O i meleth ar in îr - Sull’amore e il desiderio

di Ghevurah
(/viewuser.php?uid=105172)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Fandom: Il Silmarillion
Rating: PG
Personaggi; pairing: Nerdanel, Fëanor; Nerdanel/Fëanor
Avvertimenti: flash-fic, lime, het
Genere: introspettivo
Disclaimer: personaggi, luoghi ed eventi appartengono a J. R. R. Tolkien e a chi ne detiene i diritti, nessuna violazione di copyright è pertanto intesa.
Note: Fëanor/Nerdanel per Feanoriel











Polvere di marmo veleggia nell’aria, quando lei incontra il suo sguardo in tempesta: un cielo nebuloso in cui guizzano folgori. Ed esso parla per lui, mentre la piega elegante delle sue labbra rimane serrata, conferendogli l’immobilità d’una statua indifferente al fluire della vita.
Ma lei conosce l’alterità della bellezza: la studia, la plasma, ed è ben lungi dall’esserne succube. Così abbassa il capo per tornare a osservare le forme del busto che ha dinnanzi a sé: lavoro di giorni passati a cesellare i tratti d’un volto etereo, relegato alla dimensione artificiosa della perfezione.
Afferra lo scalpello con cui si è fatta strada nella morsa del marmo, incidendone pieghe e superfici, e gli occhi di lui divengono ombre tese a seguire ogni suo movimento. La seguono anche quando solleva l’oggetto per poi calarlo, inesorabile, sulla scultura.
Uno squarcio si apre sul bel volto statuario e un’esclamazione di sorpresa echeggia nel silenzio.
Questa volta è lei a guardarlo.
Nei suoi occhi, ora, bruciano fiamme algide che si consumano e si rinnovano, risorgendo dalle proprie ceneri. I suoi lineamenti, prima immobili, sono animati da un indignato stupore.
Lei sorride.
 
 
Ricorda di quel giorno fra le polveri sottili dei marmi, mentre lui la sovrasta. In silenzio, senza sprecarsi in futili sentimentalismi.
Il suo viso è una maschera d’avorio, i capelli una cortina notturna che cala, morbida, attorno a loro. Bello, bellissimo.
A lei, però, interessa il suo sguardo. E lo trova caliginoso e distante, nonostante le dita di lui, così eleganti eppure ruvide, abituate alle forgia, si stiano insinuando sotto le sue vesti.
Forse crede di poter rivolgere la propria attenzione ad altro, perdendosi nei meandri della sua mente geniale, là dove brillano gemme non ancora inventate. Ma lei pensa alla crepa netta, improvvisa, aperta sul volto della statua e serra le proprie gambe attorno ai suoi fianchi.
Contando, ancora, sulla sorpresa di cui è divenuta amica, si issa su di lui per premerlo sotto di sé. Così scorge il germinare d’un mutamento nei recessi del suo sguardo, un vento in grado di diradare le nebbie e aizzare le fiamme.
Sorride, trionfante, all’espressione attonita che permea i suoi lineamenti, privandoli della superba immobilità da cui sono solitamente modellati. Il disegno sottile della bocca si schiude in una piega seccata, e lei la bacia, azzittendo ogni protesta.
Quando poi scende a cercare il suo piacere, lo avverte fremere d’un impazienza nervosa. Uno spasimo percorre le sue membra, facendole contrarre e palpitare, mentre i rimasugli di quella staticità scivolano via, assieme con le gocce di sudore che tracciano percorsi iridescenti sui suoi muscoli tesi.
Allora lei solleva il capo per guardarlo ancora. E lo vede così: occhi brucianti incastonati in un volto bianchissimo, illanguidito dal piacere. Capelli sparsi come una raggiera d’intarsi corvini. Labbra umide, strette fra i denti per non lasciarsi sfuggire alcun suono.
Una statua accesa di vita.






 
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=3084870