A NEW DIMENSION
A NEW DIMENSION
*
Mai dire mai
*
Era una bellissima
mattinata di metà maggio, e il sole splendeva sulla periferia della città
dell’Est, tra l’erba alta e i monti della prateria attorno all’immensa città.
Shion, come ogni giorno, si
alzò presto al solo scopo di portare il proprio gregge a brucare nell’immenso
manto erboso. Erano ore che camminava, accompagnato dal suo fedele cane e dalle
innumerevoli pecore che con lui passeggiavano beate.
Fu uno strano rumore a
distrarre il giovane pastore dell’adempimento del suo compito. Un sonoro boato
lo costrinse a voltarsi, scoprendosi a osservare, ad alcuni metri di distanza,
uno strano velivolo.
Shion, esterrefatto, fissò
sgomento l’abitacolo; cercando alquanto inutilmente di scoprirne la provenienza.
Il suo gregge di pecore era ormai diventato di secondo piano, poiché la sua
mente era proiettata verso nuovi interrogativi.
Il solo indizio risultò
essere la coltre di fumo che, in cielo, era ancora chiaramente visibile. Shion,
titubante ma alquanto curioso, si avvicinò a quello strano oggetto; determinato
più che mai a conoscerne l’origine.
Per puro scrupolo,
tuttavia, si privò del proprio bastone da pascolo armandosi di un’arma ben più
utile e funzionale, a suo dire. Il fucile, nascosto per ogni evenienza nella
propria vettura, divenne la sua unica protezione contro gli eventuali pericoli
che si sarebbe ritrovato ad affrontare. Almeno così credeva.
Apprensivo, corse
velocemente verso lo strano mezzo; scoprendo essere non un’air jet, come pensava
o sperava inizialmente. Anche un povero contadinotto ignorante e un po’ tonto
come lui sarebbe riuscito a comprendere che quello non era un mezzo della più
grande azienda mondiale di abitacoli sul genere, la Capsule Corporation. E forse
nemmeno apparteneva alla Terra, un mezzo così strano.
Tuttavia, sempre più
incuriosito dallo strano velivolo, Shion non poté fare a meno di avvicinarsi il
più possibile; osservando il mezzo dal basso.
Al cospetto di tale
struttura lui sembrava una formichina piccola e indifesa. Tanto era grande
l’enorme astronave, perché di questo si trattava.
Il giovane pastore deglutì
sonoramente e attese un segnale, sperando tuttavia che, di segnali, non ne
arrivassero poi molti. Fu proprio quando pensò che da essa nessun essere vivente
si sarebbe presentato, che l’astronave cominciò a dare dei cenni di vita.
Da prima furono luci e
suoni abbaglianti a catturare la sua attenzione. E Shion sobbalzò, nascondendosi
dietro una roccia; accompagnato dal cane e dalle altrettanto curiose pecorelle.
Il secondo segnale arrivò
dall’altoparlante che annunciò l’atterraggio riuscito e l’apertura dei
portelloni. Il contadino si tramutò in una parte della roccia, tanto era
pietrificato.
Ci vollero ancora alcuni
secondi, prima che il terzo e definitivo segno giunse dall’abitacolo alieno. Il
portellone, come annunciato, si aprì provocando una notevole coltre di fumo.
Eppure tra la nebbia erano già visibili diverse sagome che incedettero lungo la
rampa che li separava dal suolo terrestre.
Le strane figure, che
andavano via via delineandosi, non promettevano nulla di buono. I sorrisi degli
individui e le loro risate nefaste contribuirono a far venire la pelle d’oca al
povero spettatore; che ignaro delle loro intenzioni si limitò a celare la sua
presenza, quanto più gli fosse possibile.
Gli alieni si scostarono,
lasciando passare una figura decisamente più piccola rispetto agli altri.
L’alieno, che sembrava essere il capo, additò l’orizzonte con un ghigno infausto
e divertito al tempo stesso. “Sapete cosa dovete fare” annunciò ai suoi uomini
che nel frattempo si erano inginocchiati tutti ai suoi piedi, “Voglio che questo
Pianeta venga distrutto entro domani, ora andate” ordinò. Tutti i suoi
tirapiedi, in un battito di ciglio, sparirono misteriosamente mentre risate ed
esplosioni cominciarono a udirsi a grande distanza.
Il capo, che ancora non si
era spostato, restò immobile per alcuni secondi riportando il braccio lungo il
fianco. “Jiko, Amok, Neman e tu Koma. A voi affido tutto il resto” dispose,
apparentemente al vento. Alle sue spalle quattro figure si mostrano al suo
cospetto, producendosi in un servile inchino, “Sì, Nobile Kojin” asserirono in
coro. Sparendo a loro volta senza lasciare traccia.
Kojin alzò gli occhi al
cielo. Osservando le figure dei suoi quattro soldati migliori sparire nel nulla.
Intanto la sua mano si rivolse senza fretta verso la roccia dietro la quale il
malcapitato contadino si nascondeva. Fu troppo tardi quando Shion si accorse del
pericolo.
Il piccolo dittatore, ormai
in completa solitudine, si lasciò andare in una fragorosa risata. “Oggi sarà la
Terra a soccombere ai miei piedi, domani l’universo intero!” parlottò tra sé,
tornando sui suoi passi e richiudendo il portone alle sue spalle.
*
Sorvolò il cielo,
lasciandosi accarezzare dalle soffici nuvole che di tanto in tanto macchiavano
quello splendido azzurro. Gli occhi ben chiusi, lasciandosi cullare dal vento;
assieme ad una respirazione chiaramente calma e rilassata.
“Sono quasi arrivato”
annunciò a se stesso quando riconobbe le valli che stava sorvolando. Cominciò
così una lenta discesa, fino a quando i suoi piedi si posarono sul manto verde
che era la caratteristica del luogo.
Inspirò profondamente
posandosi le mani ai fianchi, in seguito si guardò attorno. “Dove sarà andato?”
continuò a parlare da solo, volgendo il capo prima da un lato, poi dall’altro.
Senza mai smettere di
osservare l’ambente circostante iniziò a passeggiare lungo la sponda di un
piccolo fiumiciattolo; posando lo sguardo, di tanto in tanto, anche alla
superficie dell’acqua.
Una piccola cascata, nelle
vicinanze, rompeva il silenzio della natura. Distogliendo il visitatore dai
rumori di sottofondo. Forse fu proprio quello il motivo per il quale non si
accorse subito dell’altra presenza.
Distratto, dunque, non si
avvide di ascoltare altri rumori provenire dal fiume stesso. Fu troppo tardi
quando uno scoscio d’acqua, preceduto da un sonoro grido, lo investi in pieno.
L’onda d’urto lo travolse
facendo cadere il piccolo viaggiatore al suolo. Trovandosi non solo bagnato
fradicio, ma anche seduto sull’erba; osservando il notevole spostamento
dell’acqua.
Istintivamente provò a
coprirsi il volto con un braccio. Ben presto scoprì che tale sforzo era inutile,
ormai di asciutto non aveva già più nulla.
Serrò bene le palpebre per
qualche istante, in attesa che la tempesta improvvisata si placasse. Quando
riaprì gli occhi, osservò la figura di una persona ben conosciuta allegramente
sguazzare nell’acqua del fiume e sparire sotto la superficie del torrente per
alcuni istanti, per poi tornare a galla reggendo tra le mani un pesce dalle
dimensioni abnormi.
“Goku!” esclamò il
poveretto, osservando l’amico di sempre galleggiare, ora per aria, con
l’espressione di un bambino appagato e del tutto tranquillo. Il Saiyan scostò lo
sguardo sul terreno, guardando a sua volta la figura di una persona a lui
conosciuta, “Ciao Crilin!” esclamò felice di vederlo.
Goku fluttuò per qualche
istante nell’aria, infine posò i piedi al suolo appoggiandosi la sua preda su
una spalla con la più totale naturalezza. Sembrava quasi stesse trasportando un
sacco pieno di gommapiuma, piuttosto che un abbondante pesce. “Come mai da
queste parti?” gli domandò avvicinandosi, posando la mano libera al fianco.
Crilin riuscì finalmente ad
alzarsi. Si osservò da capo a piedi, pensando che sua moglie lo avrebbe ucciso
se lo avesse visto rientrare inzuppato fino alle ossa. E questo lo sapeva per
esperienza.
Con un sonoro sospiro si
limitò a costatare mentalmente che non tutti sul Pianeta Terra potevano
permettersi di comportarsi come bambini alla sua età. Con questo pensiero
rivolse lo sguardo all’amico di sempre che, al contrario, di crescere non
sembrava minimamente intenzionato.
“Ero solo di passaggio,
così ho pensato di farti una visitina” spiegò strizzandosi la maglietta in
un’insana speranza di asciugarsi. Quel tanto che bastava da risultare
presentabile.
Dopo una ferrea lotta con i
suoi indumenti, Crilin rivolse la sua attenzione al Saiyan. “Se continui così,
non resterà un solo pesce in tutti i fiumi dei monti Paoz” scherzò, esibendosi
in una delle sue facce buffe. Goku rise divertito, posò al suolo la bestia
appena catturata e si riappropriò dei suoi vestiti abbandonati sotto un albero,
“Ma no, che vuoi che sia, per un pesciolino ogni tanto” rise l’alieno
accomodandosi sull’erba. L’altro gli rivolse uno sguardo scettico, “Certo”
mormorò sarcastico, dopo aver appurato che quello che l’amico chiamava
pesciolino sarebbe stato in gradi inghiottirlo in un sol boccone.
Crilin s’immaginò diventare
il pasto completo di quello che, in teoria, doveva essere la sua preda. In quel
caso lo stato dei suoi vestiti sarebbe stata l’ultima delle spiegazioni che
avrebbe dovuto dare a 18; se mai fosse riuscito a tornarci a casa.
Gli occhi del piccolo
terrestre si posarono sull’intrepido pescatore, rivestito e tornato a essere
l’eroico guerriero che ben conosceva.
Senza esitare si accomodò
al suo fianco, facendo attenzione a stare ben lontano dal pesciolino; tornando
poi a osservare il cielo che aveva appena solcato. Anche Goku rivolse lo sguardo
al manto azzurro sopra le loro teste, non prima di essersi infilato anche
l’ultimo polsino. “E’ proprio una bella giornata, vero?” domandò quindi il
Saiyan all’amico, sdraiandosi sull’erba e intrecciando le mani dietro la nuca.
Crilin annuì. L’aveva pensato anche lui mentre leggiadro aveva viaggiato per
raggiungere la dimora dell’amico. “Non può succedere nulla di male in un giorno
così” assentì il terrestre.
Le ultime parole famose.
Una strana anomalia oscurò
l’azzurro. Tutto improvvisamente sembrò annuvolarsi, mentre un’aria nefasta si
diffuse sul globo.
Goku scattò in piedi come
una molla, osservò il cielo e percepì in lontananza presenze negative. “Sta
succedendo qualcosa di brutto da qualche parte sul Pianeta” annunciò l’eroe di
sempre, già pronto a scattare in azione. “Ahhh… perché non imparo mai a starmene
zitto!” si lagnò al suo fianco Crilin.
*
CONTINUA…
*
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