Uniti

di cherubina
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Alla fine erano rimasti solo lui e Rocco.

I progressi, sempre più sorprendenti, del bambino restato in coma per otto mesi erano la novità più lieta per Leo. I sorrisi di Rocco erano lo sprono che non lo faceva crollare, che gli dava la forza di resistere e di accettare.

Ormai lui e Rocco erano in ospedale da troppo tempo, tanto da dimenticare come fosse la vita fuori di lì.

Ma Leo non si era mai arreso: non si era arreso quelle sei volte in cui era finito sotto i ferri, non si era arreso durante gli innumerevoli cicli di chemio, non si era arreso quando gli avevano detto che il tumore si era diffuso.

Aveva affrontato tutto e ne era uscito più forte e, forse, un po' più disilluso. Soprattutto l'ultima volta, all'ultima notizia brutta ricevuta, era pronto a mollare: e senza i suoi amici, quegli amici speciali che aveva trovato in un posto difficile come l'ospedale, sicuramente non ce l'avrebbe fatta.

Tante cose erano cambiate da quando Nicola l'aveva convinto a formare il suo gruppo ma sebbene i Braccialetti Rossi si fossero ormai sfaldati, lui non era rimasto da solo.

O forse si...Non sapeva bene dirlo.

Ormai era solo questione di tempo, il tempo necessario per avere i risultati delle ultime analisi, e poi sarebbe uscito di lì anche lui. Certo la speranza era che quel giorno che aspettava da tanto tempo arrivasse il prima possibile eppure non si faceva troppe illusioni: essere malato ti fa perdere una grossa fetta di ottimismo.

Quella mattina stava sfogliando il solito quotidiano quando Johnny lo raggiunse con quel consueto:

"Buon giorno Leo."

Che lo faceva sentire coccolato.

"Ciao Johnny!"

Rispose con un sorriso.

"Questa mattina ti ho portato una sorpresa!"

Quell'annuncio fece venire il magone a Leo: gli ricordava, infatti, un giorno di diversi mesi prima.

"Mi hai portato un nuovo compagno di stanza?"

Fece, infatti, ironico.

"Non proprio..."

Si mantenne sul vago l'infermiere facendo cenno a qualcuno di farsi avanti. Quello sguardo timido e insicuro, quei lunghi capelli neri e quelle forme...non propriamente mascoline, fecero strabuzzare gli occhi a Leo.

"Ti ho portato una compagna."

La ragazza, finalmente, si decise ad alzare gli occhi e a guardare Leo, accennando un sorriso di cortesia.

"Lei è Nina. Trattala bene."

Johnny li lasciò soli ma Leo non aveva tempo per ovviare alle presentazioni. Afferrò le sue stampelle e claudicò fino in corridoio per parlare con l'infermiere.

"Johnny fermati. Cos'è questa storia? Pensavo che fossero vietate camere promiscue in ospedale."

Il giovane uomo si lasciò sfuggire un risolino.

"Suvvia Leo: non credevo fosse un problema per te dividere i tuoi spazi con qualcun altro. Praticamente da quando Vale è stato dimesso te ne sei stato come un lupo solitario."

"Lei non è qualcun altro. E poi ha delle forme decisamente più prosperose di Vale. No è fuori discussione: io con quella non voglio starci!"

"Quella si chiama Nina e non è certo qui per gioco. Sii gentile con lei, Leo...Purtroppo, al momento, non abbiamo altri posti letto ma, appena si libererà una stanza, risolveremo questo disguido, promesso. Potresti approfittarne per fare conquiste."

Johnny si ammorbidì dopo l'iniziale rimprovero e gli strizzò l'occhio complice.

"Io una fidanzata già ce l'ho!"

Puntualizzò Leo ma Johnny si era già allontanato.





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