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22.
...Happily ever after?
Perché
era lì? Perché adesso?
Lo
osservai mentre scendeva dalla sua vela meccanica in fretta, senza
neanche darle il tempo di spegnersi. Una volta incrociato il mio
sguardo sembrò rallentare, come dopo aver visto un fantasma.
Indossava sempre i soliti anfibi, e la stessa giacca in pelle
pesante. I ciuffi ribelli di capelli color mogano si muovevano a
ritmo di quella brezza leggera, ma lui sembrava di pietra. Ed io,
come lui, non mi ero ancora resa conto di quello che stava accadendo
attorno a me. Abbassai lo sguardo, tornando ad osservare la bussola.
Puntava lui.
Puntava
Jim.
Lui
non verrà più.
Improvvisamente
i ricordi presero di nuovo possesso della mia mente. Era tornato
anche lui dalla prigione infernale, insieme a Peter. Ma qualcosa era
cambiato in maniera irreversibile, a causa di ciò che il
Lupo gli
aveva fatto. Inizialmente pensai che la colpa fosse delle parole
dell'Originale, che aveva inserito in lui il seme della gelosia, del
tradimento, nel momento in cui avevo baciato Peter. Era plausibile,
viste le condizioni in cui ci trovavamo. Ma poi avevo capito che non
poteva essere abbastanza: Jim credeva in ciò che c'era stato
fra di
noi, me l'aveva detto lui stesso. Ed era più forte di tutte
quelle
parole, di quelle menzogne. Un ragazzo abbandonato, solo senza
più
famiglia né patria, ovviamente doveva esserlo per forza. E
non
poteva davvero credere che l'avessi tradito con tanta
facilità.
O
forse si?
In
quel momento mi ero resa conto che c'era stato di più. Che
in quello
spazio solitario in cui era stato rinchiuso, dove cercavo di
raggiungerlo senza risultati, il Lupo aveva fatto altro. Quelle
spirali di fumo viola, quelle lingue di energia negativa che si
avviluppavano attorno a lui, avevano riportato alla mente i ricordi
più spiacevoli del suo passato. L'Originale in fondo aveva
fatto
questo anche con me: mi aveva spinta a ricordare quando, da bambina,
aveva cercato di uccidermi. Quei ricordi maledetti mi avevano
paralizzata, impedendomi di combattere. E in quel momento aveva fatto
lo stesso con Jim. Chissà cosa gli aveva fatto, insinuandosi
nel suo
cervello. Sicuramente il primo ricordo era stato quello di sua madre.
E se avesse ucciso anche lei, insieme alla nonna? Se avesse riservato
lo stesso trattamento a tutti gli abitanti del suo villaggio?
Terrore.
Distruzione. E infine la resa.
Una
volta distrutto il vincolo, Jim era tornato a casa. Nel suo paese
d'origine, come tutti noi. E nessuno l'aveva più rivisto,
neppure
gli abitanti dei Regni vicini.
In
quel momento un'altra folata di vento sollevò la mia
mantella, e
ritornammo a fissarci. Era strano, davvero. Mi ero dimenticata che
effetto mi facesse il suo sguardo. Sembrava di essere ritornati
all'inizio del mio viaggio, quando non riuscivo a spiegare i
sentimenti contrastanti che provavo per lui.
Ma
adesso non potevo lasciarmeli sfuggire. Non più. Non potevo
permettermi di soffrire di nuovo per lui, come per nessun altro. Quel
viaggio mi aveva insegnato a fidarmi delle persone, ma anche a non
lasciarmi trascinare eccessivamente dalle emozioni che avrebbero
potuto distruggermi. Era quello che avevano fatto.
Quando
lui se n'era andato, io...
«
Cosa ci fai qui? » sibilai, rendendomi conto di aver parlato
ad un
tono di voce troppo basso per poter essere sentito. Eppure, in quel
silenzio surreale, la mia voce gli arrivò. Manteneva gli
occhi fissi
nei miei, come per paura di perdere il contatto, di perdere qualsiasi
possibilità di parlare con me.
«
Lasciami spiegare. » iniziò lui, ma io lo
interruppi subito,
scuotendo vigorosamente la testa e interrompendo quell'assurdo
contatto che mi stava mandando ai matti.
«
No. No. Non puoi venire qui e...Non puoi. »
«
Ho saputo che oggi c'è stato l'incontro. »
«
Già, ed è finito. Sono andati via tutti.
» risposi con stizza,
facendogli segno di guardarsi attorno. L'atmosfera si era tinta di un
arancio intenso, e gli abitanti del villaggio stavano tutti facendo
ritorno alle proprie case. Quello strano silenzio era interrotto solo
dalle nostre voci concitate, e dal rumore del vento.
Ritorna
nella tua corazza. Non hai bisogno di questo.
«
Sono felice che tu stia bene. » dissi, riprendendo il
controllo
della voce. « Se c'è qualcosa che posso fare per
te, non esitare a
chiedere. Ma devo tornare a casa. ».
Avanzai
di un passo, poi più veloce, cercando di superarlo e
andarmene il
prima possibile. Rimanere lì non aveva senso. Ma quando
cercai di
superarlo, sentii un'improvvisa stretta attorno al braccio. Mi
bloccai, e d'istinto cercai di retrarlo per proteggermi. Jim mantenne
stretta la presa, ed io mi fermai.
«
Mi dispiace. » sibilò, tenendo il capo chino.
«
Non ho bisogno delle tue scuse, davvero. Non devi scusarti, va tutto
bene. La guerra è finita, stiamo ricominciando. »
proseguii io,
riuscendo a guardarlo negli occhi per la prima volta senza rimanere
impietrita. Le iridi luminose erano velate da una leggera
contrizione, e forse ne capivo il motivo. Ma non era sufficiente.
Lo
sentii allentare la presa, e di nuovo ripresi il passo. Il silenzio
stava diventando opprimente, soffocante.
«
Ariel mi ha detto che sei andata a cercarla. Che hai chiesto di me.
»
esclamò lui ad alta voce, rompendo quella distanza. Mi
fermai. E
ancora ricordi, ricordi e stupidi ricordi mi invasero. Era vero,
avevo raggiunto l'oceano sapendo che il mare di Ariel confinava con
Montressor. Lei e Jim si conoscevano, doveva per forza sapere
qualcosa. Se era vivo. Se stava bene. Ma Ariel aveva risposta solo ad
una parte delle mie domande: a quanto mi era parso di capire, Jim
aveva sfruttato tutto quel tempo per ricostruire il villaggio con gli
abitanti ritornati nel suo mondo. Molti non erano tornati. Le macerie
ricoprivano la terra. C'era molto lavoro da fare, e Ariel non era
riuscito a convincerlo a riprendere i contatti con il resto del
mondo. Ma a quanto pare, presa dall'esasperazione, gli aveva parlato
della mia visita. Nonostante le avessi fatto promettere di non dirgli
che ero andata fin da lei per cercare informazioni su Jim, da una
parte la capivo: Ariel era una persona impulsiva, e Jim sapeva essere
davvero esasperante quando si chiudeva a riccio con il resto del
mondo.
«
Si. » risposi, voltandomi. « Ma a quanto pare
nessuno sapeva di te.
E' stato un sollievo sapere che eri ancora vivo, comunque. ».
La
freccia nella bussola continuava a girare vorticosamente,
scricchiolando nella mia tasca. Cominciavo ad odiarla.
«
Red, non sarei mai voluto sparire in questo modo. ». Non
pronunciare il mio nome. «
Ma il Lupo...lui mi ha fatto vedere cose che non pensavo di ricordare
ancora. Tutta quella morte, la distruzione...mi ha fatto rivivere la
perdita di tutti, compresa mia madre, fino allo sfinimento. Per
questo sono tornato a Montressor. Per ricominciare da capo.
».
«
E ci sei riuscito? » sussurrai, riducendo gli occhi a due
fessure
esili. Lui rimase in silenzio. « Tutti stiamo cercando di
ricominciare, Jim. In un modo o nell'altro, ce la faremo. Ma
cancellare ogni ricordo del passato, scappare via in questo
modo...non è la soluzione. E secondo me lo sai anche tu.
».
Avevamo
tutti perso qualcosa. E adesso dovevamo imparare a ricominciare. Ma
se c'era una cosa che avevo imparato da quel viaggio, è che
il
passato non poteva essere buttato al vento. Per questo avevo deciso
di rimettere in sesto la casa nel bosco. Ritornai sui miei passi.
«
Ti prego, non andare via. Sono venuto qui per... »
«
Per cosa?! » sbottai, voltandomi di nuovo. Era incredibile
come
riuscisse a portarmi all'esasperazione in così poco tempo.
Era una
dote che in effetti gli riconoscevo.
«
Per te. ».
Rimasi
in silenzio, ed inevitabilmente ripensai a quella notte, quell'unica
notte in cui eravamo stati insieme davvero, in segreto, fermando il
tempo. Soffocai una risata amara, ripensando a quelle stesse parole.
«
Bugiardo. » mormorai, cercando di soffocare il terribile
groppo alla
gola che stava rischiando di uccidermi. Non volevo mostrarmi debole,
non di fronte a lui. Non volevo ricordare il dolore che mi aveva
attraversata quando se n'era andato. O forse non volevo ammetterlo.
Mi
voltai di nuovo, cercando di nascondere il volto. E dopo pochi
istanti sentii le sue braccia circondarmi il corpo, in una stretta
soffocante. Riconobbi ogni singolo secondo di quell'abbraccio, e ogni
centimetro di pelle, seppur nascosta dagli abiti, mi era
terribilmente familiare. Il suo profumo era insopportabilmente lo
stesso. Sentivo il suo respiro tranquillo, nonostante
l'elettricità
nell'aria. Abbandonai le braccia lungo i fianchi, senza il coraggio
di voltarmi.
«
Permettimi di restare. » mormorò lui con un filo
di voce. E a quel
punto non riuscii più a contenermi.
E
scoppiai in un pianto liberatorio. Non riuscivo a ricordare l'ultima
volta che avevo pianto. Ma mi ero ripromessa di non farlo
più, da
quando era scoppiato l'Apocalisse. Facevo in modo di impedirlo ogni
volta: e così non lo avevo fatto quando mi ero svegliata con
il
braccio mozzato, o ogni volta che il cannone metallico compariva al
posto dell'avambraccio; non l'avevo fatto quando mi ero ritrovata
sola, nel bosco, o quando mi ero resa conto che mia nonna non sarebbe
tornata; non l'avevo fatto nella prigione, e non l'avevo fatto quando
Jim se n'era andato.
Quindi,
forse, doveva accadere. Dovevo liberarmi finalmente di tutti i miei
demoni, rimasti nascosti nelle lacrime che non avevo mai voluto
versare per sembrare debole. Strano che proprio in quel momento
avessi deciso di lasciarle andare così, in un soffio di
vento.
Sentii Jim aumentare la stretta ancora di più, come per
impedire al
mio corpo di sgretolarsi in mille pezzi.
«
Resta. »
«
Resterò. ».
* * *
Il
villaggio quella mattina era in fermento: i preparativi per la grande
festa del giorno dopo stavano procedendo bene, e dovevamo tutti
prepararci all'arrivo di molte persone.
Era
passato un anno esatto dal giorno in cui l'Originale era stato
sconfitto, e per celebrare quel giorno ogni Regno era in festa. Il
nostro villaggio si preparava ad accogliere coloro che avevano
collaborato a quella vittoria, e insieme avremmo ricordato il giorno
in cui il nostro mondo era tornato a splendere, finalmente, di luce
propria.
Attraversai
il viale principale in modo da raggiungere la piazza, ma fui
interrotta improvvisamente da una squillante voce che mi chiamava da
lontano.
«
Signorina Red! Signorina Red! » gridava in lontananza un
bambino dai
brillanti capelli color miele. Lo raggiunsi a passo spedito,
piegandomi sulle ginocchia in modo da essere alla sua altezza.
«
Solo Red. » ribadii, probabilmente per l'ennesima volta.
« Che
succede? ».
«
Un coniglio. » riuscì a dire lui con il fiatone.
« Un coniglio la
sta cercando. E' al belvedere. ».
Strabuzzai
gli occhi, e istintivamente sorrisi. Lo ringraziai e mi diressi a
passo spedito verso la grande terrazza.
«
Tu hai seri problemi di orario, sai? » gridai, cercando di
farmi
sentire. Il Bianconiglio si voltò, appoggiato alla
balaustra, e mi
sorrise in modo complice. Adoravo stuzzicarlo, soprattutto quando mi
faceva quelle improvvisate.
«
Lo so, volevo farti una sorpresa. E' tutto pronto per domani?
» mi
chiese lui, tenendo stretto il suo orologio d'oro. La sua altezza mi
incuteva sempre timore. Nessuno di noi era riuscito a spiegare come
mai fosse rimasto l'essere che era, invece di trasformarsi di nuovo
nel coniglio paffuto e peloso di un tempo. Probabilmente questa era
la forma che più si adattava a lui. Un essere elevato,
saggio e
forte.
«
Siamo pronti, palla di pelo. » risposi, ridendomela sotto i
baffi.
L'avrei preso in giro a vita.
«
Sai, ora che sono così alto potrei anche fartela pagare.
» ribatté
lui a tono. Ero contenta che avesse recuperato parte della sua
follia. Mi avvicinai alla balaustra, poggiando i gomiti sulla fredda
superficie di pietra. Lasciai cadere il cappuccio della mantella, in
modo da sentire quella leggera brezza sul viso.
«
Come va nella Landa dei Matti? » gli chiesi, questa volta con
sincero interesse.
«
Bé, tanto matti non lo siamo più. Credo che
questa sia una fortuna,
in parte. Anche se il Cappellaio ha ricominciato a ballare sui
tavoli. ».
«
Ottimo. »
«
Ma c'è sempre Alice. Lei ci sarà sempre a
riportarci sulla retta
via. » concluse poi osservando l'orizzonte.
«
Come si sente? » gli chiesi, in leggera apprensione. Alice
era
quella che più aveva risentito dell'Apocalisse: aveva perso
il
senno, si era chiusa in se stessa rischiando di impazzire. E questo
non poteva essere cancellato nemmeno con la distruzione
dell'Originale.
«
Meglio. » mi rispose lui, sereno. « Ha ricominciato
ad uscire e a
parlare. Fa ancora degli incubi tremendi che la tengono sveglia la
notte, ma starà bene. Tornerà quella di un tempo.
Domani vedrai con
i tuoi occhi. ».
E
non vedevo l'ora.
«
E Jim? Lui come sta? »
Abbassai
lo sguardo, tentando di deviare il discorso. Mi ero resa conto del
rossore diffuso su tutto il mio viso. Stavo avvampando come
un'adolescente in tempesta ormonale.
«
Red. » mi richiamò lui, come un padre esasperato.
« Red. Oramai è
passato un anno, devi cercare di superare il fatto che tu e Jim
siete...ecco, più che amici. E che la gente te lo chieda.
».
«
M-Ma io non ho intenzione di... ecco, stiamo bene. » mi
limitai a
dire, cercando di riprendere un tono. « è a
Montressor ora, a
controllare che tutto vada bene. Tornerà fra poco, credo.
».
Mi
imbarazzava ancora parlare di quel genere di cose con chiunque. Fino
ad un anno fa il mio interesse principale era uccidere lupi, poi
ricostruire la casa della nonna, e adesso...
Jim
viveva insieme a me nel bosco.
«
Com'è potuto succedere? A volte mi chiedo se sono la stessa
persona
di un tempo. E se questo sia un bene. Insomma, mi sono ammorbidita,
non puoi negarlo. Con Peter, e con Jim...insomma, perché
lui? ».
Il
Bianconiglio scoppiò in una risata, poi si
sistemò gli occhiali sul
naso e tossì. « Sei esilarante. ».
«
Smettila di prendermi in giro. Ti sto parlando dei miei sentimenti,
come una femminuccia. È questo che vuoi in fondo, no? Fare
lo
psicologo. Allora psicanalizzami. ».
Il
Bianconiglio tornò serio, e si voltò appena verso
di me. « Non c'è
nulla di sbagliato nelle tue domande. Hai semplicemente imparato ad
esprimere i tuoi sentimenti, mentre prima non li consideravi nemmeno.
Sai, quando mi chiedi di Jim, io penso sempre a quello che mi hai
raccontato quando ti ho chiesto del tuo viaggio. Ricordi quando il
Lupo Originale vi ha attaccati per la prima volta, nel bosco
innevato? ».
«
Mh-mh. » mormorai, annuendo. Sentir pronunciare quel nome non
mi
dava più quelle strane sensazioni, quei presentimenti che mi
facevano rabbrividire. Era un sollievo.
«
Peter ti ha presa al volo quando sei svenuta nella morsa del Lupo, ma
Jim ti ha restituito la mantella. La tua mantella. »
ripeté,
sfiorando il cappuccio che avevo lasciato cadere sulle spalle. Che
diceva tutto. Il mio passato, presente e futuro. « Tu non hai
bisogno di essere salvata, Red. Non ne hai mai avuto bisogno.
Fondamentalmente non sei una damigella in difficoltà. Ma
qualcuno
che ti ricordi quanto vali, chi sei e cosa hai fatto per questa
terra. Questo sì, questo puoi permettertelo. ».
Rimasi
in silenzio, riflettendo sulle sue parole. « Questo
è un esempio
stupido. » commentai, tentando di sdrammatizzare, e lo vidi
sorridere. E inevitabilmente sorrisi anche io. Perché aveva
ragione,
aveva sempre avuto ragione. Potevo permettermi quei sentimenti,
potevo permettermi di esprimerli.
E
potevo permettermi di amare Jim.
Improvvisamente
il Bianconiglio mosse le orecchie in uno scatto, poi si tirò
su
dalla balaustra sulle zampe scattanti. « Bé,
è ora di andare.
Torno nel Paese delle Meraviglie, raccolgo gli sbandati e ci vediamo
qui domattina. ».
Risi.
« Mi raccomando, non dimenticare nessuno. ».
«
Oh, ci mancherebbe. » rispose lui strizzandomi l'occhio.
« E sarò
puntuale, puntuale come un orologio. ».
Lo
vidi sparire in meno di un secondo, saltando sulle lunghe zampe
candide. Era terribilmente veloce.
E
in quel momento Jim atterrò con la sua “tavola da
surf voltante”,
come amavo chiamarla per prenderlo un po' in giro. Alzai gli occhi al
cielo. Ovviamente
il
Bianconiglio aveva scelto di andarsene proprio nel momento
più
opportuno, per lasciarci da soli a goderci il tramonto sulla valle.
A
volte sapeva essere schifosamente romantico.
«
Ehi, non era il Bianconiglio quello? » mi chiese lui
scendendo dalla
tavola. Si passò una mano tra i capelli e mi raggiunse alla
balaustra.
«
Già. A quanto pare gli piacciono le sorprese. »
commentai io,
incrociando le braccia al petto. Jim si avvicinò a me e
sfiorò le
mie labbra con un bacio, con una naturalezza quasi devastante. Per
lui era così facile. Tirai su il cappuccio, riparandomi dal
vento
che si stava alzando sulla valle.
«
Com'è andata a Montressor? »
«
Alla grande. Sono tutti pronti. » rispose prontamente lui,
stiracchiandosi. Viaggiare su quel coso non era poi tanto comodo,
soprattutto per le lunghe distanze. « E tu, sei pronta?
».
Feci
per rispondere, ma lasciai le parole a mezz'aria. Quella domanda
racchiudeva tanti quesiti.
E
se...e se...
E
se.
Avevamo
affrontato l'Inferno, e in qualche modo ne eravamo usciti. «
Si,
sono pronta. ».
Dopo
aver controllato i preparativi decidemmo di tornare nella casa nel
bosco. C'era una cosa che dovevo fare, prima di dare il via alle
danze e ai festeggiamenti. Prima di vivere quelle ore nella
più
assoluta spensieratezza. Camminammo tra gli alberi, e i profumi del
bosco mi inebriarono distraendomi solo per un momento. C'erano di
nuovo odori, rumori, animali che vagavano quieti nel sottobosco.
C'era di nuovo vita.
La
casetta adesso era tornata ad assumere un aspetto glorioso, forse
anche migliore di quello che aveva in precedenza: le assi di legno e
il tetto erano nuovi di zecca, il vialetto delimitato da gradi vasche
di fiori e erbe aromatiche, e dal camino spuntava lo sbuffo del fumo
del fuoco, che avevo lasciato acceso e adeguatamente protetto.
Superai la casa, avanzando di qualche metro e immergendomi nel fitto
del bosco: lì, in una minuscola radura poco distante da
casa, c'era
una lapide. Era circondata da fiori profumati e freschissimi, e gli
uccellini vi si posavano sopra con naturalezza. Non c'era il cupo
grigiore del cimitero, o l'inquietante pesantezza delle tombe. Era
una parte del bosco, parte della natura che conviveva con essa.
Lì,
dove avevo deciso di rendere omaggio alla nonna, in modo da lasciarla
nel luogo che lei stessa amava di più. Solo crescendo mi ero
resa
conto di quanto lei fosse divenuta importante per questo bosco: gli
animali si avvicinavano a lei senza alcuna paura, anzi con un
rispetto surreale, e dall'incidente dell'Originale e del Cacciatore
di molti anni prima neanche i lupi si avvicinavano più a
lei. Quel
bosco doveva custodirla per sempre.
Mi
inginocchiai di fronte alla lapide. Jim era a pochi passi da me,
riconoscevo la sua presenza anche senza vederlo. Sfiorai i fiori di
campo dai colori pastello che erano cresciuti attorno alla pietra,
inspirando a lungo il loro profumo.
«
Sei ancora qui. » mormorai, sperando che in qualche luogo, da
qualche parte, lei potesse sentirmi. « E ci siamo ancora
tutti. ».
Per
il resto del tempo rimasi in silenzio. Mi alzai solo più
tardi, e
sempre in silenzio ritornai sui miei passi. Mi avvicinai a Jim e gli
presi la mano, incamminandomi con lui.
Quando
arrivammo a casa il fuoco era ancora acceso, l'ambiente caldo e
rassicurante. Mi diressi verso la camera da letto e appesi la
mantella alla parete, stiracchiandomi. La giornata era ancora lunga.
Sentii
le braccia di Jim cingermi il corpo, e il suo volto affondare
nell'incavo della mia spalla.
«
Abbiamo un sacco di cose da fare... » sibilai, attenta a non
interrompere la quiete e l'equilibrio della stanza. Sentivo un
profumo particolare, acre ma invitante. Muschio. O chissà
cosa. Il
suo viso sul collo mi faceva il solletico, e lo trovavo stranamente
elettrizzante.
«
No, non è vero. Tu sei una psicopatica perfezionista, e hai
già
organizzato tutto. Non c'è nient'altro da fare, a meno che
tu non
voglia andartene senza motivo. Ma sappi che in quel caso me la
prenderò, e molto. » rispose lui, continuando a
viaggiare dalla mia
mandibola alla spalla. Sorrisi, scuotendo appena la testa.
«
Oh, è proprio strano. » commentai. « Tu
non ti offendi mai. Non
sei una persona permalosa. Anzi, direi che la tua qualità
migliore è
proprio – » e non finii, perché Jim si
era reso conto che lo
stavo prendendo in giro. Mi buttò sul letto impedendomi di
muovermi.
«
Non fare la spiritosa. » mugugnò, mordendomi
l'orecchio.
«
E tu non farmi tirare fuori il fucile. » sibilai, muovendo il
braccio e le dita della mano. Improvvisamente rabbrividii, ripensando
al dolore lancinante che provavo ogni volta che il mio braccio
lasciava il posto a quel congegno meccanico. Subito dopo la fine
della battaglia con l'Originale, il mio primo desiderio era stato
quello di toglierlo. Avevo pensato di chiedere aiuto a qualcuno che
potesse ridarmi il braccio utilizzando la magia che era tornata a
fluire regolarmente dalla Fonte. Ma non era mai così
semplice,
neanche quando si metteva in mezzo una magia così pura come
quella
che fluiva dalla Fonte. Chiedere di riportare il mio braccio era
difficile, c'erano tanti vincoli che la magia non poteva superare. Ma
se ad Ariel erano state date delle gambe, allora anche io potevo
riaverlo, no?
Eppure,
improvvisamente cambiai idea. Decisi di tenerlo. Non perché
avessi
intenzione di usarlo – ognuno di noi sperava in una pace che
durasse il più a lungo possibile – ma
perché avevo accettato la
mia condizione. Ero sopravvissuta ad una catastrofe, e quel braccio
meccanico mi aveva ridato la vita. Mi aveva strappata alla morte e
permesso di sconfiggere l'Originale con le mie forze. Eliminandolo
avrei eliminato una parte di me.
Così
da quel momento provai semplicemente ad accettare le conseguenze
della distruzione. Della vita.
Periodicamente
lo facevo uscire dal suo bozzolo, curandolo come una parte preziosa
di me. Con l'aiuto di Jim e la collaborazione degli altri Regni ero
riuscita a diminuire l'attrito dei congegni meccanici e ora faceva
meno male. La speranza era quella di eliminare completamente il
dolore, e sorprendentemente ci stavamo riuscendo a poco a poco. Ma a
volte ripensavo a quella sensazione, la pelle strappata e l'odore di
ferro che improvvisamente mi riportava a quella realtà
cruda. E
rabbrividivo, ogni dannata volta.
Jim
si allontanò appena, probabilmente riconoscendo la mia
reazione. Mi
massaggiò le spalle e le braccia con le mani, vigorosamente,
come a
voler togliere quella sensazione spiacevole dalla mia pelle.
Rimase
a guardarmi, poi mi baciò il braccio, il polso, la mano,
fino alle
dita. Quella sensazione così piacevole mi fece dimenticare
il
dolore. Probabilmente era per questo motivo che in quel momento mi
sentivo così bene.
«
Non abbiamo nulla da fare... » mormorai, in accordo con lui.
Lo vidi
sorridere, trionfante. Le sue labbra si appropriarono di nuovo del
mio collo, avide della mia pelle. Chiusi gli occhi e mi abbandonai a
quelle sensazioni piacevoli, lasciando tutto il resto fuori.
Doveva
essere l'alba. Sentivo gli uccellini cantare appena fuori dalla
finestra, e il crepitio del fuoco nella stanza che si stava
spegnendo. Mi rigirai nel letto, trovandomi a pochi centimetri da
Jim: dormiva sereno, con i capelli che gli ricadevano sul viso in
modo del tutto casuale. Il suo braccio non aveva nessuna intenzione
di spostarsi dal mio corpo, così rimasi ancora qualche
minuto sotto
le coperte, accoccolata vicino a lui. Poi, delicatamente, scivolai
fuori dal letto. Ravvivai appena il fuoco e mi lavai di corsa,
maledendo l'acqua gelata di prima mattina. Mi vestii, indossando gli
stivali pesanti e la mantella, e in quel momento sentii uno strano
odore.
Era
un profumo particolare, abbastanza forte e speziato, familiare. Ma in
quel momento non riuscivo proprio a collegarlo a nulla. Sapevo che in
qualche modo lo avevo già sentito prima, ma non riuscii a
riconoscerlo.
Improvvisamente
un suono lontano attirò la mia attenzione: al villaggio
erano in
corso gli allestimenti e i preparativi per la grande festa, e presto
molti sarebbero accorsi. Dovevo sbrigarmi.
Vidi
Jim stiracchiarsi lentamente, sbadigliando. Aprì appena gli
occhi,
sbattendo le lunghe ciglia scure.
«
Che ore sono? » mi chiese, ed io mi avvicinai finendo in
ginocchio
sul letto.
«
L'ora di alzarsi. » risposi, stampandogli un bacio sulle
labbra.
«
Siamo di buon umore stamattina, vedo. » mormorò
lui, cercando di
trascinarmi di nuovo a letto.
«
Non ti azzardare, Hawkins. » risposi allontanandomi e
tornando in
piedi al bordo del letto.
Lui
scoppiò a ridere e si alzò in piedi. Sistemai la
mantella sulla
testa e tornai in cucina. Controllai di non aver dimenticato nulla, e
quando Jim uscì dalla camera con dei vestiti addosso ci
preparammo
per uscire.
Chiusi
la porta alle mie spalle, e insieme percorremmo il vialetto fino al
bivio che ci avrebbe portato al villaggio. Eppure in quel momento
qualcosa attirò nuovamente la mia attenzione.
«
Jim, vorrei salutarla. » mormorai, stringendogli la mano.
«
Oggi...oggi è importante. ».
Lui
mi guardò per un istante, poi annuì. Mi tenne la
mano stretta
mentre deviavamo appena dalla strada, facendo il giro attorno alla
casa per fare visita alla tomba della nonna.
Sentivo
che quella mattina avrei dovuto salutarla, perché quella
giornata
serviva anche a ricordare chi non c'era più. E il mio
ricordo di lei
era vivido, così vivido da lasciarmi senza fiato ogni volta.
Attraversammo
il sottobosco, raggiungendo la piccola radura. E li, in mezzo agli
alberi e agli animali e di fronte a quella lapide di pietra, lo
sentii di nuovo.
Quel
profumo, questa volta più forte.
E
mi fu impossibile non riconoscerlo.
«
Lo senti? » sussurrai, arricciando il naso. Jim mi
guardò, confuso.
«
Cosa? »
«
Questo...questo profumo. ».
Era
cannella. Erano spezie, e...biscotti.
Si,
era il profumo che sentivo quando andavo a trovare la nonna, ancor
prima di varcare la soglia di casa.
Il
profumo dei biscotti che mi faceva sempre trovare sulla tavola,
quando tornavo da lei, caldi e fragranti.
Quel
profumo inconfondibile.
E
fu in quel momento che la vidi. Li, piccola e quasi invisibile, che
giaceva sulla lapide coperta di fiori.
Mi
avvicinai, trattenendo il respiro.
Non può essere.
Probabilmente
ero pallida come uno straccio, perché stavo tremando e non
riuscivo
più a sentire le gambe.
Mi
inginocchiai davanti alla tomba, lasciando cadere le gambe sul manto
erboso.
Li,
poggiata sulla superficie liscia della lapide, c'era una piccola
figura di stoffa.
Mi
piaceva acconciarle i capelli di lana in due codini sparati ai lati
del viso, e cambiarle i vestiti quando il tempo cambiava. La vestivo
non solo a seconda del tempo, ma sulla base del mio umore.
Il
corpicino riempito di morbido cotone era rivestito da un abito
giallo, i capelli acconciati in due treccine rosse.
Era
la mia bambola.
Nb. Non pensavo che sarei riuscita a concludere questa storia, e a
tutti gli effetti, tecnicamente, non l'ho fatto. Devo dire che detesto
i finali aperti quando leggo un libro, comincio sempre a urlare e
sbraitare chiedendo al cielo o al muro come cavolo finisce la storia (
si, lo faccio davvero). A meno che la suddetta storia non abbia un
seguito. Ed ecco perché ho voluto lasciarvi con un finale
che potrebbe concludersi così, oppure continuare. A me
piacerebbe dare a questa storia un seguito, ho già qualche
idea che spero di portare avanti. E a voi, farebbe piacere leggere un
seguito?
Fatemi sapere cosa ne pensate di questa idea, e soprattutto cosa
pensate di questa storia ora che è conclusa. Aspetto le
vostre risposte e intanto vi mando un bacio grande, ringraziandovi per
avermi seguita fino a qui.
A presto,
L.
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