Never be the same
again
I thought that we
would just be friends
Things will never be
the same again
It’s just the
beginning it’s not the end
Things will never be
the same again
It’s not a secret
anymore
Now we’ve opened up
the door
Starting tonight and from
now on
We’ll never, never be
the same again.
(“Never be the same
again” -Melanie C feat. Lisa ‘Left Eye’ Lopez)
La mattina dopo la loro prima notte
d’amore, Steve si svegliò molto presto, in preda a un turbine di emozioni
fortissime e ancora incredulo al pensiero che ciò che aveva desiderato per più
di settant’anni si fosse finalmente realizzato. Restò per molto tempo a
guardare Bucky che era ancora addormentato tra le sue braccia, finalmente
rilassato e tranquillo e con il viso coperto dalle ciocche disordinate dei
capelli. Alla fine realizzò che era tutto vero e che sarebbe anche stata ora di
alzarsi. Accarezzò delicatamente i capelli di Bucky e gli posò un lieve bacio
sulla testa prima di lasciare il letto.
“Bentornato a casa, Bucky” gli
sussurrò appena, per non svegliarlo.
Voleva che quella fosse una
mattina speciale per entrambi, la loro prima mattina insieme come una vera
coppia. Steve arrossiva ancora al solo pensarci, ma si sentiva anche invadere
da un senso di totale beatitudine e appagamento: quello era il coronamento di
tutti i suoi sogni, anche di quelli più improbabili.
Trattenendosi a stento dal
mettersi a cantare per casa, il Capitano si recò in bagno e si fece una doccia
veloce, poi si vestì e si preparò il più in fretta possibile per avere il tempo
di recarsi al forno e comprare tutto quello che gli fosse venuto in mente per
festeggiare con una colazione strepitosa.
Circa una ventina di minuti più
tardi, la tavola della cucina era imbandita con ciambelle, pancake e pane
tostato, con una scelta di varie marmellate e la stanza profumava dell’aroma
delizioso del caffè appena fatto.
Steve era molto soddisfatto di
sé.
Bucky apparve qualche tempo dopo,
anche lui reduce da un tranquillo riposo e da una doccia rilassante. Entrò in
cucina e si fermò sulla soglia, perplesso, osservando tutto quel ben di Dio.
“Aspetti qualcuno per colazione?”
chiese.
“Aspettavo te, Buck” rispose
Steve sfoderando uno dei suoi sorrisi più luminosi.
Il giovane non sembrò altrettanto
soddisfatto e squadrò tutte quelle prelibatezze con occhio critico.
“Da quello che hai messo in
tavola, direi piuttosto che stessi aspettando il Settimo Cavalleggeri” commentò
in tono pratico. “Comunque, ti sei risparmiato la fatica, perché con tutta
questa roba ci faremo colazione per una settimana almeno.”
Potrebbe anche mostrarsi un tantino più entusiasta, però…, fu il
fugace pensiero di uno Steve che cominciava a sentirsi vagamente deluso.
“Ho pensato che… che avevamo
qualcosa da festeggiare” disse quindi Rogers, provando la sensazione di uno
studente sotto esame.
“Ti riferisci a quello che è
successo stanotte?”
“Ma certo che mi riferisco a
quello, Bucky, a che altro, sennò?” esclamò alla fine Steve, avvilito. “Non ti
sembra che sia qualcosa da festeggiare?”
Bucky si sedette a tavola, riflettendoci
per un po’.
“Sinceramente? Non lo so” rispose
poi.
“Non lo sai?” trasecolò Steve, cui parve crollare il mondo addosso.
“Cristo, Bucky, a volte proprio non ti capisco! Allora spiegami, secondo te
cos’è stato quello… quello che è successo tra noi stanotte?”
“Direi qualcosa di molto bello…e
anche di molto sbagliato” fu la risposta del giovane Soldato, che destabilizzò
totalmente Rogers.
“Sbagliato? Ma… perché sbagliato? Mi era sembrato che… insomma…
che anche tu fossi d’accordo…”
“Il problema non è che cosa ne
penso io, ma cosa ne pensi tu, Steve” replicò Bucky, fissando intensamente il
compagno.
“Cosa ne penso io? C’è bisogno di
chiederlo? Io sono… sono immensamente felice” confessò Steve, arrossendo. “Ho
aspettato questo momento per settant’anni, forse anche di più, credevo di
averti perduto per sempre e invece ora sei qui e stiamo insieme e…”
“E come corri e non ti rendi
neanche conto di quello che hai appena detto” fece Bucky, interrompendolo
bruscamente.
“Sì, beh, lo so, scusa” disse il
Capitano, imbarazzato e mortificato. “Hai ragione, corro troppo, tu hai appena
cominciato a ricordare e io già parlo di una vita insieme. Mi dispiace, so che
devi ancora pensarci e capire…”
“Te l’ho già detto, Steve, non
sono io il problema, sei tu” ripeté laconico il Soldato d’Inverno.
Questa volta il Capitano non
seppe proprio cosa replicare e si limitò a guardare il compagno con un’aria
totalmente delusa.
“Non capisci nemmeno di cosa sto
parlando” continuò Bucky, con un lieve sorriso e un tono intenerito che, in qualche
modo, rincuorarono Steve. “Hai detto di aver aspettato tutto questo per
settant’anni, il che significa che tu desideravi il tuo amico, Bucky Barnes.
Era con lui che volevi stare, no? E’ di lui che sei sempre stato innamorato…”
Steve si domandò vagamente se
questa fissazione per gli interrogatori gli si fosse sviluppata nei lunghi anni
in cui era stato il Soldato d’Inverno…
“Era al tuo amico che hai pensato
stanotte, non è così? Era lui che avresti voluto nel tuo letto” incalzò Bucky.
“Siete la stessa persona” tentò
di protestare Rogers, che iniziava a pensare che Bucky avesse qualche problema
di personalità multipla o cose del genere. “Sei tu che continui a parlare di te
stesso come se si trattasse di qualcun altro! Adesso hai anche ricordato molte
cose del tuo passato, del nostro
passato insieme… ora anche tu ricordi di essere Bucky Barnes.”
“Ricordo buona parte della nostra
infanzia e adolescenza, questo è vero” concesse Bucky. “So che quegli episodi
li ho vissuti realmente e che fanno parte del mio passato. Questo, però, non
vuol dire che io sia ancora il ragazzo che conoscevi. Dannazione, Steve, a
volte sembri talmente ingenuo… hai mai pensato che ho trascorso molti più anni
come Soldato d’Inverno di quanti ne abbia vissuti come Bucky Barnes? Fatti un
paio di conti…”
“Tu non sei il Soldato d’Inverno”
replicò convinto Steve. “Altrimenti non ti saresti disperato come hai fatto
ieri sera, non avresti pianto in quel modo e non mi avresti… lasciato fare,
dopo. Senza contare che dubito fortemente che il Soldato d’Inverno abbia mai
intavolato una tranquilla conversazione con qualcuno come stai facendo tu
adesso…”
La battuta fece sorridere Bucky
suo malgrado.
“Su questo hai ragione” ribatté,
“ma io non sto dicendo di essere il Soldato d’Inverno: sto semplicemente
cercando di spiegarti che non sono più neanche il Bucky che conoscevi e che
amavi. A volte penso che non dovresti nemmeno chiamarmi ancora con quel
nomignolo…”
Quest’ultima frase sconvolse del
tutto il povero Steve.
“E come dovrei chiamarti, allora?
Con un fischio?” esclamò, sconcertato.
“Mi chiamo James, no? Potresti
chiamarmi così.”
Rogers si lasciò cadere sulla
sedia di fronte al compagno, sentendosi paurosamente vicino al crollo.
“Non ti ho mai chiamato James”
protestò. “Nessuno di quelli che ti era vicino e ti voleva bene ti chiamava
così. Sei sempre stato Bucky… per me e per tutti.”
“Ma adesso sono una persona
diversa, qualcuno che ha passato delle esperienze che lo hanno cambiato, nel
bene e nel male. Tu questo non lo accetti e ti illudi di poter riavere il tuo
Bucky di un tempo.”
“Non mi illudo, lo so che hai
sofferto tanto, ma ora che ti sono vicino ti aiuterò e…”
“Non si tratta solo di quello che
ho sofferto io, ma di quello che ho
fatto ad altri, a tante persone. Sono stato un killer per anni, ho ucciso, ho
commesso stragi e attentati obbedendo all’Hydra… proprio alla stessa Hydra che
Bucky Barnes combatteva” continuò il giovane. Adesso il suo sguardo era perduto
in lontananza, come se stesse rievocando qualcosa di molto doloroso. “Tu sai
che sono stato allo Smithsonian. Beh, ricorderai anche tu che in quelle
immagini e didascalie il tuo amico è ricordato come un eroe di guerra e io… io
spesso penso che quel Bucky si vergognerebbe di me, di quello che sono
diventato.”
Steve si sentì serrare il cuore
da una morsa di angoscia. Non aveva ancora mai pensato alla cosa in quei
termini e ciò la rendeva ancora più terribile…
“Non è stata colpa tua” mormorò,
straziato. “Ti hanno catturato, costretto, plagiato e torturato…”
“Avrei potuto ribellarmi o, se non
altro, avrei potuto uccidermi” ribatté Bucky, abbassando lo sguardo sotto il
peso del rimorso. “Il tuo amico, l’eroe di guerra, si sarebbe fatto ammazzare
prima di cedere ai suoi nemici…”
Steve si alzò dalla sedia, fece
il giro del tavolo e andò a inginocchiarsi di fronte a Bucky, gli prese il viso
tra le mani e lo obbligò a guardarlo in faccia.
“Infatti, è stato proprio quello
che hai cercato di fare quando l’Hydra ha tentato di catturarti di nuovo” gli
disse, scandendo bene le parole. “Ti sei puntato la pistola alla testa e
saresti morto se non fossi intervenuto. Se non lo hai fatto prima, è soltanto
perché ti tenevano in uno stato di sedazione che ti impediva di pensare
lucidamente, ma non appena hai potuto scegliere
ti sei ribellato: prima sull’Helicarrier, quando hai deciso di salvarmi la
vita, poi in quel vicolo di New York quando hai minacciato di spararti
piuttosto che consegnarti nuovamente all’Hydra. Questo è esattamente ciò che mi dimostra che Bucky Barnes, il mio
amico, l’eroe di guerra o come altro lo vuoi definire, è ancora dentro di te.”
Davanti a questa difesa
appassionata, Bucky non trovò nulla da replicare e si limitò a fissare Steve
con occhi che tradivano una speranza appena accennata.
“Io amavo il Bucky di allora, è
vero, ma amo anche il Bucky che sei diventato: un giovane uomo che ha sofferto
tanto, che ha sopportato cose che avrebbero fatto impazzire chiunque e che,
alla fine, è riuscito a liberarsi da quella schiavitù e che ogni giorno
combatte per ricostruire la sua vita” affermò con decisione il Capitano. “Bucky
Barnes è un eroe non per quello che ha fatto in guerra negli anni Quaranta, ma
per ciò che affronta quotidianamente, con una forza d’animo e un coraggio che
nessun soldato ha avuto mai. Tu dici che il te stesso di allora si vergognerebbe
di te? Io invece ti dico che sarebbe incredibilmente fiero di quello che hai
saputo fare e di come sei riuscito a reagire. Credimi, lo conosco meglio di te
e so anche cosa ti direbbe, perché è lo stesso che ha sempre detto a un
ragazzino fragile e mingherlino che si cacciava sempre nei guai: ti direbbe che
non devi dimostrare niente.”
La stessa frase che Bucky aveva
detto a Steve la sera prima di partire per la Gran Bretagna, quando lo
rimproverava per la sua ostinazione nel volersi arruolare a tutti i costi.
Quelle quattro parole andarono a
toccare qualcosa nel profondo di Bucky, una corda scoperta del suo cuore, un
ricordo non ancora ritornato alla mente ma sepolto nella parte più vera di sé.
“Io… io lo dissi a te, quella
sera…” mormorò, stupito di essere riuscito a riportarlo alla memoria.
“Dillo a te stesso, ora, Bucky.
Adesso sei tu che hai bisogno di sentirtelo dire” insisté Steve, continuando a
tenergli teneramente il viso tra le mani e a guardarlo negli occhi.
“Non ho niente da dimostrare…”
ripeté Bucky, quasi frastornato.
“E nemmeno niente di cui ti debba
vergognare, cerca di mettertelo bene in testa” asserì convinto Steve. Poi si
lasciò sfuggire un sorriso, ricordando anche lui quella sera. “Se pensi davvero
le cose che hai detto finora, sei un cretino più di quanto abbia mai creduto!”
“E tu sei un imbecille…” replicò
commosso Bucky.
Questa volta, però, non fu un
semplice abbraccio affettuoso a concludere lo scambio di battute dei due amici:
Steve avvolse Bucky in una stretta protettiva e rassicurante e un bacio lungo,
intenso e dolcissimo li unì per un tempo infinito. L’amicizia nata tanti anni
prima era cresciuta fino a evolversi in un sentimento d’amore incondizionato e
sconfinato, che pian piano avrebbe saputo sciogliere ogni tensione e
sconfiggere ostacoli e difficoltà.
La loro unione, adesso come
allora, sarebbe stata la loro vera forza.
FINE