su, questi sono trucchetti sono nulla in confronto a ciò
che ho visto. Se volete … avrei una storia più interessante, solo per voi”
I bambini si distrassero appena dalla mano fantasma, e
annuirono.
L’uomo si aprì in un sorriso ancora più largo, e afferrò un
liuto alle sue spalle, che accordò velocemente con l’arto ancora sano.
Lo imbracciò,e nel calore del fuoco, iniziò a raccontare.
Buonasera! Premetto da subito che la storia, se non per una
parte minimale, non è affatto mia.
Si riferisce ad una partita di Dungeon’s e Dragons, giocata
dalla Dice Games Italia,e che si può trovare tranquillamente su youtube,sotto
il nome de “la compagnia dell’inetto”.
Se non conoscete il gioco, sappiate che è semplicemente un
modo di raccontare una storia: io mi limiterò a raccontarla dal punto di vista
di Cecil, il bardo del gruppo, come lui la conosce, o come gli è stata
raccontata.
Ora, onestamente, non so quando pubblicherò i capitoli, anche perché sono piuttosto occupato
con un altro progetto.
Mi scuso per questo prologo forse un po’ troppo breve,ma che
a mio parere rappresenta bene l’intro di una partita di DeD: semplice, e aperto
ad un infinità di possibili risultati.
Ora, dopo quest’ interminabile postfazione, vi saluto e vi
auguro un buon capodanno.
Al prossimo capitolo!
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