Into My Arms

di SakiJune
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Benvenuti in questa nuova parte della saga From Lungbarrow to Trafalgar Square. Per chi non si fosse mai sintonizzato su queste frequenze, invito a leggere le storie precedenti altrimenti rischia di non capirci una beneamata…


  Per gli altri, le solite note introduttive:

  - Il pianeta Sto, Max Capricorn e Alonso Frame compaiono nell’episodio natalizio “Voyage of the Damned” della terza stagione. Quest’ultimo ha poi un incontro con Jack Harkness organizzato da Ten in “The End of Time”.
-“Here we go again” è la frase pronunciata dal Brigadiere durante la rigenerazione dal Terzo al Quarto Dottore, e da Vastra stessa durante i postumi di quella dall’Undicesimo al Dodicesimo. Non essendo ancora uscito “Deep Breath” in italiano quando scrissi questo capitolo, non potevo sapere come fosse stata tradotta.
- Per quanto riguarda l'aspetto di Thirteen, guardate QUI
- No, il Dottore non nomina Ada. Io non lo farei. Voi?

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Il sicario ingaggiato dall’Orgoglio Cyborg, la losca setta criminale nata in onore del defunto Max Capricorn, saltò dal tetto del palazzo e atterrò sul balcone del quinto piano. Sanguinava da un morso sul collo che gli aveva mancato la carotide di poco ed era sfuggito per un soffio ad una stretta mortale.

Nonostante avesse perso il contatto radio con i suoi colleghi e gli obiettivi si fossero dimostrati degli ossi duri, era deciso a concludere la missione e riscuotere il compenso pattuito. La lucertola e l’acrobata avrebbero pagato caro quello scherzo… avrebbe fatto fuori il ragazzetto idiota, ora.

 

Alonso svoltò l’angolo della strada e si appoggiò al muro, il respiro affannato e le gambe che tremavano. Fuggire non era mai stata la loro strategia, avevano anzi un piano ben congegnato quando erano partiti da casa, o meglio dal quartier generale, come lo chiamava Jenny con poco velata ironia. Ma perché avesse successo doveva prima di tutto riuscire a raggiungere il luogo prestabilito, e in fretta.

Prima di essere raggiunto, ma senza seminarlo del tutto…

 

Il lampione illuminava i gradini della centrale di polizia. Mancavano poche decine di metri. Sentì un fruscio e non fece in tempo a voltarsi, il sicario era sceso fino al secondo piano, sgattaiolando giù per la scala antincendio. Imbracciò il fucile a impulsi e fece fuoco nella sua direzione. Il fascio di energia, però, rimbalzò contro la sagoma scura che si era materializzata in quell’istante.

Alonso rimase per qualche secondo senza riuscire a muoversi, poi riconobbe la TARDIS e sul suo volto un po’ infantile comparve un sorrisetto di sorpresa e ottimismo. Come previsto, dalle scale della centrale scesero una mezza dozzina di uomini armati, attraversando in fretta la strada.



- Sì, ci siamo sfasati un attimino, uno scarto trascurabile… dieci minuti, non ne farei un dramma. Vediamo. Fai silenzio, mi togli la concentrazione.

- Io? E che cosa avrei detto?

- Pensi, Dorium, ergo emetti vibrazioni. No, è tutto a posto, tra esattamente nove minuti eeeeee quarantun secondi la vedremo arrivare. Aspettiamo fuori? Fa freddo, direi, ma non dovrebbe essere a livelli da congelamento...

Lo schermo fu invaso da una potente interferenza.

- Cos’è stato?

- Ma porco schifo, non lo so! Presumo di dover andare a vedere di persona.

Aprì la porta e mosse un passo oltre la soglia, come milioni di altre volte.

E come una sola altra volta in precedenza, si trovò a soccombere sotto il fuoco incrociato nei bassifondi di una grande città. Il dolore fu lancinante, ma breve.

Accadde con grazia. Raramente aveva avuto la possibilità di un’uscita di scena così elegante.

Le sue labbra tremarono, sgranò appena gli occhi e indietreggiò all’interno. Udì voci, richiami, anfibi militari in corsa e un corpo cadere sull’asfalto, ma erano echi molto lontani.

- Dottore, che succede?

- Oh. Otto minuti, lei arriverà tra otto minuti meno… cinque secondi. Dovrei avere il tempo di rendermi presentabile, non… trovi?

Dorium non fece in tempo a rispondere, perché la luce di cui il Dottore aveva iniziato a brillare era un segno inequivocabile. Non aveva mai assistito ad una rigenerazione, ma avendo vissuto per più di un secolo su Gallifrey sapeva bene di che si trattava. Soffocò un singhiozzo e si ritrovò a supplicare: - No, no, no, no, no…

- Ehi. Aspetta di vedermi, prima di lamentarti, almeno. Sistemeremo tutto, abbi fiducia.

Dorium provò vergogna di se stesso. Sì, era terrorizzato all’idea di perderlo, ma la possibilità che la futura incarnazione del Dottore non avesse intenzione di portare avanti il loro obiettivo era comparsa come un’ombra ad oscurare la sua mente.

Pregò che vivesse.

Pregò che non cambiasse troppo.

Che non dimenticasse, ma che la sofferenza per ciò che aveva perduto di recente diventasse sopportabile.

Tutti quei desideri si avverarono, ma non poteva ancora saperlo. Dovette chiudere gli occhi davanti a quel bagliore accecante, e quando li riaprì le luci della stanza non avevano ancora smesso di danzare ad un ritmo intermittente.

- Dottore?




Il microtrasmettitore vibrò. - Tutto bene, Frame? Rispondimi, tutto…

Rumore statico.

- Sto bene, Madame V. Le autorità non hanno più scuse per coprire l’organizzazione, dovrà essere aperta un’inchiesta seria. È sorto un altro problema, però…

- Lo sapevo. Che succede?

- Ehm… Jenny è con lei?

- Certo, ma… parla e basta!

Altro rumore. Sembrò passare un’eternità. - ...Trebb… han… arsi!

- Ripeti, non abbiamo capito nulla.

- Ho detto che il Dottore potrebbe essere rimasto coinvolto. Giusto un tantino.

- Esattamente un tantino quan- - s’informò Vastra, ma fu interrotta bruscamente. - Arriviamo. - La voce di Jenny era stridula e tremava d’angoscia.




Il soggiorno, quando il divano letto era aperto come ora, sembrava ancora più piccolo. L’appartamento era in sé minuscolo; oltre a quella stanza - che includeva l’angolo cucina - era formato da una camera da letto striminzita e da un unico bagno occupato per la maggior parte da una vasca vecchio stile.

Vastra sospirò: - E rieccoci.

- Rieccoci! Puoi dirlo forte! - Rischiando di far saltare le molle del letto, il Dottore si muoveva di continuo; teneva fra le mani uno specchio portatile e sembrava divertirsi a pizzicare quella faccia tutta nuova. Ridacchiava, sostenendo di assomigliare a qualcuno chiamato Adric. Qualcuno che, beh, sì, poveretto, non era mai arrivato ad avere i capelli brizzolati, né simpatiche rughe ai lati degli occhi che contrastavano con quei buffi lineamenti da ragazzino, perciò era una coincidenza commovente.

- Ho detto coincidenza? No, certo, le coincidenze non esistono. Ma è commovente lo stesso. Potrei piangere! - Avrebbe potuto, ma non piangeva affatto. Nulla sarebbe riuscito a convincerlo a sprecare liquidi corporei in una manifestazione di malinconia.

Il volto di un Adric più maturo, dunque. No... soltanto più vecchio. Se avesse viaggiato con lui per tutta la vita, ad un certo punto sarebbe stato così. Sempre entusiasta, una scintilla di curiosità negli occhi intelligenti.

- Sono un Terradoniano. Prima venivo dalle Highlands, adesso addirittura dall’Esospazio. Non c’è che dire, sempre più esotico!

- Sei sempre tu, Dottore. Sei un Signore del Tempo e vieni da Gallifrey.

- Ti hanno sparato e ti sei rigenerato - mormorò Jenny, con le lacrime agli occhi, quasi volesse esorcizzare la verità affrontandola verbalmente.

Il Dottore fece un gesto per minimizzare la situazione: - Non ho perso la memoria, ragazze. Sono solo eccitato per queste guanciotte! E queste orecchie, dai, mi mancavano!

- Perdonami, ma sembrava stessi delirando. L’ultima volta è stata piuttosto difficile - borbottò Vastra, mentre metteva via lo specchio.

- L’ultima volta… oh, sì, lo ricordi! Sì! Stavi ancora con quella specie di Emily Dickinson inglese. E Clara era con me, la mia Clara… Oh, voi non sapete ancora nulla. In che anno siamo? Che giorno è? Da quanto vivete qui?

Jenny, visibilmente ancora scossa, glielo disse; aveva gli occhi rossi e tirava su col naso. Il Dottore aggrottò le sopracciglia, che adesso erano molto più sottili. - Mi fa venire in mente qualcosa… qualcuno non dovrebbe essere qui stasera… TU! - Saltò sul letto, indicando Alonso. Questi si guardò intorno: - Io?

- Sì, tu, guardiamarina Frame!

- Veramente mi sono congedato due anni fa, Dottore.

- Meglio ancora! Gli ufficiali sono noiosi. Ma avrai pure una divisa in naftalina… vai a farti bello e stasera incontrerai l’uomo dei tuoi sogni!

Vastra gli consigliò di non agitarsi troppo e lo convinse a rimettersi sotto le coperte. Jenny gliele rimboccò, continuando a fissarlo come per memorizzare quel nuovo volto.

- Non credo sia il caso di uscire a quest’ora. Preferisco rimanere, potreste avere bisogno di me.

- Penso sia meglio assecondarlo - rispose Vastra sottovoce - Vai a divertirti, pensiamo noi al Dottore.

Alonso si avvicinò. - Signore, mi ha salvato la vita. Di nuovo. Non potrò mai ringraziarla abbastanza.

- Se lo renderai felice, avrai ripagato il tuo debito di gratitudine, Alonso Frame. Non lasciarti ingannare dall’apparenza, ha bisogno di essere amato. Oh, non ne abbiamo bisogno tutti? Ma lui sta aspettando te… e ancora non lo sa. Fingerà di indovinare il tuo nome, tu fingi di cascarci. Si crederà irresistibile… e lo è davvero, ah! Non resistergli, non… ci riusciresti… nemmeno…

La sua voce era diventata via via più confusa, fino a spegnersi in un borbottio. Gli occhi si chiusero lentamente, e il suo respiro si trasformò in un lieve russare.

- Oh, papà. - Jenny scoppiò di nuovo in lacrime.

- Tesoro, il peggio è passato. Va tutto bene adesso. - la consolò Vastra, dolcemente ma con fermezza. La sentì sospirare contro il suo petto e annuì maliziosa quando vide Alonso aprire l’armadio a muro per cercare davvero la sua vecchia divisa, segno che era finalmente deciso a recarsi a quello strano appuntamento al buio.



Era un vero spettacolo vederlo mangiare di gusto latte e biscotti. Ne aspirava il profumo con quel mozzicone di naso all’insù che gli era toccato in sorte e sembrava trovarlo delizioso, per poi lanciare un frollino nella tazza e brandire il cucchiaio ad assaporarlo per bene, sospirando. - Buono. Splendido. Dove eravamo?

- Trion, papà, stavi raccontando di Trion. Gli alberi a spirale.

- Ah, giusto. Devo ricordarmi di fare di nuovo un salto da quelle parti. Mmh, e su Sontar, è un sacco di tempo che non vedo il vecchio Strax.

Vastra sorrise, un’espressione che poteva definirsi piena di calore nonostante la sua specie. - Vuoi dire che sei già stato a trovarlo?

- Non recentemente, ma sì, certo. Volete saltare su? - s’illuminò accennando alla TARDIS parcheggiata tra il frigorifero e la porta. - Una rimpatriata estemporanea?

Le due donne non risposero, imbarazzate. - Abbiamo superato la fase dei viaggi nel tempo, credo.

- Oh, oooooh. - Il nasino del Dottore si animò di vita propria, manifestando disappunto. - Coraggio, si può guarire da una malattia simile. Credevo proprio di non avere speranza, ma guardatemi. - Lanciò un altro biscotto nel latte a mo’ di frisbee.

- Già, guardatelo. - Dorium roteò gli occhi, impossibilitato ad evitare gli schizzi.

Jenny scoppiò a ridere. - Scusa, ti sposto un pochino?

- Ma neanche per idea, non me lo perderei mai. Era dei tempi dell’Undicesimo che non lo vedevo così.

- Che farfugli? - lo minacciò il Dottore con il cucchiaio, prima di rimettersi a mangiare. - Attento a quello che dici. Non sono tornato ad essere il tipo a cui piacciono i cravattini, scordatelo! - Continuò a parlare con la bocca piena, sputacchiando briciole: - Iniziamo a parlare di cose serie? Mi ha detto un uccellino che pensate di allargare la famiglia.

Vastra e Jenny si guardarono con molto stupore e un po’ di imbarazzo. - Non ti si può nascondere nulla. Mi domando… è stato Alonso a dirtelo?

- Sorprese inaspettate si annidano tra le pieghe del tempo. E dimenticatevi di Alonso, non lo vedrete per un bel po’, credo. Qualcuno lo terrà molto impegnato. - Schioccò la lingua, cercando di improvvisare uno sguardo malandrino che invece si dimostrò parecchio inquietante. Era buffo da impazzire. Ed era vivo, era pieno di energie, e sorrideva come un bambino che ha appena finito la colazione e vuole correre a scuola. L’universo era la sua aula, i pianeti erano i suoi quaderni, il cacciavite sonico la sua penna multicolore. Ed era sporco di latte tra il naso e il labbro superiore, quel Signore del Tempo che tornava a vivere dopo una tragedia che non avrebbe raccontato, non ora, non subito.

- Forse era la vostra prima opzione… - Dorium aveva provato così tante volte quel discorso, facendolo uscire dalle orecchie ad ogni singolo abitante di Lungbarrow, che le parole sembravano avere soltanto più un suono, non un significato. Ma era soltanto un’impressione, appunto - voleva dire tutto, per lui. Era il suo momento di scrivere sulle pagine del tempo, di porre le basi di un futuro… di un passato… di una realtà irrinunciabile. Anche se questo avrebbe significato separarsi dal Dottore per un po’.

 

- Non vi secca, giusto? - Il Dottore era ancora in pigiama, però sembrava avere già una voglia matta di ripartire. Oltre la porta-finestra, il Quinto Complesso Popolare di Grad sciamava di piccoli malviventi e ragazze madri abbandonate, tra bottiglie rotte e odore di cibo riscaldato. C’erano altri cerchi da chiudere, e per farlo non poteva restare in quella stanza dai muri scrostati, con avanzi di serial killer nel freezer e le pareti tappezzate di mappe e foto segnaletiche. Non era nemmeno il posto giusto dove crescere un bambino, ma non poteva discutere su questo.

- Ma figurati! Se non secca a lui…

- No che non mi secca! Preferirei tenerti d’occhio, devo dire, ma non potrei tenerti fuori dai guai - chiarì Dorium. - Vai, vai pure, Signore del Tempo, non vedrei comunque il cinque per cento delle meraviglie che andresti ad esplorare, giusto?

- In ogni caso avremmo avuto bisogno di un nuovo socio nell’agenzia, - continuò Vastra. - Tre cervelli e mezzo sono meglio di...

- Ehi, chi sarebbe il mezzo cervello? - sbraitarono il Dottore e Dorium in contemporanea.

- Vastra vuole dire… cocuzza innamorata, cocuzza bruciata, papà - rispose Jenny, chiarendo l’equivoco. - Se Alonso ha davvero incontrato l’amore della sua vita, pensi che riuscirà più a lavorare seriamente su un caso?

- Questa è la mia ragazza! - Il Dottore l’abbracciò di slancio, con un po’ troppa foga. Lei non si lamentò, naturalmente. La guardò. - Non ti perderò mai, vero? Qualsiasi cosa succeda, non smetterai di volermi bene? Anche se... - Prese un respiro. - Anche se lei dovesse odiarmi? - le sussurrò all’orecchio.

Jenny fu sbigottita da quella frase inaspettata, ma non ebbe il tempo di rispondere. In ogni caso, lui aveva già cambiato espressione, e non era certo quella di un uomo che teme di perdere l’affetto altrui.

- Beh, gente, a presto. A prestissimo, direi.

- Cosa farai, Dottore? - Vastra sembrava così rassicurata di vederlo in forma e pronto a nuove avventure, ma ugualmente non si sarebbe aspettata che ripartisse così in fretta.

Lui non poteva proprio far nulla per impedirle di iniziare a provare risentimento per lui, un giorno nemmeno troppo lontano. Ma risentimento per cosa? Cosa sarebbe accaduto? E cosa le avrebbe portate alla separazione? Pareva impossibile, a vederle ora...

E poi smise di chiederselo: non serviva a nulla lambiccarsi su questo, non era utile né piacevole. Tornò a sorridere: - Gente da vedere. Promesse da mantenere, direi. Non sia mai che si dica che il Dottore non mantiene le promesse!

Si fiondò nella TARDIS e si aggrappò alla catena che penzolava, vuota, dal soffitto. Si arrampicò fino in cima e ne assicurò il gancio ad una sbarra, ricavandone un’altalena improvvisata, ma il tutto non resse il suo peso e crollò di un buon mezzo metro prima di stabilizzarsi. Era esattamente sopra la console, e se si fosse tenuto stretto con le gambe e avesse allungato una mano, così… - Yay! Perché non ci ho mai pensato prima? È una figata!

Si sbarazzò delle orribili pantofole di Alonso, restando a piedi nudi e manovrando i comandi per la partenza. - Ping! Duemilatrentuno. Arrotondiamo, suvvia. Kate l’avrà ben liberato dal coprifuoco a quest’ora, giuuuuuuuuuusto? Non ci giurerei, però… no, mai fare previsioni con lei… Comunque, sto arrivandooooooo!

Il rotore iniziò a muoversi, costringendolo a spingersi indietro per non farsi travolgere come un cretino. Sbatté la faccia contro lo scanner e fece parecchio male, anche se non sarebbero rimasti segni. Nuovo corpo, dopotutto. Energia rigenerativa ancora in circolazione…

Allontanò la mano che d’istinto aveva portato al viso per massaggiarsi lo zigomo, e strinse il nasino in una smorfia delusa e un po’ allarmata. - Oh, no, non ci siamo.

“Quello che senti non è reale. Sei tutto nuovo, non può essere rimasta alcuna traccia di quella cosa. È la mente che gioca questi scherzi, perciò ora prova di nuovo e vedrai che…”

Inspirò.

Fu ancora peggio, e non ci provò più.

Sbuffò, poi saltò giù, atterrando più o meno degnamente: - Allora andiamo a rimediare!

La TARDIS rispose in tono affermativo, o così parve al nuovo spirito che l’animava, l’ottimismo che l’avrebbe condotto alle più grandi vittorie e ai più sordidi equivoci, lo slancio gioioso che nasceva dalle tenebre ma che si augurava di portare luce...










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