Autore:
RedLolly (su EFP), LoLLy_DeAdGirL (sul forum)
Titolo: A Parigi,
piove.
Fandom: Originale
Rating: Arancione
Personaggi: Félix
Coupeau, Blaise Coupeau, la maman,
Monsieur Coupeau, il Conte d’Erigné (solo citato), la guardia
Martin, Colombe (solo citata).
Genere/Avvertimenti:
Drammatico, Introspettivo, Storico/One Shot, Slash, Tematiche
Delicate, Incest
NdA: Ammetto che
questa è storia è stata una specie di parto per me! Ci ho messo
moltissimo tempo a scriverla, ho scelto con cura il lessico e lo
stile lievemente ricercato. Spero di aver trattato bene il rapporto
tra i fratelli, cercando di descriverne uno molto particolare, ovvero
quello dei gemelli, uniti tanto da potersi quasi leggere nel
pensiero, sempre insieme tanto da sviluppare un rapporto simbiotico
esclusivo, che in questo caso diventa malsano e tragico.
Mi sono grandemente
ispirati ai romanzi dello scrittore Emile Zola (1840-1902), padre del
realismo francese. Il suo ciclo di racconti sulla famiglia
Rougon-Macquart narra le vicissitudini di personaggi di varia
estrazione sociale ma legati da parentele più o meno strette.
L’autore analizza in modo quasi scientifico i loro atteggiamenti e
i costumi della società ottocentesca francese, disegnandone un
ritratto a tutto tondo e impersonale, spesso graffiante, e che mette
in risalto l’ipocrisia delle classi borghesi contrapposta alla
spietata vita delle persone più povere. In questo racconto mi sono
particolarmente ispirata al romanzo Nanà
(1880), utilizzando anche lo stesso cognome della protagonista,
ovvero Coupeau (ovviamente non è mia intenzione paragonare la mia
storiella ad un romanzo di grande letteratura come quello di Zola).
La mia ambientazione si situa in un periodo molto delicato della
storia francese, ovvero tra la fine sanguinosa del governo della
Comune di Parigi (1871) e l’inizio dell’Affaire Dreyfus (1894),
in una Parigi abitata da persone di estrazione sociale infima e da
borghesi arricchiti, ipocriti, corrotti, indifferenti di fronte alla
sofferenza dei poveri, dai costumi sessuali dissoluti (come appunto
viene descritto in Nanà).
Per quanto riguarda la
struttura del mio racconto, ho cercato di dividere il fattore tempo
in due aspetti coesistenti ma contrastanti: la ciclicità degli
avvenimenti, che si svolgono tutti durante il giorno dei Morti, il 31
ottobre, e dalla pioggia presente in tutte e tre le giornate; e la
linearità inesorabile del tempo, data dagli anni che passano, dagli
avvenimenti che si svolgono al mattino (nascita, giovinezza), durante
la giornata (maturità) e di notte (morte).
prompt:
-Odio fra fratelli
-Complicità fra
fratelli
-Momento dolce fra
fratelli
-Fratello malato
-Omicidio fratricida
-Fuga di casa
-Rapporto incestuoso
A
Parigi, piove.
31
ottobre 1873
A
Parigi, piove.
Félix
ha 10 anni, e osserva con i suoi occhi grandi e grigi il paesaggio
lugubre e cinereo dalla piccola finestra dell’attico che gli fa da
camera. E’ una stanza piuttosto piccola, e il tetto è troppo basso
sui due lati dov’è spiovente. Le pareti sono un po’ annerite, ma
è stato lui stesso a scegliere quel posto per mettere i letti. E’
così intimo, al sicuro, al riparo. Lui sì che è fortunato. Per le
strade ci sono un sacco di bambini vestiti di stracci e neri di
sporcizia , i quali vengono attirati come le mosche dalla loro bella
presenza, dai loro vestiti profumati e puliti, quando accompagna
maman1
a fare le commissioni. Si sente la loro puzza
quando tendono le loro manine scheletriche, ma lui che ci può fare?
Sono fastidiosi, non li può soffrire per il modo in cui si lagnano.
Avete
una moneta? Ci date un franco, per favore, Madame, abbiamo fame…
Félix
si gira di scatto, ritornando alla realtà, sentendo un colpo di
tosse rauca provenire dal letto in fondo alla stanza.
No,
decisamente è un bene che maman
non dia soldi a quei rifiuti della società, altrimenti come
farebbero a curare Blaise?
Lui è
il suo gemello, ha i suoi stessi capelli biondi e lisci, gli occhi
grigi come il ghiaccio, il naso piccolo, le dita lunghe. Sono due
angioletti che maman
si è sempre deliziata a vestire nello stesso modo, secondo il gusto
della sua civetteria borghese. Quando avevano sei anni gli sono
spuntati addirittura gli stessi dentoni davanti, grandi come palette.
Purtroppo
però, Blaise da qualche giorno è cambiato. Ha iniziato a tossire,
non ha più voluto mangiare, e gli è venuta la febbre. Il dottore ha
detto che deve riposare e prendere delle costose medicine perché ha
la polmonite, e che potrebbe morire.
No, lui
deve proteggerlo! Blaise è la persona più importante della sua
vita, anche più di maman!
Il solo pensiero di stare senza di lui lo inorridisce, la sua vita
sarebbe vuota, senza più nessun amico.
La
finestra e la pioggia mattutina ormai non stimolano più il suo
interesse. I passi leggeri dei suoi piedini nudi fanno scricchiolare
il pavimento in legno mentre si avvicina al letto del fratello.
Il suo
viso è una pallida sagoma nella penombra. Ha un espressione dolce
eppure sofferente, le sue braccia sono allungate sul cuscino.
Félix
gli accarezza leggermente una guancia: è fragile come carta e anche
con quella poca illuminazione si vede una sottile ragnatela di
capillari dipanarsi sotto la pelle.
“Dio…
Dio, ti prego, non portare in cielo Blaise… E’ l’unico fratello
che ho…”
I suoi
sussurri si perdono nel silenzio della stanza. Sono suoni flebili,
eppure paiono urla. Sono suppliche disperate ed ingenue ad un Dio
crudele e freddo.
Blaise,
riconoscendo la voce sommessa dell’altro bambino, si sveglia dal
suo torpore, si stropiccia gli occhietti assonnati e sorride
leggermente.
“Félix…
Buongiorno…” lo saluta con voce impastata dal sonno “E’ già
arrivata maman?”
“Non
ancora… Ma non credo che ci metterà ancora molto.”
La loro
maman si reca spesso a
dare una mano a suo marito, il padre dei gemelli. Lui non è un uomo
che manifesta il suo affetto per i due, tanto che da parte loro, non
è quasi considerato parte della famiglia, e viene semplicemente
chiamato Monsieur Coupeau, invece di papa.
E’solamente considerato un’autorità da rispettare, ma che nella
loro vita svolge comunque un ruolo di contorno, al contrario della
loro madre. L’unica cosa che gli importa è, per l'appunto, il
locale di cui è proprietario, la Bécasse Royale2.
Nessuno dei due bambini sa cosa facciano esattamente di mestiere, non
li portano mai con loro, né rispondono alle loro domande. Ripetono
sempre che spiegheranno loro tutto quando saranno più grandi e
erediteranno la redditizia proprietà.
“Sai,
Blaise… Non riesco a dormire…”
Félix
abbassa lo sguardo come se si vergognasse a confessarsi con il
fratello, mentre si siede sul suo letto. Non vuole vederlo così,
pallido, con gli occhi talmente infossati e cerchiati di nero da
farlo sembrare già un teschio.
Blaise
ha capito, come sempre. Si mette seduto a fatica, si stringe a lui,
afferrando con le mani tremanti la sua camicia da notte, appoggiando
il volto sulla sua spalla. Non c’è bisogno di dire altro, perché
sono troppo uniti, troppo complici, tanto che un’occhiata basta
loro per comprendersi a vicenda. La loro affinità è tale che
possono leggersi nel pensiero, o almeno, loro ne sono persuasi. Sono
speciali.
Blaise
inizia a stringere talmente forte Félix con i suoi braccetti
scheletrici tanto da trascinarlo giù nel letto insieme a lui, tra le
coperte voluminose e un po’ ruvide. Ridono insieme, eppure nel
frattempo le lacrime solcano le guance di entrambi.
Due
bambini giocano, sotto l’ombra della paura di non potersi
abbracciare mai più.
“Non
ci lasceremo mai, vero?” chiede Blaise dopo essersi fermato per la
mancanza di forze e aver violentemente tossito.
“No,
mai. Vedrai che ti farò guarire, frérot3...
Se non muoio io, non morirai nemmeno tu.”
Maman
racconta sempre che appena nati erano rimasti avvinghiati l’uno
all’altro mentre la levatrice faceva loro il primo bagnetto, come
se non si fossero nemmeno accorti di potersi separare. Erano rimasti
nella stessa posizione in cui stavano nel suo pancione.
Sarebbero
stati per sempre insieme, nessuno dei due poteva immaginare la
propria vita senza l’altro.
“Guarirai,
Blaise…”
Félix
ne era ormai certo. Non lo avrebbe mai abbandonato.
31
ottobre 1880
A
Parigi, piove.
Monsieur
Coupeau è morto ormai da tre giorni, ma Félix non ne sente la
minima mancanza. Maman
ha versato appena due lacrime di circostanza, poi si è subito
consolata trasferendosi nella magione di campagna di un certo Conte
d’Erigné, che sicuramente era stato un frequentatore della Bécasse
Royale.
Avevano
appena finito di mangiare quando il fatto è successo. Monsieur
Coupeau aveva pontificato per tutto il pasto sul fatto che si
vergognava dei suoi figli, così grandi eppure senza il minimo
interesse per le donne. “Les pucelles
d’Orléans4”,
in questo modo li aveva apostrofati con disprezzo, mentre maman
si era limitata ad annuire sforzandosi di fissare il piatto.
Fareste
meglio a scegliervi due belle puttane della nostra Bécasse Royale e
iniziare a darci dentro come dei veri uomini. Non voglio due suorine
castigate come figli!
Subito
dopo aver pronunciato quella frase, si era portato una mano pelosa al
petto, era diventato paonazzo e emettendo suoni animaleschi si era
accasciato sul tavolo. Solo la moglie si era scomposta per aiutarlo.
I gemelli erano rimasti immobili, agghiacciati mentre fissavano il
cadavere del padre. Troppi pensieri correvano imbizzarriti da una
parte all’altra delle loro testoline bionde. Lo volevano morto, e
ci erano riusciti.
Félix
ci rimugina anche adesso, seduto su una panchina sotto le gocce
battenti e il gelo tagliente dell’autunno. La sua mentre è
talmente ingombra di riflessioni che pare poter esplodere da un
momento all’altro.
Blaise…
Tutto riguarda sempre Blaise!
E’
assurdo, eppure se fosse così tutto avrebbe senso! Da piccolo era
riuscito a guarire il gemello che stava morendo grazie alla propria
forza di volontà, e adesso avevano ucciso insieme Monsieur Coupeau…
Che situazione terribile e affascinante allo stesso tempo!
“Félix…”
La voce
di Blaise è morbida, calda, rassicurante alle sue orecchie. Potrebbe
impazzire se non la sentisse almeno una volta al giorno.
“Fa
freddo, cosa fai qui fuori?”
Il
ragazzo appena arrivato si siede sulla panchina accanto a lui,
sfiorandogli il fianco, e subito dopo avvolge premuroso con gesti
intirizziti una sciarpa di lana verde scuro intorno al collo del
fratello. Félix sfiora le sue mani tremanti mentre compie quel
gesto.
“Grazie,
sei gentile…”
“Figurati.
Ho solo visto che l’avevi dimenticata a casa, così ti ho cercato
per portartela… E poi ero un po’ preoccupato per te… Sei strano
in questi giorni. Non dirmi che sei triste per Monsieur Coupeau,
perché davvero non posso crederci, nemmeno maman
l’ha pianto a lungo! Tra poco non veniva neanche al funerale tanto
aveva fretta di raggiungere il Conte d’Erigné, o come si chiama…
Se invece è per lei che fai così, ti dico che secondo me tra un po’
tornerà, dopo aver dilapidato il patrimonio di quel poveretto. E’
furba come una volpe, la nostra maman.”
“No,
sei fuori strada. Sono felice che quel bastardo sia crepato come un
cane. E’ che pensavo che magari… Potremmo essere stati noi, no?”
Il
silenzio di Blaise è più eloquente di qualsiasi risposta. Anche lui
annega nel dubbio, e probabilmente quel segreto se lo sarebbero
portati nella tomba.
Ormai i
loro capelli sono fradici a forza di restare sotto la pioggia. Félix
pare accorgersene solo voltandosi lentamente verso il fratello. Ne
osserva la chioma dorata che ricade in ciocche umide appiccicate
sulla fronte. Ha una bellezza che non è in grado nemmeno di
descrivere: la mascella è appena squadrata, la pelle è chiara, le
sue gote sono appena arrossate. La malattia che l’ha tormentato da
bambino è ormai solo un ricordo.
“E’
meglio rientrare.” Dice infine “Dobbiamo rimettere in piedi il
locale.”
“Sì,
hai ragione. Penso che non dovremmo sprecare questa possibilità,
volevo già parlartene. La fortuna ci ha sempre sorriso, ed è ora di
far fruttare i semi che ci ha donato. Diventeremo ancora più ricchi,
frérot, me lo sento!”
Blaise
sorride pieno di speranza mentre parla, stringendo forte un pungo, lo
sguardo rivolto all’orizzonte fumoso. Ha grandi progetti in mente,
ne ha sempre avuti fin da quando era piccolo e la guarigione lo aveva
fatto rinascere dalle ceneri come una fenice. Félix non poteva
dargli torto, lo capiva, ma forse era un po’ troppo ambizioso
secondo il suo parere. Da quando si era salvato c’era stata una
specie di rottura, un’indipendenza, seppur minima, da parte del
gemello, che da quel momento sembrava pensare molto più a sé
stesso… Mentre il fratello ha sempre sperato solo di sbagliarsi.
Entrambi
si alzano lentamente e si dirigono, uno accanto all’altro, verso la
Bécasse Royale, poco lontano.
Le
strade di Parigi sono grigie e caliginose. Con un maltempo di quel
genere, in giro non c’è quasi nessuno. Passano solo un paio di
carrozze scure, con i cavalli sbuffanti e bagnati che trottano
nervosamente e qualche gentiluomo che corre sotto l’ombrello.
I
gemelli arrivano al locale senza scambiarsi nemmeno una parola,
stretti nei loro spessi cappotti, fino ad arrivare ad attraversare il
portone del mondo delle meraviglie di cui sono diventati i re. Quel
posto lo conoscono bene, eppure ogni volta che vi entrano rimangono
ammutoliti, e questa non fa eccezione. La quasi totale assenza di
finestre è compensata dalla numerosa quantità di lanterne a muro e
candele di ogni dimensione e colore, che rendono l’atmosfera calda,
accogliente. Pare quasi un luogo sacro, non una chiesa ovviamente, ma
un tempio pagano del peccato. Tra i tavoli e gli altari su cui le
giovani ragazze vendono le loro carni a chi può permetterselo, si
percepiscono profumi inebrianti, anche se a quell’ora le giovani
sono tutte nelle loro stanze attendendo il crepuscolo. Durante la
giornata il salone principale è vuoto: le porte di quel giardino
dell’Eden si aprono solo di notte.
Blaise
si siede su un tavolo, perfettamente a suo agio, scuotendo i capelli
fradici, con un gran sorriso tirato sulle labbra arrossate dal freddo
autunnale.
“Qui
si sta proprio bene!” Esclama allegro “Siamo diventati i re del
mondo, Félix! Guarda questo posto! Ti rendi conto di cos’abbiamo
tra le mani? Senza maman
e Monsieur Coupeau tra i piedi possiamo fare quello che vogliamo!
Siamo ricchi!”
“Eravamo
già ricchi…”
Félix
questa volta non riesce a capire. Perché Blaise è così entusiasta?
E’ talmente felice che i suoi occhi paiono brillare di luce
propria, così come la pelle del suo viso imperlato di gocce di
pioggia.
“Andiamo!
Non fare il muso! Vieni qui e dammi un abbraccio! Ti voglio così
bene! Neanche immagini quanto ti amo!”
Blaise
è raggiante come un girasole. Il suo volto è angelico e tentatore
nello stesso momento. E’ irresistibile mentre salta giù
dall’altare in un turbine di stoffa scura.
Félix
è immobile. Si sente un moderno Perseo che non riesce sconfiggere
una seducente Medusa. Quello è suo fratello, bontà divina… Un
fratello irresistibile come una mela matura e succosa. Dentro il suo
petto una voragine ribollente di lussuria lo devasta. Quella
sensazione l’ha sentita crescere fin da quando era un bambino,
tuttavia l’ha continuamente celata. I suoi pensieri sono talmente
limpidi ora…
Sono
straordinari. I due straordinari figli del Demonio.
Félix,
assapora l’abbraccio caldo del gemello, stordito dal suo
comportamento. I secondi che passano paiono ore. Quando posa le
labbra su quelle di Blaise ne assaggia bramoso la morbida
consistenza. Sono appena umide, bollenti, soffici.
In cuor
suo lo ha sempre saputo, il suo primo bacio e il suo intero corpo
vergine erano riservati solo per Blaise.
Il suo
unico fratello. Il suo unico amico. Il suo unico amore.
“Dio…
Cosa sto facendo? Perché sei così lontano?”
31
ottobre 1888
A
Parigi, piove.
La
notte è calata, e Félix Coupeau è aggrappato al portone d’entrata
della Bécasse Royale, il fiato fumoso che sbuffa rumorosamente in
rapide volute dalle sue labbra.
Ha
fatto fatica a trascinare la gamba sinistra, infatti di solito si
sposta il meno possibile dal suo alloggio, che poi non è altro che
una stanza ricavata da una vecchia cantina. L’osso è fragile, il
dolore non passa quasi mai. Sono passati anni dall’ultima volta che
è uscito da quella porta, in lacrime, correndo, scappando via dalla
persona che amava. Lui l’aveva reso pazzo, aveva tentato di
annullarlo, di inglobarlo a sé con una relazione malsana e folle.
Félix
aveva amato suo fratello Blaise, lo aveva adorato con tutto sé
stesso, facendo la fine della mosca nella tela del ragno. Si era
sentito sporco e manovrato come una marionetta, mentre si concedeva
a lui regalandogli la sua carne e la sua anima. Ora invece è tutto
diverso, la resa dei conti è finalmente giunta, perché ormai non ha
più nulla da perdere, tutto ciò che possedeva è diventato cenere.
Con
andatura lenta e claudicante entra nel bordello, e immediatamente un
profumo intenso e familiare lo investe. Sa di gelsomini, di rose, di
incenso, di cannella, eppure questa volta Félix non si lascia
intontire. Deve portare a termine il suo obiettivo costi quel che
costi.
Procede
lentamente mentre ragazze giovani e eleganti avventori lo osservano
straniti. Gli straccioni non accedono di solito a locali del genere,
non se lo possono permettere.
In
pochi secondi si avvera ciò che il giovane uomo aveva immaginato:
qualcuno chiama le guardie pensando si tratti di un ladro, ed ecco
che Félix si ritrova trascinato via malamente da un individuo
nerboluto.
“Che
cosa ci fai qui, pezzente? Volevi rubare?” chiede rude.
“Veramente
vorrei solo incontrare Blaise Coupeau… Il proprietario…”
La
guardia sghignazza.
“E
perché mai un barbone dovrebbe conoscere Monsieur Coupeau? Comunque
stai tranquillo, ti ci porto subito… Ci pensa sempre lui stesso a
sistemare i ladri.”
Perfetto.
Blaise si comporta esattamente come loro padre quando era il
proprietario del bordello. Lo aveva visto personalmente come uccideva
chi commetteva crimini nel suo locale, per poi buttare i cadaveri
nella Senna.
Félix
si lascia trascinare, il suo petto è gonfio di trepidazione. Erano
anni che aspettava quel momento, finalmente avrebbe incontrato
nuovamente suo fratello, il nuovo Monsieur Coupeau… Ironia della
sorte, si fa chiamare come il padre che tanto detestava…
La
guardia apre la porta senza nemmeno bussare, poi scaraventa il
giovane dentro una stanza. Félix stramazza a terra. La gamba
sinistra è un peso morto, appena cerca di farvi perno sopra per
ricomporsi viene trafitto da un dolore lancinante che lo costringe ad
accasciarsi sul pavimento, ansimando.
“Mi
scuso per il disturbo, Monsieur… Ma questo straccione è entrato, i
clienti si sono spaventati… Penso che sia un ladro. Il più stupido
ladro che io abbia mai visto.”
“Potevi
comunque almeno bussare.”
Eccola,
quella voce, Félix la riconoscerebbe tra mille anche dopo tutto quel
tempo.
Alza lo
sguardo e finalmente riesce a vederlo, mentre si alza da una costosa
scrivania Luigi XIV, quella che una volta veniva usata da Monsieur
Coupeau e di cui si vantava sempre.
Blaise
non potrebbe essere più bello di così. E’ come se lo ricordava,
ma molto più adulto, è un uomo fatto e finito. E’ alto e con le
spalle asciutte, vestito con abiti su misura: un completo con gilet
sopra una camicia immacolata, il colletto bianco sollevato e
inamidato secondo la moda borghese, e un foulard in seta verde
smeraldo tenuto fermo da uno spillone su cui spicca una grossa perla.
Porta i capelli dorati lievemente lunghi e con la riga laterale,
tagliati perfettamente, ha le guance lisce e bianche. Il profumo
della sua colonia muschiata gli stuzzica le narici. Continua a
sembrare un autentico angelo agli occhi del gemello, mentre si porta
al naso un fazzoletto ricamato.
Félix
sa di essere diventato solo l’ombra di sé stesso, di non essere
nemmeno riconoscibile. Il tempo in cui era un bellissimo bambino
biondo, pulito e vestito come un principe era finito per sempre. Ora
si è trasformato in un ributtante pezzente consumato dalla lue5.
Blaise
si rimette il fazzoletto in tasca e sorride appena, arricciando le
perfette labbra rosee.
“Lasciaci
pure soli, Martin.” asserisce con voce pacata.
“Ma
Monsieur, io non credo che…”
“Grazie,
ho detto che puoi andare.”
L’energumeno
di nome Martin, rimane un attimo confuso, poi, non vedendo altri
cenni da parte del suo padrone, si allontana borbottando frasi
incomprensibili, chiudendosi infine la porta alle spalle dopo essere
uscito.
Blaise
si china lentamente sulle ginocchia, in modo che il suo viso
soddisfatto sia perfettamente all’altezza di quello del fratello.
“Finalmente
ti fai rivedere, frérot.
Sinceramente non pensavo che saresti mai venuto a trovarmi.”
Preso
alla sprovvista, Félix rimane senza parole. Blaise lo ha
riconosciuto nonostante i capelli stopposi lunghi sulla schiena, il
viso sporco, gli stracci che, ironia di un destino crudele, sembrano
quelli dei marmocchi pulciosi che venivano ad importunare maman
quando era piccolo… E poi c’è quell’orribile buco in mezzo
alla sua faccia. Il naso di Fèlix è stato completamente divorato
dal verme della sifilide, così come le ossa della gamba sinistra6.
Il
Signore, che gli era sempre sembrato sordo alle sue preghiere, lo
aveva punito con il morbo della lue, così come prima di lui aveva
punito la sua amata Colombe, la donna che lo aveva tenuto in vita
tutti quegli anni con le sue carezze e il suo profumo, nel loro nido
d’amore. Era stata la sua amante, la sua forza, la sua sposa
adorata, prima che la malattia la portasse nel Regno dei Cieli.
Adesso
non ha più nulla da perdere, nulla per cui vivere… Oltre a Blaise.
No, di lui non si è mai dimenticato in tutti quegli anni.
“Non
pensavo che mi avresti mai riconosciuto…” ammette a voce bassa.
Il
gemello sorride.
“Ti
sei dimenticato tutto? Non ti ricordi che noi siamo speciali? Anche
se il tuo viso è ridotto così, io ti distinguerò sempre da tutti,
anche fra mille anni. I tuoi occhi non cambieranno mai… Nulla mi
farà mai dimenticare di te.”
Il
fiato di Blaise sa di menta piperita.
“Non
sai per quanto tempo ho aspettato il tuo ritorno, Félix… Mi sono
torturato immaginando dove fossi andato, cosa facessi… Avevo paura
che fossi morto senza nemmeno essere venuto a dirmi addio…”
Mentre
pronuncia quelle parole, Blaise si alza in piedi, stringendo i pugni.
Il
gemello lo fissa, soffiando dai fori che gli restano al posto delle
narici, i suoi occhi diventano due fessure.
Ne
avrebbe di cose da dire al suo fratello adorato. Vorrebbe urlargli in
faccia di quanto la loro maledetta relazione gli stesse uccidendo
l’Anima lentamente; di come aveva vagato senza soldi, senza casa,
senza meta, riducendosi ad un mendicante; di come aveva cercato
calore tra le braccia di Colombe, una prostituta sifilitica bella
come il sole e dolce come il miele, la quale aveva lenito le sue
ferite con l’amore ed era diventata sua moglie, prima che i loro
figli morissero, prima che lei morisse.
Vorrebbe
sputargli addosso il veleno che accumula da anni, e invece sorride,
Félix. Sorride scoprendo le gengive nude dei due incisivi, le belle
palette di cui quand’era bambino andava fiero e che aveva venduto
ad un cavadenti per qualche moneta.
“Mi
hai rovinato la vita.” Sibila “Noi non siamo più fratelli.”.
Osserva
Blaise irrigidirsi, contrarre la mascella. Un piccola goccia di
sudore cola sulla sua tempia, mentre indietreggia fino ad appoggiarsi
alla Luigi XIV.
Un filo
invisibile si spezza nel momento in cui quelle parole vengono
pronunciate. Félix e Blaise Coupeau, due gemelli inseparabili, uniti
da un dono assurdo e tanto potente da guarirsi l’un l’altro e da
uccidere, diventano due entità separate. Nessuno dei due legge più
i pensieri dell’altro, non sono nulla più che due estranei, un
pezzente roso dalla malattia e dalla gelosia da una parte ed un ricco
e affascinante proprietario di un bordello dall’altra.
“Avrei
dovuto esserci io al posto tuo, frérot.
Io avrei ereditato la Bécasse Royale, tu avresti dovuto morire
quando eri solo un bambino!”
“Smettila!
Stai zitto!”
L’urlo
di Blaise è stridulo, incontrollato. Tutto il suo corpo trema di
fronte a quelle parole cariche di cattiveria e di odio. Forse è
vero, forse ha peccato di avidità, ha peccato bestemmiando il
Signore per aver desiderato e ottenuto il corpo dell’altra metà di
se stesso, ma i suoi sentimenti erano reali, genuini. Lui ha amato e
ama ancora suo fratello.
“Io
ti odio, Blaise! Sei stato tu a ridurmi così! Non abbiamo alcun
potere, non siamo speciali! Non ti ho mai salvato la vita, non
abbiamo ucciso Monsieur Coupeau! Erano tutte bugie! Ci siamo
ingannati, ma adesso io so la verità! Mia moglie e i miei figli sono
morti… E tu me la pagherai!”
Quelle
sono le ultime parole che Félix pronuncia.
La
pistola nella mano tremante del gemello fuma, dopo lo sparo c’è
solo silenzio.
L’uomo
si accascia a terra, il sangue vermiglio sporca il tappeto pregiato
dell’ufficio.
Blaise
piange, piange con tutto se stesso. Ha agito senza pensare, ha
estratto la pistola da un cassetto nascosto della scrivania, e ha
sparato. Maledetto per sempre, ha ammazzato suo fratello, la sua
vita, la speranza a cui si era aggrappato per tanti anni, il suo
compagno di giochi, il suo confidente.
Erano
nati insieme, abbracciati, due parti di una sola realtà, avevano
pensato di condividere un potere che invece era una mera illusione.
Ora non sa nemmeno più perché sia sopravvissuto, la ferita è
troppo estesa, e sanguina, sanguina copiosamente, mentre le sue carni
già bruciano nelle fornaci Infernali.
Un
secondo sparo.
La
pioggia batte lenta ed inesorabile sui tetti di Parigi.
Fine
Note del testo:
1 – “Mamma”;
2 – “Beccaccia
Reale”. Era tipico che luoghi consacrati al divertimento dell’epoca
avessero nomi che ricordassero un paesaggio bucolico, come il Moulin
Rouge “Mulino Rosso” o le Folies Bergères
“Follie Contadine”. Ho cercato comunque di creare un ossimoro
tra il nome di un uccello simbolo di semplicità come la beccaccia e
un aggettivo indice di regalità;
3 –
“Fratellino”;
4 – “Le
pulzelle d’Orléans”, riferimento ironico al soprannome della
vergine Giovanna d’Arco;
5 – Altro nome
della sifilide. Ovviamente all’epoca si era ignari che fosse
causata dal Treponema pallidum, scoperto solo
nel 1905, ma la malattia in sé era conosciuta fin dalla scoperta
dell’America;
6 – Il terzo e
ultimo stadio della malattia prevede la formazione di granulomi
gommosi in varie parti del corpo
(http://it.wikipedia.org/wiki/Sifilide).
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