Anno vecchio, anno nuovo di Melitot Proud Eye (/viewuser.php?uid=1469)
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Note: Buon Anno!! E ve lo
auguro con questa cosetta scritta un po' di corsa e finita in ritardo,
ma spero gradita :)
Volevo
scrivere qualcosa di festivo per Natale, poi la cosa si è
espansa al Capodanno ed è cresciuta fino a contenere un mare
di feels e angst. Ehm... scusate? Presto ci rivedremo con cose
completamente allegre, promesso.
(Yule era un
periodo di 10-14 giorni) (fanfic passibile di edit ;)
*scappa*
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Anno vecchio, anno
nuovo
Al tramonto New York
si
anima di luci. Sotto un cielo che proietta raggi lunghissimi fra i
grattacieli, persone di ogni età e colore corrono dentro e
fuori dai
negozi, dai locali, dal lavoro, per zigzagare tra pupazzi e abeti e
auto in coda, oltre chioschi che offrono cioccolata, oltre giostrine
e cartelli e schermi pubblicitari, mentre festoni brillanti piovono
magia sulle loro teste.
Loki
guarda passare
quella fiumana dalla sua panchina. Nessuno lo disturba. Con cappotto
nero e sciarpa alta sul collo si mimetizza bene fra i newyorchesi; e
cos'ha di strano un uomo solo al limitare di una piazza in una bella
serata?
Forse
la mancanza di
borse e sacchetti, ma oggi elaborare menzogne non lo diverte. Anzi, a
esser sincero–
E'
virtuosismo sprecato.
A
esser sincero, il
solo pensiero è deprimente.
L'aria
gelida gli brucia
il naso. Qualcuno ride, coprendo la musica filodiffusa dal teatro. Il
vociare dei passanti è un brusio che si mescola al rombo dei
motori
e ai clacson di Columbus Avenue. E' come osservare un formicaio.
Alcune persone viaggiano in gruppi mentre altre, sole, parlano al
telefono con amici e famiglia. Corrono verso casa.
È
la seconda settimana
di Yule.
Per
lui quel nome ha il
colore dorato di Asgard, delle sue pile di doni, e il profumo dei
suoi banchetti, la cadenza dei poemi di skàld ispirati. Il
suono
della risata di Thor. Nessun nuovo ricordo li ha sostituiti; Loki
preferisce non pensare alla ragione.
Oh,
certo, quello che
vede non è Yule; pochi pagani lo festeggiano ancora, e in
modo
diverso. Ad addobbare le città sono nate feste di cui Loki
sa poco,
il che forse è un peccato – ma che importanza ha?
L'atmosfera è
la stessa. La stagione è fredda, le giornate brevi.
L'anno
termina dietro
porte chiuse tra brindisi e volti cari – per chi li ha ancora.
«Tu
sei nostro
figlio, Loki.»
Si
alza. Infila il mento
nella sciarpa e attraversa la piazza del Lincoln Center, ignorando
l'ingresso accogliente del Metropolitan. Pensa che potrebbe andarsene
a Londra, a Parigi, o meglio ancora via da Midgard. Non ha motivo di
restare a Manhattan.
«Eri
in lutto?»
«Tutti
lo eravamo!
Torna a casa...»
Espira,
fermandosi ai
piedi del grande albero. E' accecante nella sua bellezza,
come–
Chiude
gli occhi. Alcuni
bambini lo oltrepassano, correndo intorno all'abete con le mani colme
di palloncini. I lembi del suo cappotto si sollevano, ricadendogli
contro le gambe.
Per
quanto tempo passi, è
sempre da lui che torna. Sempre
intorno a lui che orbita.
Ormai il ciclo si è ripetuto abbastanza volte da doverlo
riconoscere.
Non
sa cosa speri di
ottenere rimanendo qui, stanotte: da quando la sua famiglia si
è
sgretolata (per mano sua) detesta questo periodo dell'anno; i ricordi
si affollano al punto da sembrare rimpianti.
(Lo
sono.)
Ma
c'è qualcosa che gli
dice di restare.
«Non
andare dove non
posso seguirti!»
Se
solo Thor la pensasse
ancora così.
Thor...
tutto ciò che
gli resta del passato, e di sua madre. Del futuro. Con Odino le cose
non saranno mai più le stesse–
Neanche
con Thor.
Si
è reso conto di molte
cose. Quando si sente disgustosamente obiettivo... ma non è
una
sensazione che possa affrontare a cuor leggero. È brutto
aprire gli
occhi e accorgersi di aver fatto terra bruciata tutt'intorno a
sé. E
per cosa?
(Sta
provando a
rimediare. Ma non è facile, e forse neppure coerente.)
Oh,
smettila, ti
prego.
Con
un ultimo sguardo alle luci, si lascia la piazza e la folla alle
spalle. Risale la Columbus, poi imbocca una strada minore, e
un'altra, e un'altra ancora, andando incontro
all'ora di
chiusura dei negozi. Quando l'attività dirada drasticamente
rallenta, si ferma.
Cartacce
volteggiano
lentamente per terra. Ci sono stelle filanti sotto le suole. Un
marciapiede grigio, grigio... nero.
Vetrine
in penombra.
Vetrine
spente.
Una
strada quasi deserta
nella città che non dorme mai. Loki si guarda nel buio di un
vetro e
pensa che, in fondo, non è molto diversa dal suo passato.
Soltanto
sua madre e Thor, e forse l'Odino di un tempo, hanno saputo tirarlo
fuori dall'ombra.
Il
vento si incanala tra
due palazzi e agita il suo soprabito, i suoi capelli. I ciuffi che
gli solleticano la fronte contribuiscono a riportarlo indietro. Non
sa perché li abbia tagliati.
Non
sa davvero tante
cose, stanotte.
(Voleva
che lui
li vedesse, e ricordasse tempi andati.)
Che
stai facendo,
Loki?,
chiede alla sua immagine, pallida e malinconica. Solo e
senza radici in terra straniera, a vagare come un fantasma? Crea
caos, crea panico.
Qualsiasi cosa è meglio di questa.
Ma
da mesi le Norne hanno
catturato il suo spirito e lo hanno avvolto in una nebbia profonda,
fitta e impenetrabile. Non vuole causare sofferenza – ne ha
avuto
abbastanza. Non ha voglia di socializzare. Tornerà anche
stanotte
nel suo appartamento, si metterà comodo e
cercherà di distrarsi. O
dormirà. O spierà la festa a casa Stark con la
magia.
Un
uomo di passaggio si
riflette nella vetrina, attirando il suo sguardo. Quando se
n'è
andato, appoggiato contro il fianco di un furgone ce n'è un
altro.
È
un pezzo d'uomo in
cappotto e calzoni scuri; è solo, come Loki, e le luci dei
lampioni
si riflettono sui suoi capelli. E' biondo.
È
Thor.
Per
un attimo Loki si
chiede se il suo desiderio non sia decantato in illusione. A volte
usa la magia a livello inconscio. Ma non è così:
la presenza di
Thor è qualcosa di palpabile che non può essere
riprodotto.
Soprattutto con chi lo am–conosce bene.
Rimangono
immobili a
fissarsi nel riflesso. La strada è deserta, spazzata da un
vento che
sa di gelata. Clacson di taxi risuonano in Amsterdam Avenue,
accompagnati da riflessi di fari sull'asfalto. Qualcuno negli
appartamenti sopra di loro apre la finestra e lascia uscire arie di
opera lirica.
Col
cuore stretto, Loki
si volta. Thor incontra i suoi occhi e si stacca dal furgone.
Non
è passato molto
tempo dall'ultima occasione in cui si sono parlati. Mesi fa, in
primavera, hanno parlato di amicizie comuni («Doom
avrà una
sorpresa per voi alla manifestazione...») e in estate del
tempo
(«Pioggia
di Skrull su Washington? Che idee.»), di
educazione («Una
scuola per scagnozzi nelle fogne di New York,
iniziativa originale.») e di scienza («Vi
interesserà
sapere che Magneto è stressato.»). Sono persino
riusciti a
comunicare in modo civile, lui e Thor.
E
gli è sembrato di
vedere qualcosa sul suo volto. Forse
non tutto è perduto.
Vuole
di più, ammette
pateticamente con se stesso. Il suo amore e la sua coscienza non sono
una marea mutevole, come credeva nei momenti di rabbia e
disperazione, ma saldi come le radici di una vecchia quercia,
bruciata e rinata dal fulmine. Vorrebbe non aver fatto tutto
ciò che
ha fatto per arrivare a capirlo.
Le
genti di Midgard
considerano questa notte una notte di speranza. Se soltanto ci fosse
ancora un miracolo per lui. Uno soltanto.
Un
neonato piangeva –
e in un deserto di ghiaccio qualcuno lo ha sentito.
Questa
volta non lo
sprecherebbe.
«Stark
festeggia la fine
dell'anno» dice Thor, alla fine. «Posso portare un
secondo
invitato.»
E
nonostante tutto, Loki
non può credere di averlo sentito davvero. Esita, incapace
di
distogliere gli occhi.
«Ma
se non vuoi andare,
potremmo camminare un po' insieme. Il grande parco è molto
bello
durante il periodo di Yule.»
«Lo
stai chiedendo a me»
fa Loki, mentre i piedi lo portano avanti da soli. Se non sta attento
potrebbe fare una sciocchezza. Come premere il viso contro una delle
sue spalle.
Thor
accenna un sorriso.
«Non vedo nessun altro qui.»
«E
la tua astrofisica?»
L'espressione
di Thor è
difficile da interpretare. «Jane è molto
impegnata.»
C'è
una storia da
scoprire, lì, e Loki spera sia quello che pensa.
I
suoi piedi si fermano.
Se alzasse una mano potrebbe toccare i risvolti del cappotto di Thor,
senza neanche doverla protendere. Vorrebbe essere abbracciato.
Oh,
per favore,
Laufeyson. Un po' di dignità.
Qualcosa
deve trapelare
dal suo viso, perché Thor lo scruta con attenzione.
«Cosa
fai qui, la notte
dell'anno nuovo?»
Che
sia dannato se farà
pietà. «E tu, Thor?» ribatte.
Di
nuovo un sorriso,
cauto ma più pronunciato. «Cercavo te.»
Loki
apre la bocca e non
esce suono. Poi: «D'accordo. Andiamo alla tua
festa.»
«Davvero?»
«Passando
per il parco.»
Anche
se allunga la
strada. Soprattutto perché allunga la strada.
Si
allontanano camminando
fianco a fianco, mani in tasca, volti semisepolti nei colletti.
Osservandosi di soppiatto per capire cosa fare. Cosa dici al fratello
che hai tradito, che ti ha tradito? Da dove ricominci a ricostruire
un rapporto che si è deformato al punto da essere
irriconoscibile?
Come trovi il coraggio... come trovi le parole? È possibile?
Forse
stai solo
sognando, Loki...
Si
accorge di aver
deviato dal percorso quando una mano di Thor si chiude sul suo gomito
e lo gira.
«Oh»
fa.
«Di
qua.»
Per
un attimo si chiede
se non sia tutta una trappola – se sia la volta in cui lo
SHIELD
metterà finalmente le mani su di lui. Ma Thor è
tranquillo;
tutt'altro che sospetto. Almeno in questo sa di conoscerlo ancora.
Quando
arrivano al
limitare del parco la luce si attenua. Lo attraversano in silenzio,
accompagnati da luminarie che guizzano su alberi e prati. Mentre un
leggero strato di neve scrocchia sotto le suole delle loro scarpe,
cespugli si accendono a intermittenza e ponti brillano come miraggi
del Bifrost oltre i rami delle boscaglie. In lontananza, nel grande
prato, l'albero del Central emana la luce di un faro.
Non
sono proprio soli.
New York non dorme mai, dopotutto. Ma i più festeggiano
lontano da
quell'angolo di natura.
Si
fermano a guardare una
pista per slittini, con le sue staccionate e le slitte accatastate
sotto catene di sicurezza. Il respiro di Thor si staglia netto e
vigoroso contro lo sfondo nero della collina.
Il
silenzio avvolge
tutto. È come aver varcato un passaggio interdimensionale.
Ma non
è... non è greve di disagio, pensa Loki.
È lo stato più
tranquillo in cui la sua mente si sia trovata in – molto
tempo.
Molto.
«Ricordi
i nostri giochi
invernali?» chiede Thor, fissando gli slittini con un mezzo
sorriso.
Li
ricorda. Come se fosse
ieri.
Ricorda
anche mille altre
cose, il cui pensiero ha cercato di rendere amaro a tutti per
vendicarsi del fatto che erano divenuti amari per lui.
Quanti
ricordi. Quanti
momenti, ognuno prezioso a modo suo.
Quando
si sente
disgustosamente obiettivo si chiede come abbia potuto commettere
tutti quegli errori – calpestare tutti quei legami. Non
dimentica i
torti che gli sono stati fatti, no; ma riconosce i propri, e sono
tanti. Il giorno in cui ha tenuto lo Scrigno ha perso il controllo.
Da allora ha abusato di ogni affetto, debolezza, apertura, atto di
buona fede. Ha esagerato finché... finché non
è stato troppo
tardi.
Come
hanno potuto fargli
questo? Come ha potuto fare questo?
Come
sono potuti arrivare
a tanto.
«Che
cosa è cambiato da
allora, Loki? Cos'è andato storto?»
C'è
troppo da dire; e
anche se fosse in grado di comprimere tutta quella sofferenza in
concetti, in parole intelligibili, non crede che vorrebbe mostrarla
proprio a–
«Ho
dimenticato come
essere felice» risponde la sua bocca. «E poi ero...
arrabbiato...
e invisibile, e inutile. Non avevo uno scopo e nemmeno l'aveva la mia
vita.»
Guarda
prima di riuscire
a fermarsi. Il volto di Thor è devastato dal dolore.
«Io
ti ho sempre visto,
Loki» è tutto quello che riesce a dire.
Loki
sfiata una risata,
bassa e gentile. «Lo so. È per quello che ho
resistito così a
lungo» dice, con un altro sguardo fugace. «Ma
neanche tu hai saputo
guardare abbastanza a fondo. Neanche nostra madre. Persone come voi
non sanno cosa significhi avere dentro pensieri bui di cui non riesci
a liberarti.»
Il
respiro di Thor è
veloce, la sua sagoma tesa. Non si guardano.
«Forse
hai ragione» fa.
«O forse è una cosa che si può imparare
col tempo.» Stringe i
pugni nelle tasche. «Quello che ho, me l'hai insegnato
tu.»
In
giorni neanche troppo
lontani quell'ammissione sarebbe stata una vittoria: Thor trascinato
giù dal suo piedistallo di serenità e perfezione.
Ora è solo fonte
di amarezza.
Loki
gira la testa verso
di lui e aspetta, finché Thor non ricambia.
«Per
quel che vale»
dice, roco «mi dispiace.»
Thor
osserva il suo viso,
angoloso e tirato. Aleggia intorno a Loki una tristezza che non ha
mai visto. Lo spaventa, perché suo fratello non mostra mai
la sua
vulnerabilità (tranne quando è sull'orlo del
baratro).
Il
respiro di Thor
accelera. Il suo corpo chiede azione. Non dovrebbe essere
lì, pensa.
Non avrebbe dovuto cercare Loki quando è arrivata la
segnalazione
alla torre, e ora dovrebbe fermarsi ai primi danni; andarsene
finché
è in tempo. Si è bruciato troppe volte. Non
è più un ragazzo.
Ma
per quanto Loki lo
abbia fatto soffrire... per quanto sappia essere manipolatore, Thor
non può rinunciare a lui come non potrebbe rinunciare al
cuore che
gli batte nel petto. Lo sa che è rischioso. Tuttavia
c'è un limite
al numero degli addii che può dire.
Lotterà
sino alla fine
per suo fratello.
E
se la sua perseveranza
potesse fare la differenza, un giorno... se il suo amore potesse
ancorare Loki sino a riportarlo indietro, cambiato ma non distrutto,
allora ne sarebbe valsa la pena.
«Lo
penserai ancora,
quando smetterai di sentirti depresso?» chiede.
«Oppure saremo da
capo?»
Loki
lo fissa con occhi
penetranti. Oh, c'è ancora tutto di lui, lì
dentro. E questo
rincuora Thor; sono parole pronunciate a mente sveglia, non
intorpidita.
«Io
non posso più
essere un'ombra, Thor. Mai più.»
Oh,
non credo che
sarebbe possibile.
«Vieni
con me allora.»
Lui
stringe le labbra.
Quando distoglie lo sguardo, i suoi occhi riflettono la luce fioca
dei lampioni.
«Tutti
meritano una
seconda occasione. Guarda noi Avengers.»
«Questo
è opinabile»
sbotta Loki. «Dipende da cosa si è fatto. Da come
lo si è fatto.
Un soldato addestrato a non sentire non è un omicida che ha
provato
piacere nel far del male.»
«E
tu saresti il
secondo? Tu che hai ferito Coulson in un punto non fatale, pur
sapendo dove colpire? Tu che hai congelato Heimdall quando potevi
ucciderlo, e graffiato a me quando potevi pugnalarmi?»
Manchi
di
convinzione...
«Io
che ho attirato il
mio vero padre ad Asgard per ucciderlo» ribatte Loki, con
voce
acuta. «Io che ho tradito chi mi amava e portato la
distruzione
sugli altri per sfuggire alla mia. Io che ti ho lasciato cadere in
quella teca... senza esser sicuro che potessi uscirne.»
«E
ne hai provato
piacere?»
Per
un istante Thor crede
che mentirà. Ma la sua faccia cambia.
«Qualche
volta» dice,
basso.
«Anch'io»
risponde
Thor, avvicinandosi. «Piovere distruzione mi esaltava.
Calpestare
diritti e sentimenti era un mio privilegio, o così credevo.
Con lei»
tocca la mole di Mjölnir,
coperta dal cappotto «ho disfatto molto più di
quanto ho costruito,
ed è inspiegabile che non mi abbia ritenuto indegno secoli
fa.
Stark? Faceva fortuna costruendo armi letali. Banner? La sua collera
si è lasciata alle spalle perdite enormi. E Barton e la
Vedova erano
assassini prezzolati. Ma ora non più.»
Loki
stringe le palpebre.
«Ci stai giustificando?»
«No.
Sto dicendo che è
possibile cambiare. Rimediare. Avere una seconda occasione.»
«Seconda
occasione? L'ho
già avuta» fa, sarcastico. «E una terza,
e anche una quarta.
Le ho sprecate tutte. Tu dovresti
saperlo.»
Thor
gli chiude una mano
sul gomito, calda anche attraverso il cappotto. Stringe.
«E
se te ne offrissi
un'altra?» mormora. «Se te ne offrissimo un'altra,
tutti noi? Devi
solo usarla.»
Loki
sente gli occhi
bruciargli. «Vuoi davvero rischiare?»
Ha
paura. Non è sicuro
di riuscirci. Non sa se fidarsi di se stesso.
L'espressione
di Thor è
qualcosa di doloroso da guardare.
«Se
me lo dici in quel
modo... sì.»
Thor
lo tira per il
gomito, e un attimo dopo lo stringe in un abbraccio così
ampio e
solido da cancellare il freddo. Anche quello che Loki sente dentro.
Loki alza le mani e si aggrappa a lui con tutte le sue forze.
Nonostante
il tumulto che
lo scuote, speranza e gratitudine gli soffondono il petto.
Come
ci riesci?
pensa.
«Non
piangere,
fratellino.»
«Come
ci riesci, Thor?»
chiede, soffocato. «Dopo tutto quello che ti ho
fatto.»
«Ti
voglio bene molto
più di quanto sia furioso con te, Loki» ringhia
Thor nei suoi
capelli, stringendo fino a togliergli il fiato. «Ci riesco
perché
non posso rinunciare... ricordi? La resa non è nella mia
natura.»
Oh.
Oh.
Loki
preme il viso contro
il suo collo, occhi serrati.
Ma la
soddisfazione
non è nella mia. Norne, aiutatemi.
Quando
si districano
l'uno dall'altro, lentamente, Thor lo bacia sulla fronte.
«Mi
cercavi? Che
fortuna» dice Loki, disarmato di qualsiasi artificio.
«Mi hai
trovato.»
Forse
anch'io ho
trovato me stesso.
Non
arrivano mai alla
festa di Stark. Camminano per quasi tutta la notte. All'alba si
addormentano sul divano dell'appartamento di Thor, come gli Yule di
quand'erano ragazzi.
E
che forse, in altra
forma, torneranno.
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