That
Love is All There is
Terre_del_Nord
Slytherin's Blood
Habarcat - I.010
- La Fiamma di Habarcat
Meissa
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - sab. 20 marzo 1971
L’aria
sferzava il mio viso, la libertà mi correva incontro,
sentivo la
forza di Alceos trasmettersi a tutto il mio essere mentre si librava
sulle coste irte e sul mare in burrasca. Aprii le braccia reggendomi
con le gambe in una morsa feroce sul suo corpo massiccio, liberando la
mia energia e felicità in un urlo che fu inghiottito dalla
risacca del mare...
Mi svegliarono e per qualche istante non capii dove mi trovassi, ancora
persa nell’immagine estatica del mondo nelle mie mani. Avevo
passato la notte lontana dalla mia casa, lontana da tutto
ciò
che conoscevo e che mi era caro, in una cella angusta posta nel
sottotetto dell’antica Torre di Guardia,
nell’intrico della
foresta di Herrengton, a quasi un giorno di viaggio dal maniero: era la
stanza che per prima sarebbe stata baciata dalle luci del giorno. Non
era ancora sorto il sole, ma non l’avrei comunque visto, ero
cieca, gli occhi nascosti da una benda, a rappresentare la mia
ignoranza: potevo, anzi, dovevo sentire solo con la pelle
quell’alba, l’ultima prima dell’equinozio
di
primavera, percepirne la sua incompiutezza, la sua imperfezione,
paragonandola al giorno seguente, quando sarei tornata a vedere la luce
e questa si sarebbe svelata a me nella sua pienezza, perfetta come la
consapevolezza che stavo per raggiungere. Mia madre mi
invitò
con lievi tocchi a scendere dal giaciglio, mi aiutò a
vestirmi
con una tunica cerimoniale, spoglia, priva degli ornamenti che ero
solita portare durante i riti: quel giorno ero solo me stessa, non era
importante di chi fossi figlia, a quale famiglia appartenessi, ero in
gioco solamente io, dovevo fare i conti solo con la mia coscienza. Mi
prese la mano e mi condusse per i corridoi e le scale, giù
fino
nei sotterranei: sentii il freddo umido delle stanze non raggiunte mai
dal calore del sole, l’odore muschiato e umido della pietra a
contatto della nuda terra.
Ero costretta a muovermi con circospezione, acuendo tutti i sensi, per
capire attraverso i movimenti e le pressioni della mano di mia madre
sulla mia, quale fosse il tragitto corretto: aveva l’obbligo
di
non parlarmi già da una settimana, ma nei giorni precedenti
poteva almeno darmi degli ordini; quell’ultimo giorno,
invece,
l’imposizione del silenzio doveva essere tassativamente
rispettata, nulla poteva aiutarmi se non la forza che dovevo trovare in
me stessa. Erano cinque anni che mi preparavo a quel momento. Quando
arrivammo alla fine del nostro tragitto, mi resi conto di aver
abbandonato dietro di me gli angusti corridoi e le celle sotterranee,
per arrivare in un ambiente più vasto, in cui si trovava una
fonte d’acqua: ne sentivo il rumore mentre cadeva da una
media
altezza in una vasca, il rimbombo tipico di quel suono che si
diffondeva in un ambiente molto vasto e vuoto. Mia madre
battè
le mani e sentii attorno a me i passi rapidi e leggeri delle nostre
elfe, si presero cura di me, mi spogliarono e mi guidarono alla
sorgente: l'acqua profumava di rose, la vasca era di freddo marmo, come
mi resi conto quando mi ci ritrovai immersa fino alle caviglie; le mani
di mia madre mi spinsero avanti, finchè il liquido gelido
arrivò a coprire prima il mio ventre, poi le mie spalle,
infine
la testa. Trattenni il respiro e m immersi completamente: dovevo
contare per qualche minuto prima di tornare a respirare. Quando
riemersi, la mamma iniziò a recitare ad alta voce una nenia,
di
cui non capivo tutte le parole: ero ancora troppo giovane per conoscere
bene la lingua dei padri, l’avrei imparata nel corso dei
successivi cinque anni, ma almeno riconoscevo i termini più
importanti: "consapevolezza", "forza", "conoscenza", il nome druidico
della mia famiglia, il nome druidico di mio padre e quello di mia
madre, il mio nome, il nome dei miei fratelli. Deidra Sherton stava
offrendo al "Cammino del Nord" la sua unica figlia, affinchè
con
la mia vita onorassi il percorso scelto dalla mia gente fin dalla notte
dei tempi.
Quando tutte le promesse furono recitate, sentii librarsi
nell’aria l’aroma delle piante sacre bruciate e
spente
nell’acqua della Sorgente, che da quella grotta sgorgava e
affluiva in superficie in un punto che nessuno di noi avrebbe mai
conosciuto, se non nel momento in cui fosse stato nominato da nostro
padre nuovo Custode di Herrengton: nessuno a parte lui,
l’erede
di Hifrig Sherton, conosceva l’identità del
Custode, e,
alla sua morte, l’avrebbe rivelata solo a colui che lui
stesso
avrebbe designato. Gli aromi delle piante si dispersero
nell’aria, la cenere si depose sul fondo della vasca, i miei
capelli furono annodati in una treccia, fermata con un nastro di seta
argentato e impreziosito da piccoli smeraldi, il mio corpo fu rivestito
da una semplice tunica di lino tinta di verde scuro, stretta alla vita
con una fascia in tutto e per tutto identica a quella che avevo tra i
capelli, al mio collo fu posto il medaglione donato da Salazar alle
figlie di casa Sherton per il giorno di Habarcat, un intricato gioco di
foglie d’argento che si annodavano intorno alle spire di un
serpente dagli occhi di smeraldo. Il mio viso fu pulito e truccato
magicamente con le piante rituali, il capo coperto da un velo leggero,
che celava completamente il mio viso, simile a un velo da sposa,
dopodiché, tutta la mia figura fu ricoperta da un mantello
nero,
dotato di un cappuccio, con gli intarsi d’argento a formare
il
disegno della Serpe sulle maniche e lungo tutti i bordi. Era quasi
mezzogiorno quando il rito della Vestizione fu completato, allora fui
lasciata sola, accanto alla vasca della Sorgente, a meditare sugli
insegnamenti che mi erano stati impartiti in quegli ultimi anni, senza
acqua né cibo, in attesa che fosse il tempo di scendere
nella
grotta di Salazar, dove il mattino seguente sarebbe avvenuto il Rito
dell'Equinozio. I fumi delle piante bruciate riempirono i miei polmoni
ed entrai in una specie di trance. Attraverso il velo percepivo il
corso del Sole, la cui luce si diffondeva nella grande sala sotterranea
mediante una fenditura che rompeva la continuità solida
della
volta di pietra. Completamente sola, sentivo nelle orecchie la voce di
Herrengton che mi diceva perchè era giusto cedere, a cosa
avrei
dovuto rinunciare accettando il Cammino, nella mia testa ripetevo come
una nenia cosa avrei raggiunto col mio sacrificio. Un lampo nero
squarciò la visione di quello a cui mi avevano preparato le
lezioni di mio padre, rossi occhi da serpe mi fecero vacillare per un
attimo. Strinsi le mani fino a conficcare le unghie nella carne,
facendole sanguinare. Dopo quella che sembrava un'eternità
lo
respinsi nelle tenebre.
Attesi la mezzanotte in preda a una specie di delirio, la vigilia si
sarebbe presto conclusa e sarei stata condotta finalmente alla grotta
di Salazar, scendendo sempre bendata, attraverso il sentiero rituale,
senza poter fare uso di magie o di aiuti esterni, ma usando solo le mie
risorse fisiche e mentali.
***
Sirius
Black
12, Grimmauld Place, Londra - dom. 21 marzo 1971
Dalla loro partenza, tre settimane prima, degli Sherton non avevo
saputo più nulla, pensavo che probabilmente non li avrei
più rivisti prima dell’estate, anche se mi sarebbe
piaciuto fare a Meissa gli auguri per il suo compleanno e vedere i
famosi riti di Habarcat: non ne avevo mai sentito parlare fino a pochi
mesi prima, ma ero convinto che fossero qualcosa di eccezionale, come
tutto ciò in cui in qualche modo era coinvolto Alshain. Fu
perciò con notevole stupore ed entusiasmo che ascoltai
nostro
padre quella sera.
"Andrete a dormire subito, appena avrete
finito di
cenare, domattina, all’alba, verrete a Herrengton con me, ci
materializzeremo direttamente lì, la tenuta è
aperta
tutta la notte per il rito.”
Non dormii, preda di un indescrivibile entusiasmo. Un'ora prima
dell'alba, Reg ed io fummo ben lieti di vedere Kreacher venirci a
chiamare, ci fiondammo di sotto, assonnati e confusi, certo, ma
soprattutto molto interessati: nostro padre ci fece indossare dei
mantelli neri con il cappuccio, identici al suo, a parte per la taglia,
poi ci avvolse in un abbraccio stretto e immediatamente sentii la
sensazione strana, soffocante, e, ahimè, prolungata, vista
la
distanza, tipica di quando ci smaterializzavamo. Al termine di quel
"viaggio" mi ritrovai in riva al mare, le tenebre iniziavano a
diradarsi per far spazio all’alba, davanti a me c'erano
decine di
barche, ancorate alla riva; mentre mi guardavo attorno, avido di
immagini e curioso di vedere per la prima volta quella terra sacra e
leggendaria, riconobbi tra i maghi che salivano sulle imbarcazioni zio
Cygnus, in compagnia di Lestrange, ed altri uomini che avevo spesso
visto ospiti di mio padre. Degli Sherton, però, non
c’era
nessuna traccia.
“Salite, svelti.”
Nostro padre ci spinse a forza su una delle ultime imbarcazioni, a
quanto pareva eravamo in ritardo e per un soffio riuscimmo a trovare
ancora una barca vuota. Come ci mettemmo seduti tutti e tre ,
l'imbarcazione si mise in movimento, sembrava trascinata da una corda
invisibile che ci portò velocemente a largo, poi
risalì
nuovamente il litorale. La costa era irta e selvaggia, sembrava
difficile riuscire a raggiungerla via terra, non presentava
nè
insenature, nè approdi, alla fine scorsi una coppia di
speroni
rocciosi conficcati nell'acqua a formare una specie di arco stretto: la
barca sembrava diretta in quel punto. Sorrisi tra me al pensiero che
quello fosse solo l’inizio di una lunga stagione di avventure.
Meissa
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
Allo scoccare della mezzanotte Mirzam introdusse due anziani maghi del
Nord, i custodi del rito, nella sala della Sorgente e dopo che questi
mi rivolsero le domande rituali che rompevano momentaneamente il voto
di silenzio, mi condussero, attraverso un sentiero indicato da fiaccole
di cui percepivo il ribervero da dietro le bende, fuori da quella che
era la parte più segreta della tenuta. Fuori: un brivido mi
percorse la schiena. Avrei dovuto attraversare i boschi che
abitualmente non avevo ancora il premesso di affrontare, superandone i
pericoli e le difficoltà estreme, senza più la
mano di
mia madre a guidarmi, senza ancora parole umane a incitarmi. In quel
frangente ero cieca e sorda dinanzi a tutto, fuorchè davanti
alla voce di Herrengton, che parlava alla mia anima con voci molteplici
indicando al mio cuore come dovevo muovere i miei passi per completare
la tappa del percorso che stavo seguendo. Se facevo la scelta giusta,
Herrengton accendeva le pietre di luce verde a confermarmi nel mio
passaggio. Le riconoscevo dal calore, attraverso i piedi nudi. Ci
vollero circa tre ore per uscire dall’intrico del bosco, ne
rimaneva appena poco più di una per scendere la strada
stretta e
tortuosa che portava alla grotta sulla spiaggia: per mia fortuna,
però, nn era troppo ripida, percui mi mossi con passo
prudente,
ma senza più la paura di sbagliare o di ferirmi. In
realtà, sotto di me, nel buio, si aprivano baratri e abissi,
il
mare e la sua scogliera di irte rocce: se avessi mosso un passo nella
direzione sbagliata sarei caduta in un volo di decine di metri, per poi
sfracellarmi tra quelle guglie affilate. Herrengton però
guidava
con perizia i miei passi, perché quella terra non reclamava
il
mio sangue, ma il mio rispetto, la mia fiducia e la consapevolezza del
legame che mi univa a lei.
Arrivata alla grotta, in tempo utile, mentre mia madre e Mirzam si
sistemavano ai lati dell’altare, i maghi mi spinsero al mio
posto, di fronte all’ara eretta ai piedi di un gigantesco
serpente di pietra: lì mi attendeva mio padre, come capii
riconoscendone subito il profumo inconfondibile, pur
nell’effluvio di svariate erbe bruciate nell’aria.
Si
avvicinò e, secondo il rito, mi chiese chi fossi, cosa
volessi
da Habarcat e cosa fossi disposta a donare a Herrengton per ottenere
ciò che aveva chiesto. Pregai tra me di avere una voce tesa
e
sicura e iniziai a recitare nella lingua dei nostri padri, che appena
conoscevo, i nomi druidici di tutti noi, poi dissi di essere
lì
per chiedere che i miei passi fossero mossi dalla luce della conoscenza
e che in cambio avrei messo la mia vita al servizio di Herrengton.
Papà completò quella parte privata del rito
recitando una
preghiera antica in gaelico, dopodiché mi sollevò
il
cappuccio, sentii il suo profumo avvicinarsi al mio viso, le sue labbra
morbide posarsi sulla mia fronte, sugli occhi, le orecchie e le labbra,
pronunciando in un soffio la formula rituale “Apriti al
cammino
della Conoscenza”, quindi si inginocchiò davanti a
me e si
abbassò a baciare i miei piedi. A questo punto, mio padre si
rialzò e, riabbassato il cappuccio del mio mantello, prese
il
pugnale, incise con la mano sinistra il proprio palmo, prese
delicatamente il mio e l’incise a sua volta; lì
unì
portandoseli infine alle labbra. Mia madre si avvicinò per
annodare le nostre fronti con dei nastri di seta argentata, con un
altro nastro cinse i palmi feriti, quindi Mirzam versò, da
una
ampolla raccolta alla Sorgente, l’acqua di Herrengton sulle
mani
unite e quello che rimase fu fatto bere per metà a mio padre
e
per metà a me: aveva il sapore di rose. Sentii il sangue non
fluire più dalla mia mano e il dolore affievolirsi fino a
sparire. Le ferite si sanarono immediatamente. Quindi fui sciolta da
mio padre e presi posto alla destra del serpente. In quel momento
sentii lo sciabordio di barche sull’acqua e il suono di passi
sui
ciotoli: la spiaggia si stava riempiendo di imbarcazioni e presto
avrebbe avuto inizio la parte finale del rito dell’equinozio.
***
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
Passammo attraverso l’arco marino e penetrammo in una grotta,
avvolti dalla luce di bracieri accesi: davanti a noi decine e decine di
barche riempirono il bacino d’acqua, vidi che tutti, anche
nostro
padre, prepararono oli ed essenze che sarebbero state bruciate e
disperse tra le onde. Alcuni scesero a terra. Sulla spiaggia, intorno
ad un altare d’argento, cinque vecchi maghi si apprestavano a
compiere sacrifici alla prima luce del sole; tra loro non vidi Sherton,
che ritrovai quando diressi lo sguardo verso un rialzo sormontato da un
gigantesco serpente di pietra: il nostro ospite era dinanzi ad un'ara,
tra due anziani maghi, dietro di lui, accanto alla serpe, c'era una
figura velata. Ancora più indietro riconobbi Deidra,
completamente vestita di nero, coi lunghissimi capelli rossi che
sbucavano da sotto un cappuccio che le nascondeva il viso, e Mirzam, a
capo scoperto, vestito con un' elegante tunica cerimoniale color
smeraldo.
“Mentre sull’altare
in basso sarà
compiuto il sacrificio dell'Equinozio, la figlia di Alshain
sarà
guidata dai due maghi nella parte finale del rito privato di Habarcat,
sotto la supervisione dei suoi familiari: saranno bruciate erbe e
schiacciate radici, il cui succo sarà amalgamato col sangue
di
Alshain e l’acqua di Herrengton, l’inchiostro
ricavato
sarà usato per intingervi la testa di serpente degli
Sherton.
Con esso i maghi disegneranno le rune sui piedi di Mey, a quel punto le
sarà tolto il velo che la ricopre e potrà essere
baciata
dai raggi del sole nascente.”
Nostro padre, senza che avessimo chiesto nulla, iniziò a
spiegarci a bassa voce i cerimoniali a cui stavamo assistendo.
“Ma non sono dolorosi quei
tatuaggi?”
“Sì, Sirius,
perchè è
solo con la sofferenza che si cresce; ma non ti preoccupare, parte del
potere delle piante usate è proprio quello di anestetizzare
il
dolore, asciugare e purificare subito la ferita così che il
disagio sia solo momentaneo e non ci siano spiacevoli conseguenze. Ora
però fate silenzio e osservate.”
In tutte le imbarcazioni si accesero fuochi magici in cui furono
bruciate piante, essenze, vari ingredienti, molti depositarono piccole
barchette realizzate con foglie, con una candela al centro e delle
parole scritte in piccoli straccetti di pergamena, poi le abbandonarono
sull’acqua e queste, come comandate da un’unica
regia, si
diressero verso est, velocemente, correndo verso il sole, in tempo per
farsi bruciare dal disco di Fuoco che emergeva dal mare. Io mi
arrischiai a scrivere delle note di speranza riguardo a una maggiore
armonia al 12 di Grimmauld Place, anche se in cuor mio non credevo
affatto che bastasse così poco per riportare mio padre e mia
madre alla ragione. Contemporaneamente sulla spiaggia i cinque maghi
anziani intonarono dei canti in gaelico, bruciarono a loro volta piante
e sostanze magiche, sviluppando una cortina di fumi rossastri e
ipnotizzanti, bruciarono delle polveri sui bracieri, facendo cambiare
il colore della fiamma, che da rossa divenne verde: era il segnale.
Sotto il serpente di pietra, Sherton e i due vecchi iniziarono a
recitare una strana litania, bruciarono piante, mischiarono gli
ingredienti con i pestelli poi uno dei due incise con una sottile lama
il palmo di Alshain, facendo scorrere poche stille di sangue nel
composto. Mi guardai attorno, intercettai la figura di Abraxas Malfoy,
che, tra i pochi ad essere scesi a riva, se ne stava defilato sul lato
sinistro della grotta, ai piedi del rialzo di pietra: sembrava
ipnotizzato da quello che succedeva e, osservando le sue labbra, notai
che recitava qualcosa che non era per niente simile al canto che tutti
gli altri stavano ripetendo, visto che non rispettava le pause del
canto generale. Chiedendomi cosa stesse combinando e provando degli
autentici brividi di terrore, tornai a guardare Sherton che stava
offrendo il suo bastone ai maghi, i quali estrassero dal legno la testa
argentea del serpente e la bagnarono nel miscuglio ottenuto, poi
tolsero il mantello alla ragazzina, che avevano sollevato ritta
sull’ara, e impressero i denti del serpente sulla carne
delicata
dei suoi piedi. Con mio sommo stupore, Meissa non proferì
verbo,
né provò a divincolarsi, ma immaginai il suo viso
rigato
da alcune lacrime di dolore, anche se non ne avevo la certezza. Finita
la tracciatura delle rune, le tolsero il velo che le copriva il capo,
ma le lasciarono ancora la benda sugli occhi. Voltandomi verso il mare,
vidi che ormai il sole stava uscendo completamente dall’acqua
e
la grotta si stava riempiendo dei primi bagliori del nuovo giorno. I
canti s’interruppero di colpo, i fuochi furono spenti con
incantesimi, dalla bocca del serpente di pietra vidi evaporare un tenue
alito verdastro che si dissolse nella tenue luce della grotta. Fu
allora che fu tolta anche la benda e vidi gli occhi di Mey, truccati
per il rito, senza alcun segno di pianto. Qualcosa dentro di me, a dire
il vero, non ne aveva mai dubitato.
***
Meissa
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
Lentamente
la maggior parte delle barche si ritrasse dalla spiaggia della grotta,
gli occupanti delle poche imbarcazioni rimaste scesero a terra e
andarono verso i maghi che avevano celebrato il rito. Mio padre prima
di iniziare a fare gli onori di casa, si avvicinò a me per
stamparmi un bacio sulla fronte, poi passò un braccio
intorno
alla vita di mia madre e andò con lei ad occuparsi degli
ospiti.
Il fior fiore delle famiglie Slytherins, del Nord e non solo, era ai
piedi del serpente di Salazar: vidi subito Malfoy e Lestrange, sapevo
quanto poco era felice mio padre di averli dovuti invitare ma in
quell'occasione non aveva scelta, non poteva negare l'accesso a
Herrengton a nessun purosangue Serpeverde nel giorno di Habarcat.
Scorsi poi i McDougal, i MacMillan, gli Emerson, Cygnus Black; della
maggior parte degli altri sapevo di averli sicuramente già
visti, ma non ne ricordavo i nomi. Mirzam, che per quel giorno aveva il
compito di farmi da cavaliere, mi prese per mano e con lui iniziai a
scendere le scale che conducevano in basso, vidi che osservava un
vecchio mago piuttosto basso e panciuto, mi sussurrò in
punta di
denti senza farsi notare “E'
il professor Slughorn”,
annuii ma la mia attenzione era attirata da tre figure che ancora
stavano in disparte, due ragazzini e un adulto: benché non
ne
avessi la certezza, mi rallegrai, convinta che fossero Orion e i suoi
figli, le poche facce simpatiche in quella giornata che minacciava di
essere un vero strazio per me. Speranzosa, mi ritrovai a sorridere ai
nostri ospiti sotto lo sguardo compiaciuto di tutti gli astanti,
probabilmente convinti che il mio fosse un sorriso che rivolgevo a
tutti loro secondo le etichette, a dimostrazione che, come tutti
dicevano, oltre alla bellezza stavo prendendo da mia madre anche la
grazia e la gentilezza.
Il signor Lestrange, seguito da suo figlio Rodolphus, fu il primo a
venirci incontro e a farmi un inchino con baciamano, mettendomi in
incredibile imbarazzo: sapevo che con il rito di quell’anno
entravo di fatto nella società magica, ma non ero di certo
pronta ad assistere di colpo a scene come quella, da parte di uomini
che avevo temuto fino al giorno prima. In breve divenni del colore di
un pomodoro maturo per la delizia di tutti gli ospiti. Le cose
peggiorarono ulteriormente quando ci venne incontro Abraxas Malfoy, che
rivolse al mio indirizzo il suo miglior sorriso accattivante e un
altrettanto galante baciamano, mentre fulminò con uno
sguardo
strano mio fratello al mio fianco. Lo guardai, per capire, ma Mirzam
era al disopra di tutto, mostrandosi freddo e distaccato come suo
solito. Quando dovetti affrontare Cygnus Black e i MacMillan le cose andarono
decisamente meglio e in breve ripresi un colore normale. La mia
presentazione pubblica durò ancora per diversi minuti: varie
facce mi sorrisero, molti uomini con i loro figli, non ancora o non
più in età da Hogwarts, mi baciarono la mano e si
presentarono, come Leobald Ackerley, Rufus MacFarlane o Ronan Hamilton,
infine fu il turno del professore Slughorn, che avrei ritrovato dopo
pochi mesi a Hogwarts, in qualità di insegnante di pozioni.
Per
ultima, la figura ancora avvolta in un mantello nero, che avevo notato
all’imboccatura della grotta, si avvicinò coi due
ragazzini: l’uomo, sotto il sorriso compiaciuto di Alshain,
si
scoprì il capo, dimostrando che non mi ero affatto
sbagliata.
Solo con notevole concentrazione riuscii a guardare Sirius con lo
stesso sguardo semplicemente cordiale che avevo rivolto finora a tutti
i nostri ospiti, perché, quando finalmente risentii la sua
voce
e rividi il suo sguardo, il cuore perse di nuovo un battito e non potei
che dirmi felice del fatto che mio padre avesse invitato Orion e i suoi
figli, quel giorno, a Herrengton.
Quando finalmente la parte imbarazzante della giornata si concluse, ed
era ormai mattino inoltrato, Alshain salutò molti degli
invitati
che si smaterializzarono direttamente dalla spiaggia, poi
invitò
al maniero quanti erano rimasti, per parlare d’affari, prima
dell’inizio del banchetto: materializzò una coppia
di
lampade ad olio che fungevano da passaporta tra la grotta di Salazar e
il cortile delle rose e i nostri ricchi ospiti, guidati da mia madre,
presa in una apparentemente divertente discussione con Orion,
iniziarono ad avviarsi. A me fu chiesto di rientrare assieme a mio
padre, avendo per la prima volta l’incarico di chiudere con
lui
l’accesso alla grotta, così fui costretta a
rimanere sulla
spiaggia ancora per un po’, sotto lo sguardo di persone che
mi
incutevano un certo terrore. Mirzam, vista la mia faccia, si
affrettò ad intrattenere i Lestrange e si avviò
in breve
con loro al castello, mio padre come al solito fece finta di non
essersi accorto che Malfoy lo attendeva al varco. In qualità
di
padrona di casa non potevo fare quello che volevo e in quel momento
avrei solo voluto parlare con i Black e andarmene via di lì
con
loro, per fargli vedere la mia Herrengton e sfuggire a quelle arpie:
Regulus continuava a guardarsi intorno per non guardarmi diritto negli
occhi, Sirius sembrava essersi accorto che ero in imbarazzo, quindi
faceva lo sfrontato per provocarmi. Mi sarei vendicata alla prima
occasione! Mi ero imbambolata al pensiero della lezione da dargli,
dimostrando così di essere una vera Sherton, quando mio
padre mi
si avvicinò, mi abbracciò e si
preoccupò che
avessi ancora le forze sufficienti a concludere i riti della grotta.
“Meissa, è ora,
recitiamo la formula
che hai imparato e poi risaliamo a casa. Te la senti? O ti danno
fastidio le rune?”
“No, va tutto bene, padre,
sono solo un po' stanca.”
"Sì, lo immagino, ma prima
del banchetto
avrai tempo di riposarti, non temere. Il peggio è passato."
Mi sorrise, poi prese la bacchetta da una tasca interna del mantello,
iniziò a volteggiarla in aria accompagnandola con una serie
d
incantesimi silenziosi: gli stendardi di Salazar svanirono, i fuochi
nei bracieri si spensero, i due altari scomparvero alla nostra vista.
Disegnò delle rune a terra, orientandole secondo i quattro
punti
cardinali e mentre lo faceva, lo presi per mano recitando con lui le
parole che sapevo a memoria: dal mare si levò una nebbia
verde
che presto invase tutta la grotta, saturando l’aria.
Risalimmo al
serpente di pietra, disegnammo di nuovo le rune e l’onda
verde
giunse a lambire la volta di pietra della grotta.
“Andiamo, i vapori venefici
tra poco renderanno del tutto irrespirabile l’aria qui
dentro.”
Ci avviammo lungo il sentiero che si affacciava sulle guglie acuminate
dei faraglioni, lo stesso che avevo percorso bendata poche ore prima,
risalimmo con facilità tutto il percorso, fino a giungere al
margine della foresta.
“Ora tieniti forte a me, non
puoi proseguire a piedi.”
Ci smaterializzammo, per ricomparire nei cortili del maniero: senza gli
incanti di protezione che erano stati gettati su di me per affrontare
il rito della notte, infatti, non avevo ancora le forze sufficienti a
fronteggiare la Magia Oscura che permeava la foresta di Herrengton.
***
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
“Hai visto quanto è
bella la figlia di Sherton?”
Ero seduto con mio fratello su una panchina di un immenso giardino
tutto circondato da roseti e siepi disegnate con cura, con un piccolo
laghetto nel mezzo. Mi voltai appena verso di lui, vestito come me con
una bella tunica verde "slytherin" e vidi il mio caro fratellino con
gli occhi sognanti persi nel vuoto: ghignai appena un po’,
pronto
a prenderlo in giro, ma m scoprii senza parole, in effetti era da un
po’ che la pensavo come lui.
“Non ti sarai preso una cotta
per quella
smorfiosa, vero Regulus? Credo ti convenga metterti il cuore in pace, al
banchetto Sherton annuncerà il fidanzamento di quella
ragazzina
con uno dei figli di qualche suo ricco amico scozzese!”
“Perchè deve essere
uno scozzese? Anche
noi, Sirius, siamo figli di un amico di suo padre, magari
toccherà
in sposa a uno di noi due!”
Lo guardai stranito, mi era passata per la testa
quell’eventualità diverse volte nelle settimane
passate,
la nostra famiglia non aveva nulla da invidiare agli altri, anzi, e
tenendo conto di quanto fossero amici Orion e Alshain… ma
avevo
parlato in quel modo solo per prendere in giro mio fratello, avevo
sempre immaginato che quello, magari, sarebbe stato un discorso che
avremmo affrontato da grandi. Mi si chiuse per un attimo lo stomaco al
pensiero che potesse essere quella la ragione della nostra presenza in
Scozia: cosa avrei fatto se fosse davvero andata così? Cosa
sarebbe successo se l’avessero destinata a me, se si fosse
realizzato quello che al momento era un mio sogno, ma che magari mi
sarebbe sembrata solo una prigione mortale nel giro di qualche anno? E
se invece fosse toccata a Regulus? Se già da quel giorno mi
avessero detto che non avevo speranze, che dovevo rinunciare al mio
sogno per sempre? Non sapevo cosa augurarmi e non sapevo cosa dire a
mio fratello, sembrava che lui ci sperasse davvero: non potevo credere
che fosse disposto a farsi pianificare così la vita, senza
reagire. Sbuffai e mi alzai perdendo lo sguardo nell’oceano
infinito che si dispiegava sotto di noi, con un senso di oppressione
nel petto.
“Prega che tu ti stia
sbagliando, Regulus,
perché per quanto sia bella, Meissa Sherton non vale quanto
la
nostra libertà!”
***
Meissa
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
Mia madre mi raggiunse in camera, lasciando per un po’ mio
padre
a tenere a bada i nostri preziosi invitati: non avevo memoria dei riti
di Rigel di un paio di anni prima, né di altre giornate come
quella, di solito mio padre non dava feste a Herrengton, teneva le sue
riunioni e i suoi ricevimenti a Inverness, dove non portava mai con
sè i suoi figli, a parte Mirzam. Mi fermai in piedi in mezzo
alla stanza, di fronte al letto, mia madre mi aiutò a
togliermi
i vestiti del rito, sapevo che non mi avrebbe lasciato nelle mani di
nessuna elfa per quel giorno: mi accarezzò il viso e mi
osservò attentamente mentre restavo completamente nuda,
sciogliendo la mia treccia e affondando le mani tra i miei capelli
corvini, quasi a saggiare la pregevolezza di una seta. Mi
aiutò
a entrare nella vasca e si preoccupò personalmente
dell’acqua, dei Sali e delle spugne.
“Aspettavo questo giorno da
undici anni, Meissa, non sai quanto sono orgogliosa di te”.
Mi baciò la fronte e intanto massaggiava con cerchi sempre
più lenti le mie spalle. Mi rilassai completamente, ad occhi
chiusi. Rimanemmo a lungo in silenzio. Quando ormai l'acqua iniziava a
intiepidirsi, mi fece alzare, mi avvolse nel telo e mi aiutò
a
uscire, poi si inchinò davanti a me, per controllarmi i
nuovi
tatuaggi sui piedi, io mi misi seduta sul letto e sollevai appena le
gambe, così che potessi vedere anche io alla luce che
entrava
dalla finestra quei strani arabeschi che d’ora in poi
avrebbero
ornato la mia pelle candida.
“Ti fanno male?”
“No, sento solo una specie di
pizzicore sotto la pelle.”
Divenni un po' rossa di vergogna, mentre mia madre lasciava perdere i
miei piedi e continuava a perlustrarmi, facendo scivolare le sue mani
morbide e al tempo stesso decise lungo le mie gambe, come se dovesse
accertarsi della robustezza di un purosangue. Mi fece sollevare le
braccia, controllandomi il busto, fermandosi a verificare da vicino dei
piccoli nei che avevo distribuiti qua e là, quindi si
alzò e dandomi la mano mi fece mettere di nuovo in piedi, mi
fece girare e perlustrò palmo a palmo la mia schiena, quasi
a
cercare qualcosa e premendo sulle scapole, così che
assumessi la
postura su cui mi faceva esercitare per ore e ore ogni giorno. Alla
fine di quello strano esame, mi fece voltare di nuovo e questa volta
osservò attentamente il mio viso, seguendo con la punta
delle
dita i miei contorni e poi i disegni delle mie efelidi sul naso e gli
zigomi.
“Di mio hai solo gli occhi e
queste lentiggini, sei una Sherton perfetta.”
Mi guardava piena di orgoglio, mio padre l'amava da una vita e lei
l’aveva ricompensato con una figlia femmina, per di
più
perfetta, come il cognome che portava. Passò la punta
dell’indice sinistro su un neo isolato e sui tre nei che si
posizionavano poco più in basso in linea
sull’ultima
costola.
“Meissa, testa di Orione,
porti una ricca cintura e accarezzi…”
Sollevò il dito e lo riadagiò su un altro neo
allineato poco più distante, sempre parlando in gaelico.
“… Sirio, il suo
cane fedele”.
Non capii una sola parola, a parte i nomi che aveva pronunciato; mi
baciò la fronte e mi fece sdraiare tra le lenzuola di seta
del
mio letto, compresi che era inutile fare domande, iniziò
subito
a massaggiarmi dolcemente la schiena, finchè non mi
abbandonai
nell’abbraccio di Morfeo.
***
Sirius
Black
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
“Muoviti Sirius!”
Stavo sognando ad occhi aperti, tutto preso, come gli altri ragazzini
della nostra età, dalla performance sulle scope da Quidditch
di
Mirzam Sherton e i suoi amici di Inverness: era più che
evidente
il motivo per cui, dalla prossima stagione, sarebbe entrato nelle file
del Puddlemere United. Mio fratello, per una volta, sembrò
gradire anche meno di me l’interruzione di nostro padre e
pigramente si avviò al suo seguito, rivolgendo
più e
più volte ancora la sua attenzione a quello che accadeva nel
parco. Subito ricordai di cosa stavamo parlando io e Reg prima della
piacevole distrazione e mi si strinse di nuovo lo stomaco: se non
avessi rischiato una punizione immediata, sarei fuggito in bagno a
vomitare persino l’anima. Mi resi conto di essermi sbiancato
e
che papà mi osservava chiaramente scocciato: sentirmi i suoi
occhi addosso non fece che peggiorare le cose.
“Salazar, si può
sapere
cos’è quella faccia adesso? Siamo a una festa,
Sirius, non
ti sto portando al macello!”
Mi agguantò, sistemandomi con mala grazia la camicia e
riannodandomi la cravatta, quasi volesse strangolarmi, mi
girò
su me stesso, spianando la giacca, come se io non fossi dentro quel
vestito, finendo poi col darmi una pesante manata in mezzo alle spalle
che per poco non mi buttò a terra; quindi passò
ai
capelli: con un leggero colpo di bacchetta li sistemò in
maniera
che scendessero morbidi sul collo, lasciando libera la faccia, come i
suoi.
“Per fortuna il materiale di
base è
buono, perché se dovessi contare solo sulle vostre
qualità personali, Merlino ce ne scampi! Non ho idea da dove
siate saltati fuori, così diversi da me, razza di
rammolliti!”
“Padre, perché la
mamma non è qui?”
Regulus riuscì a bloccare la serie d’improperi di
nostro
padre sul nascere, in questo era sicuramente più abile di me.
“Al rito della Grotta non
possono partecipare
altre donne, oltre a quelle di casa Sherton: è una
tradizione
fissata qui a Herrengton dallo stesso Salazar. Non ti preoccupare
però, figliolo, tua madre ci raggiungerà per il
banchetto: il resto della giornata è un semplice incontro
d’affari tra galantuomini. Il compleanno di Meissa
è solo
una scusa per trattare con la Confraternita del Nord, alcuni
approfitteranno anche per saggiare l’eventualità
di un
accordo matrimoniale, Mirzam è uno degli scapoli
più
ambiti, ed anche per Meissa alcuni potrebbero già farsi
avanti.
Non noi, noi non le staremo col fiato sul collo, perchè
è
tutto inutile, cari miei, so per certo che Alshain intende lasciar
decidere i figli da soli, quando sarà il momento. Niente
politica!”
Tirai un sospiro, nessun cappio sul mio collo per quel giorno!
Purtroppo per me, però, quel sollievo non passò
inosservato a mio padre.
“Quello cos’era,
ragazzino? Credi di
poter guardare dall’alto Meissa o la sua famiglia? Non sei
degno
di allacciarle nemmeno le scarpe, altroché! Mi vergogno,
sì, mi vergogno a stare qui con voi due, gli altri
presenteranno
fior di ragazzi, io dovrei proporre due, due… ragazzine
frignanti, ecco! Roba da pazzi… Se le cose non cambieranno,
in
futuro, da voi due otterrò solo di farmi ridere in
faccia!”
Reg, piccato, stava per ribattere, io gli diedi una leggera gomitata e
con sguardo truce lo convinsi a desistere, non so se per impedirgli di
mettersi nei guai o per evitare che mostrasse quanto fosse
già,
al contrario di me, ben lieto di farsi intrappolare. Ci avviammo dietro
nostro padre, che evidentemente conosceva quel castello come le sue
tasche, verso il grande salone dei ricevimenti: scendemmo lungo una
galleria coperta in cui facevano bella mostra di sé gli
antichi
ritratti di famiglia, ci affacciammo in un portico, attraversammo parte
di un chiostro e rientrammo nella zona settentrionale del castello. Al
pensiero che a breve avrei rivisto anche nostra madre, mi riprese la
nausea. Percorremmo un’altra interminabile, maestosa galleria
sul
lato nord orientale, costruita in tempi più recenti: il
soffitto
non era a volte di pietra, ma a cassettoni dorati, impreziositi con
scene mitologiche e decori floreali intervallati da motivi
serpenteschi; affacciava sui magnifici giardini di Herrengton, una vera
e propria teoria di archi di rose dalle molteplici tonalità
pastello. All’interno, le finestre erano incorniciate in
telai
dorati, riccamente ornati e, tra una e l’altra,
c’erano dei
piccoli piedistalli su cui si muovevano putti anch'essi dorati che
sostenevano delle candele profumate; sull’altro lato
c’erano i ritratti degli Sherton del XVI secolo, stando alla
tipologia delle acconciature e delle vesti, alternati a specchi in
cornici d’argento, cesellato con i classici motivi slytherin.
C’erano anche delle poltrone di stile francese, dai morbidi
velluti smeraldo, e delle consolle su cui poggiavano degli oggetti
d’argento elaborati, dalle forme bizzarre di cui non capivo
la
natura né l’utilità, e straordinari
vasi di
cristallo pieni di fiori. A metà della galleria, nostro
padre si
fermò, là dove la serie di dipinti
s’interrompeva
per lasciare spazio a una grande porta vetrata, celata da una ricca
tenda di broccato verde, con disegni in argento, aperta in due morbide
ali che facevano intravvedere una gigantesca sala, più
antica
del resto di quella porzione di costruzione. Era completamente in
pietra, destinata probabilmente alle serate di gala, chiusa da tre
archi ogivali che creavano una specie di sipario, a celare il fondo
della stanza: ci invitò a entrare, avanzando imperioso fino
al
centro della sala e rimanendo in religioso silenzio. C’erano
cinque magnifici lampadari di cristallo di scuola veneziana che
scendevano dal soffitto a botte, tutto affrescato con un cielo stellato
in cui erano visibili le costellazioni rappresentate in forma
antropomorfa, e, lungo le pareti, erano affissi arazzi molto simili a
quello di Grimmauld Place, su cui erano tessuti quelli che sembravano
degli alberi genealogici.
“Quanto è grande la
famiglia degli Sherton?”
Guardavo quella sequela di nomi e facce, impressionato dalla
moltitudine di dati che probabilmente dovevano risalire alla notte dei
tempi, visto quanto erano numerosi. Non avevo mai visto nulla di simile.
“Questo non è
l’albero
genealogico degli Sherton, Sirius, questo è uno dei
capolavori
dell’arte magica di Salazar stesso: in questi arazzi sono
tessuti
gli alberi genealogici di tutte le famiglie purosangue esistenti.
E’ una delle cose più preziose di Herrengton, una
delle
principali reliquie di tutti noi Slytherins. Non sei nessuno se non
appari in uno di quegli arazzi. Ricordatelo sempre!”
“Quindi ci siamo anche io e
Sirius?”
“Naturalmente,
Regulus!”
Si avvicinò alla parete di sinistra, fino a metà
della
sala, alzò la mano fino all’altezza del suo
sguardo,
seguii le linee morbide che le sue dite tracciavano sul ricco arazzo,
lessi il mio nome e quello di mio fratello, poco distante, tracciati
con la calligrafia ben nota di Alshain Sherton, con lettere
d’argento venate di rosso. Impallidii, preso da un sospetto.
“Sì, Sirius, hai
capito bene, i vostri
nomi sono stati tracciati con l’argento e il sangue di
Herrengton.”
Rabbrividii.
”Venite,
c’è un’altra cosa importante, in questa
stanza.”
Ci dirigemmo in fondo al salone, oltrepassammo il velo degli archi
ogivali e scoprimmo che un pesante tendaggio di broccato celava una
piccola cella: sembrava costruita nella notte dei tempi, la pietra era
vecchia e povera, nettamente diversa rispetto a quanto avessi visto
fino a quel momento. Tutto sembrava annerito da un incendio. Mi
attrasse un bagliore e nostro padre ci fece segno di seguirlo fino
all'antichissimo caminetto: era sovrastato da un dipinto di Salazar
Slytherin stesso, molto vecchio, malconcio e reso nero dai secoli.
Quando papà ci disse che quello era l’unico
focolare in
cui le fiamme non si spegnevano da circa mille anni, capii e lo guardai
con devozione. Mi avvicinai, e vidi con i miei occhi che davvero quel
fuoco non bruciava con il solito colore rosso aranciato, ma di uno
strano bagliore verde azzurrino: era la “fiamma di
Habarcat”, una delle reliquie più preziose per le
famiglie
Slytherins. La leggenda, che i nostri genitori ci avevano raccontato
più volte fin da quando eravamo in fasce, diceva che Hifrig
Sherton bruciò tutto ciò che possedeva, persino
le assi
della sua catapecchia, per proteggere dal freddo un Salazar arrivato
ferito sulle rive di Herrengton, ormai prossimo alla morte; con questo
sacrificio garantì la sopravvivenza del grande mago, il
quale,
una volta rimessosi, lo ricompensò con la fiamma di
Habarcat,
così che Hifrig e la sua discendenza non soffrissero mai
più il freddo né la fame. In questo modo nacque
la
predilezione di Salazar nei confronti di quella famiglia e da quel
momento gli Sherton furono innalzati agli onori della storia.
Naturalmente quel dono rese anche particolarmente difficile la loro
vita nel corso dei secoli, costringendoli a entrare in guerra
più volte per difendersi.
“Orion, siete qui,
allora!”
Zio Cygnus, accompagnato da Avery e Rosier, comparve
sull’ingresso della sala, nostro padre uscì
immediatamente
dalla cella del caminetto e smise di occuparsi di noi, per seguire i
tre diretti al banchetto, costringendoci quasi a correre dietro di lui,
per non perderci. Quando finalmente raggiungemmo la meta, rimasi senza
fiato: mi resi subito conto che, per la nobiltà delle
famiglie
presenti, e lo sfarzo delle pietanze e degli arredi, quella festa
faceva impallidire anche i più sontuosi incontri mondani che
i
miei genitori e i miei zii davano a Londra. Guardandomi intorno scorsi
in pratica quasi tutti gli ospiti fissi della maggior parte delle
nostre feste: l’unica a non essere ancora scesa era Meissa.
Alshain, già bloccato tra un vecchio mago dalle fluenti
chiome
candide come neve, che scoprii essere il decano della confraternita del
Nord, il signor Lestrange e Barthemius Crouch, fu raggiunto da nostro
padre e da nostro zio; sua moglie stava intrattenendo allegramente i
coniugi Malfoy e il signor Zabini, mentre Mirzam era impegnato in una
fitta discussione con Rodolphus Lestrange ed altri giovani, tenendosi
come sempre accuratamente alla larga da mia cugina Bellatrix.
Intercettai con lo sguardo la figura altezzosa di mia madre,
elegantemente vestita con un bell’abito smeraldo con intarsi
argentei, che la fasciava morbidamente e lasciava in vista il suo
decolté generoso, portava i capelli raccolti in un intrico
di
riccioli e perle, al collo un medaglione antichissimo della nostra
famiglia. Accanto a lei, nostra zia Druella, in un bell’abito
rubino, indossava quasi tutti i gioielli di famiglia e sembrava essersi
ripresa egregiamente dalla storia di Meda. Per un attimo mi rattristai,
pensando a mia cugina e sperando che la sua vita non fosse miserabile
come tutti dicevano.
La stanza era semplicemente magnifica, con il pavimento di marmi
policromi smeraldo, nero e argento, che rappresentavano
un’elaborata geometria cabalistica, incentrata sul disegno
della
serpe di Salazar; alla parete, a destra rispetto a quella da cui
eravamo entrati, si ergevano tre imponenti caminetti di marmo nero,
intarsiati d' argento e tutti sormontati da serpenti con gli occhi di
smeraldo. Le altre due pareti, orientate a sud e sudest, erano quasi
completamente vetrate, con tutti gli infissi d’argento a
motivi
serpenteschi, le tende di broccato smeraldo con intarsi
d’argento, tirati per permettere la visuale su quella
meraviglia
di colori e profumi che era l’antistante magnifico giardino
all’italiana, dominato da una coppia di maestose fontane a
forma
di serpenti intrecciati e una teoria di tritoni serpenteschi ai bordi
dei vasconi. Al centro della stanza era posto un tavolo sontuosamente
addobbato, i centritavola floreali, composti di orchidee purpuree e
gigli, erano intervallati da candelabri d’argento e smeraldi,
i
piatti erano di finissima ceramica cinese, con disegni dragoniani, le
posate erano anch’esse cesellate con motivi slytherin. Dal
soffitto scendevano dei lampadari ancora più sontuosi di
quelli
del salone degli arazzi: anche qui smeraldi, cristallo e argento si
fondevano in un’alchimia unica, fatta di eleganza e
ricchezza,
infine il soffitto era caratterizzato dall’affresco
dell’albero genealogico dei soli Sherton, con i nomi
realizzati
con argento fuso e i visi ottenuti con mosaici di perle e pietre
preziose. Dopo un tempo che mi parve interminabile, in cui le voci e le
risate avevano preso possesso indiscusso della grande sala e dal
giardino arrivava tenue e rilassante la musica suonata da
un’orchestra di strumenti incantati, Meissa fece il suo
ingresso,
accompagnata da uno dei suoi cugini irlandesi, un ragazzo sui venti
anni dai capelli rosso fuoco, e Alshain ordinò di dare via
al
banchetto. I padroni di casa erano naturalmente a capotavola, i nostri
genitori si sistemarono alla sinistra della signora Sherton, di fronte
a noi e a Mirzam, Meissa era a destra di Alshain, rispettivamente
accanto ai Lestrange e di fronte a Malfoy, in mezzo si distribuirono
tutti gli altri. Reg ed io godemmo così della compagnia e
delle
chiacchiere del giovane Sherton che si mostrò molto
amichevole e
gioviale, e di fatto ci fece scordare completamente la presenza odiosa
e claustrofobica di nostra madre. Meissa, isolata da tutti gli altri da
quegli ospiti così importanti, sembrava notevolmente
insofferente per la situazione in cui si trovava. Appena rientrata
dalla grotta, si era ritirata nella sua camera, per smettere i vestiti
cerimoniali, ed ora si era presentata con un bell’abito di
taglio
orientale, di taffetà rosso veneziano, con dei sottili
ornamenti
serpenteschi sul collo e le maniche, i capelli neri raccolti in una
coda e il solo medaglione di Salazar a ornarle il collo. Quel giorno
compiva undici anni: gli ospiti non le toglievano gli occhi di dosso,
sia perché era evidentemente già piuttosto
aggraziata,
sia perché quasi tutti la vedevano come il mezzo per
imparentarsi con uno dei maghi più ricchi e potenti della
Gran
Bretagna.
Il pranzo si protrasse per tutto il pomeriggio, con le pietanze servite
con indicibile lentezza, per permettere agli invitati di parlare di
tutto e di più, per tutta la giornata: la signora Sherton
intrattenne con grazia e affabilità i suoi ospiti, Alshain
concesse la sua straordinaria eloquenza a tutti, cercando di non
favorire troppo nostro padre nei confronti degli altri. A un certo
punto noi ragazzi ottenemmo, con mio sommo sollievo, il permesso di
uscire in giardino e il mio umore migliorò ulteriormente
quando
Mirzam attirò su di sé, di nuovo,
l’attenzione di
noi più piccoli, affascinati dalle sue prodezze sulla scopa.
Meissa, consapevole di essere costantemente osservata da tutti, rimase
in casa ed approfittò del posto vuoto lasciato da suo
fratello
per rifugiarsi da sua madre: benchè preso da Mirzam, non mi
sfuggì l’occhiata amorevole che Orion le diede
quando
finalmente la ragazzina riuscì a sedersi vicino a Deidra, e
l’aria di familiarità che sembrava essersi creata
tra di
loro. Ero letteralmente sconvolto, era la seconda volta che lo vedevo
comportarsi così: lontano da Grimmauld Place, nonostante la
presenza oscura della mamma, stentavo a riconoscere in lui mio padre.
Alla fine del lungo banchetto, quando ormai il sole di cui avevamo
salutato la nascita era tramontato, con un brindisi Alshain
augurò un lungo anno di prosperità a quanti
avevano
partecipato a quelle lunghe ore di festa, quindi il mago
recitò
una specie di preghiera nella lingua druidica cui risposero a tono
tutti gli astanti, compresi quanti non facevano parte della stretta
cerchia dei maghi del Nord. Sceso il silenzio nella sala, Meissa fu
invitata da suo padre ad alzarsi e, con una voce che sembrava quella di
una ninfa dei boschi, intonò una struggente canzone di
quelle
terre selvagge, sotto lo sguardo orgoglioso dei suoi familiari e quello
perdutamente affascinato degli invitati.
S’inchinò,
accolta da un applauso, quindi levò il suo calice e fece a
tutti
il suo migliore augurio di prosperità e felicità,
quindi
ottenne di potersi congedare scortata da Mirzam, stanca e provata dai
riti degli ultimi due giorni.
I maghi del Nord, che erano lì per la cerimonia
più che
per le conseguenze politiche di quella giornata, iniziarono ad avviarsi
ai due camini laterali per tornare a casa via metro polvere, dopo aver
salutato e ringraziato con reverenza gli Sherton: a sera ormai
inoltrata, eravamo rimasti davvero in pochi. Alshain si alzò
e
fece segno ai suoi ospiti di andare a parlare in giardino, ormai
illuminato da una quantità di fiaccole che galleggiavano
magicamente nell’aria, la signora Sherton rimase in casa ad
intrattenere le ospiti, Mirzam, appena ritornato, si
avvicinò a
me e mio fratello, sorridente, e ci invitò a vedere dalla
torretta i fuochi magici che chiudevano i festeggiamenti. Incuriositi,
decidemmo di seguirlo, sicuri che quell’ennesima sorpresa di
Alshain sarebbe stata fantastica. Ripercorremmo la galleria
attraversata con nostro padre, superammo il porticato, uscimmo dal
chiostro e risalimmo in un torrione, fino ad una balconata: ad
attenderci c’era Meissa, seduta tranquillamente su una
poltroncina; appena ci sedemmo anche noi, Kreya si presentò
con
delle deliziose coppe di gelato alla frutta e panna, che
rallegrò ulteriormente l'atmosfera. Dopo poco iniziarono i
fuochi magici, che illuminarono tutto il castello e il mare di fronte a
noi di varie serie di brillanti girandole: sotto i nostri sguardi
ammaliati, tutto il mondo divenne color oro e poi argento, mentre le
luci turbinavano a formare un gigantesco serpente che si attorcigliava
su se stesso, poi esplodeva in una miriade di fiori blu elettrico,
viola, fucsia, giallo e verde. L’ultima raffica di fuochi non
si
era ancora estinta che subito comparvero decine di piccole rose di un
intenso colore rubino che sbocciavano aprendosi sempre più e
rilasciando una delicata sinfonia, mentre dai petali altre luci sinuose
uscivano e si annodavano tracciando il nome di Meissa. Esplosero infine
anch’essi in una nuova pioggia d’argento. Ero
incantato,
come mio fratello, completamente preso da tutta quella meraviglia.
Meissa era accanto a Mirzam, appena più avanti rispetto a
noi,
commossa stringeva forte il braccio di suo fratello. Mi chiesi quanto
quel pranzo avesse influito sul suo futuro, se, nonostante quanto ci
aveva detto nostro padre, in quel momento Alshain e i suoi ospiti non
stessero decidendo del suo avvenire. Con un’ultima raffica di
variopinte farfalle di luce, i fuochi e quella giornata si conclusero:
Deidra, riapparsa tra noi senza che ce ne accorgessimo insieme a nostra
madre, ci invitò a tornare a Herrengton Hill per l'estate,
poi
io e Reg salutammo Meissa e Mirzam. La mamma abbracciò la
signora Sherton e baciò Meissa, diede la mano a Mir, poi ci
strinse a sè e ci smaterializzammo diretti a Grimamuld Place.
***
Alshain
Sherton
Herrengton Hill, Highlands - dom. 21 marzo 1971
“Una
festa magnifica, Alshain!”
Abraxas si mise seduto al mio fianco, sul divano, nel salottino privato
in cui c’eravamo rifugiati al termine della festa: gli
sorrisi
freddo e lo osservai senza particolare interesse, mentre giocherellava
con il suo bicchiere pieno di Whisky incendiario. Dietro di lui, Orion
e Lestrange confabulavano davanti al caminetto. Mirzam era ancora di
sopra con i ragazzi, mentre Rod era rientrato già da un
po’ dalla sua passeggiata nei giardini con Bella e se ne
stava
seduto in disparte, rimuginando nessuno sapeva cosa. Mi alzai, un
po’ per staccarmi di dosso la figura di mio cugino, un
po’
per assicurarmi che in giardino fosse ancora tutto in ordine: i giovani
nipoti di Deidra erano sempre un po’ troppo confusionari,
anche
per i miei gusti piuttosto permissivi. Sentii una presenza al mio
fianco ma non mi voltai.
“La volevo ringraziare per
l’invito,
signor Sherton, per me che non avevo mai partecipato ai riti del Nord,
è stata una giornata davvero interessante!”
Mi voltai e sorrisi a Rodolphus. Da sempre i Lestrange non mi
piacevano, ma da quando Mirzam me l’aveva portato a casa,
durante
le prime vacanze di Natale dall'inizio della scuola, l’avevo
considerato come un figlio: gli versai un altro bicchiere di whisky e
posandogli una mano sulla spalla raggiunsi suo padre e Orion, sotto lo
sguardo seccato di Malfoy.
“Spero che la giornata sia
stata proficua per tutti voi!”
Sorrisi sornione ben sapendo che Orion aveva agganciato sul finire
della giornata Emerson, per un paio d buoni affari.
“Immagino che ora ci chiederai
una percentuale sui profitti come provvigione!”
Lo guardai divertito.
“Non ci avevo pensato, Black,
ma, in effetti, è un’idea
interessante...”
Orion faceva sempre così, ormai questi siparietti erano una
costante nella nostra amicizia.
“Sono contento che la giornata
sia stata
vantaggiosa per tutti voi, ma credo ci sia ancora un contratto di cui
dovremmo parlare, dico bene Sherton?”
Seccato mi voltai, deciso a chiudere la questione una volta per tutte.
Abraxas fece subito sparire il sorriso dal mio viso, avevo capito
benissimo dove voleva andare a parare, ma ero pronto e adesso che si
trovavano tutti lì avrei chiuso questo discorso una volta
per
tutte: ero stanco dei suoi continui agguati ogni volta che ci
s’incontrava a Londra.
“Quale contratto Malfoy? Te
l’ho
già detto, non hai denaro a sufficienza per farmi vendere le
Pietre Veggenti di mio padre!”
Sorrisi e ammiccai a Orion, che faceva “No”
con la testa.
“Sai che me ne faccio di
quelle Pietre? Non
fingere di non aver capito, sai benissimo che non erano certo gli
affari con la Confraternita del Nord ad averci invogliati a venire sin
qui, oggi!”
Li squadrai e vidi che sul viso di Lestrange c’era una chiara
conferma di quanto aveva appena detto Abraxas. Orion impassibile
fingeva di essere in trepidante attesa a sua volta, ma era
l’unico a sapere già cosa avevo da dire, ed era
l’unico, almeno speravo, a condividere le mie opinioni.
“Oggi tutto si è
svolto secondo
tradizione, Sherton, almeno da quanto so della tua famiglia, che in
parte è anche la mia. Negli ultimi sette secoli, in
occasione
del rito di Habarcat, alla presentazione pubblica della ragazza
è sempre seguito un accordo matrimoniale.”
“Vero, perché
l’ultima Sherton
cui è toccata la presentazione ufficiale a undici anni
è
vissuta in un’epoca in cui tutte le ragazze si sposavano a
quell’età, oggi per fortuna si pensa a studiare,
giocare,
dedicarsi a una passione. Le tradizioni sono fatte per essere superate,
migliorate, o semplicemente disattese. Lo sai.”
“Che cosa significa? Parla
chiaro per una volta, so quanto sai essere machiavellico!”
“Ti sto dicendo che ho
già deciso con chi fare il contratto.”
“E con chi, di grazia? Non ci
sono altre famiglie alla nostra altezza!”
Il classico pallore di Malfoy virava ormai a un rosa acceso, gli occhi
non erano più due placidi laghi d montagna, ma un mare in
tempesta, le mani erano esangui mentre stringeva in maniera
parossistica il suo bastone: ero più che convinto che me
l’avrebbe volentieri spaccato in testa. Bevvi un piccolo
sorso
del mio Whisky e lo guardai calmo sapendo che così
l’avrei
fatto avvelenare ancor di più.
“Il contratto lo
farò con mia figlia,
sarà lei a decidere, quando sarà il momento. Mi
spiace
deluderti, Malfoy, ma non ci saranno accordi del genere né
stasera, né in tempi brevi, probabilmente non ci saranno
mai.”
“Vuoi lasciare una decisione
fondamentale per
le nostre famiglie nelle mani di una ragazzina? È questo che
vuoi farmi credere? No, non è possibile, tu menti, sei
pazzo,
è vero, ma non fino a questo punto!”
“Ti sto dicendo la
verità Abraxas,
dovresti smetterla di prendertela così tanto. Dai un valore
esagerato a queste cose, non siamo più in guerra, non siamo
più in un tempo fatto di sangue e omicidi, oggi i nostri
problemi si possono risolvere in maniera diversa. Le nostre famiglie si
possono legare con alleanze e affari, senza sacrificare la
felicità dei nostri ragazzi. Se chiedessi a tuo figlio cosa
ne
pensa, credi davvero che farebbe salti di gioia all’idea di
un
matrimonio del genere? Questi ragazzi magari sono già
innamorati
di ragazze molto più vicine a loro per età e
interessi,
ragazze altrettanto nobili, ricche e potenti. Tu saresti stato
contento, Rodolphus? Sinceramente!”
Lo fissai e in quegli occhi di ossidiana blu balenarono per un momento
comprensione e vergogna.
“Rodolphus ormai non ha
più interesse,
è vero, ma io ho anche un altro figlio…”
Guardai Lestrange, disgustato, non avrebbe mollato, lo sapevo, la loro
famiglia non mollava mai con noi Sherton, si doveva sempre arrivare
alle maniere forti per liberarsi dal loro assedio e, Merlino mi era
testimone, avrei fatto di tutto pur di non permettere una bestemmia di
quel genere: mai mia figlia si sarebbe chiamata Lestrange.
“Basta con le ciance, qui
parliamo della
purezza di sangue, Sherton, non di amore, nobiltà o
ricchezza,
lo so bene anch’io che questo si può ottenere con
un
qualsiasi buon matrimonio, che ci sono meravigliose ragazze purosangue
là fuori. Ma non hanno il vostro sangue, quel sangue puro
che
non si mescola al nostro se non raramente: per secoli voi Sherton avete
preso il meglio delle nostre famiglie, vi siete rafforzati con il
sangue di tutta la Gran Bretagna, ma in cambio non avete dato che
quattro ragazze. Non parliamo poi della forza e del potere dei figli
che avrà un giorno, tua figlia è nata a Habarcat,
tutti
conoscono le leggende… tanto più che ormai non
esistono
nemmeno discendenti purosangue dei Gaunt…”.
“Già, su questo,
immagino, tu avresti molto da dire, non è vero
Abraxas?”
Non riuscii a reprimere come volevo lo sguardo disgustato che le parole
di Malfoy mi avevano tirato fuori, gli avrei volentieri scagliato
addosso tutto quello che avevo sottomano.
“I miei figli, tutti i miei
figli, sono
persone, Malfoy, non bestiole da mettere in vendita al miglior
offerente per migliorare il pedigree delle vostre belle famiglie
purosangue; se, nel passato, alcuni Sherton hanno considerato i propri
figli come merce di scambio, beh, saranno all’inferno per
pagare
anche questo crimine, con tutti gli altri. Le cose con me sono
cambiate, rassegnati!”
“Alshain, ascolta, non ne
avremmo dei vantaggi
solo noi, Malfoy ha ragione, noi abbiamo bisogno di sangue nuovo,
è vero, ma anche voi Sherton, relegati qui, ai confini della
civiltà, un matrimonio del genere vi riporterebbe al centro
del
mondo magico, vita pubblica, Ministero, potere: vi hanno privato delle
femmine proprio per costringervi all’isolamento, ora che ne
hai
una da gestire, dovresti pensare al bene di tutta la tua famiglia, non
solo al suo. Pensaci, noi potremmo offrirti un sostegno enorme,
soprattutto nella tua battaglia per Hogwarts.”
“Dovreste avere a cuore il
futuro dei
purosangue indipendentemente da cosa potrei darvi in cambio. Dovreste
sostenermi contro quel dannato Dumbledore e la deriva di Hogwarts, per
voi stessi, non pensando di fare un favore a me. Io non
metterò
mai Meissa in mezzo a questa storia. Mai!”
Lestrange sapeva essere convincente, peccato che con me scegliesse
sempre i tasti sbagliati, gli diedi le spalle, mi persi nelle fiamme
del caminetto, volevo chiudere il discorso e andare a dormire, iniziavo
a essere davvero stanco.
“Tra cinque/sei anni magari
sarò qui
con uno di voi a festeggiare un fidanzamento, voluto dai nostri
ragazzi, e non imposto da me… magari i nostri figli con i
sentimenti sapranno arrangiarsi meglio di quanto noi potremmo fare con
la politica. Sarebbe molto più soddisfacente per
tutti.”
“Se la pensi così,
dovresti essere
semplicemente onesto e dire di aver già deciso, senza
impegni
presi ora, l’unico tra noi ad avere figli non ancora sposati
tra
sei anni sarebbe Black: infatti, è l’unico a non
sembrare
agitato.”
Abraxas mi fissava risentito, mentre Lestrange fulminava a sua volta
Orion. Finii il mio bicchiere e sospirai, mi ero illuso che dicendo che
non mi opponevo per principio, che non avrei lottato contro qualcosa
che fosse nato dal caso, si sarebbero rilassati ma non avevo tenuto
conto di quanto Abraxas riuscisse a essere paranoico.
“Ti sbagli Malfoy, io non ho
accordi con
Sherton, per la mia famiglia è importante la casa di
appartenenza a Hogwats, non potrei impegnare nessuno dei miei figli
prima di vedere il risultato dello smistamento di Meissa. Scusami
Alshain, tua figlia è deliziosa e la vostra è una
famiglia cui tutti vorrebbero imparentarsi, ma in genere le vostre
figlie non finiscono nella casa di Salazar, ed io voglio nipoti
serpeverde al 100%.”
“Non mi offendo, Orion, lo
so… E spero
davvero di non aver offeso nessuno di voi, ma intendo rispettare la
parola data a mia figlia, e garantire così la sua
felicità.”
“Beh, se dovessimo guardare
alla parola data,
“cugino”… sai bene che da oltre un
secolo
c’è un accordo tra le nostre famiglie, tua nonna
era una
Malfoy per un motivo preciso, mi sembra!”
“Io rispetto gli impegni che
prendo di
persona, non quelli ereditati dal passato e con questo considero chiuso
il discorso”.
“Come sempre, riesci a piegare
come ti pare
anche i concetti di Onore e Onestà. Complimenti, Sherton,
sapevo
dall’inizio che sei solo un bastardo! Non è la
prima
volta, che lo dimostri, tra l’altro. Se mia sorella Elladora
è morta, è solo colpa tua.”
Con Lestrange ci guardammo con odio, Abraxas battè il
bastone
tre volte e ordinò a Doimos, il mio elfo, di riportargli il
mantello, se ne sarebbe andato subito, aveva perso fin troppo tempo
quel giorno, nemmeno mi salutò, seguito da Lestrange e suo
figlio che mi sorrise appena. Orion mi si avvicinò senza
parlare, dandomi il tempo di riassumere il controllo di me. Sospirai.
“I loro discorsi hanno una
logica, Alshain, lo
sai, io stesso la penso come Malfoy, le nostre famiglie
s’imparentano sempre tra loro, i ragazzi sono più
deboli
di fisico e instabili di carattere.”
“Dovrei mettere su una
fabbrica di ragazze
Sherton per risanare la malandata progenie dei purosangue britannici?
Il problema si ripresenterebbe la generazione seguente, te ne rendi
conto? Non farmi ridere Orion, questo discorso non ha senso, queste
pratiche barbariche non hanno senso, io voglio per i miei figli, tutti,
nessuno escluso, quello che ho avuto per me: la
libertà.”
“Libertà che ti sei
pagato a caro
prezzo se ben ricordo. Non dovresti darle tutto per scontato, Alshain,
cosa succederebbe se tua figlia approfittasse della libertà
che
decanti e si mettesse con un mezzosangue o un babbano o un traditore
del sangue puro? Hai visto la nostra Meda…”
“Non può mettersi
con babbani o
mezzosangue, lo sai, c’è la protezione di Salazar,
per
quello... quanto ai rinnegati, posso solo sperare di averla educata
bene.”
“E se cercassero di prendere
con la forza quello che non possono ottenere con un
contratto?”
“Salazar, Orion, ma come fai a
pensare a
queste cose? Ha undici anni! Ha l’età di tuo
figlio!
Perché tu non hai già intrappolato Sirius con
qualche
nobile purosangue di Londra?”
“Forse perché spero
per lui che sia
abbastanza bravo da conquistarsene una che vive a Herrengton
Hill… conosco le regole del gioco, Alshain. E conosco
te.”
“Se solo quel dannato
smistamento per una
volta andasse come dovrebbe… Sarei libero anche legalmente
da
quel contratto, i nostri figli starebbero insieme, e, se è
tuo
figlio, Sirius la proteggerebbe, ne sono più che certo,
nemmeno
Dumbledore potrebbe danneggiarmela, a quel punto.”
Orion rimase in silenzio a lungo, osservando le fiamme nel caminetto,
poi si voltò, sulla faccia l'espressione risoluta che ben
conoscevo, quella che usava sempre, a Hogwarts e poi da adulti, quando
sapevamo di averla combinata grossa ed era necessario un piano astuto
per toglierci dai guai.
“So che non hai fatto nessuna
promessa,
apertamente, a Meissa, perciò quello che ora ti
proporrò
non la sconvolgerà. Senza impegni, s'intende. Se
entrerà
a Serpeverde, a tredici anni annunciamo un falso fidanzamento tra i
nostri ragazzi, se nel frattempo non si saranno innamorati davvero, a
diciassette anni saranno liberi di scioglierlo. In questo modo
l’avremo tolta dalla piazza e quei galantuomini non
romperanno
oltre!”
Sorrisi, sapevo che prima o poi ci avrebbe provato anche lui, e
immaginavo che me l'avrebbe proposta come qualcosa che solo un pazzo
avrebbe potuto rifiutare. Qualcosa che non andava a suo vantaggio,
qualcosa inventata solo per farmi un piacere.
“Lo dico sempre. Tu sei
Walburga travestita da
Orion! Non sarebbe male come offerta, ma credi che Walby lascerebbe i
ragazzi liberi di tirarsi indietro? Se firmassi un contratto con Walby,
mi ritroverei peggio che con Malfoy. Non sono uno stolto,
Orion!”
“Ma tu puoi sempre contare su
di me, al contrario di Walby, mi pare…”
Sorrisi di nuovo. Questo era vero, avrei potuto affrontare un drago
sicuro che Orion al momento opportuno sarebbe saltato fuori a salvarmi.
“Devo imparare a dirti di no,
Orion, o Merlino
solo sa cosa potrei concederti un giorno, razza di un inglese
depravato!”
Gli sorrisi e Black sospirò, scuotendo la testa e
insultandomi come solo lui aveva il permesso d fare.
“Ci rifletterò,
questo te lo prometto.
Poi staremo a vedere come va lo smistamento, e consulterò un
legale, oltre a Meissa, naturalmente.”
*
“Se ne sono andati
tutti?”
Immaginavo che Deidra ormai dormisse, ero entrato nella stanza in punta
di piedi, dopo essermi spogliato e fatto un bagno nella stanza accanto.
M’infilai sotto le lenzuola, accolto dal tenero abbraccio del
mio
amore.
“Sì, Orion
è stato l’ultimo.”
Dei mi accarezzava i capelli, mentre io le sfioravo i lineamenti del
viso con la punta delle dita, si avvicinò di più
a me,
con un movimento felino mi fu sopra, e appoggiò il suo capo
sul
mio petto. Le baciai il naso e poi le mani, che mi misi sul cuore.
“E hai subito chiuso la
tenuta?”
“Sì, non aspettiamo
altri ospiti mi pare.”
“Allora perché sei
preoccupato?”
“Sono solo stanco, non
preoccupato.”
“Non puoi mentire con me,
Alshain, lo sai.”
La baciai, sorridendo ai suoi occhi interrogativi e un po’
ansiosi.
“Sono solo
stupidaggini”
“Di cosa avete
parlato?”
“Indovina? Sul finire Abraxas
ha tirato fuori il discorso del matrimonio combinato.”
“E immagino che Lestrange gli
abbia dato man forte… “
Si staccò da me, rimettendosi a sedere sul letto,
guardandomi
con aria interrogativa. Io rimasi steso a osservare gli intarsi dorati
del nostro baldacchino, sospirando: avevo appena visto sparire la
possibilità di abbandonarmi a Morfeo in tempi brevi o di
dedicarmi a qualche interessante attività amorosa con mia
moglie.
“… e tu sei uscito
col discorso della felicità dei ragazzi, immagino!”
Mi tirai su a sedere anch’io, sistemandomi il lenzuolo sul
ventre
con noncuranza: non dormivamo assieme da tre notti e benché
non
mi fossi illuso di riuscire a dedicarmi con lei alle
attività
che preferivo, avrei desiderato fare qualcosa di più
piacevole
che parlare ancora di Malfoy.
“Sì, ho detto
chiaramente che non intendo sentire questi discorsi per almeno sei
anni.”
“Pensi sia una buona
idea?”
“Credevo condividessi la mia
posizione.”
Avevamo parlato a volte del futuro dei ragazzi, riguardo a Mirzam e
Rigel avevamo deciso da tempo di lasciar loro
l’opportunità di vivere nella maniera che
preferivano, e
secondo me l’accordo andava esteso anche a nostra figlia.
Purtroppo in alcune occasioni mi ero già reso conto che
Deidra,
pur libera come me dagli obblighi e dalle convenzioni, tendeva a
comportarsi secondo i peggiori canoni sociali quando si trattava di
nostra figlia.
“Tra sei anni Malfoy e
Lestrange saranno
sicuramente sposati, se non ti accordi prima Meissa potrebbe perdere
l’opportunità d legarsi a una di quelle famiglie
così importanti… "
Sbuffai e m alzai dal letto, m avvicinai alla consolle e mi versai un
bicchiere d’acqua, l’offrii a Deidra ma lei
negò con
la testa.
“Non ci posso credere, parli
come Abraxas, lo sai?”
“Secondo me dovresti prendere
tempo, dire che
intendi ascoltare il parere di Meissa e pertanto che si potrebbe
parlare di un fidanzamento tra due o tre anni, non negare la
possibilità a priori, dovresti darle almeno
l’opportunità di conoscerli, ora è una
bambina, la
sola idea la spaventerebbe, ma quando avrà quattordici
anni… “
“Deidra, ma cosa dici? Quei
ragazzi sono
troppo più grandi di lei… E non mi
piacciono!”
“E i figli d Orion sono troppo
piccoli…
sei suo padre, nessuno ti andrà mai bene, Alshain,
è
nella natura di un padre comportarsi come fai tu… “
“I figli di Orion
già vanno meglio,
sono piccoli adesso, piccoli come Mey, sono coetanei, come lo siamo io
e te… e visto che non m è sembrata in questi
ventuno anni
un’esperienza negativa, mi auguro qualcosa di simile per
tutti i
nostri figli…”
“Lo sai vero che se Meissa
finisse a
Corvonero, Walby non permetterebbe mai a Orion d impegnare uno dei loro
ragazzi con lei? La conosci meglio di me… cosa resterebbe
allora
a Meissa?”
Mi ristesi a letto, mi sembrava di avere un dejavu, solo che la voce e
il viso di Deidra erano assolutamente più attraenti di
quelli di
Malfoy e Lestrange.
“Cosa resterebbe a Mei? La
possibilità
di scegliere un purosangue tra le famiglie rimaste, senza le tare
ereditarie dei nostri cari intimi amici, ti può bastare? Non
sarebbe disgustoso un ragazzo come William Emerson, non credi? E
soprattutto avrebbe almeno altri sei anni di felicità. Te lo
immagini cosa farebbe se andassimo lì a dirle: "È
vero,
dobbiamo rispettare quel dannato contratto, tu sei destinata a Malfoy
da prima che nascessi” anch’io mi andrei a buttare
dalla
rupe più alta di Herrenton al suo posto!”
“Salazar, Alshain, non
dobbiamo dirglielo
adesso… ma devi renderti conto che tolte quelle poche
famiglie
di cui stiamo parlando, tutti gli altri sarebbero inferiori a lei per
nobiltà, ricchezza e purezza.”
“Anche mia madre era
considerata inferiore a
mio padre per nobiltà e ricchezza, e così anche
la tua
famiglia, mi pare, ma questo non ci ha impedito di essere felici! O
no?”
“Meissa è una
femmina! Conta di più con chi si sposa!”
“Salazar! Non ci posso
credere! Dove è
finita la donna che ho sposato? Tu preferiresti vederla infelice
accanto all’algido Lucius Malfoy o insieme a Rastaban cuore
d’inferno Lestrange, piuttosto che con un ragazzo, forse meno
importante di lei, ma che bacerebbe la terra su cui cammina?
È
davvero questo che vorresti per tua figlia?”
“Perchè non apri
gli occhi? Lucius
è perfetto per Meissa. Solo perché con suo padre
tu non
vai d'accordo, non significa che Lucius sia il demonio che
immagini!”
“Stiamo parlando di quel
Lucius Malfoy che
voleva colpire alle spalle con una "Cruciatus" nostro figlio Rigel? Ti
rendi conto che stiamo parlando di quel Lucius? Vuoi sapere come la
penso io Dei? Che preferisco ucciderla con le mie mani, piuttosto che
darla a quelle bestie! Questo non è un modo di dire, Dei,
questa
è una promessa… Meissa non sarà mai
una
Malfoy…”
Dopodiché, lasciando Dei in lacrime, per la prima volta in
ventun' anni presi una coperta dall’armadio e andai a dormire
nelle mie stanze.
*continua*
NdA:
Ringrazio quanti hanno letto, hanno aggiunto a preferiti/seguiti/ecc,
hanno recensito e/o hanno proposto/votato questa FF per il concorso sui
migliori personaggi originali indetto da Erika di EFP (maggio 2010).
L'immagine di inizio capitolo è stata realizzata per me da Ary Yuna
(che ringrazio), potete trovare i suoi lavori su DeviantArt
e nella sua pagina
Artista su FB.
Valeria
Scheda
Immagine
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