Ogni
mattina, Max si alzava dal letto come uno zombie defluiva dalla
tomba, con l'unica differenza che, a suo contrario, gli zombie erano
senz'altro più gestibili. Gliene capitava sempre una
diversa,
veramente: dal più classico, come colpire lo spigolo del
comodino
col mignolo del piede, a quello più inusuale – era
inciampato su
una scarpa una volta, e Sant'Iddio, chi diavolo ce l'aveva messa
lì?
Era nel bagno – e
dalle sei e mezzo fino all'ora di pranzo era intrattabile.
Ivan
era più tranquillo, e si alzava dal letto sempre dal verso
giusto –
forse troppo assonnato anche per preoccuparsi del mucchio di calzini
sul tappeto, ma Max si sarebbe premurato di farglielo notare
più
tardi – spesso anticipando Max e preparandogli la colazione.
Sempre
la stessa cosa, tutte le mattine: caffè lungo, niente
zucchero,
tanto caldo da bruciare la lingua. A volte mangiava un croissant o un
pezzo di pancake, quando ad Ivan capitava di prepararne qualcuno, ma
spesso non aveva fame, o si rifiutava di mangiare, per un motivo o
per l'altro. Ivan aveva altre abitudini, evidentemente, e metteva
sotto i denti tutto quello che riusciva in una mezz'ora; le mattine
in cui Max non mangiava nulla, gli offriva sempre quello che aveva
nel piatto.
«
Vuoi? »
Con
la bocca piena, per la maggior parte delle occasioni. Max rifiutava
ricordandogli di dare un'occhiata al galateo la prossima volta, e, in
seguito, calva il silenzio.
-
«
Ivan, non mangiare il cacao. »
Ivan
aveva questo vizio, quando si preparava la cioccolata il pomeriggio.
Mangiava cucchiaini di cacao finché non si sentiva i denti
dolere –
questo, ovviamente, cercando di non rientrare nel campo visivo di chi
l'avrebbe rimproverato e gli avrebbe strappato il contenitore del
cacao dalle mani.
«
Ma quanti anni hai, dieci? »
Ivan
riusciva sempre ad uscirne illeso con un sorriso e una posizione
ambigua – o, meglio, si appoggiava al bancone con una mano e
lo
guardava gonfiando il petto, perché sapeva che aveva tanto
da
motrare, e non si permetteva mai di nascondere nulla.
E quando arrivava la
risposta, il suo tono di voce suonava vagamente,
sì, beh, erotico, ed
era talmente palese che lo facesse apposta.
«
Erano solo un paio di cucchiaini. Potresti farlo anche tu. »
«
Non… credo sia il caso. »
Le
possibilità erano due: poteva allontanarsi, ma avrebbe
lasciato Ivan
al suo cacao, soddisfatto, e tutto poteva lasciar andare, ma
compiacere Ivan? No, quello- quello era contro la sua natura, non era
ammissibile un'opzione del genere – oppure, poteva rimanere e
lottare una battaglia persa ancora prima che iniziasse.
Max,
essendo Max, optava sempre per la seconda alternativa,
perché solo
il suo orgoglio superava la ragione e la logica, per lui, e come
poteva mai finire – si ritrovava le labbra sporche di cacao,
perché
Ivan lo baciava, e naturalmente, Max lo lasciava fare, prima che si
allontanasse e lo lasciase da solo. Max si accorgeva troppo tardi che
il contenitore del cacao non c'era più.
Le
possibilità, dopotuto, si limitavano quindi ad una sola.
-
Ad
Ivan piaceva mettere la musica alla radio, quando Max non era a casa
– nei suoi momenti di libertà, quindi, quando
poteva fare quello
che voleva senza restrizioni; la spegneva prima che ritornasse,
quando si ricordava, perché a Max la musica che ascoltava
non
piaceva, era rumorosa, era psicadelica, e lo infastidiva. Gli bastava
questo, e a quanto pare, bastava anche ad Ivan – a volte si
sentiva
sottomesso, ma gli andava bene così, davvero, non aveva
motivo per
lamentarsi. Non serviva, con Max.
Forse
quella, Ivan supponeva, poteva essere una conseguenza della sua
iperacusia; comunque, non c'era nulla di cui sorprendersi se anche
sul lato musicale avessero gusti completamente diferenti. A volte
litigavano per la marca di vino da prendere, e ancora prima,
discutevano per decidere se prendre la birra, piuttosto che il vino
–
in altre occasioni, invece, gli capitava di litigare per cose
più
banali, come il colore delle lenzuola del letto, o quale sarebbe
stata la risposta giusta alla domanda di un quizz show.
A
volte aveva ragione Max, a volte Ivan; spesso, però, nessuno
dei due
azzeccava la risposta giusta.
-
Max
si legava i capelli, di tanto in tanto, in un piccolo codino
– lo
faceva spesso quando era a casa da solo, perché non gli
piaceva
farsi notare. Ivan gli diceva che non era male, quando gli capitava
di vederlo, ma a quanto pare, a Max non interessava molto, e li
lasciava sciolti se era in compagnia.
Inoltre,
più volte aveva pensato di tagliarseli, anche se con un
certo
pentimento nella voce.
«
Fino a qualche anno fa solo l'idea di farteli toccare ti nauseava.
»
Ivan
glieli accarezzava spesso nei loro momenti di tenerezza –
quando
Max era abbastanza stanco da lasciarsi toccare senza lamentarsi, o
quando era Ivan ad essere stanco, ma a questo punto sarebbe passato a
Max il compito di fare le carezze, tenendogli la testa sulle cosce
–
o quando erano a letto e Max dormiva, Ivan si arricciava una ciocca
di capelli su un dito.
«
Lo so. »
«
Allora perché li vuoi tagliare? »
«
Devo pensarci. »
-
Ivan
aveva l'abitudine di girare per casa a torso nudo, dopo essersi fatto
la doccia. Per Max, ormai, non era più un problema, non era
la prima
volta e di certo non sarebbe stata l'ultima – ma
inizialmente, era
un problema, eccome.
«
Ti sembra il caso di girare per casa con uno straccetto addosso? Vai
a metterti un paio di pantaloni, di grazia. »
Non
era un tipo da impressionarsi per così poco –
così poco, poi,
Ivan aveva tanti muscoli, e un fisico delizioso, e cavolo,
probabilmente Max avrebbe dovuto apprezzare di più
– ma non era
lui il problema, infatti, era Ivan in sé ad essere
impressionante, e
ne era consapevole. Aveva uno strano- potere, tra le mani,
chiamiamolo così, e con un bel sorriso e la giusta postura
poteva
ipnotizzare chiunque, Max incluso.
Ora
come ora questo suo controllo mentale era quasi inutile su di lui
–
quasi, ma dipendeva dalle situazioni, comunque – ma ne
usufruiva,
in ogni caso. Non si sa mai, come si suol dire.
«
Andiamo, Max. So che ti piace quello che vedi, uh? »
«
Ivan! »
Era
il tono di voce che lo mandava completamente in tilt, ogni volta.
Ivan lo sapeva, e non gli riservava alcuna pietà –
Max, nel
frattempo, arrossiva, perché quello era lo stesso tono che
sentiva
mentre facevano, mh, altre cose, e gli spuntavano
le
lentiggini in volto. Ivan a quel punto rideva, e gli si avvicinava
per baciarlo su una guancia.
-
Ad
Ivan piaceva cucinare, ed era bravo, davvero bravo. Max, quando si
sentiva di buon umore, si univa a lui per preparare qualche dolce, o
qualche piatto più complesso di quelli che faceva di solito.
Era un
poco maldestro, e Ivan gli tirava un'occhiata, di quando in quando,
per controllare che non perdesse la pazienza o che si facesse male.
Mentre
Ivan preferiva i dolci, Max optava per piatti più seri, ed
era
difficile decidere quale tipo di spezia mettere durante la cottura, o
con quale guarnizione decorare la torta, perché entrambi
avevano
sempre idee e gusti completamente differenti, e finivano per
discutere, la maggior parte delle volte – Max aveva il brutto
vizio
di avere sempre ragione, qualsiasi fosse l'argomento, e spesso Ivan
gli dava corda solo perché contestare con lui era inutile, e
noioso.
Quando
finiva con quello che doveva fare, Ivan si sedeva e guardava Max
proseguire con il suo lavoro, e notava l'espressione rilassata sul
viso, mentre decorava un dolce – che poteva essere una torta,
come
potevano essere dei semplici biscotti, Max ci metteva massima
concentrazione e impegno per definire ogni minimo dettaglio e rendere
quello che stava preparando davvero bello da vedere. Ivan poi
sorrideva, si alzava e gli si avvicinava, osservandolo da dietro le
spalle, e appoggiandoci il mento.
«
Non hai proprio niente da fare, oltre che starmi a guardare? »
Non
protestava fisicamente, comunque, e Ivan rimaneva lì.
« Mi piace
vederti lavorare così. »
«
Anche a me piace vederti lavorare, ma puntualmente, non lo fai mai.
Lava i piatti, o svuota la lavastoviglie. Qualsiasi cosa pur di non
darmi fastidio. »
«
Ti sto dando fastidio? »
Non
rispondeva, o rispondeva nel modo più arrogante che gli
veniva, e a
questo punto Ivan rideva e si allontanava, lasciando Max a completare
la sua opera da solo.
-
«
Oi, Max. »
Ivan
sapeva che non stava dormendo perché, altrimenti, non
l'avrebbe
chiamato nel bel mezzo della notte, l'avrebbe lasciato dormire in
pace – se avesse avuto qualche problema, se lo sarebbe
risolto da
solo, qualsiasi esso fosse.
A
Max, comunque, non piaceva essere interrotto nei suoi tentativi di
prendere sonno – invani o vani che fossero – e
rispondeva in modo
acido, oltre che con una voce sciupata. Sempre se si degnava di
rispondere, a volte si limitava a piccoli mugolii.
«
Pensavo a, sai. »
No,
non lo so, Ivan.
Max
gli dava la schiena mentre Ivan, prevedendo il tipo di reazione che
ne sarebbe conseguito, non si muoveva, teneva un braccio sotto la
testa aspettando che, se voleva, si girasse lui.
«
Dovremmo lasicar salire i Pokémon sul letto–
»
«
No. »
Ivan
insisteva spesso, perché il suo Mightyena, la mattina, si
divertiva
a saltare sul letto e leccare la faccia non solo ad Ivan, a volte, e
Max non sopportava un comportamento tanto immaturo – questo
spiegava il perché il suo,
di Mightyena, era molto più civile, così come il
resto dei suoi
Pokémon.
«
Ma perché? »
«
Sporcano, Ivan, e le lenzuola non si lavano da sole. Quando il tuo
Mightyena imparerà a non scavare buchi nel giardino come
Diglett, di
prima mattina, allora magari potrò lasciarglielo fare.
»
Inoltre,
per quanto lo riguardava, Ivan avrebbe trovato spazio anche per il
suo Sharpedo nel letto – a Max non piacevano, gli Sharpedo, e
sarebbe emigrato sul divano, piuttosto che condividere dello spazio
con un Pokémon simile. Più probabile, comunque,
che fosse Ivan
quello a spostarsi sul divano.
«
Se glielo insegnassi? Se l'hai fatto tu posso farlo anche io.
»
Sembrava
quasi un insulto. A questo punto, Max si sarebbe girato e lo avrebbe
guardato a lungo, con un'espressione stanca, e gli occhi aperti a
malapena, dicendogli che le tre del mattino non era l'ora adatta per
avere discussioni simili, e Ivan avrebbe messo il broncio, abbassando
lo sguardo, e proponendo:
«
Che ne dici di Crobat? Crobat non scava la terra. »
«
Ivan.
»
La
mattina dopo, Max finse di ignorare una coda nera sventolargli sopra
la testa, mentre Ivan faceva di tutto per essere silenzioso. Qualcuno
avrebbe dormito sul divano, quella notte.
nda: ringrazio Enfys
per alcune delle idee sviluppate qui.
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