RAPTUS.
Oggi sono
nervoso, mi sono svegliato con il piede sbagliato.
Appena aperto
gli occhi ho trovato almeno dieci ragioni per le quali non avrei
dovuto uscire di casa.
Però a
lavoro bisogna andare purtroppo.
Cosi mi sono
deciso ad alzarmi, cazzo, la sveglia non ha suonato quindi sono in
ritardo di un ora buona.
Mi toccherà
far tutto di corsa.
Ora se è
possibile mi girano più di prima.
Dopo una veloce
doccia, ovviamente fredda a causa del boiler rotto, mi vesto con le
prime cose che trovo nell'armadio e volo fuori casa.
Arrivato
davanti all'auto mi rendo conto di aver dimenticato le chiavi sul
tavolino accanto alla porta.
Ma che palle!
Corro per le
due rampe di scale saltando i gradini a due a due evitando di
sbattere contro la signora Bianchi per un pelo.
Finalmente
stringo le chiavi dell'auto nel palmo della mano e mi catapulto
fuori.
Sto per salire
in macchina quando mi accorgo di un evidente riga sulla carrozzeria.
Cazzo!
La macchina ha
solo un dannato mese!
Sento i muscoli
delle spalle irrigidirsi allo spasimo.
Non bastava il
boiler rotto, ora anche il carrozziere mi toccava pagare e anche
profumatamente vista la lunghezza dello sfregio sulla portiera.
Dovrò
fare qualche straordinario in quell'ufficio di merda.
Già,
odio il mio lavoro!
Chiuso in un
gabbiotto come un criceto per nove ore da lunedì a sabato.
Un incubo!
Alzando gli
occhi al cielo salgo e parto in quarta sgommando.
Non posso certo
tardare oltre che diamine!
Ok, anche il
traffico ce l'ha con me.
Becco tutti, e
dico tutti, i semafori rossi.
Oggi non è
proprio giornata.
Perché
non me ne sono rimasto a casa?
Perché,
dico io?
Finalmente
parcheggio nel mio posto ed entro in ufficio.
Credo di averla
fatta franca finché non mi trovo davanti quella faccia da
culo, arrogante e spocchioso del mio capo.
Eccola li
l'espressione da “sei un gran fallito e non arriverai mai da
nessuna parte a differenza mia”.
Sento il sangue
ribollire già pronto a ricevere quel mucchio di cazzate che
dirà.
“Jeremy,
Jeremy sei in ritardo. Cos'è, ieri hai fatto le ore piccole? È
così che prendi il lavoro? Il tuo è un atteggiamento a
dir poco irrispettoso e poco consono a questo ufficio. Qui si lavora
e sodo ricordatelo. Non ammetterò un altro ritardo.”
Mi guarda
tronfio e visibilmente compiaciuto di potermi cogliere in fallo.
Prendo un
grosso respiro e mi costringo a reprimere la voglia di sputargli in
faccia.
Senza
distogliere lo sguardo da quegli occhietti da topo mi limito a
rispondere con un cenno del capo.
Non mi scuserò
con questo stronzo nemmeno se mi torturassero.
È da
quando mi ha assunto che mi tartassa per ogni cosa, mi ha preso di
mira forse perché nel mio lavoro sono bravo e potrei
soffiargli il posto tra un paio di anni.
Mi viene da
sorridere pensando a che faccia farebbe se venisse scavalcato proprio
dal dipendente che più odia.
“Come ti
permetti di ridermi in faccia?!” Urla paonazzo facendosi più
vicino del necessario.
“Jeremy
non intendo chiudere più un occhio sulle tue innumerevoli
mancanze. Non sei di certo indispensabile qui dentro e il tuo
atteggiamento strafottente e maleducato nei miei riguardi non ti
porterà molto lontano. Se vuoi far carriera sappi che devi
iniziare a lavorare sodo e prendere coscienza del fatto che le cose
non ti saranno certo regalate. Non da me. Finora sei stato fortunato
a trovare sempre gente disposta a farsi affascinare dal tuo aspetto o
dal fatto che sei uscito solo da qualche giorno dall'infanzia. Sappi
che io me ne infischio del fatto che sei giovane! Qui dentro non vali
nulla e voglio che ciò ti sia ben chiaro.”
L'ultima frase
l'ha quasi ringhiata fuori dai denti guardandomi con disprezzo.
Qualcosa dentro
di me esplode e in un secondo sono naso a naso con quel essere, con
le mani attaccate al colletto della camicia.
L'ho colto di
sorpresa perché lo sento trasalire tra le mie mani.
“Ascoltami
bene pezzo di merda, non ti permetto di insultarmi oltre! Hai rotto
ok? Sei solo un lurido stronzo e sinceramente sono sicuro di valere
più di quanto tu sia mai valso in vita tua. Non fai che
aggredirmi per ogni cosa anche quando non sbaglio e francamente sono
stufo di sentire i tuoi rimproveri.”
Gli sbotto in
faccia mentre lo guardo fisso negli occhi leggendovi dapprima stupore
poi confusione e infine rabbia, quasi odio allo stato puro.
Mi prende le
mani e cerca di allontanarle ma io non retrocedo di un millimetro
tenendo salda la presa.
“Ti
consiglio vivamente di togliermi le mani di dosso. Ti stai mettendo
in guai seri Jeremy. Se queste manie da bullo ti sono servite in
passato sappi che con me non servono perché io ti posso
annientare, ti posso rovinare la vita, non troverai un altro lavoro a
breve te lo posso assicurare.”
Mi sibila
minaccioso.
Senza
rendermene conto ho stretto la presa sulla sua camicia strappandola.
Il sangue mi
ribolle nelle vene come lava, sento la vena sulla tempia pulsarmi
dolorosamente.
Più lo
guardo e più mi rendo conto di odiarlo, un odio cocente come
non ho mai provato per nessuno.
Lo scuoto un
paio di volte per fargli capire che non scherzo, che con me non può
giocare al pavido riccone, all'uomo potente.
“Credi
che il mondo sia sotto il tuo controllo vero? Sei un arrogante,
inutile rifiuto umano. Probabilmente nemmeno tua moglie ti considera
e ti rifai sui dipendenti facendo vedere ciò che non sei. Non
vali nulla, non vali il mio rispetto ne quello di nessun altro.”
Gli urlo contro sbattendolo al muro e bloccando con un braccio la sua
gola.
Non credevo
potesse diventare ancor più paonazzo ma sembra che io mi sia
sbagliato.
Sorrido maligno
a vederlo completamente in mio potere mentre con le scarpe non tocca
nemmeno terra.
“T-tu sei
matto! Lasciami subito, non fare cose di cui ti pentiresti ragazzo.”
Borbotta perdendo quel aria spavalda che lo contraddistingue e il mio
orgoglio gongola letteralmente.
“Si,
forse hai ragione. Non vale proprio la pena sporcarsi le mani con uno
come te.”
Gli tolgo il
braccio e mi allontano un po' guardandolo mentre si porta una mano
alla gola cercando l'aria.
Mi sembra ancor
più patetico di prima.
Gli do le
spalle andando alla scrivania e preparandomi a iniziare il mio
lavoro.
“Cosa
credi di fare? Dopo che mi hai aggredito pensi davvero di poter
continuare a lavorare qui?!” Mi urla dietro mentre si aggiusta
la camicia con rabbia e stizza.
Non rispondo e
mi limito a guardarlo sistemandomi sulla sedia.
“Non ti
preoccupare che hai appena firmato la tua condanna a morte Jeremy.
Sei licenziato ma non è finita. Io ti denuncio e ti rendo un
miserabile. Mi pregherai di perdonarti prima di essere costretto a
fare il barbone per vivere.” Riprende colmo d'ira.
È allora
che la mia rabbia sale a livelli mai provati.
Le mani
iniziano a tremare mentre mi alzo e faccio il giro della scrivania.
“Prova a
ripetere quello che hai detto e ti strappo la lingua con le mie
mani!” Gli urlo con la pressione che è salita alle
stelle e il cuore che batte ad una velocità impressionante.
Lui mi guarda e
sghignazza.
“Cosa
credi di fare? Sei il nulla contro di me. Ho i testimoni. Tutti i
tuoi colleghi probabilmente hanno sentito tutta la discussione. Sarà
facile che credano che mi hai messo le mani addosso anche perché
l' hai appena fatto. Sei spacciato Jeremy.”
Lo guardo, è
così sicuro di avermi in pugno...
Ma si sa che la
gente troppo sicura di sé fa una brutta fine.
Il mio sguardo
si posa sul fermacarte d'argento.
È un
regalo di mia madre per il mio primo impiego.
Lo prendo tra
le mani e sentirne il peso mi eccita.
La mia mente è
offuscata dalla rabbia, dall'odio profondo che provo per quest'uomo.
È così
che mi faccio, per la prima volta in vita mia, sopraffare dalle
emozioni forti come l'ira e il disprezzo.
Succede tutto
in un secondo, in un attimo, non ho nemmeno il tempo di realizzare a
fondo ciò che sto facendo.
Mi giro e lo
colpisco alla testa con il fermacarte con tutta la forza che ho.
Rimane
intontito e cade in ginocchio portandosi la mano alla ferita
sanguinante.
È come
se non capisse cosa sta succedendo ma prima che possa anche solo
realizzare lo colpisco un altra volta.
Quando crolla a
terra gli salgo cavalcioni e continuo a colpirlo con violenza urlando
in preda alla pazzia.
Non riesco a
fermarmi nemmeno quando la porta si spalanca di botto e due colleghi
mi placcano mentre un terzo mi strattona via il fermacarte grondante
si sangue.
Sento il sangue
colarmi lungo il viso, ne sono pieno.
Ha sporcato la
camicia, il pavimento e anche i muri.
Mi spingono a
terra ma non mi dimeno, non cerco di liberarmi.
Sento le urla
di qualcuno e in sottofondo una voce concitata che balbetta
l'indirizzo dell'ufficio.
Mi metteranno
in prigione, chissà quanti anni dovrò scontare per aver
liberato il mondo da quell'uomo inutile?
Alzo il viso
per guardare il corpo immobile e non posso fare a meno di farmi
scappare un sorriso.
Il sorriso
piano piano si trasforma in una risata che sento salire dalle viscere
e prendo a ridere a crepapelle.
Mi fa male lo
stomaco ma non riesco a fermarmi, continuo a ridere.
FINE.
ANGOLINO DELLA
SCRITTRICE:
Ciao a tutti,
vi ricordate di me?
Sono mancata
per un bel po' ma ho avuto poco tempo e un calo di idee.
Ma eccomi qua
con l'ennesima storia sanguinolenta...
che ne pensate?
Un bacione da
Fly90
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