Nightmare
Nightmare
Grattava le
dita sul muro, grattava la carta da parati.
Lo
scricchiolio delle dita che graffiavano l'intonaco non andava
affievolendosi, nonostante ormai le sue unghie si stessero
inesorabilmente consumando.
Grattava con
tutte le sue forze, e continuava ormai da più di venti
minuti. Malgrado il sangue che cominciava a sgorgare dai mozziconi che
gli erano rimasti al posto delle dita, malgrado il dolore sia fisico
che emotivo, malgrado la sua vista fosse offuscata dalle lacrime.
La carta
stava cominciando a venire via, ma non c'era più tempo.
Doveva fare in fretta, molto più in fretta.
"Tirami
fuori di qui, ti prego!"
Un flash, la
faccia di Derek apparsa nel video che l'S.I. gli aveva spedito per mail
si materializzò davanti ai suoi occhi, come un lampo. Una
frazione di secondo che lo rianimò. Sempre più
furiosamente grattava, ormai riusciva quasi ad intravedere l'osso
bianco del suo dito medio, ma non poteva. Non doveva fermarsi.
"La
combinazione la inventai molti anni fa, non me la ricordo
più molto bene... Sapete, la memoria gioca spesso brutti
scherzi!" ghignò l'S.I., soddisfatto del suo piano e della
sua riuscita.
"Però,
se non vado errato" ridacchiò, un attimo prima che il pugno
destro di Reid si abbattesse violentemente sulla sua faccia.
"Dimmi
dov'è la combinazione!"
Le mani del
riccio si erano strette intorno al suo collo. Se l'uomo si era
spaventato alla reazione dell'agente, non lo diede a vedere. Fece una
smorfia e con la lingua si leccò il sangue che aveva
cominciato a fuoriuscire dalla guancia colpita.
"Deve
essere qui, deve esserlo per forza!"
Lacrime
copiose avevano ormai iniziato a scendere dai suoi occhi.
"Credo
di averla scritta con il sangue della mia ultima vittima sulla parete
di fronte alla teca" affermò pensieroso, per nulla turbato
dallo sguardo di Reid, che in quel momento sembrava un ragazzino pazzo.
Gli altri agenti, invece, erano a dir poco terrorizzati. Nessuno si
arrischiava neanche a sfiorarlo. Erano giorni che non dormiva e non
aveva alcuna intenzione di farlo, ma il suo corpo mostrava molti segni
di stanchezza. Gli occhi arrossati, vari tic incontrollati e un
nervosismo palpabile.
"Peccato che
non sapete nemmeno dove si trovi il vostro caro compagno di squadra..."
"Scusami,
ci sto provando, non la trovo!" si voltò un attimo a
guardare Derek e lo vide che sorrideva amaramente.
"No, non
devi rassegnarti, io la troverò, ho solo bisgno di
più tempo!" urlò ancora e si sfilò una
scarpa senza slacciarla, facendosi male alla caviglia. Provò
a grattare la carta con il tacco e scoprì che funzionava
leggermente meglio delle sue dita ormai consunte.
"Vieni
qui" sentì sospirare alle sue spalle.
"No, mi
avvicinerò soltanto quando riuscirò a trovare
quella fottuta combinazione!"
"Uh, perfino
una parolaccia. Te le sei risparmiate tutte per questo momento?"
Si rese
conto che nella sua voce non c'era alcuna nota di divertimento,
nonostante ci provasse.
"L'ho
trovata! Derek, l'ho trovata!" strillò di gioia, alzando le
braccia al cielo come un bambino che aveva appena ritrovato il suo
giocattolo. La combinazione era ancora leggibile, sebbene fossero
passati quasi vent'anni da quando era stata scritta.
La
memorizzò in un attimo e si diresse verso la teca a passo di
marcia.
"Organizziamo
più squadre di ricerca che possiamo, non deve essere molto
lontano da qui!"
Hotchner si
sbracciava, impartiva ordini a destra e a manca e la sua voce stava
andando via via affievolendosi, ma non per questo si sarebbe dato per
vinto.
Gli uffici
del FBI sembravano dei formicai, impazziti per la sparizione della
formica regina.
Spencer, nel
frattempo, aveva già preso un auto e si era messo a
perlustrare tutta la zona che lui stesso aveva provveduto a cerchiare
sulla mappa.
"Ecco,
ho inserito la combinazione!" esclamò sollevato, ma le rughe
di stress e ansia non accennavano nemmeno a voler scomparire dal suo
volto.
Aveva un
strano presentimento...
Entrambi
i suoi pugni si abbatterono sul volante.
Una volta.
Un'altra.
Un'altra
ancora.
I capelli
lunghi gli cadevano sul viso stanco, solcato da due profondissime
occhiaie. Per tutti quei giorni in cui Derek era sparito, si era
autocostretto ad ignorare quella mancanza oceanica che avvertiva nel
petto, perché altrimenti sapeva che se si fosse abbandonato
al dolore non sarebbe riuscito a lavorare.
Ed era il
suo aiuto che a Derek serviva di più.
"Deve essere
qui da qualche parte. Lo so, me lo sento!"
Per quasi
una settimana era riuscito a tenersi dentro tutte le lacrime che aveva
da piangere, ma anche lui sapeva di avere un limite.
Scoppiò
in un pianto isterico, un pianto disperato. I muscoli della sua faccia
si contorsero quasi deformandogli l'intero volto. Si coprì
il viso con entrambe le braccia.
"No, non
posso fermarmi adesso, ci sono quasi!" si tirò su tutto d'un
colpo, con le lacrime che ancora fuoriuscivano dai suoi occhi, un tempo
dolci, brillanti d'intelligenza e costante contentezza.
Un
suono prolungato, come quello della segreteria telefonica, venne udito
da entrambi.
Spencer
spostò urgentemente lo sguardo sul timer. Mancavano
pochissimi secondi allo scadere del tempo, ma il conto alla rovescia si
fermò.
00:13
Reid stava
per tirare un sospiro di sollievo, ma si accorse di un altro
più terribile e angosciante sibilo.
Era una
trappola.
Gli occhi di
Morgan si riempirono di paura. Per la prima volta da quando si trovava
lì dentro, temette davvero di stare per avere un infarto.
Poteva sentire il suo cuore palpitare ad un ritmo eccessivamente
incalzante proprio dentro il suo petto, quasi volesse sfondargli la
cassa toracica. Il respiro divenne affannoso e con le braccia
cercò di arregersi alle strette pareti della teca.
Guardò
in alto e lo vide.
"Non
so se voglio sapere come sono state uccise quelle povere anime..."
sospirò Garcia corrugando la fronte. Eppure, era costretta a
dover ascoltare ogni singolo particolare del caso.
"Erano tutte
vittime di colore. Probabilmente un crimine dell'odio!"
esclamò JJ, accompagnando la sua deduzione con una smorfia a
dir poco disgustata.
"Può
sembrare, ma le vittime sono state tutte rinchiuse in una teca. Il
soffitto di questa teca presenta una piccola bocca, come se fosse una
doccia..."
Hotchner non
dovette continuare, era già stato abbastanza eloquente e al
resto dei componenti del team non ci volle molto tempo per giungere
alla conclusione.
Il gelo
nella stanza a questa sua affermazione fece rabbrividire Spencer, anima
sensibile dal cuore d'oro.
Morgan
sbatté violentemente il suo pugno sul tavolo, facendo
saltare le matite e le penne di tutti i suo colleghi. Garcia voleva
quasi sgridarlo per la sua poca grazia, ma non appena si accorse dei
suoi occhi ardenti di rabbia, scuri come ebano, si trattenne.
"Pensavo
l'avessimo finita con queste stronzate da qualche decennio, ormai!"
ringhiò, alzandosi dal tavolo e andandosene a
passo di marcia, sbattendo la porta in malo modo.
Da quel
momento, nessuno l'aveva più visto né sentito.
"Reid"
All'iniziò
fu solo un singhiozzo, poi si trasformò in un lamento e
infine in un grido disperato.
"Reid, fai
qualcosa ti prego!"
Batteva i
pugni sul vetro, ma quello nemmeno si scalfiva.
Al
contrario, Reid sentì la sua vita cadere in pezzi.
"Reid, non
startene lì impalato. Reid, Reid guardami!"
"Non
c'è più molto tempo..." sospirò
Prentiss. L'avevano chiamata per dare una mano. Una volta saputo della
scomparsa di Morgan, aveva preso il primo volo da Heathrow per
Quantico.
"Mangiarti
furiosamente le unghie non cambierà le cose"
La mano
grande di David Rossi si strinse intorno al polso esile di Emily in
modo paterno.
"Sono molto
preoccupata, non riesco a farne a meno quando sono preoccupata"
sospirò, infilandosi entrambe le mani nelle tasche e
stringendole a pugno.
"Vedrai, lo
ritroveremo" dichiarò Rossi, ma nemmeno lui era sicuro di
questo.
"La
sostanza utilizzata in questa sorta di doccia è lo Zyklon B"
lesse lentamente Hotchner. Non dovette nemmeno alzare lo sguardo, che
Reid aveva già inizato ad esporre le sue conoscenze in
materia.
"Lo Zyklon B
è un agente fumigante a base di acido cianidrico utilizzato
come agente tossico nelle camere a gas di alcuni campi di sterminio
nazisti, in particolare Auschwitz. Si presenta in granuli bluastri
composti da polpa di legno o terra diatomacea. Inizialmente aveva anche
una componente irritante, in modo da avvertire le persone della sua
presenza prima che si dissolvesse nell'aria, ma questo agente venne in
seguito eliminato da un ufficiale tedesco".
Reid
tentò di deglutire, ma il groppo che gli si era formato in
gola era troppo grande da mandare giù.
Gli
occhi di Morgan si fecero rossi.
"Spencer"
Stavolta fu
più un sussurro, ma il sentirsi chiamare per nome
risvegliò Reid dal suo torpore.
Si
avvicinò alla teca e la guardo tutta, dall'alto verso il
basso. Scrutò il vetro che lo separava da Derek, il vetro
che lo separava dal suo mentore, colui che l'aveva sempre sostenuto,
aiutato, ascoltato.
"Derek"
Appoggiò
il suo palmo destro sulla teca, le dita perfettamente separata tra di
loro, quelle piccole dita storte che Morgan soleva accerezzargli quando
non riusciva ad addormentarsi sull'aereo, mentre ritornavano da
chissà quale città sperduta dell'America.
"C'è
qualcosa che puoi fare, dottore?" gli chiese dolcemente il moro.
"No, non
credo" asserì, sconfitto. Abbassò lo sguardo e
sentì nuovamente le lacrime bagnargli le guance.
"Guarda le
tue mani... Sono un disastro!" sorrise Derek, cercando di incrociare il
suo sguardo con quello del piccolo Reid.
"Lo.. lo
sono sempre state" rispose, strofinandosi gli occhi con la manica della
felpa.
"Scusa"
mormorò Spencer e in quel momento si accorse di voler morire
lui al posto suo. Non era giusto.
Non era
giusto che fosse Morgan a perdere la vita prché lui non era
stato in grado di trovarlo in tempo.
Derek
alzò la sua mano sinistra e la fece combaciare con quella di
Reid ancora appoggiata al vetro.
"Non fa
niente, piccolo"
Il minore
tornò ad alzare lo sguardo.
"Io... credo
di amarti, credo di averlo sempre fatto" affermò,
pronunciando lentamente quelle parole. Voleva che se le ricordasse
sempre, non riusciva ancora a realizzare che l'uomo davanti a lui stava
per morire.
Derek
sorrise a sentirlo.
"È
bello che tu lo dica, Spencer"
Non sembrava
più terrorizzato come poco prima.
"Ti amo"
ripeté ancora, come per dare più forza a quel suo
sentimento, a quell'emozione che gli faceva remare le mani.
"Anche io,
Spencer. Anche io..." sospirò, guardandolo negli occhi, poco
prima di accasciarsi al suolo. Ed anche il cervello matematico e
geniale di Reid, a quella scena orribile, non resse.
"Reid,
Reid..."
Tremava,
tutto era buio, sentiva due grandi mani stringergli le spalle,
scuoterlo potentemente. Poi, un calore strano lo pervase a partire
dalla sua guancia e si propagò per tutto il resto del suo
viso delicato.
Sentiva
di star sudando, aveva la fronte bagnata, ma qualcosa stava asciugando
la sua pelle umida.
"Apri
gli occhi, coraggio" riconobbe quella voce. Apparteneva a qualcuno di
familiare, qualcuno che più di una volta gli aveva fatto
tremare il cuore nella sua vita.
Dischiuse
lentamente le palpebre, e fu immensamente grato a qualsiasi Dio
esistesse in Paradiso quando davanti a se trovò un paio di
occhi scuri come la pece. Nonostante gli anni gli avessero avvizzito la
pelle, quegli occhi rimanevano ancora brillanti e dolci come lo erano
sempre stati.
Sospirò
sollevato.
Aveva
la gola secca, le labbra erano come incollate tra di loro, ma
riuscì comunque a farneticare: "Derek..."
"Spencer,
sono qui".
Due
grandi braccia lo strinsero e gli dettero la forza di aprire
completamente gli occhi.
Il
volto di Derek si trovava a pochi centimetri dal suo e il
più piccolo ignorò la lieve preoccupazione che
aveva letto nel suo sguardo. Gli accarezzava i capelli ormai bianchi
con la mano tremante e intanto sorrideva. Mille rughe ricoprivano la
sua pelle, ma a Reid sembrò comunque meraviglioso.
"Sempre
il solito incubo?"
Il
minore annuì piano, tentando di scacciare via dalla sua
mente le ultime immagini di quel tremendo sogno che lo perseguitava da
anni.
"Ricordami
ancora com'è che ne siamo usciti vivi, ti prego"
esortò Spencer.
Così
Derek, nonostante fosse stanco e gli facesse tremendamente male la
schiena, cominciò a raccontargli per la millesima volta come
Garcia fosse riuscita a rintracciare il GPS dell'auto di Reid e ad
indirizzare appena in tempo i loro compagni di squadra verso l'edificio
giusto. Al resto ci aveva pensato la SWAT e l'ambulanza.
Non appena
ebbe finito il suo racconto, Derek si accorse che Reid si era rimesso a
dormire, ma stavolta un sorriso beato gli solcava tutto il viso segnato
dal tempo, tutto il tempo che avevano trascorso insieme.
Quella
notte pianse, Derek Morgan, e non solo perché al ricordo del
suo rapimento gli tornò in mente tutta la paura che aveva
avuto di non farcela, di non uscirne vivo.
Quella
notte, Derek Morgan versò tutte le lacrime che aveva in
corpo perché, dopo tutti quegli anni in cui l'alzheimer gli
aveva quasi completamente mangiato il cervello, Spencer Reid, poco
prima di spirare, l'aveva di nuovo riconosciuto.
Ed
era l'ultima volta che lo avrebbe fatto.
Saaaalve
a tutti!
Ed
eccomi qua, dopo chissà quanto tempo con la mia prima OS in
questa sezione. Seguo da sempre Criminal Minds, credo sia una delle mie
serie preferite in assoluto.
Perdonatemi
lo slash, ma shippo Derek e Spencer insieme più di quanto
ami la mia stessa vita.
Bene,
grazie mille a chi l'ha letta. Mi farebbe molt piacere se qualcuno la
recensisse e mi facesse sapere come l'ha trovata.
In
genere ho non poche difficoltà con il genere drammatico, per
cui ogni critica è ben accetta :)
Alla
prossima,
Adele
x.
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