L’ultima Cioccorana
“Prendi questo!” esclamò Neville,
provando a infilzare con la bacchetta la figlia Alice, sei anni e mezzo
a febbraio.
“E questo!” rispose Alice,
parando il suo tentativo con la propria e contrattaccando.
“Non mi batterai mai, dolce
donzella! Sono un duellante eccezionale!” si vantò Neville, schivando
di poco l’affondo e rischiando di tirare giù l’albero di Natale che
avevano appena finito di addobbare.
Alice approfittò di
quell’attimo di distrazione per premere la bacchetta sull’addome del
padre.
O meglio, sarebbe stata sua
intenzione farlo, se quella non si fosse trasformata in un pollo
gommoso in quel preciso istante.
“Aha!” esultò Neville e,
recuperato l’equilibrio, puntò la bacchetta contro Alice, che rise
sguaiatamente fissando il merluzzo ben stretto nella mano del padre.
“Ehy!” finse di indignarsi
Neville. “Stai forse ridendo di me, piccola streghetta malefica?” le
domandò con un ghigno, quindi l’afferrò e cominciò a torturarla col
solletico.
“Quando sarai abbastanza
grande da poter avere una bacchetta di Olivander invece di quelle dei
Tiri Vispi Weasley mi prenderò la mia rivincita, e ti farò sbuffare
vapore dal naso per un mese!”
Neville capì immediatamente
di aver detto qualcosa di sbagliato, perché Alice smise di dimenarsi,
gli occhi le divennero lucidi e le labbra iniziarono a tremarle.
Maledicendosi per la
propria sbadataggine, Neville si inginocchiò davanti alla figlia, ma
lei si voltò dandogli le spalle.
“Alice, tesoro mio…
scusami, scusami tanto… Ho forse detto qualcosa che non va?”
Alice tirò su col naso e
scosse la testa con vigore, facendo ondeggiare la sua treccia come un
pendolo.
Neville le posò una mano
sulla spalla con un tocco lieve, ma lei la scrollò via.
Allora la poggiò sull’altra
spalla, e questa volta Alice sembrò accettare il suo tocco confortevole.
Lentamente, senza forzarla,
la fece girare verso di sé.
Alice tenne gli occhi
puntati verso il basso, ma al padre pianse il cuore notando che le sue
guance si erano imperlate di lacrime.
“Amore mio…” mormorò,
asciugandole il viso con le dita. “Vuoi… vuoi dirmi che cosa succede?”
Lei rimase muta, ma almeno
non fece segni di diniego.
“È per qualcosa che ho
detto? Perché se è così, allora mi merito di raccogliere pus di
Bubotubero senza guanti protettivi per una settimana!”
Finalmente, a sua figlia
sfuggì un sorrisetto, prima che riuscisse a trattenerlo e a ritornare
seria.
“Ecco, lo sapevo che era
colpa mia! Me tapino, mamma non sarà affatto contenta di dover curare di nuovo le mie pustole… per non
parlare della puzza di benzina babbana che aleggerà al Paiolo Magico
per un mese! Magari… magari, se mi spiegassi cosa ho detto di
sbagliato, potrei provare a farmi perdonare e lasciare stare i
Bubotuberi…”
Alice alzò gli occhi
arrossati per cercare quelli bonari e gentili del padre, quindi trasse
un grande respiro, preparandosi a vuotare il sacco.
“È che… Olivander non mi
farà mai nessuna bacchetta, perché io…”
Tirò di nuovo su con il
naso, Neville le sorrise incoraggiante e le carezzò la schiena, senza
azzardarsi a interromperla.
“Perché io non diventerò
mai una vera strega” sputò fuori Alice tutto d’un fiato, mentre le
lacrime tornarono a solcarle le guance più copiose di prima.
Neville provò un immediato
moto d’affetto quando comprese quale fosse il problema. La strinse
forte tra le braccia, memore di quanto egli stesso avesse sofferto per
non aver mostrato nessun segno di magia fino a poco prima dei suoi
sette anni.
Si ripromise subito che
avrebbe fatto il possibile affinché lei non provasse lo stesso
tormento, maledicendosi mentalmente per non essersene reso conto prima.
La cullò un po’ tra le
braccia, mentre Alice sfogava le sue lacrime, finalmente libera di
esternare il peso che la opprimeva da chissà quanto tempo.
Quando si fu calmata,
Neville le prese il volto tra le mani e le diede un bacio sulla fronte.
“Va un po’ meglio, adesso?” le chiese con il suo tono più gentile, e si
sentì invadere dal sollievo quando Alice annuì.
“Vieni, voglio farti vedere
una cosa” le disse, alzandosi in piedi ed estraendo la bacchetta –
quella vera. La agitò nell’aria e porse ad Alice un fazzoletto di
stoffa bianca a quadri rossi che aveva appena fatto apparire dal nulla.
Alice lo prese in mano e
stava per soffiarsi il naso che ancora colava, quando si soffermò a
scrutarlo meglio.
“Papà…”
“Sì?”
“Mi sa che hai di nuovo
tagliato via un pezzo di una tovaglia del Paiolo…”
Neville scrutò con orrore
lo scampolo di stoffa, ma poi non poté fare a meno di unirsi alle
risatine della figlia.
“La mamma non sarà molto
contenta” commentò Alice divertita.
“Ehm, no, non credo… ma le
ricorderò che non io ho seguito gli ultimi due anni di Trasfigurazione,
e speriamo che basti a farmi perdonare!”
In effetti, la
Trasfigurazione non era mai stato il suo forte, ma fu contento che con
quell’incantesimo maldestro fosse riuscito a riportare il sorriso sulle
labbra di Alice.
Attese che la figlia si
soffiasse il naso e si asciugasse le lacrime sul fantomatico pezzo di
tovaglia, quindi lo fece Evanescere – questa volta con successo – e le
porse una mano.
“Dove andiamo?” domandò
Alice curiosa, afferrandogli la mano e lasciandosi guidare attraverso il
salotto.
“Te l’ho detto, c’è una
cosa che voglio farti vedere.”
Gli occhi di Alice si
spalancarono per l’entusiasmo. “Che cosa?!”
“Un attimo di pazienza,
signorina, tra poco vedrai con i tuoi occhi!”
Neville la condusse nella
propria camera e batté una mano sul letto matrimoniale. “Salta su” le
disse con un sorriso, e Alice si arrampicò sul letto, chiaramente
curiosa di scoprire cose lui le volesse mostrare.
Neville aprì il cassetto
del suo comodino e aprì la scatola di latta che una volta aveva
conservato gli Zenzerotti della McGranitt, quindi spostò da una parte
gli involucri vuoti delle Gomme Bolle Bollenti e sollevò con cautela la
busta di pergamena che stava sul fondo.
Sedette anche lui sul
letto, ma nascose la busta dietro alla schiena, resistendo ai tentativi
di Alice di rubargliela.
“Fammela vedere!”
“Ehi, ehi, ehi!” esclamò
Neville divertito, alzando un dito come se volesse redarguirla. “Mi
dispiace, mademoiselle, ma dovrà pazientare ancora un attimo per di
aprire questa busta! Prima ho una storia da raccontarle…”
“No, dai, prima fammi
vedere la lettera!”
Neville si posò un dito
sulle labbra in una muta richiesta di silenzio, e ad Alice non restò
che sedersi per ascoltarlo, le braccia conserte e un cipiglio irritato
per essere certa che a lui non sfuggisse il suo disappunto.
Neville non ci fese caso,
ben cosciente che era solo un po’ di scena, quindi di schiarì la voce e
iniziò a raccontare.
“C’era una volta un giovane
fanciullo, che chiameremo… Oscar. Oscar viveva con la sua coraggiosa
nonna, perché i suoi genitori erano molto, molto malati. Devi sapere,
però, che sua nonna, mmm… Ottaviana, non era affatto una persona
qualunque. Era una strega, e molto brava, per di più! Ovviamente
sperava che anche Oscar, come suo padre prima di lui, avesse ereditato
i suoi poteri magici, ma più passava il tempo e più Ottaviana temeva
che il nipote non fosse affatto un mago… Finché un giorno, quando Oscar
aveva otto anni, un prozio sprovveduto non lo lasciò cadere da una
finestra!”
Alice, che adesso ascoltava
rapita, sussultò inorridita, portandosi una mano alla bocca.
“Fortunatamente,
nell’istante in cui Oscar toccò il terreno divenne chiaro che anche lui
doveva essere un mago, perché rimbalzò senza farsi niente! Tutta la
famiglia fu molto felice, ma dopo quell’episodio Oscar non molti altri
segni di magia, e fino a quando non arrivò la sua prima lettera da
Hogwarts, molti parenti continuarono a dubitare fosse magico abbastanza…
“Quando finalmente Oscar
arrivò alla Scuola di Magia e Stregoneria, rimase parecchi minuti con
il Cappello Parlante in testa prima che questo si decidesse ad
assegnarlo a una Casa… Grifondoro.”
“Come te!” esclamò Alice
entusiasta.
“Esatto” confermò Neville
con un occhiolino prima di riprendere il racconto.
“Ben presto, però, divenne
chiaro a tutti – Oscar compreso – che il Cappello avesse preso una
bella cantonata, perché Oscar il coraggio non sapeva proprio cosa
fosse. E non passava giorno senza che un ragazzo del suo stesso anno,
ma di un’altra Casa, non ridesse di lui dicendogli che il Cappello
doveva essersi sbagliato di grosso.
“Ma un giorno un altro
ragazzo del suo anno, questa volta un amico della propria Casa, gli
disse una cosa che gli diede la forza di reagire. Da quel momento,
Oscar divenne piano piano sempre più coraggioso, e qualche anno dopo
cominciò ad accompagnare il suo amico nelle sue pericolose avventure. E
sai come chi era quell’amico?”
“Chi?” chiese subito Alice,
tirandosi su sulle ginocchia, ansiosa di scoprire di più.
“Harry Potter.”
Alice trattenne bruscamente
il respiro, incredula.
“Al suo fianco, Oscar sfidò
più volte i Mangiamorte e dopo molte peripezie combatté con Harry nella
Battaglia di Hogwarts. E indovina un po’ cosa fece apparire il Cappello
Parlante in testa a Oscar, proprio nel momento di più grande bisogno?”
Alice spalancò gli occhi,
impressionata, perché a questo punto sapeva benissimo come sarebbe
finito il racconto, e ciò poteva significare soltanto una cosa…
“Oscar sei tu…” sussurrò
colpita.
Neville annuì, incapace di
trattenere un sorriso.
“Quindi… davvero anche tu
non riuscivi a fare magie, da piccolo?”
“Davvero.”
“E sul serio gli altri
pensavano che non fossi un vero Grifondoro?”
Alice era incredula, e
Neville non poteva biasimarla. In fondo, era noto ai più che lui aveva
estratto la Spada di Godric Grifondoro dal Cappello. Insomma, era del
Direttore della Casa che stavano parlando!
“Sì, sul serio E io ero il
primo a pensarlo, all’epoca.”
“Allora… allora avrò anche
io una bacchetta?” domandò Alice, sollevata.
“Certo che ce l’avrai.”
“Di Olivander?”
Neville sospirò. “Questo,
purtroppo, non posso promettertelo, perché il Signor Olivander è molto,
molto anziano… Mi auguro di sì, però, perché nonostante l’età è ancora
il miglior fabbricante in circolazione. E speriamo che il suo allievo
si dimostrerà altrettanto bravo” aggiunse con un occhiolino.
Poi tirò finalmente fuori
da dietro la schiena la misteriosa busta e la posò davanti loro.
Alice squittì elettrizzata, e Neville sospettò che se ne fosse già
dimenticata.
“Questa,” disse Neville, “è
la Figurine delle Cioccorane più preziosa che abbia mai avuto… Avevo
pensato di dartela prima che andassi a Hogwarts, ma visto che siamo
qui…”
Alice lo abbracciò stretto,
ma solo per un breve istante, troppo curiosa di aprire la fantomatica
lettera.
“Fai attenzione” si
raccomandò Neville. Lei annuì e cominciò a tirare fuori la Figurina con
timore reverenziale.
Ad Alice bastò uno scorcio
della figurina per riconoscere il mago che vi era ritratto, e non
nascose affatto bene la sua delusione.
“Papà…” sospirò. “Di
Silente ne ho già tre…”
“Lo so, Alice, ma questa
non è una figurina di Silente qualsiasi…”
La figlia continuava a
guardare i penetranti occhi azzurri sormontati da occhiali a mezzaluna
con scetticismo, e Neville capì che era giunta l’ora di ulteriori
spiegazioni.
“Ti ricordi di quel ragazzo
che diceva sempre a Oscar – cioè, che mi diceva sempre che non ero un
vero Grifondoro?”
Alice annuì.
“Be’, un giorno mi fece un
incantesimo che mi unì le gambe insieme, e io fui costretto a
saltellare fino alla sala comune … e là mi imbattei in Harry. Pensai
che mi avrebbe riso in faccia, che mi avrebbe detto che, a differenza
sua, io non ero abbastanza coraggioso per essere un Grifondoro… invece,
lui mi regalò la sua ultima Cioccorana e poi mi disse una frase che non
ho mai dimenticato. Tu ne vali
dodici, di lui.”
Alice abbassò di nuovo lo
sguardo sulla figurina, e finalmente la tirò completamente fuori dalla
busta, con ancora più riverenza di prima.
“Esatto, tesoro. Questa non
è una figurina di Silente qualunque… È la figurina contenuta nella
Cioccorana che mi regalò Harry. Io la diedi a lui perché come te avevo
già svariate figurine di Silente, ma la mattina dopo vidi che era sul
tavolo dove Harry stava studiando il giorno prima, così decisi di
prenderla, sperando che mi aiutasse a trovare il coraggio di farmi
rispettare dagli altri ragazzi. Funzionò, e da allora l’ho portata
sempre con me quando sapevo che mi sarebbe servito tutto il mio
coraggio. È tua, adesso.”
Alice lo fissò a bocca
spalancata.
“A una condizione, però…
Devi promettimi che ogni volta che penserai di non essere brava o
intelligente o coraggiosa o magica abbastanza, guarderai questa
figurina e ti ricorderai di essere una persona meravigliosa, una strega
che qualsiasi cosa farà nella vita – qualsiasi magia riuscirà o non
riuscirà a imparare – è buona e giusta e leale. Ma soprattutto
promettimi che, quando la guarderai, ricorderai di avere un papà e una
mamma che ti amano moltissimo, e che ti ameranno sempre e comunque.
Perché tu sei il nostro cuore... e come potremmo vivere senza il nostro
cuore?”
“Lo prometto” disse Alice,
la voce carica d’emozione.
Padre e figlia si
abbracciarono stretti, e si separarono solo quando sentirono Hannah
salire le scale inveendo contro il marito. A quanto pareva, un pezzo di
tovaglia era scomparso sotto gli occhi di due clienti, per riapparire
poco dopo stranamente umido e molliccio…
***
{Mentre Ron, Harry e
Hermione si stringevano davanti a un enorme volume polveroso per
leggere rapiti la biografia di un tale Flamel, Neville si avviò verso
il suo dormitorio con sorriso sulle labbra all’idea di aver appena
ricevuto il il primo, vero complimento della sua vita.
Tu
vali dodici Malfoy. È stato il Cappello Parlante ad assegnarti a
Grifondoro, non è vero? E Malfoy, dove è finito? In quella fogna di
Serpeverde.
Quel giorno, il
Bambino-Che-È-Sopravvissuto si era guadagnato la sua eterna lealtà.}
*****************
Ciao a tutti!
Inizio ringraziando S.Elric_
per aver indetto un contest (Con Harry fin DOPO la fine) il cui prompt,
che trovate alla fine, è riuscito ad arricchirre un’idea che mi era
balenata in mente grazie a un episodio della Pietra Filosofale che
avevo dimenticato (potete trovarlo a pag 208-209), e che ho riscoperto
con emozione nell’ultima rilettura. Trovo sia incredibile rileggerlo
alla luce dell’impressionante trasformazione futura di Neville.
Comunque, senza lo spunto di
S.Elric non avrei mai pensato ad inserire una figlia/figlio di Neville,
e a lungo ho immaginato di ambientarla ad Hogwarts sfruttando il suo
figlioccio Albus alle prese con il complesso
non-sarò-mai-figo-come-papà. Devo ammettere che alla fine questo
risultato mi ha inaspettatamente soddisfatta ☺
Ora, un po’ di note
“tecniche” da nerd che potete anche risparmiarvi ;)
La frase in corsivo nella
parte finale è una citazione tratta da Harry Potter e la Pietra
Filosofale di JKR e non mi appartiene.
È su Pottermore che ho
scoperto, grazie agli inediti firmati JKR, che Neville è un Testurbante
(uno studente che il Cappello parlante abbia impiegato più di cinque
minuti a Smistare) e che la magia si rivela entro i sette anni, salvo
rarissime eccezioni.
Come già saprete, che
Neville ed Hannah si siano sposati e che abbiano vissuto sopra al
Paiolo Magico che Hannah gestiva ci è stato rivelato da JK in
un’intervista.
Non ho invece trovato
nessuna conferma ufficiale dell’esistenza di piccoli Paciock...
Immagino che una figlia femmina potrebbe anche aver avuto il nome della
madre di Hannah, che anche lei ha perso a causa della guerra (al sesto
anno, mi pare), ma piuttosto che inventare un nome nuovo ho preferito
sfruttare ‘Alice’.
Ecco il mio pacchetto,
Cioccorane.
- Prompt: Cioccorane
- Personaggio: Neville
- Mini-trama: Neville è
impacciato, riservato e catastrofico, ma ve lo immaginate a fare il
papà? xD io sì, da morire, sarebbe stupendo… voglio che mi raccontiate
un episodio padre/figlia-o, come volete… può trattarsi di qualsiasi
cosa, ma voglio che traspare il Neville maturo e orgoglioso che abbiamo
imparato a conoscere nell’ultimo libro, con qualche nota del bambino
dei primi libri, perché si sa: il bambino che è noi esce sempre in
qualche modo.
- Obbligo: rating verde
- Citazione: “E tu sei il
mio cuore... potrei vivere senza il mio cuore?” – Blow –
Isidar
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