Angolino:
Vorrei dedicare
questo capitolo alla mia Beta Frozen, che ha compiuto gli anni ieri e
a cui ho già spoilerato la fine della storia. Sappiate, lettori, che
lei si ribella pesantemente al mio sadismo con i personaggi- ma lo so
che mi ami, Frozen. Mi incoraggi, mi convinci a non mollare e credi
in me più di quanto faccia io, e questo per me significa TANTO. Quindi
questo capitolo, soprattutto la prima parte, è tutta per te.
Fangirla pure, e fallo come si deve. Shippali come se non ci fosse un
domani...insomma, goditi il momento. Potrebbe non durare (risata
malefica). E ricorda: Tebaldo e Mercuzio sono SHIPPABILISSIMI. (Sì,
lettori, avete capito bene. Shippo random nelle opere Shakespeariane.
AIUTATEMI.) E amami! Auguri ancora <3.
Capitolo
8
Eric l'aveva sentita.
L'aveva sentita
distintamente, come i marinai delle storie che gli raccontava sempre
suo padre da bambino- quelle storie in cui le sirene cantavano,
attirando i poveracci nelle loro grinfie.
Il fatto che le sirene in
questione fossero cannibali nell'ottanta per cento dei racconti era
ovviamente irrilevante: come tutto ciò che riguardava storie e
leggende, Eric ne era affascinato, quasi assefuatto.
Aladdin gli lanciò
un'occhiata contrariata vedendolo lì, mollemente abbandonato contro
l'armadietto e lo sguardo perso nel vuoto, e ci mancò poco che gli
desse il libro di filosofia in testa per risvegliarlo dal suo sonno
ad occhi aperti.
"Qualcuno ha fatto le
ore piccole, ieri sera" osservò ammiccante, armeggiando con i
quaderni.
Eric si voltò verso di lui,
gli occhi azzurri che brillavano alla luce del primo pomeriggio.
"...ieri sera ho
incontrato un angelo, Al."
L'amico ammutolì, cercando
di capire quanto fosse serio (e considerando per un attimo che avesse
subìto un trauma cranico); tuttavia ignorò l'istinto di chiedergli
quando avesse sbattuto la testa e sorrise con poca convinzione.
"Sembra interessante.
Io ho incontrato il professor Facilier dal fruttivendolo sabato.
Sapevi che è allergico alle banane?"
"Sono serio."
riuscì solo a rispondere Eric, prima di tornare a fissare il vuoto.
Aladdin sospirò e, chiuso
l'armadietto, gli diede un'affettuosa pacca sulla spalla chiedendogli
dolcemente se volesse parlarne.
Eric prese fiato e sorrise
al niente: " Ieri sera sono rimasto da solo a finire di
allenarmi. Insomma.. sai quanto mi piace avere la piscina interna
tutta per me" ammise, arrossendo, e Aladdin annuì intenerito.
La pallanuoto era sempre
stato un interesse di Eric – uno dei pochi, in effetti, che si
trascinava dietro sin dalla tenera età.
Suo padre, sergente della
marina, gli aveva innescato qualcosa nel cervello (simile ad una vera
e propria ossesione) per il mare, l'oceano, l'acqua e... beh,
le vongole e i fritti misti.
Ad ogni modo, Aladdin volle
rimanere serio mentre l'amico, mostrando la solita timidezza,
raccontava che, mentre ordinava le tavolette prima di andare nello
spogliatoio, aveva sentito qualcuno cantare dal giardino interno.
"Al, io... non ho mai
sentito nulla del genere. Era..." guardò il soffitto, agitando
le mani come se ciò potesse aiutarlo a trovare il giusto paragone
"... era una voce fatata. Sembrava un sogno."
"E' la stessa cosa che
hai detto al compleanno di Hercules lo scorso Luglio, quando Naveen
ha cantato al karaoke e ti eri appena fumato una canna." scherzò
Aladdin, per poi passargli una mano tra i capelli e sorridergli.
Eric sbuffò, amareggiato e
con un apparente voglia di scherzare pari a zero (non che andasse
comunque fiero delle sue figure di merda quelle due volte che aveva
fumato in tutta la sua vita, ma evidentemente il karma non esisteva
se aveva deciso di punirlo così nonostante fosse sempre stato un
bravo ragazzo).
"Dico sul serio, Al. Se
solo avessi sentito, mi capiresti..."
Aladdin tornò serio e
studiò il suo sguardo rapito, il tono di voce ridotto a un sussurro
e l'espressione tra il meravigliato e il disperato.
"Sai chi è?"
chiese, ma Eric rispose che no, non ne aveva la minima idea, perchè
la ragazza che cantava era scappata non appena lui si era avvicinato
alla porta a vetri.
"Con il buio non sono
riuscito neanche a vederne l'ombra" ammise, visibilmente
rammaricato.
Aladdin riflettè ad alta
voce: "Se è rimasta fino a trada ora, sarà qualcuna del club
di nuoto. O comunque, fa parte di un club sportivo. La palestra e la
piscina hanno il cortile interno in comune."
Eric sembrò pensarci su un
istante, poi emise un sospiro e abbassò lo sguardo, le guance
arrossate e l'espressione apparentemente dura.
"Ad ogni modo, è una
cazzata" disse, osservandosi le scarpe e grattandosi il collo
nervosamente " quindi... beh, lasciamo stare."
Aladdin
colse il segnale che l'amico gli stava lanciando e gli circondò le
spalle con un braccio, entusiasta.
"Troveremo il tuo
angioletto, Moby Dick " gli disse, arruffandogli i capelli
corvini "ci puoi giurare".
Eric non potè trattenere un
sorriso e frenò l'istinto di abbracciarlo.
Rimasero sul virile
scambiandosi mascoline (e poco credibili) pacchettine sulle spalle,
poi gli lanciò un'occhiata mentre chiudevano gli armadietti.
...Aladdin non era tipo da
confidenze, ma in fondo sembrava il momento adatto per chiederglielo.
"Al, come procede con
Jas?"
Aladdin sbattè lo sportello
dell'armadietto così forte, gli occhi larghi come cocomeri, che fece
trasalire la professoressa Magò-che ovviamente, pazza com'era, non
si fece problemi a mandarlo in un posto in cui solitamente gli
insegnanti non dovrebbero mandare gli studenti.
Si affrettò a recuperare il
libro caduto a terra e sorrise senza la minima convinzione.
"Alla grande."
"Lo dici come se avessi
appena scoperto la tua data di morte." non potè fare a meno di
osservare l'amico.
Aladin sbuffò: "Lei
non ha la minima idea di cosa è successo dopo la festa, e
fortunatamente sembra che nessuna delle ragazze abbia ancora scucito
la bocca..."
"Beh, l'unica a saperlo
è Belle, voglio dire, è la più affidabile. Dubito che glielo
direbbe." osservò Eric, e Aladdin si mostrò sollevato mentre
passavano davanti al distributore automatico e Ariel li salutava con
un timido cenno della mano.
"Ciao ragazzi.
Volete...umh...volete un caffè?" chiese, mentre Nani si chinava
per prendere la sua cioccolata e li salutava calorosamente.
"No ragazze, spiacente,
io sono in ritardo per filosofia" disse Al, ma prima che Eric
potesse parlare gli diede un colpettino dietro la schiena e sorrise
languido.
"Ma tu sei libero, no?
Mica devi scortarmi fino in aula."
"No, ho due ore buche
ma volevo andare in biblioteca."
Ariel guardò Nani (che le
lanciò un'occhiata di minaccia abbastanza eloquente, se non si fosse
decisa a fare qualcosa di sensato) e disse con insolito entusiasmo:
"Oh, tranquillo, anche io devo andare ad allenarmi. Tempo di un
caffè e corro in piscina."
Ci fu un istante di silenzio
in cui Aladdin e Nani si scambiarono occhiate complici e Ariel si
guardava le punte delle scarpe.
Eric sembrò pensarci un
istante, poi assunse un'espressione rilassata: "...effettivamente,
mi sa che di caffè non me ne basterebbero due con il sonno che ho.
Se non mi metto a studiare per letteratura francese..."
"Non me ne parlare!
Quello stupido libro è ostrogoto puro, per me." rispose Ariel
senza pensarci, e Eric rise di gusto mentre prendeva il portafogli
dalla tasca.
Nani e Aladdin erano in
visibilio, e si sarebbero abbracciati e dati il cinque sventolando
bandierine con la faccia di Ariel se avessero potuto, ma entrambi si
limitarono a dileguarsi con nonchalance e l'espressione da
'finalmente ti stai dando una mossa!'
Eric infilò le monetine e
la guardò dolcemente.
"Come lo vuoi, il
caffè?"
Non arrossire.
NON ARROSSIRE.
NON.
ARROSSIRE.
"Macchiato
caldo, doppio zucchero." disse, e sbuffò sollevando la
frangetta mentre lui cercava i tasti giusti.
Se solo
avesse saputo che sarebbe finita così si sarebbe risparmiata di
girare senza neanche un filo di trucco, con i capelli disastrati che
manco dopo un atterraggio col paracadute e la maglietta macchiata di
penna da un lato.
Eric
però sembrava non averci fatto caso- oh, ma insomma, non era
stupido...
Probabilmente
fingeva di non aver notato le sue condizioni indecenti per pura
cortesia.
Le porse
il bicchiere di carta e lei arrossì -ovviamente.
"Emh...
grazie. Ma la prossima volta offro io".
Eric le
sorrise e selezionò un caffè amaro: "Naaaah, sei o non sei una
fanciulla? E' il cavaliere a dover offrire!" disse con
convinzione.
Ariel si
tirò indietro i capelli e pensò che quella era l'occasione giusta
per dire qualcosa che non la facesse sembrare una perfetta cretina.
E fu a
questo che pensò anche dopo che lui le chiese di andare in giardino
e si furono seduti su una delle panchine in pietra.
Poco
lontane, Aurora e Bianca discutevano animatamente di qualcosa – i
ponpon poggiati a terra, tra la polvere, status simbol di un'immagine
che in quel momento non dovevano dare a nessuno perchè tutti a
lezione o in aula studio.
"Hai
già pensato a quale college fare domanda?" le chiese lui,
sorseggiando il caffè bollente.
Ariel
strinse la tracolla della borsa e sospirò.
"Veramente
sto aspettando per le borse di studio, ma mi piacerebbe frequentarne
una che mi permetta di studiare anche per il restauro dei beni
culturali."
Lo disse
senza pensare, ma un istante dopo se ne era già pentita.
Tuttavia
Eric la guardò con ammirazione: "Vuoi fare la restauratrice?!"
"Non
dirlo a mio padre! Anzi, ti prego, non... non dirlo a nessuno."
"E
perchè? E' una cosa fantastica" esclamò lui, ed era sincero.
Ariel
arrossì di nuovo e guardò il bicchiere, sovrappensiero.
"...sin
da quando sono bambina mi piace collezionare oggetti di tutti i tipi,
custodirli come tesori e...aggiustarli, riparlarli, dargli una vita
tutta nuova. Mi piace l'idea di poter creare qualcosa di diverso
senza cambiare la natura di nulla, una... mutazione sufficiente a
ridare dignità a un quadro, o a uno scrigno. Una seconda
possibilità, con la consapevolezza di ciò che sono stati in
passato."
Eric
accolse quel piccolo discorso in silenzio, capendone in qualche modo
l'importanza e vedendolo come un qualcosa di... non so, prezioso.
Ariel si
affrettò a smorzare la tensione e si diede della stupida.
Da
quando riusciva ad esporsi così?
"Lo
so, è una stupidaggine vero? Ahahah" rise senza la minima
convinzione.
Eric si
affrettò a dirle di no, e nonostante volesse aggiungere altro al
momento non gli sembrava di riuscire a cavar fuori niente di
abbastanza intelligente da quella stupida bocca.
"E
tu? Non hai progetti?"chiese Ariel, che ormai sperava di
riuscire a distogliere il discorso da lei.
Eric
alzò le spalle con leggerezza: "Vorrei, sai, arruolarmi in
marina. Come mio padre. Ma diciamo che, se proprio non dovessi
riuscirci, potrei sempre vivere da eremita sulla spiaggia e vendere
collane di conchiglie ai passanti!"
Ariel
rise di cuore: "Sì, beh, sarebbe un'attivita interessante.
Potrebbe attirare i turisti..."lo schernì, e Eric mise un finto
broncio.
"Tsk,
tu sottovaluti il mio talento negli affari, sirenetta!"
Ariel
inarcò un sopracciglio, divertita: "...sirenetta?! Ahahah, ma
dài, e questa da dove l'hai presa? Fa tanto telefilm anni
ottanta..."
Eric si
fece un pò più serio e le si avvicinò, togliendole il respiro: le
diede una bussatina sul naso lasciandola confusa, poi si alzò in
silenzio.
Ariel lo
guardava interrogativa, sentiva le guance in fiamme.
Eric
gettò il bicchiere vuoto nel cestino e, ormai in piedi, le mostrò
un altro sorriso.
"Sirenetta,
perchè prima di oggi non ti avevo mai vista a tuo agio fuori
dall'acqua. Come se ti mancasse il respiro sulla terraferma."
Si voltò
e fece per andarsene, poi la guardò un'ultima volta.
"Ah,
avevi del caffè sul naso, comunque."
Ariel
potè giurare di vederlo arrossire un istante, ma prima che potesse
riattivare il cervello lui era già rientrato dalla porta a vetri,
lasciandola lì con il suo imbarazzo e le sue stupide guance
arrossate.
**
Chiuse il libro di
matematica, tentando invano di ignorare il caos che proveniva dal
salone affollato – sentiva distintamente le grida spazientite di
Bianca contro Bernie e chissàqualesperduto che avevano,
citando testualmente, imbrattato la moquette di gelato alla
vaniglia.
Sorrise a vuoto al pensiero
di aver finalmente finito i compiti e si concesse dieci minuti sul
letto, concentrato sul dolce far nulla, prima di scendere al piano
terra e dare una mano per la cena.
La sua stanza era ovviamente
piccina – nonostante fosse l'unico a godere del lusso di una camera
singola; quando aveva annunciato, anni prima, a Bianca il desiderio
di restare lei aveva subito esclamato: "Non vorrai mica restare
con i piccoli! Devi avere una stanza tutta tua. Sai, per quando
comincerai ad, emh, uscire con le ragazze..."
Sì, certo.
La cosa
divertente era che, all'epoca, Peter si era tutto inorgoglito
immaginandosi chiuso a chiave in stanza, con musica rock in
sottofondo e una ragazza sul letto.
Inutile
specificare quanto tale aspettativa si fosse rivelata con il tempo
non solo infondata, ma quasi ridicola.
Sì
perchè ad eccezione di Trilli – che ovviamente non era da
considerarsi una Ragazza, se non in termini prettamente tecnici- e
Lilo – che di femminile aveva solo gli organi riproduttivi- nessuna
fanciulla si era mai avventurata in quella casa di pazzi.
Sia
chiaro, lui non si vergognava della sua situazione; sì, sapeva che
da un punto di vista esterno poteva risultare alquanto bizzarra, con
nove fratellini e due genitori acquisiti (anche se, ufficialmente,
Bianca e Bernie erano dei semplici tutori, ma questo era solo un
dettaglio)... ma c'era da dire che per lui quello era un ambiente del
tutto naturale.
Sbuffò,
sollevando la frangetta rossa che gli ricadeva sugli occhi, e senza
un motivo preciso l'immagine di Wendy gli lampeggiò nel cervello.
Dopo
quello che era successo alla festa sulla spiaggia, il loro rapporto
era diventato – cosa che riteneva impossibile- ancora più strano.
Sì,
beh, era successo altre volte.
E sì,
il sesso non era solo la cosa più fantastica che esistesse, ma era
molto molto di più.
Pensò a
quanto fosse bello sentirsi parte di un mondo adulto, altro,
completamente diverso da come se lo era aspettato.
C'era
qualcosa, in quella ragazza; qualcosa che gli aveva innescato nel
cervello il desiderio di abbandonare tutto ciò che fino a pochi mesi
prima gli sembrava di massima importanza.
Fumetti,
cinema, videogiochi ... perfino cose come lo studio e gli amici
avevano perso lentamente colore nella sua testa, diventando di un
grigio insipido e informe.
Non che
si fosse allontanato, ma gli sembrava che ormai tra di lui e gli
altri ci fosse una sottilissima linea che li rendeva, in qualche
modo, diversi.
Ma Wendy
non era altro che semplice, puro, magnifico sesso.
Un sesso
di cui non conosceva altro che il ritmo basilare, con gesti e
movimenti impacciati, freddi, un pò meccanici.
Non era
uno stupido, sapeva che l'amore era ben diverso da quello.
Per di
più, intendiamoci, sapeva che Wendy non era esattamente la pallina
più luminosa dell'albero: era una ragazza bella quanto tremendamente
banale.
Discorsi
di ore intere basati sul puro nulla, risatine sciocche, ogni tanto
qualche sguardo ammiccante, capricci sui luoghi dell'appuntamento, i
regalini, le telefonate frammentate da insulsi baci in lontananza.
E il
tutto non era dettato da un vero e proprio interesse, Peter sapeva
quanto Wendy fosse semplicemente ancorata all'unico idiota che
era riuscita ad accalappiare.
Ma gli
piaceva.
Gli
piaceva come lo toccava, come sapeva farlo andare in estasi con un
singolo gesto (non che fosse difficile mandar in estasi un
diciassettenne in piena tempesta ormonale, ma lei sapeva farlo
ottimamente), come renderlo succube di quello che non sarebbe mai
stato fare l'amore.
Lo
faceva sentire un uomo, dopo essersi sentito un bambino per tutta la
vita; gli dava importanza e lo guardava con passione, come fosse
tutto ciò che aveva sempre voluto.
Forse si
trattava semplicemente di coccolare il proprio ego, ma Peter pensò
che non aveva mai negato di essere un irrimediabile vanitoso.
In
fondo, lui era il meglio che c'è – o almeno, questa era l'immagine
di sè che gli piaceva dare.
Wendy lo
aiutava in questo, non solo gli porgeva la maschera della sicurezza e
della strafottenza, ma con un semplice gesto sembrava fargliela
indossare e cacciare tutti i suoi fantasmi (quelle paure, quelle
insicurezze, quei vuoti).
Non potè
trattenersi dal sorridere pensando a quanto Trilli si sarebbe
arrabbiata, se avesse ascoltato un ragionamento simile: lei, che lo
aveva sempre incoraggiato a mostrarsi per come era davvero.
Che
aveva sempre insistito (e, ne era convinto, sempre lo avrebbe fatto)
su quanto lui fosse perfetto senza fingere presunzione, spacconeria,
forza.
Le
debolezze sono ciò che ci rendono amabili, gli aveva detto una
volta.
Lui
l'aveva abbracciata, ma ovviamente non poteva dare effettivamente
peso a ciò che Trilli gli suggeriva; non perchè non desse buoni
consigli, ma era ovviamente poco obiettiva.
Insomma,
era la sua migliore amica e gli voleva un gran bene da tutta la vita
– avrebbe potuto presentarsi da lei con una buccia di banane in
testa e un vestito da tartaruga ballando la conga ubriaco e lei lo
avrebbe trovato comunque fantastico.
La
suoneria del telefono lo distrasse dia suoi pensieri, e vide sul
display il nome di Taron.
"Ssssssì?"rispose
con enfasi, e Taron si affrettò a rispondere seccamente: "Dì,
non ti avrò mica disturbato mentre chiavavi allegramente?"
Alzò
gli occhi al cielo, divertito: "Per tua fortuna no, ero sdraiato
sul letto."
La voce
di Jim, sbucata dal nulla, si intromise (dai suoni riuscì a capire
che aveva tolto il telefono dalla mano del proprietario): "Spiacente
interrompere la tua sega pomeridiana, Pan, ma stasera andiamo a
giocare a bowling. Ci vediamo lì davanti per le nove. Chiama
Trilli."
"Ma...
non ho soldi per fare telefonate!" provò a lamentarsi, ma Jim
aveva già attaccato.
Perfetto,
gli ultimi dieci centesimi di credito sprecati!
Ora non
avrebbe potuto chiamare Wendy...
...si
fermò un istante, quando lo sguardo gli cadde su una foto di lui e
Trilli in spiaggia, da bambini.
La vide
lì, piccola, bionda e spettinata, mentre lo abbracciava contenta, un
secchiello rosa accanto.
...beh,
in realtà non gli sembrava poi chissà quale spreco.
Meglio
chiamare Trilli che Wendy, no?
**
Ailyn tese una mano fuori
della finestra, il vento freddo che le carezzò le dita per un
istante.
Ritirò il braccio
immediatamente e pensò che, sì, era il caso di portare un
giacchetto.
Incredibile, che stesse
finalmente arrivando l'inverno?
Insomma, erano ormai a metà
ottobre e sembrava fino a poche ore prima di essere in Maggio... non
che fosse una fan dei mesi invernali, ma la cosa stava iniziando ad
essere irritante.
Chiuse la finestra e lanciò
un rapido sguardo allo specchio accanto l'armadio.
...fantastico, sembrava un
incrocio tra un folletto drogato e una principessina medievale.
Il fisico era decisamente
troppo magro, gli occhi troppo scuri, la
pelle troppo chiara e
i capelli... dio, i capelli.
Paglia
che le incorniciava il volto senza un minimo di grazia, o eleganza...
sì, beh, c'era anche chi stava messo peggio di lei – insomma,
bastava vedere la chioma di Rapunzel per considerare il suo come un
taglio corto, ma lei era decisamente più bella di lei.
Con quel
sorriso, gli occhi verdi guizzanti di gioia ed entusiasmo, i pennelli
tra i capelli e le guance rosee... era esattamente così, che le
sarebbe piaciuto essere.
E invece
cosa c'era allo specchio? Un gremlins con la parrucca bionda ed
evidenti problemi di gestione emotiva.
Meraviglioso.
"Aily,
posso entrare?"
La
ragazza sorrise ad una Trilli esitante dietro la porta semiaperta,
invitandola.
"Sono
quasi pronta, lo giuro. Sei venuta in bici?" chiese all'amica,
senza togliere lo sguardo dallo specchio (ora tentava invano di
lottare contro la frangetta che insisteva a caderle sugli occhi).
"No,
ho usato la polvere fatata che fa volare" disse Trilli ironica,
gettandosi sul letto di Ailyn e giocando con il famoso maialino di
peluche regalatole da Taron.
Guardò
Ailyn e non potè fare a meno di sorridere: "...Ailyn, è una
serata al bowling. Non il ballo delle debuttanti".
"Con
questa faccia potrei andare al massimo ad un concorso canino"
ribattè, mandando mentalmente lo specchio a quel paese e gettandosi
sul letto, accanto a Trilli.
L'amica
la abbracciò e le diede un buffetto sulla guancia, delicatamente:
"Tu sei bellissima, Ay. E questo è un dato di fatto. So che ora
non ci credi, ma sei una ragazza splendida, e non solo
esteriormente."
Ailyn
avrebbe voluto dirle di smetterla, che non era certo una bambina, e
che non aveva bisogno delle sue parole gentili- ma Trilli aveva
questo suo modo adorabile di farti i complimenti che non potè
non abbracciarla.
"...e
comunque, per chi ti stai facendo bella? Non avrai invitato Artù,
per caso?" la schernì l'amica, e Ailyn arrossì alzandosi di
scatto e avvicinandosi al beauty case.
"Assolutamente
no" rispose, senza guardarla e cercando il mascara con un pò
troppo vigore, mentre Trilli ridacchiò e si sciolse i capelli,
levandosi la maglietta e lottando contro i ganci del reggiseno.
"Questo
dannato coso..." farfugliò, per poi vedere Ailyn che fissava lo
specchio senza guardarlo davvero.
Sospirò
(con una bretella del reggiseno abbandonata sulla spalla e un seno
praticamente di fuori, ma del resto Trilli non era una tipa pudica) e
le lanciò un bottone trovato sul letto, che Ailyn ricevette subito
dietro la testa e la fece voltare verso l'amica.
"A
cosa stavi pensando? Lo specchio si stava sciogliendo sotto il peso
della tua autocommiserazione"
"Quanto
sei sagace!" le rispose di rimando Ailyn, ironica, per poi
lanciare un'occhiata al cellulare abbandonato sul cuscino.
"...sai,
pensavo di... non so, chiedergli di uscire. Ad Artù, intendo."
Trilli
non si mostrò sorpresa, ma volse la testa da un lato come fanno i
cagnolini quando non capiscono qualcosa.
"E
perchè non lo fai? So che sarebbe la fine del mondo per te, ma non
viviamo nel Medioevo. Anche le ragazze possono invitare i maschietti
ad uscire, qualche volta."
"Non
so che scusa usare! Non posso chiederglielo in maniera troppo
diretta... magari, con la carta delle ripetizioni..."
"Sì,
è una buona idea" disse Trilli alla svelta, tornando a
concentrarsi sul suo reggiseno, lieta che in fondo Ailyn non avesse
un problema particolarmente serio "E poi, cos'hai da perdere?
Voglio dire, non stai rinunciando all'uomo della tua vita per uno
qualsiasi. Se con Artù dovesse andar male, puoi sempre puntare ad
altro." si interruppe un istante, lanciandole uno strano
sguardo.
"...sei
libera come l'aria, no?" le chiese, sperando che Ailyn cogliesse
il tono di sfida.
Ma
l'amica era troppo presa dai suoi stupidi pensieri per capire il
messaggio di Trilli, e quando eslcamò con entusiasmo "Sì, gli
scriverò domani!" lei si limitò a scuotere le spalle, mentre
fuori cominciava a farsi sera e riusciva finalmente ad allacciare
quel dannato reggiseno.
**
"...
spero tu stia scherzando."
Jim rise
mentre saliva sul motorino, il casco ben chiuso, e porgeva il secondo
a Lilo che a braccia conserte lanciava occhiate a quel... quel
inutile trabiccolo che sembrava sarebbe crollato al primo
soffio di vento.
"Coraggio,
Lilo. Gli altri ci stanno aspettando."
"Io
su quel coso non ci salgo" fu la ferma risposta. "Piuttosto
vengo coi pattini."
"Siamo
dall'altra parte della città, ma se vuoi impiegarci due ore e mezza
e correre sul marciapiede con il rischio di investire qualche povero
disgraziato..."
"...preferirei
mettere sotto una povera vecchina che torna dalla spesa serale e
scontare gli anni di prigione previsti, piuttosto che stringerti come
nei film romantici mentre corri come un pazzo su quella specie di
triciclo evoluto."
Jim
inarcò un sopracciglio, esasperato.
"Lilo,
qual'è il cazzo di problema?! E' il mio motorino! Ci sei salita
decine di volte!"
Lilo non
rispose e abbassò lo sguardo.
"...
non importa, non devo dare spiegazioni a nessuno. Non ci salgo, su
quel coso. Punto."
Fece per
voltarsi e rientrare in casa, dove Nani probabilmente era già
davanti alla tv con Stitch, il take away del ristorante cinese e la
nuova puntata della sua serie tv del giovedì; ma fu costretta a
voltarsi quando Jim le trattenne un braccio.
Si
guardarono negli occhi e lei si allontanò frettolosa, ma senza
rientrare in casa.
Jim le
tirò dietro le orecchie una ciocca di capelli e le lanciò uno
sguardo paziente.
Lilo era
la sua migliore amica.
E sapeva
di non essere il prototipo di perfetto best friend, ma...al
diavolo, era davvero importante?
Lilo non
era esattamente il tipo di ragazza a cui serve un migliore amico che
le metta lo smalto e le dica quanto le sta male il nuovo vestito, nè
che sia disposto a farsi svegliare alle tre di notte da una ragazza
in lacrime per colpa dello stronzo di turno, costringendolo a dirle
frasi come ' non ti merita'.
No, Lilo
non era decisamente quel genere di ragazza- ma con gli anni aveva
imparato a riconoscere le sue debolezze, limarle senza che lei glielo
chiedesse, nei limiti di quanto gli concedeva, fino a quando non
diceva 'basta', fino a quando non piangeva e gli diceva di fottersi,
che non aveva bisogno di essere compatita.
Perchè
Lilo odiava sentirsi sguardi di comprensione addosso, e forse era per
questo che andavano così d'accordo: Jim non chiedeva alle persone di
lasciarlo in pace, glielo faceva capire a suon di pugni, il più
delle volte.
Non
erano cattivi ragazzi, ma erano anime profondamente sole, entrambi
nuotatori nelle ombre del loro passato- così opprimenti, così reali
da invadere ogni più rosea (quanto rara) visione di un futuro che
era ancora troppo lontano.
Lilo,
gli occhi neri come la pece nascosti dai capelli lunghi davanti il
viso, gli lanciò uno sguardo vacuo e lo abbracciò senza dire una
parola.
Jim
ricambiò la stretta, perchè gli abbracci di Lilo erano così rari
da sembrare quasi irreali quando arrivavano.
"...mi
fa male la pancia." disse solo lei, scostandosi per guardarlo in
viso (nonostante guardasse tutto fuorchè lui).
Jim
tacque, perchè sapeva che lei non aveva ancora finito, e difatti
prese fiato e continuò.
"Ho
fatto un test di gravidanza. Due settimane fa."
Ecco.
Aveva
lanciato la bomba.
Si morse
le labbra, pentendosi all'istante di averlo detto a qualcuno (anche
se quel qualcuno era Jim), e tremò quando Jim le rivolse la parola,
un minuto dopo, interrompendo il silenzio e nascondendo in malo modo
l'espressione di panico che gli regnava sul viso.
"Io...
cioè, cosa..."
"E'
risultato negativo." lo interruppe subito lei, stroncando
quell'imbarazzo che le causava non poco disagio. Lui sembrò
rilassarsi per un attimo – e per un istante, assurdamente, trovò
la reazione di Jim estremamente buffa, come se il padre potesse
essere lui.
"Per
questo mi fa male la pancia" spiegò ancora, senza il coraggio
di guardarlo "mi è arrivato in ritardo di due settimane. Sto
uno schifo, e... insomma" tirò su con il naso, mentre gli occhi
le si facevano improvvisament lucidi "...non ci salgo, su quel
coso." ripetè, come se fosse una conclusione sensata.
Jim
finse di non accorgersi che stava iniziando a piangere, e si appoggiò
al motorino spento.
Cercò
qualcosa di giusto da dire, ma gli anni di solitudine con sua madre
gli avevano insegnato solo a rispettare gli spazi delle donne, quando
esse vogliono il silenzio.
Lilo in
quel momento, però, aveva bisogno di parlare.
Lo
capiva da come tremava, dal movimento spasmodico dei pugni chiusi
nelle tasche dei jeans, nel disagio con cui nascondeva il proprio
viso sotto i capelli neri.
"...chi
pensavi che..."
Non potè
finire la frase che Lilo scoppiò in singhiozzi, cadendo a terra con
un tonfo sordo. Jim fece per avvicinarsi, ma lei gridò "Non mi
toccare!", il viso nascosto tra le mani, la voce tremante.
Jim
rimase fermo dov'era, in piedi di fronte a lei, osservandola piangere
come osservava sua madre dalla serratura da bambino, guardandola in
lacrime nella sua camera, dopo che suo padre li aveva abbandonati.
"Lilo."
disse poi, sottovoce ma con tono fermo; Lilo sollevò lo sguardo e
lui le si mise davanti, poggiando un ginocchio a terra e tirandole su
il mento.
Ora la
vedeva bene: il trucco nero che le era colato dagli occhi lungo tutte
le guance, il naso arrossato, i capelli attaccati alle gote a causa
delle lacrime.
Non era
Lilo, era il fantasma di quello che la torturava- e potè giurare di
non averla mai vista in quello stato.
"Chiunque
sia, mi sembra evidente che non sei felice con lui."
"Non
chiedermi chi è." lo supplicò, tremando. "...ti prego."
Jim si
limitò a togliersi il giaccone di pelle e poggiarglielo sulle
spalle, poi la strinse di nuovo- ma stavolta Lilo non si sarebbe
scostata.
**
"Professore,
sta... sta scherzando?"
Tiana
era lì davanti, allibita, i capelli raccolti in uno chignon
disordinato.
Il
giovedì era il giorno della settimana che preferiva – non solo
perchè era il suo unico giorno di riposo, ma perchè questo
significava poter rimanere quanto voleva nell'aula del club di
economia domestica.
Non era
raro che restasse per ultima con il prof Remì, e lui si divertiva a
mostrarle tecniche nuove e troppo difficili per gli altri studenti-
tecniche in cui lei riusciva senza problemi.
E anche
oggi era successo lo stesso, con la differenza che il prof le era
sembrato molto serio quando le aveva chiesto di restare dopo che gli
altri se ne erano andati a casa.
E così
le aveva proposto di aiutarlo nei corsi, per tutte e tre le lezioni
settimanali più i corsi per gli esterni che teneva il Venerdì sera
all'Accademia gastronomica in centro.
Tiana,
la scopa ancora in mano e la divisa sporca indosso, non riusciva a
non balbettare.
Remì,
alto poco meno di lei, sorrideva incerto.
"Tiana,
mia cara, te lo ripeto: solo se vuoi. Non è un obbligo. Ma..."
e fece una pausa brevissima "...ho davvero bisogno di
qualcuno che mi dia una mano per la gestione degli ordini, o che mi
sostituisca quando devo assentarmi al corso per l'Accademia. E
sinceramente, non lascerei il mio posto a nessun altro" beh,
almeno l'ultima frase era vera.
Tiana
deglutì e lasciò che la parte razionale del suo cervello frenasse
l'entusiasmo.
"Professore,
non sono in grado di insegnare a nessuno un bel niente!"
"E'
un corso base, Tiana. Tagli e metodi di conservazione, molta
teoria... e non è detto che dovrai fare lezione per forza. Per ora
mi serve solo una persona fidata che mi aiuti a gestire gli impegni.
La paga..."
"Professore,
la paga... la paga è perfetta. Davvero, solo che..."
Era
esitante, e Remì si sentì una persona orribile a mentirle così- ma
sapeva che era per il suo bene, e preferiva che quei soldi venissero
dalle tasche di quello spaccone di Maldonia piuttosto che da quelle
del rozzo barista per cui era solita spaccarsi la schiena.
"Tiana...
te lo chiedo come favore. Voglio che lavori per me e voglio vederti
comprare quel ristorante. Te lo meriti, e ho davvero bisogno di te.
Ti pagherò esattamente come vieni pagata ora, e per metà del
lavoro. Sei la mia alunna preferita, e non voglio che rinunci allo
studio, nè alle amicizie. Questo è quello che ti offro, e ti
insegnerò tutto ciò che so. Ci stai?"
Tiana
guardò la mano tesa del professore, titubante; poi, non senza un
pizzico di timore, la strinse, e lo abbracciò con calore.
"...grazie."
sussurrò, e Remì finse di non accorgersi che stava piangendo mentre
lo abbracciava.
**
“...Semola, cos'è quella
faccia?”
Artù rimase imbambolato a
fissare lo schermo del cellulare per dieci secondi buoni, poi si
decise a metterlo in tasca, senza tuttavia riuscire a levarsi quel
sorriso da scoiattolo che ha appena trovato la più grossa ghianda
del mondo.
“Nulla, davvero, solo...
uh, bella giornata eh?”
Ok, sapeva di non poter
nascondere nulla a Robin – non per niente, tutta la scuola
conosceva la sua astuzia degna di una volpe.
Guardò prima il suo
migliore amico, che senza guardarlo continuava a scoccare frecce
mentre la presidentessa del club di tiro con l'arco, Merida, gli
urlava da lontano: “Hood, smettila di sprecare le frecce
degli atri e và a raccogliere le tue!”
Robin la ignorò e si
concentrò di nuovo su Artù, facendogli l'occhiolino.
“...è raro vederti
sorridere per qualcosa che non riguardi i giochi online, Camelot.
Allora?”
Artù arrossì e balbettò
qualcosa di confuso, per poi afferrare il proprio arco senza troppa
convinzione e fingere di raccogliere qualche freccia dalla balestra
che aveva sulla schiena da un quarto d'ora.
Non che il tiro con l'arco
non gli piacesse, certo, ma diciamo che quel club non era esattamente
il più adatto a lui- se non si
contava quello di scherma, certo, ma ehy, sarebbe ricominciato non
prima di Novembre. Doveva pur fare qualcosa per tenersi in
allenamento, no?
“SEMOLA,
vuoi smetterla di mostrarti interessato a quello stupido arco e
rispondermi?” chiese Robin ridendo, mentre Merida gli lanciava da
lontano sguardi truci.
Artù
finalmente lo guardò negli occhi, imbarazzato.
“...era
Ailyn. Credo che ci vedremo, sai, nel pomeriggio. Le serve una mano
in biologia e...”
“E da
quando sei un esperto in biologia?” chiese Robin, sogghignando.
Artù
gli diede un colpetto sulla spalla, assumendo un'espressione
crucciata: “Merlino mi ha insegnato un sacco di cose, quando ero
piccolo! Per questo ora ho dei voti così alti... finalmente quelle
ore passate a sentirlo sproloquiare su
rane e pesci serviranno a qualcosa!” concluse, ottimista.
“...ficcarle
la lingua in bocca è così difficile?” chiese qualcuno alle sue
spalle, facendoli trasalire entrambi.
Robin
scoppiò a ridere con il nuovo arrivato e Semola sospirò,
noncurante.
“Non
siamo tutte bestie come te,
Little John.”
John,
che aveva la mole di un orso e la delicatezza di un t-rex, si sistemò
nella postazione alla loro sinistra e afferrò l'arco a terra, poi
sistemò la freccia e chiuse un occhio, senza concentrarsi troppo
sulla mira e ridacchiando: “Sei proprio un coglione, Camelot.”
“Via,
via, Little John! Semola, qui, conosce le buone maniere di cui tener
conto quando c'è una signora” si intromise Robin, sorseggiando un
po' della sua bevanda energetica: “Se usassimo tutti i tuoi
parametri di romanticismo, a quest'ora ci saremmo beccati due o tre
denunce per stalking e linguaggio volgare.”
“..non
è colpa mia se Cocca mi lancia quelle occhiate, durante la lezione
di scienze.” fece John, mettendosi una mano sul petto in segno di
difesa.
Artù
rise, lanciando gli occhi al cielo.
“Probabilmente
sono espressioni di disgusto nel ritrovarsi tra te e la rana morta.”
Robin
scoppiò in una fragorosa risata, abbandonando l'arco tra l'erba e
rotolandosi sul prato del campo sportivo.
Artù
lo seguì a ruota ed entrambi si ritrovarono sporchi di fango e a
reggersi la pancia che gli doleva per il troppo ridere, mentre Merida
li raggiungeva e cominciava a sgridarli sulla 'manutenzione
degli articoli sportivi'.
“Se
non vi rialzate immediatamente e non ricominciate ad allenarvi sul
serio, giuro che vi strappo le palle e me le gioco ai dadi con i miei
fratelli! Camelot, vale anche per te! Non pensare che il fatto che tu
partecipi a tempo perso non significa...”
Robin si
alzò e, fattosi improvvisamente serio, le prese una mano tra le sue,
mostrandole il Sorriso Affasicnante migliore del suo repertorio.
Merida
rimase a fissarlo allibita, mentre Robin la coinvolgeva in uan sorta
di casquet che manco alle gare di tango.
“Oh,
Merida...ti ho mai detto quanto io ami i tuoi splendidi capelli
rossi?!”
Merida
assunse un espressione di totale apatia, ancora piegata tra le sue
braccia.
“Hood,
anche i tuoi sono rossi. Il tuo narcisismo mi disgusta, e il fatto
che tu abbia già una ragazza ti rende desiderabile ai miei occhi
quanto l'haggis di mia madre.”
Artù e
John non poterono non ridere di nuovo, e Robin lasciò andare la
ragazza lanciandole un bacio che lei ignorò.
“Ordunque,
mio fedele amico!” esclamò Robin dopo qualche minuto, proprio
mentre tutti ricominciavano a riordinare le proprie postazioni “sei
emozionato per questo intenso pomeriggio di studi con la tua dama?”
e gettò un rapido sguardo a Merida mentre lei passava loro accanto,
ignorandoli.
“Sono
solo ripetizioni, Robin. Non è nulla di eclatante.” rispose,
avvicinandosi ai bersagli per spostarli dal centro campo.
Robin
alzò gli occhi al cielo, ma non gli disse nulla.
E
tuttavia Artù si ritrovà di nuovo a sorridere come un ebete,
sperando, pregando di riuscire ad avere il coraggio di dirle
qualcosa che non fosse solo legato alla fauna delle paludi o cose
simili.
...non
era colpa sua, davvero.
Ok, era
sempre stato abbastanza – cosa, abbastanza? Decisamente timido
con le ragazze, ed Ailyn gli piaceva sul serio.
Anche se
si erano visti una volta e incontrati spesso per i corridoi perfino
un perdente come lui sapeva che non significava un bel niente, e non
se la sarebbe presa se avesse scoperto che lei frequentava altri- non
troppo, comunque.
Sta di
fatto che c'era un pensiero fisso che lo torturava quando pensava a
lei, ed era quel... quel Taron.
Premettendo
che contro di lui non aveva nulla- sapeva che erano amici da
parecchio tempo, cresciuti insieme e bla bla bla... ma quanto poteva
essere disinteressato, un rapporto così?
A volte
gli capitava di vederli, lui e Ailyn nei corridoi, ed entrambi
irradiavano luce quando si trovavano assieme.
Non
avrebbe saputo spiegare il perchè, ma quei due erano palesemente
dipendenti l'uno dall'altra.
E
sospettava che chiunque, lui compreso, sarebbe stato sempre un terzo
indesiderato.
**
"Siete
una massa di stronze!"
"Jas,
tra due settimane c'è la festa di Halloween. Lasciaci studiare
questi giorni, ti prego."
Jasmine
tirò a Nani un libro in testa, mentre Jane e Rapunzel (appena
tornate dal club di arte) mangiavano le loro patatine e lanciavano
all'amica sguardi contrariati.
"Ormai
sono circondata da false amiche, che non sono neanche disposte a
concedermi una serata libera dagli impegni per starmi vicino, in
questo tragico momento della mia adole..." cantilenò in tono e
posa a dir poco tragiche, con tanto di mano sulla fronte e
occhi chiusi, ma fu interrotta da Megara che sbiascicò un convinto:
"Falla finita o ti prendo a mazzate sui denti."
Jasmine
le lanciò un'occhiata glaciale.
"IO
STO SOFFRENDO!
"Il
mal di pancia da ciclo e la depressione conseguente al tuo stato di
singletudine non possono essere considerate causa di chissà quale
sofferenza, altrimenti Tia starebbe peggio di te." esclamò
Nani, e Tiana le mostrò la lingua.
"Oggi
neanche le tue frecciatine riescono a farmi venire il malumore!"
Rapunzel
la strinse dalle spalle, seduta dietro di lei sull'erba del cortile:
"La nostra piccola cuoca ha ufficialmente dato le
dimissioni ieri sera, vero?" chiese entusiasta, e Tiana sorrise
raggiante.
"Da
domani sera sarò l'ombra del professor Remì, e avrò anche e il
Sabato sera libero. E soprattutto potrò avere il mio ristorante!"
gridò, estasiata, e le ragazze la abbracciarono, sinceramente felici
per l'amica.
"Ehi
ehi ehi, allora questo Sabato festeggiamo! Viene anche Esmeralda per
il week-end!" propose subito Jasmine, ma Belle sbucò alle loro
spalle e si intromise nel discorso dopo un caloroso saluto generale.
"Questo
week-end non posso, lo zio di Adam viene in città e Sabato abbiamo
un pranzo, ma non so quanto ci vorrà..." disse in tono vago,
sedendosi sulla panchina accanto a Jasmine e abbandonando accanto a
sè la borsa a tracolla.
Rapunzel
si strinse nel maglioncino viola e sbuffò, i capelli biondi legati
disordinatamente attorno a un pennello pieno di macchie di pittura:
"E quanto dovrete mangiare?! La sera non puoi liberarti?"
Belle
evitò le occhiate languide delle amiche, la mano sinistra ben
nascosta in tasca.
"Dobbiamo...dobbiamo
parlare di alcuni affari di famiglia, non faremo tardi..." ma
quando le arrivò un messaggio e levò dalla tasca il cellulare
mostrò la mano, completamente sovrappensiero.
Per sua
sfortuna, a Jasmine non sfuggiva MAI NIENTE.
"Emh,
Belle... quello è..."
L'espressione
di Belle mutò in un istante, e arrossì senza poter fare a meno di
sorridere.
"Giuro
che ve lo avrei detto. Cioè..."
Ma non
fece in tempo neanche a finire la frase che le grida generali del
gruppo avevano invaso il cortile, e tutte le erano letteralmente
saltate addosso (Rapunzel era completamente in lacrime per la
felicità).
Belle
riuscì a sciogliere l'abbraccio con un pò di dispiacere, ma il suo
sorriso era raggiante.
Non si
era mai sentita così bella in tutta la sua vita.
**
Erano
sporche.
Erano
ancora dannatamente sporche.
Sfregò
con più rabbia, ma sentiva distintamente i germi muoversi tra le
dita insaponate, appropriarsi della sua pelle come una nuova tana.
Cenere
iniziò a tremare e continuò a lavarsi le mani, fino a quando
l'acqua che scorreva sul lavandino dopo il risciacquo non fu
completamente e perfettamente limpida come se sgorgasse da una
sorgente.
Il
respirò tornò regolare e le asciugò con il suo panno personale
(azzurro, of course); poi infilò il guanto usa e getta in
lattice che aveva già preparato e si avvicinò alla porta.
Ne
osservò la maniglia lucida, le sagome delle orme digitali di
perfette sconosciute visibili a occhio nudo – gente che veniva
chissà da dove, che probabilmente non si era neanche pulita per bene
le mani dopo essere andata al bagno.
Cercò
di ignorare il tremore alla mano e il conato di vomito e la toccò
con la mano coperta dal guanto, poi aprì e si ritrovò in corridoio.
Sospirò
forte e immediatamente raggiunse la spazzatura, dove si affrettò a
gettare il guanto ormai inutilizzabile.
La
giornata di studio era finita, ma tutti erano ai rispettivi club e
lei doveva sbrigarsi ad andare al campo di footbal per gli
allenamenti delle cheerladers.
Passò
davanti al proprio armadietto, la divisa corta e pulita già indosso,
e camminò per i corridoi deserti fino ad arrivare davanti al proprio
armadietto-dove ad aspettarla c'era Bianca.
"Pensavo
fossi già agli allenamenti." disse, e Bianca sorrise.
"Uao,
sei sopravvissuta anche oggi ai bagni scolastici? Sei proprio una
principessina coraggiosa" e le si avvicinò, guardandosi attorno
e in allerta.
"Piantala"
le disse Cenere, e l'altra le sfiorò il dorso della mano,
vicinissima.
"...
è presto per gli allenamenti, non credi?"
"Mi
piace essere puntuale, lo sai" rispose atona Cenere, i capelli
biondi legati in una treccia e gli occhi fissi sulle labbra di
Bianca, che le si avvicinò di più.
"Vieni
con me. Non ti faccio fare tardi."
"E dove mi porti?"
chiese in tono sarcastico, fingendo ingenuità.
Biancaneve
sorrise e la prese per mano, dopo aver controllato che per il
corridoio non ci fosse nessuno; camminarono per un breve pezzo di
corridoio e in fretta aprì la porta dello sgabuzzino delle scope.
Entrò e
la condusse dentro, chiudendosi la porta alle spalle.
Biancaneve
si appoggiò alla porta e guardò l'amica con gli occhi lucidi- poi
si baciarono in fretta, mentre le divise di entrambe cadevano
silenziosamente a terra.
**
Naveen
era profondamente contento per Adam, ma allo stesso tempo non
riusciva davvero a credere come avesse trovato il coraggio di fare
una proposta di matrimonio a diciannove anni.
Sul
serio, era degno di stima e tutto ma... come cavolo poteva accettare
di rinunciare al rimorchio selvaggio per una sola donna?!
Intendiamoci,
non che Belle fosse una tipetta da niente- non solo era una gran
gnocca (e, sul serio, lo diceva con tutto l'affetto possibile), ma
era anche una delle ragazze più intelligenti che conoscesse, e anche
inconfondibilmente matura.
Solo
che...beh, diciamo che lui non avrebbe mai, mai rinunciato ad
avere tutte le donne che voleva per scambiarle con una sola.
...anche se forse, per
una lo farei.
"Naveen,
perchè non mi dài uno strappo a casa invece di guardare il nulla?
So che per te è sicuramente più interessante il prato di un esame
di coscienza, ma oggi sono a piedi."
Naveen
si ridestò dai suoi pensieri e lanciò a Flynn un'occhiata severa.
"Rider,
ho di meglio da fare che improvvisarmi tassista per i cazzi tuoi."
"Le
seghe in macchina non contano."
"Non
ho bisogno di masturbarmi, io" rispose tranquillo,
appoggiato allo sportello della sua macchina. "Di solito riesco
a trovare qualcuna che faccia il lavoro per me".
Flynn
rise: "E allora cosa ci fai tutto solo, alle otto di sera, con
una faccia da lutto tipica di chi ha appena perso il criceto? Non fai
neanche parte di un club, che diavolo..."
Naveen
cambiò espressione diventando improvvisamente gelido.
"Io,
uh... sto aspettando una persona, ok?"
Flynn
rimase serio un istante, poi sogghignò poco convinto.
"Beh,
deve essere una tipa importante se stai qui ad aspettarla. Chi è?"
Ma il
silenzio che si creò subito fece sentire Flynn decisamente a
disagio: "...non vuoi dirmelo? Andiamo, sono il tuo migliore
amico!"
Naveen
sorrise e gli scompigliò i capelli, dicendogli qualcosa su quanto
fosse troppo lunga la sua barba, poi senza dare risposte concrete si
avviò verso l'ingresso.
Flynn
gli gridò dietro: "Va bene, fai lo stronzo! Ma questa me la
paghi, Maldonia!" e se ne andò ridendo verso la fermata
dell'autobus.
Naveen
stava per varcare la soglia dell'ingresso dell'edificio principale
quando qualcuno gli venne addosso ed entrambi caddero a terra.
Davanti
a lui, Tiana – spettinatissima e con la borsa dei libri a terra- lo
guardava irritata.
"Naveen.
Meraviglioso, la giornata era stata troppo bella, doveva succedere
qualcosa che la rendesse schifosa."
"Sempre
questo tono seccato, Green" osservò lui, aiutandola ad alzarsi
"so che sei contenta di vedermi."
"Tiana
alzò gli occhi al cielo: "Come se fossi tu un'eruzione
vulcanica e io un tizio con il gonnellino di paglia" esclamò, e
gli passò davanti.
Naveen
non fece in tempo a chiedersi cosa stesse facendo – non che non se
lo fosse chiesto, nelle ultime tre ore- che la afferrò per un polso
e lei fu costretta a voltarsi, il visino contrariato.
"Cosa
vuoi?! Perdo il bus" disse scontrosa, ma Naveen sembrava
imbarazzato e lei si pentì di aver usato un tono così... aspro?
Un
momento... perchè Naveen faceva un'espressione imbarazzata?!
Fanculo,
lui non poteva essere così carino! Era Naveen, accidenti!
"Beh,
io..." sii tosto, Naveen. SII UOMO. "Sono rimasto in
biblioteca fino a poco fa, e oggi Rapunzel mi ha raccontato del tuo
nuovo lavoro con il prof. Così ho pensato che...beh, magari potevo
aspettarti dieci minuti, insomma... comincia a farsi buio, e casa tua
non è vicina."
Tiana
sembrava studiarlo come fosse un animale raro – non ripugnante, o
disgustoso... un animale che non aveva mai visto prima d'allora.
"...tu
vuoi darmi un passaggio?" chiese lei titubante, il tono di voce
leggermente alterato (positivamente o negativamente, difficile
dirlo).
Naveen
fece cenno di sì con la testa e lei lo guardò ancora un pò,
reggendo la tensione.
"E
perchè? Cosa vuoi in cambio? Scommetto che hai puntato una tipa di
economia domestica e vuoi informazioni..." esclamò, divertita.
Naveen
rimase a fissarla esterrefatto, mentre lei rideva e lo prendeva in
giro su quanto fosse opportunista.
... sei un idiota,
Naveen.
"...d'accordo,
fai come cazzo ti pare Tia. Me ne vado a casa, allora." disse
adirato, e Tiana smise di ridere all'istante mentre lui faceva
qualche passo in avanti.
...ma
che diavolo...?
"Naveen!
Dài, non fare lo scemo... guarda che ti dò davvero una mano, se
vuoi informazioni su qualcuna. Non devi ricorrere a queste tattiche
per..."
"VOLEVO
SOLO ESSERE GENTILE!" gridò, e Tiana arrestò il passo
spaventata.
Rimasero
a guardarsi per un istante, poi lei divenne furente: "Beh, non è
colpa mia se questo è il primo gesto carino verso di me dopo tre
anni..."
"O
magari" ribattè lui, più calmo ma ancora arrabbiato "sei
tu che hai un'idea completamente sbagliata di me, e non vedi quando
cerco di fare qualcosa per te..."
"Come
cosa, ad esempio?! Prendermi in giro per la mia fissazione per le
rane?!" esclamò lei, gettando in un impeto di rabbia la borsa a
terra.
Naveen
sospirò: "Tiana, è stato due anni fa e...beh, non puoi
biasimarmi, insomma, è ridicolo!"
Fece una
pausa: "...ci sono molti lati che non conosci di me."
Si voltò
e fece per andarsene, ma la voce di Tiana, bassa e triste, lo fece
fermare.
"E
allora mostrameli."
Si voltò
e si guardarono, entrambi confusi.
Cominciava
a far buio, e Tiana si strinse un pò nel cappotto autunnale.
"Ti
prometto" disse, sforzandosi di restare calma "che proverò
a non avere pregiudizi, su di te. Basta con l'idea che sei un
insensibile, un fannullone, un cazzone e..."
"Ok,
ho capito" la interruppe lui, avvicinandosi e sorridendole.
"...tregua?"
le chiese semplicemente, porgendole la mano.
Tiana
rimase indecisa un istante, poi sorrise lievemente e gliela strinse
con la sua con convinzione.
"Tregua!"
confermò, e le suonò il cellulare.
Lo
prese, imbarazzata per un motivo che non colse neanche lei, e guardò
lo schermo rabbuiandosi.
"Cavolo,
è mia madre! Mi chiede di sbrigarmi ad andare a casa prima che sia
troppo buio. Grandiso. Se scopre che sono ancora qui a
scuola..."
Naveen
non le fece finire la frase che Tiana si ritrovò tra le sue braccia,
sollevata.
"Che...che
diavolo fai?! Sei scemo?" ghiese, irritata, ma Naveen raccolse
la sua borsa e si avvicinò alla macchina
"Direi
che è un buon inizio per la tregua, no? Una bella passeggiata in
auto fino a casa tua! Giuro che non ti faccio pagare la benzina".
Esclamò, con tono cavalleresco, riposandola in terra e aprendole la
portiera.
Tiana
sorrise e scosse la testa, poi entrò.
...no,
un momento.
Si era
fatta prendere in braccio da Naveen?
SUL
SERIO?!
"...devo
essere impazzita" pensò, mentre il ragazzo metteva in moto e si
avviava lungo la strada.
**
"La
sera del trentuno ottobre, ragazzi! Iniziamo alle dieci!"
Aurora
distribuiva i volantini con enfasi (e tre centimetri di gonna in meno
di quanto permesso dal regolamento scolastico, per la gioia degli
studenti), ma quando ne porse uno a Jasmine e Mulan fece un
ghgino.
"Coraggio, Jasmine." esclamò "così
possiamo prenderci a pugni un'altra volta."
"Oh,
credimi, per quello possiamo trovare sempre un pò di tempo."
rispose l'altra, apatica e leggendo il volantino con aria
disinteressata.
"Ma
davvero? Un falò? Originale per un liceo americano" osservò
sarcastica, mentre Mulan osservava le tette di Bianca lì accanto e
guardava le sue, amareggiata.
Aurora
le mise un braccio attorno alle spalle in un gesto di finta amicizia
e le pizzicò una guancia, ferendola con le unghie fresche di
manicure.
"Andiamo
Jas" le bisbigliò in un orecchio, "so quanto ti piacciono
questo genere di cose. Magari stavolta riesci a portarti a letto
Aladdin, che dici?"
Jasmine
si allontanò dalla presa, furente.
"Non
ti azzardare a mettere in mezzo Aladdin, Wood. Non riusciresti a
vederne il pene neanche in cartolina, fattene una ragione."
"La
cosa vale anche per te." esclamò Cenere, spalleggiando l'amica,
e Aurora sorrise.
Jasmine
fece una smorfia contrariata: "E questo cosa vorrebbe dire?
Aladdin è..."
"Il
tuo migliore amico, sì, lo sappiamo. Tutta la scuola lo sa"
disse Aurora, girandole attorno con aria assorta "...peccato che
in realtà non vedete l'ora di saltarvi addosso. Scommetto che vi
toccate, quando siete da soli..."
Jasmine
stava per assestarle un colpo, ma Mulan la prese per un gomito.
"No,
Jas. Non ne vale la pena."
Jasmine
la guardò arrabbiata, ma acconsentì con un cenno del capo senza
rinunciare a guardarla furiosa.
Aurora
ridacchiò: "Sì, Jas, da brava. Dà retta al tuo amichetto
cinese."
Mulan si
fermò un istante, gli occhi ridotti a due fessure.
"Ce
l'hai con me, per caso?"
"Non
vedo altri ragazzi coinvolti nella conversazione, Fa."
Mulan
fece per voltarsi, ma Jasmine rimase dov'era.
"Non
riusciresti ad avere la grazia di Mulan neanche se la otterresti in
cambio di tutte le volte che hai aperto le gambe, sottospecie di
principessa in calore."
Aurora
rise di gusto e le si avvicinò pericolosamente, ma una voce alle
loro spalle tuonò.
"COSA
DIAMINE SUCCEDE QUI?!"
Il
gruppetto di ragazze si voltò, ritrovandosi davanti la preside
Malefica, in tutta la sua severa bellezza.
"Dovreste
essere in classe! Le lezioni sono cominciate da cinque minuti!"
"Stavamo
distribuendo i volantini, professoressa. Ma queste due sono venute a
cercare la rissa." spiegò Aurora prontamente, continuando a
guardare Jasmine negli occhi.
Jasmine
si voltò verso la preside.
"Ha
insultato Mulan! Lo fa sempre, questa lurida..."
"MI
AVETE SCOCCIATO. Tutte e due. Sono stanca di questa eterna lotta tra
voi due, ragazzine impertinenti." disse la donna, stringendo la
valigetta a sè: "Vi voglio nel mio ufficio tra dieci minuti.
Entrambe. E per cortesia" guardò la gonna di Aurora e inorridì,
" abbia un pò di pudore, Wood, e si copra almeno le mutande."
Aurora
non reagì, e la preside si avviò rapida verso il suo ufficio.
Si voltò
verso Jasmine palesemente irritata.
"Spero
che nel frattempo il tuo amichetto cinese diventi cannibale e ti
mangi la testa" sentenziò, per poi stringere i volantini al
petto ed andarsene.
Jasmine
le gridò dietro parole irripetibili, mentre Mulan sospirava lì
accanto.
"Non
devi preoccuparti, Jas, ci sono abituata." disse convinta, ma
Jasmine fece un gesto con la mano come se scacciasse una mosca
molesta: "Non me ne frega un cazzo, non si deve azzardare. Ce
l'ha con te e le altre solo a causa mia, quella ninfomane. Hai...hai
visto come ha tirato in ballo Al?!" esplose, e Mulan sogghignò.
"Oooh,
allora è questo il problema!" disse, mordendosi le labbra per
non ridere, ma Jasmine la guardò in cagnesco e per un attimo sembro
che i canini si allungassero come i vampiri dei cartoni animati.
"NON
METTERTICI ANCHE TU!" sibillò come un serpente, e si avviò
verso la presidenza offesa.
Mulan le
corse dietro, divertita: "Jas, guarda che ad Aladdin non
interessa quella..."
"Lo
so, LO SO! Non fanno che dirlo tutti, come se ne me importasse
qualcosa di Al e delle sue scopamicizie!" sbottò, e Mulan si
fermò bruscamente a guardarla da dietro e godersi lo spettacolo del
suo passo fermo e del suo borbottio.
**
Quegli
occhi.
Aveva
provato a disegnarli mille volte, eppure c'era una sfumatura
che non riusciva a cogliere- qualcosa di troppo particolare per
essere notato a una tale distanza, eppure lei la vedeva distintamente
tutte le sante volte.
Il
taccuino sulle gambe, provò ancora una volta a cogliere quel
dettaglio-ma non sapeva neanche cosa fosse, e questo le faceva
seriamente credere di avere qualche rotella fuori posto.
Aveva
ragione Belle, quando le suggeriva di prendere coraggio e andare lì.
Insomma,
da quando era così timida?
Niente
di complicato, bastava limitarsi a raggiungerlo e presentarsi.
...sì,
certo Jane. Come no.
Aladdin
era l'unico che lo conoscesse- sapeva solo che si chiamava Tarzan, ma
dal cognome in poi era puro mistero, eppure da come gliene aveva
parlato sembrava si incontrassero spesso nella parte del parco per
gli skaters e chiacchierassero, perfino; sempre discorsi futili,
generali.
Quando
Jane una volta li aveva visti scambiarsi un saluto, durante un picnic
in agosto proprio al parco, appena Tarzan aveva ripreso a fare skate
e si era allontanato era corsa (anzi, diciamo che aveva teso un
agguato) ad Al, chiedendogli se davvero lo conoscesse.
Non che
Al gli avesse fornito grandi informazioni, ma calcolando che era un
anno che lo stalkerava cercando (inutilmente) di ritrarlo era
riuscita a sapere più di quanto sperasse.
Era
all'ultimo anno della Pictures Academy, il college della città, e
studiava scienze ambientali-ergo, aveva almeno un paio di anni in
più, ma questo era un inutile e trascurabilissimo dettaglio.
Tarzan
si voltò di scatto verso di lei, ancora sdraiato sull'erba e con il
libro tra le mani, e Jane fu costretta a buttare la testa e a fingere
di disegnare.
Alzò
lievemente lo sguardo, ma lui era già tornato al suo libro.
Impiegò
dieci minuti per autoconvincersi ad alzare il culo e avvicinarglisi,
ma proprio quando stava per alzarsi lui guardò l'orologio da polso e
rimise il libro nello zaino, per poi risalire sullo skate e dirigersi
verso l'uscita del parco.
Jane
sbuffò, i capelli disordinatissimi e il sole che iniziava a calare.
Note dell'autrice:
Innanzitutto, voglio scusarmi con voi che avete recensito lo
scorso capitolo e non avete ricevuto risposta. VI PREGO, PERDONATEMI.
Non entravo nell'account da un secolo, e solo IERI mi sono accorta
di non avervi degnato di una risposta. SCUSATEMI, ERO CONVINTISSIMA
DI AVERLO FATTO! Vi chiedo sinceramente perdono, sono le vostre
recensioni a farmi sognare ad occhi aperti, ad invogliarmi, a non
farmi mollare, e vi assicuro che non succederà più. Come sempre, vi
ringrazio inifinitamente per i complimenti-e ringrazio tutti voi che
mi leggete o anche solo seguite. Sento costantemente il vostro
sostegno, quindi GRAZIE. Non smetterò mai di dirlo!
Vorrei anche scusami (come al solito) per il ritardo mostruoso. Vi
ho fatto aspettare per mesi, e mi dispiace da morire- ma purtroppo
conoscete i miei tempi di aggiornamento. L'impegno universitario mi
ha tenuta occupata tra lezioni/Studio/preparazione esami ed esoneri
vari, più alcune questioni personali che non sto ad elencarvi.
Detto questo... beh, ho inserito altri PoV perchè i personaggi
non erano ancora abbastanza, lol. Lo so, sono una brutta persona.
Jane è una delle mie fanciulle Disney preferite (e Robin il mio
Grande Amore tra i 5 e i 7 anni. Roba che guardavo il film e odiavo
Marian. Poi beh, è arrivato OUAT e ho capito che il mio è un amore
motivato), e la sua versione umana è shippabilissima con Merida.
A proposito di lei: avevo in mente di inserirla già da un pò
perchè anche se avevo detto che mi sarei fermata a Rapunzel era
troppo fAiga per non farle fare neanche una comparsata.
Ok, ora mettiamo in mezzo lo scoop del capitolo...so che non
vedete l'ora di parlarne: sì, BIANCANEVE E CENERENTOLA. Sì, era
programmato. No, non vi siete sbagliati: ufficialmente, sono etero.
Diciamo che si divertono, ecco. NO, GIURO, NON MI SONO BASATA SU
GLEE. Lo so che le cheerladers lesbiche vengono associate a Santana e
Brittanny (i gleeks sanno di quale meravigliosa ship sto parlando),
ma posso assicurarvi che la cosa non è pensata per quello. Penso che
sia una faccenda nuova, e sinceramente morivo dalla voglia di
inserire una coppia lesbo dopo quella di Baloo e Bagheera
(ammettetelo, dopo aver letto la mia ff non siete più riusciti a
vedere Il Libro Della Giungla con gli stessi occhi...o probabilmente
sì, perchè non siete malati come voi). Loro mi sembrano PERFETTE
assieme- e vedremo come procederà la cosa nei prossimi capitoli.
Volevo rassicurarvi sul raiting, che nonostante io scriva di pg
che muoiono dalla voglia di saltarsi addosso a vicenda e tette in
bella mostra (Trilli, tesoro, perdonami, ma un'immagine soft erotica
ci va ogni tanto) rimarrà comunque arancione.
COME DICO SIN DAI MIEI ESORDI: io il porno lo leggo, non lo
scrivo. Per pura incapacità, perchè ogni volta che ci provo inizio
a ridere -ma questi sono dettagli.
Penso di aver detto tutto ciò che dovevo dire- ossia, una marea
di cazzate.
Vi ricordo che se volete seguire i diversi aggiornamenti o farmi
delle domande-o anche solo conoscermi- ho aperto una fanpage su fb a
questo
indirizzo.https://www.facebook.com/magikamemyfanwriter?fref=ts.
Spero davvero che metterete un like, sono curiosa di conoscerviii
*lancia biscotti Oreo*.
Anche questa volta ho un sondaggio per voi, ossia: qual'è,
secondo voi, il principe Disney che potrebbe rendervi felice?
Per quanto mi riguarda la risposta è sicuramente Flynn- non si
prende sul serio e ha la faccia da spaccone, ma poi quando guarda
Rapy si scioglie. BELLO DE CASA.
Grazie nuovamente a tutti, e vi assicuro che stavolta risponderò
alle recensioni e proverò ad aggiornare prima (fino al 18 febbraio
son off per un esame, ma poi ho qualche mese di stacco). Intanto vi
mando tanti bacini virtuali :3
Un abbraccio, Memy. AH, dimenticavo, buon anno nuovo! (...siamo a
Febbraio...vabbè.)
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