thisfairitaleisradioactivenow
THIS FAIRYTALE IS RADIOACTIVE NOW.
-
-
21.
And they lived...
Trenta
giorni.
Erano
passati esattamente trenta giorni dal memorabile giorno in cui Red
Riding Hood aveva sconfitto il Lupo. A volte mi veniva da pensare che
forse era stato il Lupo a farmi compiere il mio viaggio. Come se
fossi stata attratta da lui. Come se ad ogni padrone di ogni Regno
corrispondesse un malvagio. Sarei partita lo stesso se al posto del
Lupo fosse stata, che so, la Regina di Cuori ad attingere dalla
fonte?
Oppure
il desiderio di partire sarebbe nato in Alice, ed io mi sarei
ritrovata depressa in mezzo ai lupi e alla neve?
Certe
volte ci pensavo e mi veniva da ridere. Altre volte invece quel
pensiero assumeva una nuova logica.
Guardai
il cielo: era di un azzurro terso, incredibile. Il sole riscaldava
gli alberi, che si tingevano di fiori colorati. Il profumo in quel
momento era incredibile. Nonostante la catastrofe, nonostante
l'Apocalisse, la natura stava risorgendo, come a volersi ribellare da
tutto quel marciume, da quella distruzione che l'aveva colta
all'improvviso, togliendole la dignità. Come gli esseri
umani, anche
la natura stava ricostruendo, lentamente, e mettendo radici ancora
più profonde.
In
quei trenta giorni erano successe molte cose: dopo la sconfitta del
Lupo e la distruzione del vincolo, il nostro obiettivo era stato
quello di ridare vita ai Regni, cercando di ricominciare da capo. Nel
mio bosco la neve si era sciolta definitivamente ed era tornata la
Primavera: i lupi, senza le radiazioni e l'energia del vincolo a
nutrirli, erano tornati in numero e dimensioni più che
accettabili.
Gli animali della foresta ricominciavano a popolare la boscaglia, ed
io facevo l'unica cosa che in quel momento poteva farmi stare bene.
Ricostruire
la casa della nonna. Stavo meticolosamente rimettendo in ordine tutto
ciò che il tempo e il caos avevano distrutto, cercando di
dare vita
a quella casa in modo da ricordare sempre l'incredibile donna che mi
aveva cresciuta. Oramai mancava poco alla fine, e sapevo che
continuando con quel ritmo avrei di sicuro finito nel giro di qualche
altra settimana. Gli abitanti del mio villaggio, appena fuori dal
bosco, stavano ricostruendo ogni cosa. Nessuno di loro ricordava cosa
fosse stato di loro nei mesi precedenti, e come mai improvvisamente
si erano risvegliati di nuovo nel villaggio. Io ero più che
sicura
di non averli mai visti durante l'Apocalisse: ero sempre stata sola
nel mio Regno, e nemmeno io sapevo spiegare il motivo di quel
ritorno. Sapevo, tuttavia, che il Lupo non li aveva uccisi.
Se
fossero tornati dal Regno dei morti, probabilmente sarebbe tornata
anche mia nonna.
Invece
non era stato così.
Con
gli altri Regni eravamo costantemente in contatto, e accorrevamo in
aiuto qualsiasi cosa stesse accadendo. Quella mattina avevo appreso
da un falco viaggiatore che Biancaneve, grazie all'aiuto dei nani e
degli abitanti del villaggio, stava ultimando la costruzione del
castello con il sostegno dei nani e della magia dei Regni vicini.
Come gli abitanti del mio villaggio, anche Pocahontas mi aveva
inviato buone notizie: non era più sola, e non c'era nessun
vincolo
che la tenesse relegata nel suo mondo. Aurora e Filippo cercavano di
aiutare come meglio potevano: il loro mondo non era stato quasi
intaccato dall'Apocalisse, e con il ritorno della loro gente
cercavano di portare aiuto il più possibile. Da quello che
sapevo
lavoravano freneticamente per aiutare Mulan a non essere più
una
nomade. Non avevo avuto alcuna notizia da Ariel, ma sapevo che se la
cavava bene ed ero quasi convinta che fosse tornata alla
normalità:
Belle mi aveva riferito con gioia che Adam era tornato alla sua forma
umana, e la rosa nel loro castello era di nuovo stata ridotta alle
ceneri, come doveva essere. Le mutazioni – la maggior parte,
almeno
– stavano lentamente sparendo, e questo mi faceva pensare che
forse erano le radiazioni portate dall'Apocalisse e dal Lupo ad
alimentarle: i mutanti dall'istinto animale erano tornati alla loro
forma umana, e gli umani avevano smesso di uccidersi fra loro.
Jasmine e Aladdin stavano tentando di ricostruire la loro Agrabah
dopo aver soppresso le rivolte, per riportare il regno al loro
vecchio splendore. Certo, non era tutto come prima: il vecchio
sultano era stato realmente ucciso, e ora toccava alla principessa e
al nuovo principe prendere le redini del Regno. C'erano ancora molti
luoghi distrutti, che andavano ricostruiti. E molte persone che non
erano più tornate.
Sollevai
lo sguardo verso quella casa che stavo riportando alla vita con
meticolosa precisione, e un sorriso amareggiato mi sfuggì
dalle
labbra. Sarei ripartita dall'inizio, ma una parte del mio cuore
sarebbe sempre rimasto lì, tra quelle mura, a contemplare il
passato.
Oggi,
trenta giorni dopo quel lungo giorno, ci eravamo ripromessi di
incontrarci di nuovo lì, proprio dove tutto era cominciato,
per
chissà quale motivo.
Forse
per fare il punto della situazione.
O
forse semplicemente perché, dopo tutto quello che avevamo
passato,
incontrarci di nuovo ci sembrava ciò che di più
rassicurante quel
mondo ci offriva.
Camminare
sull'erba fresca e verde era ancora strano per me: non avevo
più
l'aria ingenua da bambinetta, e questo non sarebbe cambiato. Se c'era
una cosa che l'Apocalisse aveva portato dentro di noi, di certo
quella cosa era il cambiamento. Tutti noi stavamo ricostruendo, ma di
certo non avremmo mai cancellato ciò che era accaduto. Il
cambiamento era in noi, e forse questo era un bene. Pensai a tutto
quello che avevo fatto, e improvvisamente mi venne in mente la
reazione di mia nonna, se fosse stata ancora lì con me, nel
vedermi
vestita di pelle e pelliccia, con i coltelli legati alle cosce e un
braccio meccanico a comando. Osservai la mia mano, senza riuscire a
distinguere la pelle sintetica da quella umana, riscaldata dal sangue
e dal calore del sole. A volte, senza un motivo preciso, riattivavo
il congegno del cannone, osservando quell'arma lucente apparire al
posto dell'avambraccio: in quel periodo non ne avevo più
avuto
bisogno, per fortuna, ma rivederlo mi riportava alla mente tanti
ricordi. E nonostante tutto avrebbe fatto parte di me per sempre.
Ripensai a Belle, che con i suoi speroni e l'abito stracciato
risaliva la torre del suo castello, o ad Aurora che mi aveva legata
al muro dopo avermi dato una botta in testa. Forse l'Apocalisse aveva
cambiato tutti noi: ci aveva resi guerrieri, più forti,
più
indipendenti.
Degni
di vivere in quel mondo.
Raggiunsi
il villaggio a passo spedito, notando con piacere che i lavori
stavano procedendo bene: con l'aiuto della magia dispensata dalle
varie fate e maghi dei mondi vicini, stavamo procedendo molto in
fretta.
«
Red, buongiorno. » mi salutò la fornaia, mentre
passavo lungo il
viale. La salutai con un cenno del capo, mentre il resto degli
abitanti si fermava per aggiornarmi sui lavori e su ogni opera che
stavano portando a termine. Ascoltavo con interesse tutti i loro
aggiornamenti, sentendomi lievemente in imbarazzo per quel nuovo
ruolo che avevo assunto. Eppure, dopo quello che avevo fatto, ero
finita sulla bocca di tutti, una persona schiva e riservata come me,
che improvvisamente diventava un'eroina a tutti gli effetti.
Bè,
te la sei cercata, vecchia mia.
Raggiunsi
il grande belvedere del villaggio, una grande terrazza lastricata da
grandi pietre color sabbia. Vi si accedeva attraverso una breve
scalinata, e tutto intorno sorgeva una balaustra in pietra, le cui
colonne creavano dei meravigliosi giochi di luce sul pavimento. La
attraversai per intero, e mi appoggiai alla balaustra sfiorando la
pietra con i polpastrelli: tirai giù il cappuccio della
mantella e
lo lasciai cadere sulle spalle, mentre la lieve brezza mi
scompigliava appena i capelli. La vista era meravigliosa: si
intravedeva parte del bosco, poi la valle e infine, molto in
lontananza, il mare.
E
i ricordi presero il sopravvento, facendosi largo nella mia mente
come sempre.
Ripensai
a quel giorno, quando avevo sparato al vincolo. A Wendy. E a tutto
ciò che sarebbe venuto dopo.
Un
brusio in sottofondo mi distrasse da quel flusso di pensieri. Mi
voltai, osservando l'orizzonte, e il tappeto volante che si
avvicinava poco a poco al villaggio. Sorrisi, e con un cenno indicai
ad Aladdin dove fermarsi. Jasmine scese ancor prima di toccare terra,
e correndo mi raggiunse per abbracciarmi. Dopo un istante di
esitazione, mi lasciai stritolare dalla sua morsa energica. Neanche
una persona restia alle smancerie come me avrebbe potuto resistere a
quelle dimostrazioni di puro affetto.
«
Stanno arrivando tutti, li abbiamo visti dall'alto. »
commentò
Aladdin, stringendomi la spalla. Annuii.
«
Ci sei mancata, piccola esploratrice. » aggiunse Jasmine,
ricevendo
subito un'occhiataccia.
«
Sai che – » iniziai, ma venni improvvisamente
interrotta da una
folata di vento anomala, che riportò il cappuccio sulla mia
testa
insieme a tutti i capelli, in una massa scompigliata. Guardammo in
alto, e subito dopo Peter Pan approdò su quelle acque
tranquille,
seguito da Campanellino e Wendy, cosparsa di polverina magica.
«
Siamo in ritardo? » commentò lui, lanciandomi un
sorriso divertito,
ed io stetti semplicemente in silenzio a guardarlo, tradendo quel mix
di emozioni che in quel momento si stavano impossessando del mio
corpo.
«
Mh, Aladdin, Jasmine? » mormorò Wendy, voltandosi
verso di loro. «
Vogliamo incamminarci? ».
Loro
annuirono immediatamente, come a volersi allontanare da quel silenzio
che era fatto solo per noi due. E Wendy l'aveva compreso
immediatamente. Li vidi allontanarsi in silenzio, chissà
verso quale
parte del villaggio, mentre il vento continuava ad essere l'unico ad
ululare in tutto quel silenzio.
In
un primo momento nessuno dei due voleva fare la prima mossa. Poi, con
cautela, lo vidi avvicinarsi a passo lento e fermarsi solo a pochi
centimetri da me.
«
Ciao, ragazzina. » mormorò con voce roca,
aprendosi in quel sorriso
da ragazzaccio che non era mai andato via, neanche ora che,
finalmente, era diventato un uomo. Gli sorrisi, il viso contrito per
la commozione, e in un attimo mi ritrovai tra le sue braccia. Mi
aveva abbracciata senza neppure pensarci, stringendomi nella sua
presa sicura. Sentivo il suo profumo, così familiare. E in
un
momento tutto ritornò alla mente. Quando avevo distrutto il
vincolo, mi ero resa conto di aver anche ucciso Wendy. La dolce
Wendy, che Peter aveva cercato così a lungo. L'avevo uccisa,
e non
me l'avrebbe mai perdonato. Eppure, quel pensiero era tutto
ciò che
avevo: perché pensare al suo odio, almeno mi avrebbe
permesso di
immaginarlo ancora in vita. In quel momento l'avevo lasciato nella
prigione creata dal Lupo per distruggerci, e non sapevo che fosse
ancora vivo. Quando avevo sollevato lo sguardo a quella vocina
flebile che mi aveva chiamata, lì in quella distesa di neve
fredda,
c'era una sola persona davanti a me. Wendy, che inspiegabilmente era
viva nonostante il vincolo fosse stato distrutto.
«
Mi sei mancata. » aggiunse, cercando di sopperire al mio
silenzio.
Ripensai a quando ero tornata indietro, portando Wendy con me. Erano
tutti lì, vicini al corpo del Cacciatore oramai in pace. E
quando il
suo corpo scomparve in una luce abbagliante, Peter ricomparve da
quella prigione che lo aveva tenuto lontano da me.
Peter
e...
Scrollai
la testa. Peter. Peter era tornato. Era debole, seppur avesse
risentito dell'improvviso fluire dell'energia dalla fonte originale,
che non era più in possesso del Lupo. Quell'energia, che
lentamente
tornava a scorrergli nelle vene, gli diede la forza per alzarsi. Per
guardare me. E nei suoi occhi vidi tutto ciò di cui avevo
bisogno
per stare bene.
«
Io... » mormorai, senza sapere cosa dire. L'emozione era
troppo
forte, e ogni volta rischiavo di rovinare tutto. Sapevo solo che
senza di lui mi sarei persa. E inevitabilmente ripensai a quel bacio
che mi aveva dato. In quel momento aveva avuto bisogno di me, ma io
mi ero resa conto che l'amore che provavo per lui era un'altra cosa.
Qualcosa di inspiegabile. Un legame più profondo dell'amore.
«
Wendy sta meglio. » conclusi, mentre vedevo che si
allontanava con
gli altri. Lui si voltò a guardarla, sorrise e
tornò su di me.
«
Si, si è completamente ripresa. Ma non voglio parlare di
lei. »
aggiunse poi, stringendomi le mani.
Il
ritorno di Wendy per Peter aveva rappresentato l'avverarsi di un
sogno. Per un tempo interminabile l'aveva cercata. Lei, l'amore della
vita, scomparsa sotto i suoi occhi. Era convinto che fosse morta, lo
eravamo tutti. E quando la vide, oh, la luce negli occhi che aveva
prima che tutto quel caos scoppiasse riapparve misticamente. Come una
magia. Una magia potente.
Forse
la più potente di tutte.
Presi
un lungo respiro, poi feci un passo in avanti e poggiai la fronte sul
suo petto. Sentivo il battito del suo cuore, forte e vigoroso come un
tempo. Lo sentii mentre poggiava la testa sulla mia, e con le braccia
mi cingeva ancora.
«
Te l'ho riportata. » sibilai, fiera di me. Fiera di noi.
«
Me l'hai riportata. » ripeté lui, e la voce gli si
incrinò.
Sollevai lo sguardo, osservando i suoi occhi lucidi e pieni di
emozione. « E sei tornata. Viva. ».
«
Questa volta non mi sono cacciata nei guai. » ribattei,
cercando di
sdrammatizzare. Lui scosse la testa.
«
No, invece l'hai fatto. Hai lottato da sola contro i tuoi demoni, nel
tuo Inferno. Hai fatto scelte importanti, dolorose, e alla fine sei
tornata. E se ti fosse accaduto qualcosa io...Red, io amo Wendy. Lei
è...è Wendy. Ma tu...tu sei parte di me. Della
mia anima. Se te ne
vai, me ne vado io. Quindi non provare ad andartene. ».
Il
silenzio calò di nuovo su di noi. Era un silenzio buono,
docile e
calmo. E noi ci entravamo perfettamente.
Eravamo
stati distanti per quei trenta giorni: lui ad occuparsi di Wendy, dei
suoi bimbi sperduti, della sua Isola; io a pensare al mio mondo, al
mio villaggio, alla mia casa. Ma i nostri cuori non si erano separati
mai. Ed era come se non fosse passato neanche un giorno.
«
Non me ne vado. » mormorai, scuotendo la testa e riuscendo a
guardarlo negli occhi senza emozionarmi di nuovo come una ragazzina.
« Non me ne vado più Peter, promesso. ».
E
lo abbracciai. Lo abbracciai con forza, facendogli sentire tutto
l'affetto che provavo per lui. E in quel momento mi resi conto di non
avergli mai chiesto una cosa importante nel corso di quei trenta
giorni. Non ci eravamo visti, certo, ma ci scrivevamo spesso. Ma
quella cosa, quella non gliel'avevo mai chiesta.
«
L'hai poi ritrovata, la tua ombra? » chiesi, continuando a
tenergli
le mani. Lui sorrise.
Si
dice che l'ombra sia il simbolo dell'essere umano. E Peter, che non
voleva crescere ed essere umano fino in fondo, se la lasciava sempre
scappare. Ma all'inizio di quel caos, quando anche Wendy se n'era
andata, l'aveva persa per sempre. Se n'era andata con lei lasciandolo
davvero solo, vuoto, e non umano. E ora?
Ora
dov'era?
«
Non lo so. Continuo a pensare che sia da qualche parte, e che non sia
andata via definitivamente. Certe volte mi sembra di sentirla,
soprattutto da quando tutto è tornato alla
realtà. Ma forse non si
farà mai trovare. Forse sono cresciuto, no? ».
Sorrisi.
« Forse, Pan. Forse. » mugugnai, prendendolo un po'
in giro, e lui
mi diede un buffetto sulla guancia, com'era solito fare per
infastidirmi. In quel momento mi tornarono alla mente altri pensieri.
Più bui.
Più
oscuri.
Mi
voltai verso l'orizzonte, cercando di guardare oltre il mare. Sentii
le mani grandi di Peter cingermi le spalle in una presa forte.
«
Questa volta verrà. » mormorò a bassa
voce, ma ricevette subito un
mio segno di dissenso. Scossi energicamente la testa, come a non
voler sentire quello che aveva da dirmi.
«
No. Non è vero. Lui non verrà più.
»
«
Red, dagli del tempo. »
«
Stronzate. » sibilai, e la voce mi si incrinò. Non
ti azzardare a versare una lacrima per lui, capito?
«
Red... » sussurrò di nuovo Peter, stringendomi in
un abbraccio. «
Io sono qui. Sarò la tua ombra. ».
Soffocai
una risata amara, mentre lui mi lanciava un altro dei suoi mezzi
sorrisi da teppista.
«
Ce l'ho già la mia ombra, Pan. Cercati un'ombra tua.
» gli risposi,
a tono, di nuovo leggera.
Lui
mi guardò di nuovo in silenzio. « La mia ombra.
» ripetei, e di
nuovo lo abbracciai.
Il
sole cominciava a tramontare all'orizzonte. Lassù, su quel
grande
belvedere, il panorama era da mozzare il fiato. Si era alzato di
nuovo un vento leggero, piacevole. Tutti quanti avevano ripreso la
strada per i loro Regni, con la promessa di ripetere quell'incontro
per fare il punto della situazione.
Salutai
con la mano alzata Biancaneve, che stava prendendo la via del bosco
insieme ad Esmeralda per tornare alla sua locanda a festeggiare con i
suoi Nani il completamento del castello dove avrebbe vissuto come
regina, senza un principe vigliacco al suo fianco. L'adoravo per
questo.
«
Red. » mi chiamò una vocina flebile. Mi voltai,
serena. Wendy mi
aspettava con l'espressione grata, e allo stesso tempo serena di chi
ha ritrovato la felicità dopo un lungo periodo di sonno.
Campanellino ci svolazzava intorno, spargendo polvere magica ovunque.
Peter, a pochi passi da noi, ci osservava.
Andai
ad abbracciarla. I delicati boccoli color nocciola mi oscurarono la
visuale, ma lei restituì l'abbraccio senza pensarci.
«
Fate attenzione. E salutatemi i ragazzi. » le dissi,
stringendole le
mani. Lei annuì, e dopo un istante si alzò in
volo assieme a
Campanellino. Peter si avvicinò e mi salutò con
un abbraccio.
«
Passo a trovarti fra qualche giorno, ragazzina. Non cacciarti nei
guai. » mi ripeté lui, come sempre era solito
fare. Gli sorrisi,
lasciandolo andare. E istintivamente misi una mano sul cuore, dove
lui aveva un posto assicurato ogni secondo, ogni minuto, ogni giorno.
Li
vidi volare oltre l'orizzonte, oltre le nuvole fino alle stelle.
Osservai quello scenario surreale, quasi incantato, mentre la brezza
lieve sollevava appena la mia mantella. Un'altra folata di vento
smosse il bustino di pelle, e un cigolio attirò la mia
attenzione.
Cercai di capire se provenisse dalla sacca che tenevo su una spalla,
o se me lo fossi immaginato. Cercai di smuovere il bustino, ma le
tasche erano talmente tante che non avrei potuto indovinare. Ripetei
il gesto, e mi accorsi di un altro cigolio nel taschino sul fianco
destro. Lo aprii, tirando fuori l'oggettino che proprio in quel
momento cigolava senza sosta.
La
bussola di Pocahontas.
Era
sempre stata lì, eppure non avevo mai avuto modo di usarla.
Ripensai
alle sue parole.
La
bussola ti guiderà dove il tuo cuore vuole portarti.
Ma
ora la freccia si muoveva all'impazzata, roteando e cigolando.
Sembrava stesse sul punto di rompersi.
Girava,
girava, girava, fino a che...
Improvvisamente
si fermò. La punta, rossa e sgargiante, indicava a Sud.
Stava
indicando...me?
Cosa
voleva dirmi?
In
quel momento sembrava stesse indicando il mio cuore, e forse era
proprio lì che dovevo essere. Lì, in quel preciso
istante, era il
posto adatto. Ed io mi sentivo esattamente nel posto giusto.
Eppure
c'era qualcosa che non quadrava. La freccia continuava a compiere
piccolissimi movimenti a scatto, come se stare ferma a puntare
qualcosa la infastidisse. O come se il luogo da puntare fosse oltre
il mio corpo, oltre me stessa. Un rumore alle mie spalle mi distrasse
da quei pensieri, e improvvisamente collegai tutto quanto.
La
bussola puntava alle mie spalle, proprio dietro di me.
Dietro
di me, dove ora c'era Jim.
Nb. Siamo alle battute finali, ma come potete vedere i colpi di scena
non mancano. Ci tenevo a dare un pò di spazio a Peter e Red,
scrivere questo passaggio mi ha stretto il cuore! Oramai manca poco
alla fine, cosa ne pensate? Fatemi sapere, aspetto i vostri commenti!
Un bacio,
L.
|