I
laboratori della G-Corp sono ridotti ad ammassi di cemento, lamiera e
cavi - nonostante ciò, Lee è ancora abbastanza
sveglio; affaticato dalla perdita di sangue, certo, ma reattivo.
“Credo
che presto avremo un bel rendezvous con i ragazzi del terzo
dipartimento,” ci dice tutto garrulo, indicando un corridoio
buio. La luce d’emergenza si è rotta e manda lampi
bianchi intermittenti che sono tutto tranne che rassicuranti.
“Ci sono state due esplosioni principali, la più
intensa in quell’ala dell’edificio.”
“Ci
vuoi uccidere?” sibila Xiao.
Metallo
contro metallo. Qualcosa si muove all’interno del corridoio.
“Quanti?”
domando. Siamo indeboliti e mezzi nudi, ma combatteremo; come ha fatto
Hwoa, come hanno fatto Lars e Alisa, combatteremo.
“Una
decina? Alcuni potrebbero essere semplicemente morti o inoffensivi. Un
budino zombie non si può muovere.” Grazie zio per
l’immagine di uno zombie spappolato che striscia a terra.
L’eco
dei passi si fa più intensa. lancio uno sguardo
d’intesa a Xiao, che fa spallucce.
“Ragazzi,
lascio fare a voi?”
Zio,
se sono ancora vivo dopo questo ti frantumo le palle.
Pugni
chiusi. Pronto a scattare. Xiao raccoglie una barra di metallo da terra
e la brandisce con entrambe le mani.
“Eccellente!”
“Forse
non è stata un’idea poi così brillante
farmi tornare normale prima. Essere grande e intelligente come uno
schiacciasassi avrebbe fatto comodo” dice lei, guardando un
po’ mesta la spranga.
Non
farmi scherzi, nanetta. Ti preferisco mille volte così.
“Avanti,
non fare la pessimista. Anche con quel faccino angelico pesti sempre
come un fabbro”.
“Il
tuo kraken ne sa qualcosa, vero?”.
…
ti sembra il caso di far sapere a Lee che uno dei tuoi passatempi
preferiti per scaricare lo stress è giocare a ping-pong con
i miei gioielli di famiglia? Ma io non so, eh.
Avanti
poltiglie di merda, fatevi sotto. Ho un coreano, uno svedese e una
cyborg da vendicare. Non siete stati direttamente voi? Indovinate
quanto me ne fotte da zero a zero. Sarete i cugini dello Slenderman,
quindi ci andate abbastanza vicini.
Eppure,
nonostante l’insistente rumore che pare avvicinarsi alla
nostra posizione man mano che passano i secondi, ancora non si vede
nulla.
Su,
su. Mi sta salendo prepotente la voglia di spaccare le vostre teste di
slime.
“Non
ci stanno mettendo un po’ troppo?” è
l’innocente ma sensata domanda di Xiao.
“Non
so che dire. Ero convinto che l’attacco sarebbe giunto
subito, ma…” risponde incerto Lee, palesemente
preso in contropiede dallo sviluppo inaspettato.
E
va bene. Se gli zombie non vanno da Maometto Jin, sarà
Maometto Jin ad andare a gonfiarli di botte.
Sì,
mi prudono le nocche. Sì, so che le teste calde in mezzo a
un’apocalisse di putridume verde e che ti vuol mangiare la
faccia finiscono male. Sì, ho deciso di fregarmene
bellamente.
Faccio
per dirigermi nella loro direzione.
“Dove
stai andando, stallone?”. Corroborata da una presa che non mi
aspettavo così salda.
“Xiao,
perché non mi lasci andare?”.
“Perché
non gradisco vederti mentre ti divorano intero, per esempio?”.
“Sei
gentile, ma ti preoccupi troppo per me”.
“Troppo?
Mi preoccupo TROPPO? Cazzo Jin, c’eri quando quella schifezza
ha bucato il collo di Hwoarang! E per quanto ti piaccia fare il figo
non gli sei così tanto superiore da poterti gettare in mezzo
a una bolgia di quelle robe sperando di uscirne intero! E Lars! E
Alisa! Santo cielo, ragiona col cervello e non col pacco!”
sbotta.
Il
primo impulso, del tutto incosciente, è quello di
strattonarla via e proseguire dritto per dritto. Il secondo, un poco
più ragionato, mi consente di fermarmi quel tanto che basta
per riflettere sulle sue parole.
E
constatare che ha ragione.
Puah.
Che femminuccia, Kazama. Non sai neanche affrontare un cumulo di merda
zombie come un uomo con più di tre microgrammi di palle.
Te
taci, Stronzone con le Lucette. Non è proprio il momento.
“Allora
Jin, che vuoi fare? Ancora intenzionato a farti fare a pezzetti? Vuoi
davvero… lasciarmi sola?”.
...no,
non voglio lasciarla sola.
“Scusami”
rispondo, “è che sono ancora…”
“Sì,
anche io” mi interrompe lei, capendo il perché del
mio tentennamento. Non abbiamo versato una lacrima da quando i nostri
compagni di sventura sono morti, e non so quanto ancora riusciremo a
tener duro. Senza contare che, di questo passo, finiremo per
raggiungerli presto…
Scuoto
la testa, cercando di rimettermi in carreggiata, e mi volto verso Lee:
“Ehi, da qui non c’è un altro corridoio,
un passaggio o che so io? I rumori che sento non mi piacciono e temo si
stiano avvicinando… e al momento siamo decisamente in
svantaggio.”
Lee
rimane in silenzio qualche minuto, poi parla: “I rumori
sembrano provenire dal corridoio accanto… l’unica
cosa che possiamo fare è infilarci in una di queste porte
sulla destra e nasconderci, se come penso si stanno dirigendo verso i
piani più alti. Con un po’ di fortuna dovrebbero
esserci delle scale interne che ci porteranno agli uffici.”
Detto
questo zoppica verso le porte e comincia a controllarle una per una.
“Scusa
ma perché dovremmo dirigerci verso i piani alti, se tu
stesso hai detto che quelle… cose probabilmente hanno le
stesse intenzioni?” chiede giustamente Xiao.
“Oh,
mia cara” sorride lui, “quella che sto cercando
è una scala interna a cui pochi hanno - pardon, avevano
accesso. Porta direttamente agli ultimi piani, dove
c’è l’ufficio di Kazuya.”
Sgrano
leggermente gli occhi.
“Non
è ovviamente garanzia di sicurezza assoluta, ma avremo un
po’ di vantaggio su di loro.”
“Perché
vuoi andare nell’ufficio di Kazuya?”
“Perché
è il posto più sicuro, al momento”
replica lui “e salendo dovremmo incontrare
un’infermeria e uno spogliatoio, che immagino farà
piacere alla qui presente signorina” fa un cenno verso Xiao
“...e chissà, se siamo fortunati troviamo pure un
paio di pistole.”
Il
dubbio mi attanaglia.
“E
non troveremo nient’altro? Voglio dire, andiamo lì
solo perché l’ufficio di Kazuya è
sicuro?”
“Oh,
sei diffidente nipote” risponde, aprendo quella che
apparentemente è la porta giusta,
“quell’ufficio nasconde molto più di
quanto tu creda.”
Io
e Xiao ci scambiamo uno sguardo: lei si sta mordendo il labbro, tesa.
Spero
che in mezzo al “molto più di quanto tu
creda” ci sia pure un antidoto, zio.
Quattro
piani dopo, siamo finalmente all’ultimo piano.
Come
Lee aveva preannunciato, abbiamo avuto modo di fare tappa al secondo
piano - dove abbiamo trovato uno spogliatoio e qualche ricambio pulito,
e al terzo per l’infermeria: nessun antidoto, ma qualche
benda e antidolorofici per Lee; entrambe le zone erano relativamente
tranquille, a parte la presenza di alcuni soldati morti. Le loro poche
armi sono diventate le nostre.
“C’è
un silenzio irreale…” commenta Xiao, mentre ci
avventuriamo lungo i corridoi alla ricerca dell’ufficio; se
la situazione non fosse orribile, probabilmente la prenderei in giro
perché quel camice verde da infermiere le sta larghissimo.
Ha persino dovuto arrotolare i pantaloni per non inciampare…
“Ok,
ci siamo”.
Mi
volto verso Lee, che indica la porta in fondo: grande, nera, senza
pacchiane decorazioni come pomelli.
D’improvviso
mi volto da dove siamo venuti e tendo le orecchie.
“Qualcosa
non va, Jin?” mi chiede Xiao. Faccio cenno di no con la
testa: “Credevo di aver sentito dei
rumori…”
Avanziamo
per il corridoio, quando… li sento di nuovo.
“Stavolta
li ho sentiti anche io!” dice Xiao, allarmata.
“Sono
stati veloci” replica Lee, “ma abbiamo ancora
qualche corridoio di vantaggio. Entriamo in ufficio e barrichiamoci
lì per ora.”
Mi
affretto verso la porta, lasciando Xiao e zio Lee indietro. Ho un
terribile presentimento. La superficie di vetro nero è
liscia e mi riflette come uno specchio. Non ci sono pomelli
né maniglie. Un piccolo pannello di controllo è
incastonato nel marmo della parete.
“Cazzo.”
“Che
succede?” Xiao mi fa capolino da lato. Non posso vederle il
viso, ma scommetto le sue codine che ha la mia stessa espressione
stralunata.
“Oh,
riconoscimento oculare… ingegnoso,” commenta Lee.
“Ci
serve Kazuya,” bisbiglia Xiao.
“Anche
se fosse qui a portata di occhi…” Lee fa una breve
pausa per sorridere come un idiota, “Manca la
corrente.” Indica la luce di emergenza, bianca come una
supernova. Strizzo gli occhi, feriti da
quell’intensità. “Il sistema di
sicurezza gira su una corrente separata, ma credo che il generatore sia
esploso.”
Lo
fisso dritto negli occhi. Ha ancora quel vago sorriso idiota di prima.
Grazie per le informazioni, ma non offrono nessuna soluzione concreta.
Io, al contrario, ho appena ideato qualcosa che migliorerà
drammaticamente la mia qualità della vita, che al momento
è piuttosto bassa. Sposto il peso sulla gamba sinistra.
Sollevo la destra. STRIKE sulle sue palle di nuovo.
“Gah…”
Lee non si accascia a terra per miracolo - Xiao lo sta sostenendo, ma
lo guarda come se fosse feccia - e adesso un bel sorriso trionfa sulla
mia di faccia.
“Secondo
avvertimento. Voglio uscire vivo da qui.” Incrocio le
braccia. Le mie orecchie sono ancora tese.
“La
porta è blindata. Non c’è modo di
aprirla… sradicarla potrebbe funzionare.”
Xiao
stringe le labbra. Esatto, compito suo. “Perché ci
hai fatto salire qui sopra? E’ una trappola. Sapevi che la
porta non si sarebbe aperta.”
“Certo
che non lo sapevo!” cerca di difendersi lui. “Il
generatore poteva essere ancora funzionante... “
Xiao
deve tornare grande, grossa e aggressiva. Per fortuna il nostro
battibecco ha attirato dei mangiacervelli. Le sue mani si stringono
sulla spranga. “Prima di trasformarmi…”
chiude gli occhi e sospira, “voglio fare una cosa.”
“E
cosa?”.
“Troppo
presto. Te lo dico quando riusciamo ad entrare nell’ufficio
di tuo padre”.
Ti
metti a giocare alla femme fatale? Adesso? Io sono circondato da gente
con delle priorità un pelino sballate, ma giusto tanto
così.
“Su,
adesso vediamo di abbattere ‘sta porta”.
E
giù a dargli di calci, pugni, spallate e tutto quello che ci
viene in mente per forzarla. Il tutto mentre il rumore si avvicina,
lento ma tetro.
Nonostante
i suoi problemi anche Lee ci dà una mano, soprattutto dopo
che gli ho dato un alzaculo epocale. Quello sperava di scamparsela solo
perché gli mancano un paio d’arti. Se, certo. Noi
siamo qui a farci il mazzo e lui pensava di starsene appoggiato al muro
a fischiettare.
E
finalmente, dopo lussazioni e concussioni di ogni forma e dimensione,
riusciamo ad aprire una breccia ed entrare.
“Porca
eva, pensavo mi sarei rotta il piede a furia di scarpate”.
“Questo
non è stato tanto eccellente per la mia schiena”.
Lamentosi
che non siete altro.
“Aiutatemi
a richiudere invece di star lì a frignare”.
“Richiudere?
L’abbiamo praticamente scardinata a furia di botte, cosa vuoi
richiudere?”.
“Vai
tu a prendere il mazzo di rose e il tappeto rosso per gli zombie,
zio?”.
“...
vedo se riesco a recuperare qualcosa adatto allo scopo”.
Abbiamo
finito con le rimostranze? No, perché sarebbe ora di
prendere la questione sul serio.
Fra
tutti e tre riusciamo a mettere in piedi il tavolo da lavoro di
papà e a spingerlo contro la porta, provvedendo poi ad
aggiungere tutto quello che riusciamo per rinforzare il blocco. Il che
è poca roba: un paio di sedie e qualche suppellettile.
Se
sono tanti come suonano potrebbe durare… toh, un paio di
minuti al massimo.
Come
protezione è piuttosto misera, me ne rendo conto. Ma il
materiale è davvero poco, le alternative ancora di meno e
l’orda fa sentire sempre di più la propria
presenza. Almeno sono lenti, zombie o non zombie che siano.
“Bene
Xiao” esordisco a bruciapelo voltandomi verso di lei
“adesso che siamo dentro l’ufficio… a
cosa ti riferivi prima?”.
La
vedo imbarazzarsi, e devo dire che non è cosa poi
così frequente. La mia cinesina è un tipo di
solito tutto di un pezzo e lo spettacolo a cui sto assistendo non
è cosa comune.
Vorrai
mica farmi una proposta indecente.
Ti
pare il momento?
Shhhh,
mastodonte. Buono. Lo so che apprezzeresti, lo so. Ma non ne abbiamo la
sicurezza, quindi almeno aspetta di sentire quel che ha da dire prima
di imbizzarrirti.
“Io…
ecco, io… volevo…”.
“Volevi?”.
“Volevo
chiederti… se riusciamo a recuperare qualcosa di
adatto… vorresti concedermi un ultimo ballo prima della
fine?”.
Un…
ballo?
“Xiao,
sei seria?”
“Mai
stata così seria in vita mia.”
“Un
ballo in questa situazione?” insisto. Scusate se lo trovo
quantomeno inappropriato.
Lei
arrossisce, ma non distoglie lo sguardo da me:
“Perché, credi avremo momenti migliori? Insomma,
non ne abbiamo mai avuti troppi neanche prima, e ho il VAGO sospetto
che da qui non usciremo vivi… e conoscendo il tuo innato
ottimismo, sono abbastanza sicura che anche tu la pensi
così.”
Punto
suo.
“Sì,
anche io sono ormai rassegnato” sospiro, “ma mi
scuserai se la trovo una richiesta… insolita”
sorrido. Lei mi sorride di rimando: “Volevo chiederti
qualcosa di meglio, ma il tempo è tiranno.”
Mi
lascio sfuggire una risatina. Come le riesca di tirarmi su anche in
questa situazione di merda davvero non lo so.
“Perdonatemi
se interrompo il vostro romantico interludio” interviene Lee
“ma credo di avere trovato qualcosa di utile.”
Con
una mano indica uno scomparto segreto nascosto dietro ad alcuni
schedari, che al suo interno contiene provette di ogni tipo.
“Questo
è…”
“...l’antidoto?”
conclude Xiao per me. Vorrei aggiungere che, in una situazione del
genere non ce ne facciamo più niente ormai… ma
immagino che la soddisfazione di potersi sentire di nuovo umani, almeno
un’ultima volta, sia tanta. Eppure la vedo tentennare.
“Cosa
c’è che non va?”
“È
che… se lo prendo, non ti sarò molto
d’aiuto per far fuori l’orda di zombie in
arrivo…”
Mi
lascio scappare una risata piuttosto stanca.
“Xiao,
ho idea che non ce la faremmo comunque… siamo in
trappola” dico, allargando le braccia “certo, posso
pure azzardare l’ipotesi di farmi spuntare le ali e sfondare
la finestra, ma escluso lo Stronzone con le Lucette… siamo
fottuti.”
Le
indico poi il panorama dalla finestra: zombie ovunque, fuoco e
cadaveri. Non esattamente incoraggiante.
Xiao
rimane in silenzio, osservando le provette; poi ne afferra una di
scatto e si volta di nuovo verso di me.
“Beh
se devo morire… vorrei evitare di farlo con la pelle
verde” sorride.
Questa
è la nanetta cinese che conosco e che mi piace.
“Ehi
Lee, come devo somm… ma dove diamine è
andato?”
Mi
guardo attorno.
Lee
è
sparito.
“Non
ci sono altre uscite a parte la porta d’entrata, mi
pare… e non credo si sia lanciato di sua spontanea
volontà contro gli zombie” commento, controllando
eventuali altre uscite.
“Anche
perché avremmo sentito le urla…”
Mi
volto verso Xiao, che sta indicando la porta: oltre la barricata
improvvisata, vedo l’orda. Sono ancora in fondo al corridoio
e arrancano a fatica, ma stanno arrivando.
“Allora,
me lo concedi questo ballo?” chiede Xiao. Sorride, la sua
espressione è stranamente serena… immagino sia
quella di chi ha accettato il suo destino senza fiatare.
Sorrido
a mia volta: “Non vedo nulla che somigli a uno stereo o un
lettore mp3, però. Vuoi che canti io?”
“Non
penso ce ne sarà bisogno” ride lei, e si avvicina
velocemente accanto a un mucchio di oggetti buttati alla rinfusa
accanto alla barricata, roba che stava sul tavolo prima che lo usassimo
come scudo. Si rialza e vedo che in mano tiene uno smartphone:
“Ringraziamo papà Kazuya per averlo dimenticato
qui” e comincia a smanettare.
“Xiao
non vorrei metterti fretta ma…” la incito, dato
che gli zombie guadagnano (lentamente) terreno.
“Ho
fatto, ho fatto” mi tranquillizza lei “ironico come
la connessione internet funzioni ancora, in una situazione del genere!
Allora, vediamo… oh ecco, questa mi piace!” e
clicca Play.
The
acoustic funeral for love in limbo
We're
dancing with tags on our toes
“Gli
HIM? Davvero?” rido io, afferrandola per i fianchi e
avvicinandola a me.
“Mi
pareva appropriata” sorride, buttandomi le braccia al collo e
iniziando a ballare lentamente.
I
saved my last breath for your window
To
write you this song for the acoustic funeral
Xiao
ha chiuso gli occhi e ha appoggiato la testa sul mio petto. Le allaccio
le braccia dietro la schiena. Ci muoviamo a malapena nella stanza
vuota, con gli ultimi minuti di tramonto che si riflettono sui capelli
di Xiao.
“Stiamo
per morire,” bisbiglia.
Qualcosa
graffia il tavolo che abbiamo usato come protezione - si sente a
malapena sotto la canzone. Sono arrivati. Mi sento stranamente calmo.
Pronto a scattare, ma allo stesso tempo stordito da quel torpore
mattutino che si prova quando ci si alza prima della sveglia.
“Hai
voglia di combattere?” le voglio chiedere, mi esce solo un
flebile sospiro.
Xiao
scuote la testa e smette di ondeggiare sul posto con me.
Mi
rifiuto di morire così,
la mia controparte alata soffia come un gatto, ma non può
prendere il sopravvento.
“Dov’è
finito il sorriso di prima?” Questa volta le parole mi escono
per davvero. I graffi sul tavolo diventano pugni. Ci resta una manciata
di minuti. Le mani di Xiao tremano contro la mia nuca.
“Non
voglio morire senza aver prima pianto per loro,” singhiozza.
Hwoarang. Alisa. Lars. Forse anche Lee. Tutte le persone che lavoravano
qui. Il resto di Tokyo. Le persone che conoscevo e che ho visto morire
davanti agli occhi, le conseguenze di questa tragedia, tutto mi sembra
così astratto. Esistono un momento - che è appena
trascorso - e un posto - il solido pavimento, la vetrata che
dà sulla città in fiamme, gli schermi crepati.
Esistono un io - rassegnato - e una lei - in lacrime.
Non
ti dimenticare della tua unica possibilità di salvarti da
questo casino.
Ed esiste anche un altro.
Dopo
un secondo di perfetto silenzio, mentre il telefono cambia canzone, il
fragore di vetro che si frantuma ci fa irrigidire. Il tavolo
è caduto.
“Sei
pronta?”
Xiao
si stacca da me.
If
it hadn’t been for Cotton-Eye Joe, I’d be married
long time ago
“Ma
che cazz-”
E’
il telefono di mio padre.
Where
did you come from, where did you go, where did you come from Cotton-Eye
Joe
“Ma
vaffanculo!” Xiao pesta i piedi a terra, inviperita.
“Stavamo per morire in modo così
romantico!”
Sono
a due passi dalla fine e sto arrossendo per le dubbie scelte musicali
dell’essere che mi ha dato la vita.
“Questo
è il modo peggiore di andarsene che abbia mai sentito, letto
o visto,” commento, flettendo le ginocchia e stringendo i
pugni.
“Sopravviverò
a quest’orda solo per riservare a Kazuya lo stesso
trattamento che ha ricevuto Lee.” Xiao fa
scrocchiare le nocche.
E
così, con quell’osceno pop-country in sottofondo,
ci mettiamo a menare le mani.
E
riusciamo a rimanere clamorosamente vivi.
O
meglio, questo è ciò che vorrei poter dire.
Ce
la caviamo niente male, senza dubbio. Siamo tosti, incazzusi e con la
voglia di spaccare i loro denti causa gusti tamarri di quello stronzo
di mio padre. Li picchiamo. Tanto e forte.
Ma
loro sono troppi.
Troppi.
Pugno.
Pugno. Calcio negli stinchi.
Morso.
Rutto. Grargh.
“Come
sospettavo… non ce la facciamo…” sento
Xiaoyu che ansima con fatica subito dopo averne steso uno.
“Lo
avevi previsto…” le rispondo scrollandomi di dosso
un po’ di viscidume dell’ultimo a cui ho fatto
esplodere la testa.
“Questo
non lo rende meno triste”.
“Vero”.
Continuano
a entrare a frotte, rimpiazzando i compagni caduti.
Ne
ammazziamo dieci. Dodici. Quindici. Ventitrè. Trenta.
Non
smettono mai.
Riesco
a cogliere un suo urlo. Mi volto e la vedo mentre in quattro la
ricoprono, non prima di rabbrividire mentre uno di loro la morde sul
collo.
Bastardo!
Cerco
di andare ad aiutarla, ma la distrazione mi è fatale. Mi
assaltano da ogni dove e non riesco a scrollarmeli di dosso.
Andata.
Siamo alla scena finale.
E
vorrei chiuderla con una frase sola.
Kazuya,
vaff…
…
fanculo?
Eh?
Cosa dove come perché quando bubi?
Apro
gli occhi di scatto. Sono sdraiato in un posto… bleargh,
bagnato.
Faccio
per alzarmi quando fitte ai muscoli, alle ossa e anche alle orecchie mi
consigliano gentilmente di farmi venire un’idea migliore.
Dove
stracazzo sono? E soprattutto… perché non sono
morto?
“Oh
nipote caro, eri morto eccome. Quando sono tornato alla G-Corp di te
non rimaneva poi molto”.
Questa
voce… è di Lee.
Da
quando mio zio sa leggere nel pensiero?
“Non
ti sto leggendo nel pensiero, scemotto. Quello che credi di pensare lo
stai dicendo ad alta voce. Riesci ad alzarti?”.
“Faccio…
un po’ fatica, in effetti…”.
“Normale.
C’è stato qualche piccolo problema nel processo di
clonazione e forse non sei uscito perfetto come speravo”.
C-Clonazione?
“Che
cosa mi hai fatto?” gli chiedo dopo che, con parecchi sforzi,
riesco a tirarmi su.
“Ti
ho ridato la vita. No, niente ringraziamenti”.
Solo
in questo momento mi rendo conto del paesaggio che ci circonda: muri
diroccati, travi spezzate e più in generale desolazione fin
dove arriva l’occhio.
“Eri
morto, Jin. Tu e la giovane Ling vi siete fatti sopraffare da quegli
orribili zombie senza gusto estetico e… non so bene, ma
credo vi avessero smangiucchiati per benino”.
Wow.
Grazie per la tranvata direttamente sul naso.
“Prevedendo
il peggio, mentre tu e la tua dolce metà vi davate a
decadenti balletti al chiaro di luna, sono riuscito a nascondermi per
salvarmi la pelle. Uscendo a bagarre finita ho dedicato una preghiera
ai vostri poveri resti e ho deciso che no, non poteva finire
così. Per fortuna qualcosina di voi era rimasto abbastanza
integro da permettermi di recuperare dei campioni di tessuto e operare
la mia magia. Quindi eccoti qui, vivo e vegeto nonostante
tutto”.
…
La
mia seconda vita fa schifo. Tanto per rimanere fedele a me stesso.
Poi
ho una folgorazione.
“Ma
quindi, se hai fatto ‘sta roba con me…”.
“Ohi
Kazama, per quanto vuoi fare la donnicciola con l’artrite?
Alza il culo dalla tua vasca, abbiamo del lavoro da fare”.
…
riconoscerei quella capacità di irritarmi fra mille.
Mi
giro e dietro di me ci sono Hwoarang, Lars e Alisa che mi sorridono.
Tranne il coreano, che fa la faccia da “gnè
gnè, il grande Jin Kazama si è fatto fottere come
un novellino”. Ma so che è il suo modo di
dimostrare gioia.
“Ma
quindi…”.
“Beh,
se l’ho fatto per voi due non vedo perché non
ripetermi anche con le altre vittime di quell’apocalisse. Poi
va bene, Alisa è un caso a parte e ci è voluto
molto meno per riaverla fra noi”.
Aspetta
però. Aspetta.
“Lasciamo
perdere i traumi che quanto mi hai appena detto lasceranno nella mia
povera psiche. Hwoarang, cosa intendi con abbiamo
del lavoro da fare?”.
Noto
che lui e Lee si guardano… male. Cioè,
è lui a guardar male Lee.
“Non
gliel’hai detto?”.
“Spiegami
come potevo dirglielo se si è svegliato da un minuto, al
contrario di voi che siete tornati nel mondo dei vivi da qualche
giorno”.
“Che
cosa doveva dirmi?” chiedo, il tono di uno che pretende una
risposta sennò ti spezza la mascella.
“Ecco,
vedi... “ comincia Lee salvo fermarsi subito. Sembra una cosa
non tanto facile da dire.
“Vedo?”.
“L’infezione
zombie, o qualunque cosa fossero gli esperimenti di tuo
padre… ecco, sono dilagati a macchia d’olio e sono
usciti ben oltre le mura della sua azienda…”.
“Quindi
mi stai dicendo… che abbiamo un mondo zombizzato in piena
regola?”.
“Purtroppo
sì”.
Va
bene, con calma. Tutto molto bello, per modo di dire, ma
finché non vedo Xiao io non mi muovo.
E
poi una mano mi arruffa i capelli.
…
Scatto
e la blocco. Questo polso piccolo come il mio mignolo ho la sensazione
di riconoscerlo.
“Bentornato,
Jin-kun”.
Ok,
ritratto. La mia seconda vita fa meno schifo di quanto pensavo. |