Races
The Most Important Race
-Quest’anno
è più difficile delle altre volte. E’
prevista pioggia, e sappiamo tutti cosa vuol dire.-
Non c’era bisogno
che il crucco mangia
patate lo ripetesse un’altra volta.
Era un discorso che aveva
già sentito rimbalzare a sufficienza nella bocca dei
meccanici e in quelle ben più fastidiose dei giornalisti.
Come se, ripetendo sempre la solita solfa, la pioggia prevista avrebbe
deciso di non presentarsi. Così, tanto per fare un torto
a meteorologi e scommettitori.
E al loro Direttore Tecnico.
Che gufava da così tanti giorni ormai che, effettivamente,
si sarebbe anche potuto mettere a nevicare e non se ne sarebbe stupito
neppure troppo.
Avrebbe avuto soltanto
qualcosa in più da recriminare al tedesco palestrato che
fissava tutti quanti con aria marziale, dall’alto dei suoi
quasi due metri, come se più che una scuderia
automobilistica fossero dei marines pronti all’addestramento.
Sarebbe stato di gran lunga meno tediante – avrebbe potuto
farsi congedare con disonore semplicemente rifiutandosi di muovere un
dito come spesso faceva, ma almeno sarebbe potuto andare via e non
avrebbe più dovuto starlo a sentire.
-Vee, che cosa triste!
Perché non proviamo ad essere un po’
più positivi, Lud?-
Il giovane che si
avvicinò con un grosso sorriso e gli occhi nocciola
socchiusi aveva la divisa rossa e bianca perfettamente in ordine, anche
il cappellino con il logo del Cavallino Rampante era perfettamente
calcato sui lisci capelli castani e solamente un ribelle ricciolo
sfuggiva dal lato sinistro. Aveva l’aria completamente
rilassata e felice, mentre batteva una pacca amichevole sulla spalla
del biondo – anche se dovette alzarsi sulle punte per poterlo
fare, perché gli arrivava a stento a metà
avambraccio.
Ludwig gli rivolse uno
sguardo a metà fra l’accigliato e
l’imbarazzato, una lieve traccia rosata sulle guance e
l’improvvisa consapevolezza di non sapere che farsene della
sua importante mole.
Patetico,
arricciò le labbra e si trattenne dal dirlo a voce alta
facendo saettare lo sguardo dall’uno che sorrideva ancora in
maniera a dir poco idiota, all’altro che pareva aver perso
l’uso della parola.
Lovino si scostò
bruscamente dalla parete a cui era stato appoggiato fino a questo
momento, facendo schioccare la lingua contro i denti e producendo un
suono secco che da solo era indice di tutto il fastidio accumulato.
- E ci saranno arcobaleni ed
unicorni ad aspettarci all’arrivo. Cazzo, Feli!
Pioverà e saremo fottuti perché dovremmo cambiare
le gomme e non ce lo
possiamo permettere.-
Non gli era mai piaciuto
prendersela con il fratellino, soprattutto perché il suo
sorriso tendeva a morire piano piano ed era una cosa che non sopportava
vedere. Proprio come in quel momento; l’espressione del
minore dei fratelli Vargas si annuvolò e anche la mano che
teneva ancora contro la spalla del tedesco scivolò via,
andando a congiungersi con l’altra in uno stretto nodo delle
braccia al petto.
Il DT sospirò
abbassando lo sguardo sul proprio ragazzo e poi si passò
nervosamente una mano fra i capelli chiari, scompigliandogli,
rivolgendo un’occhiata nervosa all’altro pilota.
Era sempre così quando gli toccava prendere le parti del
maggiore contro il minore – anche se era una cosa molto ma
molto rara.
- Lovino ha
ragione… partite dalla quinta e sesta posizione. Jones non
è un gran problema, ma il
BTT non lo supererete mai. Non con i vostri tempi e men
che meno se dovrete fermarvi ai box-
Il siciliano
sbuffò, stringendo le mani in pugni, sentendo nominare quelli.
Era assurdo anche solo pensare
che potessero vincere il Gran
Premio d’Italia. Insomma quella era la loro
terra, non era concepibile che a trionfare fossero degli stranieri!
Eppure le statistiche erano tutte dalla loro parte. Erano quei tre ad
essere in cima alle classifiche ed aver raggiunto più podi
fino a quel momento.
Uno più arrogante e
presuntuoso dell’altro, tra l’altro. Gli venne
voglia di bestemmiare in dialetto solo a pensarci. Non lo fece
unicamente perché poi sarebbe stato rimproverato dal
fratellino – anche se, essendo cresciuti ai poli opposti
dell’Italia era difficile per l’uno e
l’altro capire cosa dicessero nei momenti in cui si sentivano
più… patriottici.
- Vee… allora cosa
dovremmo fare, ritirarci? -
Feliciano parlò
dopo svariati istanti di silenzio concentrato, guardando entrambi con
un’espressione seria che era difficile vedere nel suo bel
volto di solito così gioviale e spensierato.
Dei due Vargas era quello che
aveva sempre visto il bicchiere mezzo pieno; oltre ad essere il
più amato dai fan e dalla stampa per la sua
disponibilità e gentilezza.
I due fratelli si scambiarono
uno sguardo. Quello del nord era ostinato, quello del sud irritato. Ma
fu il primo a vincere, dato che il secondo lo distolse dopo pochi
istanti, sbuffando nervosamente fra i denti.
- E va bene, va bene. Porca
puttana… col cazzo che ci ritiriamo. Faremo mangiare la
polvere a quei bastardi! -
Ludwig abbozzò un
sorriso esasperato guardando il suo ragazzo abbattere lo scontroso
fratello travolgendolo in un precipitoso abbraccio, che li fece
capitombolare entrambi a terra con un gran fracasso e un coro di
‘’cazzo, Feli!’’ e
‘’veee, scusami fratellone!’’
Come persone erano decisamente
complicati da giostrare, ma come piloti si qualificavano fra i migliori
del
panorama italiano.
- E spostati che sei pesante! -
…più o
meno.
-
- -
Il BTT. Bad Touch Trio.
Sdraiato su uno scalone degli
spalti, lo sguardo rivolto all’annuvolato cielo lombardo,
Lovino si ritrovò a riflettere su quelli che erano i loro
avversari in questa gara più che nelle altre.
Non avrebbe permesso a quei
tre stronzi di trionfare a Monza, fosse l’ultima cosa che
faceva!
E poi doveva ancora farla
pagare a quel viscido di un francese per averlo mandato fuori pista a
Budapest. E tutto perché si era rifiutato di uscire con lui,
la sera prima della competizione, dandogli un bel due di picche -
l’ennesimo, effettivamente, ma Bonnefoy era un tipo che la
marpioneria ce l’aveva nel sangue.
Ed ovviamente la cosa aveva
una connotazione ancor più personale, dato che il pilota in
vantaggio fino a quel momento era nientemeno che il fratello maggiore
del crucco mangia patate.
Se non fosse stato per la
presenza di Feliciano, Ludwing sarebbe sicuramente passato alla
Mercedes da tempo. E lui si sarebbe risparmiato un sacco di mal di
pancia da nervoso.
La cosa che gli faceva
più rabbia, però, era come le tre punte di
diamante di scuderie diverse avessero finito per far fronte unico tra
di loro e sacrificato i rispettivi compagni pur di raggiungere il podio
e non permettere a nessun altro di rubare loro i primi posti.
Il siciliano non lo trovava
affatto giusto. Era disgustoso, scorretto e fuori da qualsiasi spirito
sportivo. Ma, purtroppo, non andava contro il regolamento. Del resto i
tre competevano fra di loro per il primato ma questo faceva
sì che ignorassero gli altri concorrenti non reputandoli
alla loro altezza e rifiutandosi di prenderli sul serio.
- Coglioni –
biascicò, socchiudendo gli occhi con un sorrisetto
soddisfatto.
Era proprio a quello, che
avrebbe puntato. La loro totale fiducia nelle loro capacità
e sicurezza di sé era la breccia che serviva per poter
abbattere quel muro apparentemente invalicabile.
Se solo non fosse stato per il
maledetto tempo…
- Oggi es una bela dìa -
Il Vargas sobbalzò,
spalancando gli occhi, nel sentire una voce allegra e tristemente
conosciuta storpiare la sua bella lingua. Nel sollevarsi seduto di
scatto, però, finì per impattare con il capo
contro lo stomaco del ragazzo che si era piegato su di lui e
che si ritrovò ad indietreggiare massaggiando la zona lesa
con le lacrimucce agli occhi incredibilmente verdi.
- Ahi ahi que dolor! -
- Bastardo! Cosa volevi fare?
E che ci fai qui?! -
L’italiano
ignorò bellamente la sceneggiata dell’altro,
consapevole di non avergli fatto poi così tanto male
– …vero? –, scoccandogli
perciò la migliore delle occhiatacce del suo fornito
repertorio. Quel tizio era sempre così fottutamente teatrale
che non potevi mai essere sicuro di niente.
Lo spagnolo socchiuse un
occhio, smettendola di passare la mano sullo stomaco, arricciando le
labbra in un piccolo broncio e cercando, piano piano, di tornare vicino
all’altro. A giudicare dalle sue sopracciglia corrugate,
però, sembrava esserci in programma
una nuova testata. E questa volta voluta.
Scosse il capo, passando una
mano fra i ricci scuri e rivolgendogli infine un gran sorriso mentre,
sprezzante del pericolo, prendeva posto al suo fianco.
Il pilota del Cavallino
Rampante arcuò così tanto le sopracciglia che a
momenti sparivano tra le ciocche castane che gli accarezzavano la
fronte, sentendo le mani formicolare per il desiderio di prenderlo a
cazzotti e dargli un vero motivo per piagnucolare. E, magari,
cancellare quell’irritante sorriso ebete dal suo viso.
- Sono venuto a ver la prueba de Kiku
– spiegò, dopo qualche istante di silenzio,
voltandosi a guardare tranquillamente verso il circuito dove,
effettivamente, da un po’ sfrecciava la seconda vettura della
Honda.
Il meridionale rimase a
guardare per un po’ l’espressione rilassata
dell’altro, studiando il suo sguardo attento che sembrava
seguire ogni curva dell’auto del compagno di squadra, per poi
premere nervosamente le labbra fra di loro.
Dannazione, non riusciva a
capirlo! Perché sembrava così interessato
all’altro pilota, quando in gara non faceva nulla per
aiutarlo quantomeno a schiodarsi dal perenne settimo posto?
- Che te ne fotte del
giapponese? Tanto il terzo posto è tuo -
sbottò, alla fine, non riuscendo a trattenere
l’acidità nel suo tono.
Finalmente Carriedo
tornò a prestargli attenzione e guardarlo. Lovino
trasalì. Nei suoi occhi c’era…
tristezza? Possibile mai?
- Lui se impegna mucho, sai? La
scuderia es
dela su familia da muy tempo, e per lui es un vero honor corere per loro. Mas… non
è mai stato molto… come se dice? -
- Portato? –
azzardò l’italiano, inarcando un sopracciglio.
- Portado –
storpiò con un sorriso gentile, convenendo con lui,
l’iberico.
- Non voleva fare el piloto. Voleva entrare
nell’ejército.
– continuò, tornando a guardare la prova.
L’auto di Kiku era appena finita fuori pista, dopo aver preso
male una curva – Asì
continua a corere
solo per non dare un desegrado
a loro. Es admirable,
non trovi? -
Il ragazzo più
giovane strinse le labbra in una smorfia, distogliendo rapidamente lo
sguardo dalla figura dell’altro pilota.
- E’ da coglioni -
Antonio sobbalzò,
preso alla sprovvista da quella reazione. Non che si potesse aspettare
più finezza da un tipo come l’italiano, non ne
aveva mai mostrata da quando l’aveva conosciuto, ma non
pensava fosse anche tanto indelicato.
- Como? -
- Seh, il lago.
Ascoltami bastardo storpiatore di lingue altrui… non dico
che non sia una bella cosa. Ma è… stupido,
rinunciare ai propri sogni per far contenti gli altri. Honda
sarà sempre infelice, no? E così anche la sua
famiglia, perché non lo vedrà mai arrivare al
podio. – sbottò, alzando gli occhi al cielo, un
po’ perché orma stufo di come lo spagnolo
martoriasse l’italiano – anche se sotto sotto lo
trovava divertente, e un po’ perché parlare in
quel modo era per lui molto difficile.
Quello bravo in certi tipi di
discorsi, o forse solo relazionarsi con la gente in generale, era
Feliciano non certo lui.
Il secondo pilota della
scuderia giapponese socchiuse gli occhi, appoggiando i gomiti sulle
ginocchia e curvandosi leggermente in avanti col busto, tornando a
guardare la pista con le labbra nascoste dietro le mani intrecciate.
- Eh… credo proprio
che abbia razón
tu, Lovinito -
- Certo che ho
ragion-… come mi hai chiamato, bastardo!? -
Antonio rise, piegandosi di
lato e cercando di ripararsi con le braccia dalla tempesta di pugni del
più piccolo. Certe volte Lovinito sembrava proprio un
ragazzino, nonostante i ventiquattro anni abbondantemente compiuti.
- Mi amor, non essere
crudele! Il mio corazón
piange quando mi tratti asì! -
Lovino, rosso ormai fino alle
orecchie (come un pomodoro,
rifletté lo spagnolo), si
alzò di scatto
stringendo i pugni e guardandolo con un misto di nervosismo e
frustrazione. Avrebbe anche battuto un piede per terra, se solo non
avesse saputo di sembrare ancor più ridicolo.
- Mi amor ‘sto
cazzo. Ma tu talia a
chistu, oh!- si lasciò sfuggire, in dialetto,
dandogli rapidamente le spalle ed allontanandosi dalla scalinata senza
nemmeno salutare.
Carriedo rimase a guardarlo
finché la sua divisa rossa e bianca non divenne che un
puntino, all’orizzonte, poi si lasciò
tranquillamente cadere sdraiato dove prima si trovava
l’altro, portando le braccia dietro il capo e chiudendo il
occhi con un sorriso.
Dopo uno scontro col suo querido, una bella siesta era del
tutto meritata.
-
- -
- Venti secondi -
- E’ troppo
– smorfiò, dando un lieve calcio alla pila di
copertoni che gli si trovava al fianco.
Il tedesco sospirò,
abbassando il cronometro e tornando a guardare l’auto rossa
uscire velocemente dai box. Anche se non abbastanza velocemente.
- Lo so. -
Lovino sembrava nervoso.
Più del solito.
- L’americano ha
venticinque secondi di vantaggio su di me. Venticinque, crucco. Sai che
vuol dire? -
Ludwig stava iniziando a
spazientirsi. Avere a che fare con il maggiore dei Vargas dava sempre
fondo a tutta la sua pazienza.
- Lo so, cosa vuol dire, Romano. Chi
è il Direttore Tecnico fra i due? -
Quando Beilschmidt iniziava a
chiamarlo col secondo nome voleva dire, di norma, che aveva tirato
troppo la corda.
Lo fissò per
qualche istante, poi sbuffò stizzito e si voltò
per tornarsene al garage. Feliciano non ce l’avrebbe mai
fatta, con tempi come quelli. E nemmeno per lui sarebbe stato facile
superare Alfred, figurarsi pensare di competere per i primi tre posti!
Non si curò nemmeno
di scusarsi con il meccanico danese che aveva colpito distrattamente
con un braccio, sorpassandolo, e quello non provò nemmeno a
fermarlo limitandosi a scrollare le spalle e tornare verso il DT. Tutti
ormai conoscevano fin troppo bene il caratteraccio del primo pilota
della Ferrari.
Ma solo uno, oltre suo
fratello, avrebbe avuto il coraggio di farsi trovare appoggiato come se
nulla fosse alla sua
bambina.
- Mon dieu, Lovinò, cher…
che aria copa
che abbiam osggì.
Più del solito, intendo -
Il riccolo sul lato destro del
capo dell’italiano sembrò arricciarsi ancora di
più.
- Viscido bastardo, togli
subito quel grasso culo francese dalla mia auto! –
Il ragazzo biondo
sgranò gli occhi azzurri, portandosi teatralmente una mano
al cuore e scostandosi con un gesto stizzito dalla vettura rossa che
gli aveva fatto da appoggio fino a quel momento. Probabilmente
più offeso dal fatto che si fosse insinuato che il suo culo
fosse grasso, più che dell’insulto in
sé.
Il siciliano lo
guardò in un modo che avrebbe fatto scappare a gambe levate
chiunque altro, ma Francis si limitò a sorridere in maniera
tirata ed allontanarsi di un altro passo mentre quello lo sorpassava
per andare a pulire la carrozzeria con la manica della tuta.
- Je n'ai pas, mio carro Lovinò! Non
si fa così con gli amì
venoti a
darti una manò
– lo rimbrottò, con un tono affettuoso e
dispiaciuto falso come una moneta da tre euro.
Il siciliano dovette reprimere
un brivido, contemplando il sorriso sulle labbra dell’altro.
Chissà come facevano a trovarlo seducente.
- Primo: tu non sei mio amico.
Secondo: io non ho bisogno dell’aiuto di nessuno. Tantomeno
di un viscido bastardo pervertito! - quasi gridò,
agitandogli contro un pugno, tanto per mettere in chiaro le cose. Non
aveva mai perso l’abitudine di quelli del sud di gesticolare
tanto e urlare ancora di più, mentre parlava.
Il pilota della Renault non
sembrò perdersi d’animo, azzardando persino ad
avvicinarsi a lui con passi cauti; non potevi mai sapere quando quel
focoso italiano ti avrebbe tirato un calcio nelle regioni vitali.
- Sce l’hai
ancora con moi
per quel picolo
inscidente
a Barscellonà? -
- …a Budapest. A
Barcellona hai speronato l’austriaco con cui è
uscito il sopracciglione inglese -
Il francese si
accigliò, accarezzandosi il pizzetto biondo, poi
sembrò ricordare.
- Ah, sgià.
Ma quello s’era permesso di provarci col mio Arthùr…
comonque
non dovresti portar tant
rancore, Lovinò! – e scosse il capo,
come se ne fosse deluso.
Da parte sua, Lovino sentiva
che se l’altro avesse di nuovo pronunciato il suo nome in
quel modo gli avrebbe fatto ingoiare tutti i denti. Non aveva idea di
quanto fosse fastidioso, ed irritante.
Ma a Francis non
sembrò importare dell’ennesima occhiataccia e,
piuttosto, bruciò qualsiasi distanza fra di loro
costringendo il più piccolo a piegarsi di schiena contro il
cofano dell’auto alle sue spalle.
L’alito del francese
sapeva di vino rosso e menta, una combinazione che
all’italiano dava il voltastomaco. O forse era solo
l’eccessiva vicinanza, e l’avere il suo petto
premuto contro il proprio.
All’improvviso si
sentì in trappola, sentendo l’aria mancare. Cosa
voleva quel maniaco mangia lumache da lui?
Rabbrividì,
sentendo le sue labbra contro l’orecchio. E non era un
brivido di piacere, affatto. Ma non poteva liberarsi, Bonnefoy era
più grosso e forte di lui ed aveva piazzato un ginocchio fra
le sue gambe per impedirgli qualsiasi tentativo inconsulto.
- Per dimostrar che io sono sgeneroso e ho
dimenticato partout,
ti offro un piccolo regalo… -
- C-che regalo? -
Il sorriso da Stregatto del
pilota biondo se lo poteva perfettamente immaginare, pur non avendolo
davanti. Gemette, però, di dolore e frustrazione nel sentire
i suoi denti chiudersi sul lobo delicato e tirare.
Non si era mai spinto a tanto,
prima.
- Io avrò
un… inscindente
di percorso, une mia disattenzione, chiamiamola così. Che
coinvolgerà il nostro poverro amì Alfrèd.
Tu non sci
metterai molto a superare Antoine e il tuo fratellino tanto carino
potrà avere il quarto posto… tutti contenti, je n'ai pas? -
Lovino non poteva credere alle
sue orecchie. Questo andava oltre la mancanza di spirito sportivo.
Eppure… eppure non
ce l’avrebbero fatta a superare l’americano,
combinati così. Nessuno dei due avrebbe ottenuto un posto
sul podio e avrebbero deluso tutti quanti.
Gli girava la testa e gli
mancava l’aria. Deglutì.
- E tu… cosa vuoi,
in cambio? -
- Oh, che cosa brutta da dire mon cher!
– sospirò l’altro, fingendosi
contrariato – Ma potresti dimostrarmi la… tua reconnaissance…
in molti modi… - mormorò, baciandolo sulla
guancia.
L’italiano si
sforzò di non sputargli in faccia.
- Scopando con te, vuoi dire.
Neanche morto, schifoso pervertito! Mi hai sentito? Buttami pure fuori
pista ed investimi, ma io non mi venderò mai a
t-… -
Si bloccò,
raggelato. Il fottuto francese stava ridendo.
Francis lo lasciò
andare di scatto, indietreggiando e portandosi una mano al petto ed una
al fianco, piegandosi leggermente in avanti scosso dalle risate.
- Mon dieu avresti
dovuto vedere la tua fascia!
‘’Buttami pure fuori di
pista!’’ Ah… Antoine ha davvero rasgione, sei
così carino ed onesto Lovinò.-
L’italiano
sgranò gli occhi, strofinando nervosamente la mano dove le
labbra dell’altro l’avevano toccato, disgustato. Il
suo viso era rosso e gli occhi nocciola ardenti.
- Che cosa vuol dire, figlio
di puttana? -
Le spalle dell’altro
pilota ebbero qualche altro sobbalzo, mentre asciugava una lacrimuccia
intrappolata fra le ciglie chiarissime con un indice. Quando
riaprì gli occhi, l’azzurro brillava ancora ma non
c’era più traccia di divertimento nel suo sorriso.
Bensì sfida.
- Vuol dir, stupide, che il
secondo posto te lo dovrai guadagnare. Quindi vedi di fare del tuo
meglio… Lovinò – lo salutò,
flettendo le dita della mano ed andandosene come se nulla fosse
successo, lasciando lì il maggiore dei Vargas che sentiva di
poter mettersi ad urlare da un momento all’altro.
Quello stronzo ce
l’aveva fatta a prenderlo per il culo… anche se in
senso figurato.
-
- -
Felicano sorrideva, come suo
solito, guardando il circuito dove l’indomani avrebbero avuto
la loro resa dei conti – certo, il Campionato non era affatto
finito. Ma, per un pilota, la sfida nella propria terra
d’origine era di sicuro la più importante da
vincere.
Sembrava del tutto tranquillo
e rilassato, nonostante i minacciosi nuvoloni neri
all’orizzonte che rovinavano il tramonto.
- Non sei preoccupato? -
Il minore dei Vargas scosse il
capo, voltandosi poi a guardare il fratello al suo fianco e
rivolgendogli un bel sorriso.
- Vee sono fiducioso
fratellone. E poi noi faremo del nostro meglio, no? -
Lovino appiattì le
labbra, incerto, poi si costrinse a sorridere a propria volta e passare
un braccio attorno al collo del fratello, attirandolo a sé e
scompigliandogli con vigore i capelli fin troppo ordinati come faceva
quando erano bambini.
- Hai ragione, Feli. Faremo
del nostro meglio -
Il milanese
ridacchiò, passando le braccia attorno al torace del
più grande ed appoggiandogli il capo sulla spalla. Una volta
tanto che il suo fratellone non faceva il musone e lo scacciava, ovvio
che avrebbe approfittato!
- Nonno Roma sarebbe stato
orgoglioso di noi, vero? -
- Uhm -
Questa volta il meridionale si
limitò ad annuire, stringendolo più forte. Del
resto, se avevano iniziato a correre era proprio per il vecchio Romano
che, su quella pista, ci aveva vinto il Gran Premio più di
una volta.
E anche se ormai il vecchio
era morto, avrebbero continuato a portare avanti il suo sogno.
Chissà…
magari Feliciano aveva ragione. Magari bisognava avere solo un
po’ di fiducia.
-
- -
- Felicitaciones -
Lovino fece cenno di andare al
fratello al suo fianco, ignorando il sorrisetto con cui aveva salutato
l’iberico. Rimase a guardarlo correre verso il suo fidanzato,
quasi atterrando quel colosso di Ludwig mentre gli saltava in braccio
ridendo e baciandolo davanti a tutto il resto del team. Nonostante
tutto non poté fare a meno di sorridere.
- Hm. Ci saresti stato tu sul
podio, lo sai. Sei stato solo sfortunato, bastardo. -
Antonio si strinse nelle
spalle, ritrovandosi poi a chiudere gli occhi con una smorfia.
Dimenticava di avere il braccio destro leggermente fuori uso.
L’incidente con la
McLaren di Alfred, a causa del brusco taglio di strada di Francis che
aveva finito per perdere realmente il controllo dell’auto
forse per colpa delle gomme per il bagnato (alla fine non aveva
piovuto, contro ogni previsione, ma ormai era troppo tardi per un
cambio), era stato abbastanza scenografico e aveva fatto temere il
peggio, ma gli unici danni riportati erano stati quelli alle vetture e
al braccio dello spagnolo, più sfortunato
dell’americano che ne era uscito soltanto con qualche
escoriazione.
- Non si può siempre vincere querido –
gli fece notare, sorridendo mite.
Lovino lo fissò per
qualche istante, imbronciato come suo solito, ricevendo
un’occhiata confusa dall’altro. Che aveva detto di
male, questa volta?
- Ti sei giocato Singapore e
Suzuka. E la possibilità di vincere il Campionato, idiota -
Ah, allora era questo. Antonio
sorrise, facendo spallucce e invitandolo con un cenno del capo ad
incamminarsi insieme a lui.
- Non lo avrei vinto en todo caso.
Gilbert non lo ferma nessuno – e ridacchiò,
accennando col capo al tedesco che stava parlando, poco lontano, con i
giornalisti del suo ennesimo primo posto – Mas
vorrà dire che ti seguirò e tiferò per
te, Lovinito -
L’italiano si
trattenne dal tirargli una gomitata solo perché era
già messo male, ma voltando il capo sorrise.
- Beh, bastardo, dovremmo
festeggiare questo secondo posto non trovi? -
Lo spagnolo sgranò
gli occhi verdi, che improvvisamente si illuminarono e fecero arrossire
ancora di più il ragazzo al suo fianco.
Che stava iniziando a
rimpiangere quello che aveva tutta l’aria di
essere…
- …un appuntamento,
mi vida?
Vuoi davvero uscire conmigo?
-
- Ci sto già
ripensand-… uhm
-
Antonio sorrise, contro le
labbra del più piccolo, stringendolo contro di sé
con il braccio buono. Entrambi non si curarono, in ogni caso, dei flash
delle fotocamere dei giornalisti o di Francis, abbracciato allo
scontroso DT inglese della scuderia americana, che sorrideva prendendo
una mazzetta da quest’ultimo.
C’erano voluti
tredici Gran Premi, certo. Ma ne era valsa la pena.
-
- -
- Vee ma adesso devo
considerarti mio cognato?
- Feli non credo sia una cosa
da dire così… -
- M-ma Lud! Adesso Antonio sta
con il fratellone! -
- Ahahaha, que lindo Felicianito!
Puoi chiamare fratellone anche me se vuoi! -
- B-bastardo, non mettere
certe cose in testa a mio fratello! -
- Comunque, non per rovinarvi
la festa, ma vorrei ricordarvi che il Campionato non è
ancora finito… -
- Cheppalle che sei, crucco! -
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Angolino di Red:
inizio con lo scusarmi con tutti gli appassionati di gare di Formula
Uno. Tutto quello che trovate in questa storia è frutto
della mia ricerca su Wikipedia (io sono davvero un ignorante in
materia!) quindi potrei avere toppato qualcosa. Quasi sicuramente. E
non me ne vogliano i veri piloti delle scuderie citate, soprattuto. Ci
tengo tra l'altro a precisare che l'itinerario segue i circuiti del
Campionato del 2014 (per chi se lo stesse chiedendo).
Perdono anche per i
linguisti (?), il francese e lo spagnolo utilizzato sono tutta opera di
Google Translate. La frase di Lovino *ma tu talia a chistu, oh!
è un’espressione dialettale di facile intuizione,
credo, ma per chi non lo capisse vuol dire letteralmente “ma
tu guarda questo!”.
Per quanto riguarda la
storia in sé, diciamo che mi è venuta in mente
guardando Planes
(guardatelo, tra l’altro, è davvero molto carino!)
e soprattutto vedendo quanto l’aereo spagnolo e quella
italiana mi ricordassero proprio Antonio e Lovino. Devo ringraziare
quindi anche sorella che mi ha suggerito di scriverci su
un’AU, anche se con gli aerei non c’entra niente
(ne so ancora meno che delle auto da corsa, fatevi ‘n
po’ due conti).
E basta, credo. Mi
farebbe piacere sentire che ne pensate, se vi va. In ogni caso grazie e
complimenti (?) a chi ha avuto il coraggio di arrivare fino a qui.
Alla prossima, gentaH.
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