-Biondina sei
stata proprio scorretta. Lo sai, vero?-
Sveva si trovò di fronte alla versione imbufalita della
propria
migliore amica. La guardò per qualche istante, senza sapere
bene
cosa rispondere. -Che vuoi dire?-
-Una sola parola, anzi un nome. Dante. E lo hai anche fatto sedere
accanto a me!-
-Avresti potuto ignorarlo. Ma non mi pare tu lo abbia fatto-
Federica ignorò il sorrisetto che si stava stampando sulle
labbra di Sveva, in quel momento era troppo occupata a trascinarla per
metà del cinema, e allontanarsi il più possibile
dai
gemelli. Si voltò per tenerli d'occhio, ma sembravano
chiacchierare amabilmente, a qualche metro dal loro. -Fai poco la
spiritosa. Sono ancora arrabbiata con lui. Se potessi gli darei un
pugno in faccia.-
-Io lo sapevo che non dovevamo vedere un film violento!-
-Il film è stata la giusta punizione per una traditrice come
te!-
-Sei anche paranoica, tra poco crederai che ti abbiano versato
dell'arsenico nella coca cola.-
-Che stai blaterando?Era buona la coca, nemmeno troppo annacquata...-
-E a casa dormirai con la luce accesa, perché il buio attira
i
fantasmi. Ma tu ci credi che se c'è la luna piena durante un
giorno dispari di un anno pari si possano evocare gli spiriti?-
-Cosa? Sveva perché stai tremando?-
-Io...no, però credo che dormirò con la luce
accesa per le prossime notti, settimane. Facciamo qualche anno.-
-Fifona.-
-Dimmi almeno che ne è valsa la pena. Tu e Dante avete
parlottato tutto il tempo! Farete pace?-
-Ma che sei scema? No, noi non abbiamo parlottato.-
-Vi ho sentiti. Parlavate di bossoli e cartucce!-
-E va bene. Gli ho rivolto la parola. Ma nient'altro.-
-Sai Fede, se non avessi sentito l'argomento piuttosto guerrafondaio vi
avrei trovati quasi romantici. Così vicini...-
-Smettila. Non ho intenzione di perdonarlo.-
-Ma se lui si facesse perdonare? Se si sforzasse, intendo?-
-Potrei anche pensarci un po' su. Questa serata, comunque, non
è stata un completo fiasco.-
-Lo sapevo che ti avrei convinta a dare una seconda chance a Dantino...-
-Parlavo del film! Era abbastanza bello. E, comunque, se ti sentisse
chiamarlo in quel modo, "Dantino" ti farebbe fare la fine
della
tipa strozzata con la maglietta di Justin Bieber intrisa di sangue
infetto.- Federica si girò in tempo per vedere l'amica
appoggiarsi al muro e portare una mano davanti alla bocca, perdendo
quel poco di colorito che stava riacquistando. -Ma tu come hai fatto a
sopravvivere a questo film? -
-Non sono certa di essere sopravvissuta. Potrei schiattare nei prossimi
cinque minuti.-
-Se la mia contessina dice la parola "schiattare" vuol dire che stiamo
messe proprio male.- Si avvicinò ancora di più
Sveva,
stringendo gli occhi in due fessure. -Confessa. Sai dove voglio
arrivare. Tu mi hai vista parlare con Dante...ma io ho visto ben altro
tra te e l'uomo di ghiaccio!-
-La spiegazione è molto semplice.- Sveva sospirò,
guardando verso i gemelli, che ancora non si avvicinavano, quasi
timorosi.
-Allora parla.-
-Hai avuto le allucinazioni.-
-Cosa?-
-Credo sia un effetto collaterale del film!-
-Sì, e sto immaginando anche il tuo rossetto sbavato?Avresti
dovuto usarne uno a lunga tenuta. Su certe cose sei proprio una frana.-
La ragazza strabuzzò gli occhi e si coprì di
nuovo le
labbra con una mano. Cercò con lo sguardo uno specchio, in
cui
valutare il disastro. Mentre l'amica, impietosa, rideva a crepapelle.
-Tutto bene?- I gemelli, finalmente, trovarono il coraggio di
raggiungere le ragazze. Dante, però, sembrava aver perso la
sua
baldanza, stando sempre qualche passo indietro e lanciando qualche
sguardo fugace a Federica. Non aveva il coraggio di guardarla per
più di qualche secondo. Il buio della sala aveva giocato a
suo
vantaggio, come se nell'ombra si fosse quasi dissolto anche il loro
litigio. Sapeva di essere stato uno stronzo e che non avrebbe potuto
rimediare facilmente. Per questo non aveva allungato un braccio sulle
spalle di lei e non aveva nemmeno tentato di baciarla, malgrado la
voglia lo stesse torturando. Ma adesso, sotto tutta quella luce, poteva
vedere lo sguardo severo della sua ragazza e capiva perfettamente la
sua rabbia, la distanza che aveva messo tra loro.
Vergil si accorse che Sveva lo stava fissando in modo strano.
Ovviamente era scossa per quello che era successo poco prima. La loro
estrema vicinanza non aveva lasciato indifferente nemmeno lui. Doveva
ammettere che averla tra le braccia e sentirla, per una volta,
completamente cedevole e indifesa non gli aveva fatto sentire quel
senso di esaltazione e vittoria, che aveva sempre immaginato. No, aveva
percepito una tenerezza sconosciuta, il desiderio di accarezzarla e
stringerla ancora di più al petto, di approfondire il bacio
che
si stavano dando, di sentire un brivido passare dalla propria pelle a
quella di lei. Si chiese se stesse pensando le stesse cose, ma non
riusciva a decifrare gli strani segni che gli stava lanciando,
silenziosamente. Perché si toccava la guancia in quel modo
assurdo?
-Ecco un'altra vittima del trucco scadente!- esclamò
Federica, continuando a ridacchiare.
-Voi due perché non iniziate a decidere il ristorante? Muoio
di
fame!- Sveva diede una leggera spinta alle spalle di Dante, per farlo
avvicinare all'amica, e poi afferrò il braccio di Vergil e
lo
portò un po' più lontano.
-Cosa c'è non riesci più a starmi lontana?- le
mormorò Vergil, scostandole una ciocca di capelli biondi dal
viso.
-Cancellati quel sorissetto compiaciuto dalla faccia, e già
che ci sei cancella anche il rossetto.-
-Il cosa?-
-Il rossetto, Vergil. Ehm, hai il mio rossetto vicino alle labbra.- La
ragazza aprì la borsa e gli porse un pacchetto di
fazzolettini,
sperando che lui non facesse caso alla confezione rosa con i gattini.
Proprio in quel momento il suo cellulare squillò per
l'arrivo
di un messaggio. Era l'occasione perfetta per distrarsi, non poteva
continuare a fissare Vergil che si tamponava quelle labbra perfette o
avrebbe perso anche l'ultimo briciolo di sanità mentale.
Vergil faceva finta di non badare alla ragazza accanto a sè,
in
realtà non si perdeva nemmeno un suo gesto. Aveva visto le
occhiate che gli aveva lanciato, si era accorto di come cercasse di
apparire indifferente, senza esserlo davvero. E adesso, pur occupato a
togliere ogni traccia di quella dannata tintura, stava spiando con
curiosità lo schermo del cellulare. Si era aspettato che lei
lo
riponesse nella borsa, che non badasse a qualche seccatura, almeno non
mentre era così vicino a lui. Ma, invece, Sveva riaccese lo
schermo, sul quale apparve un nome che lui aveva già
iniziato ad
odiare: Ettore. Era la volta buona per capire se le accuse di Federica
fossero fondate o solo manovre per infastidirlo. Come se lui potesse
essere geloso di Sveva! Fissò con astio il sorriso che
spuntò
sulla bocca di lei, quella stessa bocca che poco prima era soltanto
sua, e non si fece scrupolo nello spostarsi leggermente di lato e
leggere il contenuto del messaggio.-
Ciao stella, come va la
serata? Qui in Provenza non c'è molto da fare,
perché l'estate prossima vieni da me?
Sveva scosse la testa leggendo il messaggio. Ettore, uno dei suoi
compagni di classe, uno dei pochi con cui avesse legato un po' di
più, in quel periodo era insolitamente gentile. Anzi, da un
paio
di giorni la tartassava di messaggini, pieni di battute e frasi
affettuose. Che gli prendeva? Forse si sentiva solo. Era un tipo
alternativo, sempre con la testa tra le nuvole e tra i libri, un po'
come lei, probabilmente non aveva amici con cui trascorrere le vacanze
e quello era il suo modo di allontanarsi dalla monotona
realtà.
Si affrettò a digitare la risposta, completo di faccina
sorridente: Qui invece
c'è burrasca, magari pensare alla Provenza potrebbe farmi
bene :)
Quando posò il cellulare, lo sguardo le cadde sulla mano di
Vergil. La punta del fazzoletto bianco si intravedeva tra le dita
serrate talmente forte da far sbiancare le nocche.
Ebbe timore di guardare ancora un po' più in alto, ma quando
si
decise vide solo le spalle dell'albino, che si era allontanato verso il
getta carte.
Vergil, dal canto suo, stava facendo un'immane fatica per trattenere la
rabbia. Respirava profondamente e cercava di placare il calore che
sentiva espandersi nel petto. La sua mente continuava a recitare i
testi di quegli stupidi messaggini, come se li avesse ancora davanti
agli occhi. "Stella" la chiamava. Effettivamente i suoi capelli
splendevano come gli astri notturni, ma nemmeno lui si sarebbe
azzardato a farle un complimento tanto antiquato. "Come va la serata?"
perché quello sapeva anche della serata, quindi si tenevano
costantemente in contatto. Serata che secondo lei non era delle
migliori, dato che "pensare alla Provenza potrebbe farle bene". L'aveva
baciata. Aveva posato le proprie labbra su quelle di
lei, ed era andato anche oltre, assaporando la sua bocca, il suo sapore
di presunta innocenza. Che altro poteva desiderare di più
quella
piccola strega? Ma certo la Francia! In quel momento li avrebbe
annegati entrambi nel vino francese, lei e quell'altro! Ma nulla di
tutto ciò doveva trasparire dal suo viso. Assolutamente
nulla. Non le avrebbe mai dimostrato tanto interesse, nè le
avrebbe
fatto notare di aver letto i suoi stupidi sms.
-Spero che tuo fratello e Federica abbiano scelto dove mangiare. Ho una
fame! Tu?- gli chiese Sveva, affiancandosi di nuovo a lui.
-Un po'. A me va bene qualunque posto, basta che non sia costretto a
farti di nuovo da balia.-
Dante affondò le mani nelle tasche, come se quel gesto
avesse
potuto trattenerlo dal fare qualcosa di sconsiderato. Federica lo
fissava con astio malcelato, e la voglia di abbracciarla, di stringerla
fino a farle capire quanto bisogno avesse di lei, stava diventando
irrefrenabile. Erano a pochi passi l'uno dall'altra, riusciva ancora a
percepire il suo profumo fruttato, eppure la distanza era insondabile.
Sembrava che ci fossero interi oceano a separarli, che si
guardassero dalle sponde opposte, senza il coraggio di buttarsi per
raggiungersi. Dante sapeva che avrebbe dovuto tuffarsi per primo, che
aveva sbagliato e doveva, anzi voleva, disperatamente rimediare.
Perché quel rapporto non era un dovere, non c'era alcun
obbligo
tra loro, avrebbe potuto lasciare che ogni vincolo si sciogliesse, e
poi
mandare tutto all'aria. Ma non voleva, era proprio quella maledetta
voglia a tenerlo in vita, a spingerlo a continuare, a cercare di farsi
perdonare. Il suo più grande desidero era di
liberare le mani, protendere le braccia con la consapevolezza che
Federica ci si sarebbe buttata, che l'avrebbe ancora stretta al petto,
sapendo che lei era sua. Era il suo paradiso, l'unica persona in grado
di trasformare anche la più noiosa delle giornate in una
montagna russa emozionale.
Allora perché non rischiare per andare a riprenderla?
Perché il mare era ancora troppo agitato. Il vento della
rabbia
spirava furioso, agitando le onde dell'orgoglio ferito. Cercare di
attraversare quella tempesta avrebbe potuto portarlo a farsi ancora
più male. Ma lui non voleva tirarsi indietro, no, voleva
solo
approfittare del momento giusto, anche il minimo segno di quiete: fosse
durato anche solo un secondo lui l'avrebbe riconosciuto. E nel
frattempo sarebbe rimasto lì, sulla riva, per farle capire
che
non si era allontanato, che la voleva e che aveva capito di dover fare
ammenda.
-Ehm...- si schiarì la voce, improvvisamente imbarazzato.
Era strano sentirsi a disagio proprio con lei.
-Cos'è adesso non sai articolare nemmeno una parola sensata?-
-Certo che so farlo. Non c'è bisogno di parlarmi
così!-
-Sua grazia mi perdoni!-Federica si celò dietro il sarcasmo
per
nascondere la delusione. Era ferita, ma voleva nascondere quanto grave
fosse la situazione. Non era mai stata una molto fragile, aveva la
corazza dura, di solito mandava K.O. l'avversario al primo colpo, ma
con Dante era diverso. Si sentiva indifesa, completamente esposta ai
colpi. Quella sensazione non le piaceva, ma non riusciva a modificarla.
Non aveva capito subito cosa le stesse succedendo. Il batticuore le
aveva dato alla testa e l'innamoramento l'aveva vinta definitivamente.
Si era sentita come un'astemia alla prima bottiglia di super alcolico.
Leggera e sulle nuvole, rideva senza chiedersene il motivo, grata di
quegli istanti di felicità rubati a una vita spesso grigia e
triste. Ma poi era arrivato il conto da pagare. Il litigio con Dante
era stato spossante come il mal di testa del dopo sbornia. Lo stomaco
non le dava tregua, la testa le pulsava in modo insopportabile.
L'infelicità l'attanagliava, lasciando posto solo al dubbio,
alla confusione: lo devo perdonare oppure no?
Perché si è così indifesi di fronte
all'amore?
Perché sono proprio le persone con le quali ci abbandoniamo
a
ferirci di più? Federica lo guardava e si sentiva smarrita.
Arrabbiata per i colpi ricevuti, ma anche con la voglia di lasciarsi
consolare dal suo stesso assalitore.
-Cosa ti va di mangiare?-
-Tu sei buono solo a parlare di cibo.-
-Cosa vorresti che dicessi?-
-Non lo so.-
-Scusami.-
-Non mi hai pestato un piede, Dante. Non puoi cavartela con una
parolina gentile. E comunque non possiamo parlarne adesso.-
-Lo so che devo dimostrarti molto di più, però...-
-Però cambia argomento! Continuiamo sul cibo, che almeno in
quel campo sai come comportarti.-
-Hai fame?-
-Sì, sono affamata.-
-Pizza?-
-Perché pensi sempre alla pizza?-
-Perché ogni cosa che dico non ti va bene?-
-Voglio un panino e delle patatine fritte.-
-Roba sana...-
-Quando mai tu pensi a mangiare sano!-
-Io no, ma di solito voi donne pensate alla linea.-
-Mi stai dicendo che devo mettermi a dieta?-
-Cosa? No! Ovviamente no.-
-Sei proprio un ba...-
-Babbano!- Federica e Dante si girarono verso Sveva, che
arrivò
gridando la parola "babbano", mentre prendeva sottobraccio l'amica e
fulminava Dante con uno sguardo. -Se avessimo visto Harry Potter tu
saresti proprio un babbano. Sì, in effetti sarebbe stato
meglio
vedere Harry Potter. Era questo che stavi dicendo, vero? Fede mi
ascolti?-
-Sì, e non stavo per dire babbano...Ahi!- Federica
incassò il calcio dell'amica con malagrazia, senza capire da
che
parte stesse. Intuiva i bizzarri tentativi per riappacificarli, ma
doveva anche essere
conscia degli istinti omicidi che la animavano, e che erano tutti
diretti verso il suo ex.
Ex.
Solo due lettere per definire Dante. Il
cuore le fece male, due misere lettere non potevano contenere tutti i
sentimenti che aveva provato in quel periodo. L'ansia nel vederlo
avvicinarsi, la speranza di piacergli, di ricevere un complimento. La
passione nello sfiorargli le labbra, poi di assaporare la sua pelle
dolce amara, l'incredula certezza di averlo
tutto per sè. Come diavolo avrebbe fatto a lasciarlo andare?
Lo
guardò, cercando di dissimulare la tristezza. Fu abbagliata
dalla vista del suo fisico slanciato e perfetto. Gli addominali si
intravedevano sotto la maglietta aderente, le gambe lunghe erano
fasciate alla perfezione dai jeans stretti. E quegli occhi di un
azzurro accecante! Se non lo avesse perdonato lui si sarebbe trovato
un'altra. Non ci avrebbe messo molto, anzi. Le ragazze cadevano ai
piedi dei gemelli, senza mostrare un briciolo di dignità,
non si
curavano nemmeno di sapere se fossero già fidanzati. Non era
importante, promettevano qualunque cosa pur di conquistarli. E lei
sarebbe stata costretta a vedere delle braccia femminili avvinghiate
attorno alla sua vita, delle volgari silfidi praticamente nude che si
contendevano ogni suo sguardo, reclamando anche le più
licenziose delle carezze. E lui che avrebbe fatto? Non avrebbe
resistito. Si sarebbe dimenticato di lei. Dovendo essere onesta, Dante
si era sempre comportato bene con lei. L'aveva messo alla prova molte
volte, aveva osservato come lui si comportasse con le altre ragazze,
ma ogni volta lui aveva superato l'esame a pieni voti. La faceva sempre
sentire come
l'unica donna in circolazione, la più importante, la regina.
C'erano dei momenti in cui le sembrava di esistere solo se era con lui.
Fino a qualche mese prima quei pensieri non li avrebbe mai fatti, li
avrebbe giudicati come insensatezze da sciocche
romantiche. Lei era una tosta, una che non aveva bisogno dell'amore.
Del principe azzurro non sapeva che farsene. Chi vorrebbe un idiota in
calzamaglia che cerca di rimediare a ogni sventura con un misero
bacetto?
Ma poi quel bacio c'era stato...e lei aveva capito che era davvero in
grado di risvegliare i morti. Almeno aveva risvegliato lei dal suo
stato di cinica single incallita. E non era un'impresa da poco.
-Allora avete scelto dove mangiare?- Aggiunse Vergil, come per
ricordare agli altri tre la propria presenza. Sembravano tutti essersi
dimenticati di lui, ma con quell'aria imbronciata di certo non
contribuiva ad alleggerire l'atmosfera.
-Federica vorrebbe andare in una paninoteca o in un pub.- Li
informò Dante, avvicinandosi al gemello, almeno da lui
sapeva
cosa aspettarsi.
-C'è quel posto carino, a sfondo piratesco...andiamo quello
nel
vicolo, all'interno del paese...- Sveva si mordicchiava l'interno della
guancia,
cercando di ricordarsi il nome del locale, e intanto sbirciare le
reazione degli amici, tutti improvvisamente cupi e silenziosi.
-Il Jolly roger. Mi piace quel posto, ma dobbiamo fare una corsa,
altrimenti ci toccherà aspettare un secolo per avere il
tavolo.-
Federica non aspettò nemmeno di sentire altri pareri.
Voltò le spalle e si incamminò verso l'uscita del
cinema.
Alzò il volto per esporlo al vento della sera, sperando che
almeno quella brezza fresca le schiarisse le idee o i sentimenti,
perché il cuore era ancora più ingarbugliato del
cervello. Sentì dei passi appena dietro di lei, e intravide
il
profilo di Dante. Le si avvicinò, camminandole accanto ma
senza
sfiorarla. Sembrava dire "sono qui" e quella sensazione la
confortò più di mille parole. Non avrebbe mai
allungato il braccio per prendergli la mano o toccarlo, ma sapere di
averlo tanto vicino la rallegrava. Si chiese che cosa passasse per la
testa di Dante, se anche lui fosse stordito dall'amarezza, se fosse
arrabbiato con se stesso o con lei. Prima le aveva chiesto scusa, ma in
un modo troppo banale, troppo semplicistico. Certo, lui non era
colpevole
di essere il suo primo vero amore. Federica aveva sempre tentato di
fare la sostenuta, non si era mai confidata tanto, mai aperta sul
serio. Aveva sempre pensato che non fosse da lei e che non ce ne fosse
bisogno. Ma forse avrebbe dovuto avvertilo, fargli capire che sotto
quell'armatura da ragazza vivace ed egocentrica si nascondeva anche
una parte più delicata, in cerca di rassicurazioni e carezze
amorevoli. Avrebbe dovuto dirgli di stare attento, perché
anche
lei poteva essere calpestata dal carattere veemente dell'albino, come
era successo. Scosse la testa, volendo negare le proprie debolezze. La
verità era che Dante non si era fidato di lei, l'aveva
creduta
una facile, pronta a tradirlo con quell'idiota di suo fratello. Come
poteva essere innamorato di lei e al contempo giudicarla
così?
Ripensò alle parole di Sveva, l'amica le aveva detto che
anche
Dante, in fondo, aveva le sue insicurezze. E poi spartiva le attenzioni
col fratello da quando era nato. Erano rivali fin dal primo respiro.
Forse era comprensibile che lui temesse un tradimento.
Sbuffò,
reprimendo la voglia di sferrare un pugno all'aria. Non era pronta per
pensare alle fragilità altrui, a perdonare. La rabbia era
ancora
troppo forte.
Grazie alla passeggiata degna di provetti maratoneti i quattro amici
arrivarono al pub in tempo per avere un buon tavolo, senza dover
aspettare un'eternità.
Sveva guardò con apprensione Federica eclissarsi nel bagno.
Avrebbe voluto seguirla ma quando ci aveva provato l'amica le aveva
lanciato un'occhiataccia. Forse aveva bisogno di qualche minuto di
solitudine. Sveva aveva sperato che i due, stando soli si sarebbero
chiariti,
invece ora sembravano più arrabbiati di prima. O meglio,
Federica sembrava cacciare fumo dalle orecchie e Dante essere sempre
più avvilito. Quella serata non prometteva affatto bene.
-Si può sapere che diavolo vi siete detti?- chiese sottovoce
a Dante.
-Ho provato a scusarmi...-
-Al cinema? Con tutta quella confusione? Ma non conosci nemmeno l'a-b-c
del romanticismo?!-
-A voi donne non va mai bene niente. Volete sempre di più.-
Inaspettatamente Vergil diede manforte al fratello, rispondendole senza
nemmeno alzare gli occhi dal menù.
-Che vuoi dire?-
-Quando sembra di avervi accontentate, voi giocate al rialzo.Un'
ambizione degna di nota.- disse ancora Vergil con noncuranza.
-Non siamo ambiziose. Vogliamo solo sentirci importanti. Sapere che una
persona si è data da fare per regalarci qualcosa di
speciale!-
-E quindi io che dovrei fare?- Dante si intromise nel dialogo,
ricordando a tutti che era lui quello al centro della discussione.
-Ma insomma, non devo essere io a dirti tutto! Altrimenti il tuo
impegno dov'è?-
-Bella amica!-
-Non ci provare. Non sai che faticata che ho fatto per portarla qui, e
quando vi ha visti per poco non mi ha strozzata!-
-Peccato non l'abbia fatto- borbottò Vergil, stando ben
attento a farsi sentire distintamente.
Sveva, troppo stanca per mettersi a discutere anche con lui
pensò bene di tirargli un calcio sotto il tavolo. Un colpo
preciso sullo stinco. Lui sussultò, la guardò
male, ma non disse nulla.
-Oh, scusa. Non volevo- mormorò Sveva, sorridendo in modo
palesemente finto.
Dante deglutì, senza sapere cosa dire. Avrebbe voluto
spezzare
la tensione sotterranea che stringeva sempre più forte
Vergil e
Sveva. Non avrebbe saputo trovare una coppia peggio assortita. Lei era
troppo sensibile e il fratello troppo poco. Eppure c'era qualcosa tra
quei due. Lo si vedeva da come si guardavano. Probabilmente Vergil
nemmeno se ne accorgeva di come si comportava. Credeva di essere il
solito bello e impossibile con l'espressività di un
monolite,
ma, per quanto giocasse sempre a fare il superbo, il suo sguardo era
più cupo del solito e tutto il suo corpo appariva in
tensione. Non era da lui perdere l'atteggiamento rilassato e
indifferente. Sveva stava scalfendo la superficie, e Dante
pregò
che non venisse investita dalla valanga. Ma tutte le congetture vennero
messe da parte dall'arrivo di Federica. Si era rifatta il trucco, lo
vedeva dalla spessa linea nera sugli occhi, e il rosso che evidenziava
le sue piccole labbra perfette. Erano strette, ma perfettamente
disegnate. Una volta ancora desiderò che le cose fossero
come
prima. si sarebbe alzato e l'avrebbe baciata, incurante della
curiosità altrui o dell'imbarazzo di chi non si ricordava
come
ci si sentisse a essere innamorati.
Ma Federica non lo guardò, mentre rubava un menù
dalle mani dell'amica.
-Ehi, stavo leggendo io!-
-Non più...perché non leggi il messaggio?-
-Fede, quale messaggio?-
-E io cosa ne so? Mi è sembrato di sentire la tua suoneria.-
Sveva si appuntò mentalmente il nome del panino scelto e
frugò nella borsa, alla ricerca del cellulare. -Avevi
ragione.
C'è un sms.-
-Di chi è?- chiese Dante, piuttosto curioso e desideroso di
distrarsi dai propri pensieri tetri. Stranamente, solo in quel momento
Federica gli sorrise. Quasi fosse contenta della domanda.
-Un nostro compagno di classe. Si chiama Ettore.-
-E che ti scrive?- rincarò la dose Federica.
-Che gli manca la mia compagnia. Anche se è strano...-
-Pensi che sia strano aver attirato le attenzioni di un ragazzo? Guarda
che tu ti sottovaluti!-
-Eh, grazie, Fede. Ma non credo di aver attirato le sue
attenzioni...non in quel senso.-
-Quanti messaggi ti ha mandato da stamattina?-
-Una quindicina...-
-Ecco, fossero cinque o sei sarebbe solo un amico. Ma se si superano i
dieci c'è un interesse. Svevy ma devo spiegarti tutto?-
-E questa legge scientifica dove l'avresti appresa?- chiese Vergil a
Federica.
-Certe cose si sanno. Comunque, tu gli interessi.-
-Non crearle illusioni.-
-Vergil non ti ho interpellato.-
Sveva sgranò gli occhi, incredula per come Federica aveva
zittito il più arrogante degli albini. Guardò di
sottecchi Vergil e le sembrò di vedere una vaga traccia di
rossore sulla punta delle orecchie,sbattè le palpebre ma
quell'anomalia era sparita. Pensò di essersi immaginata
tutto.
-Lo trovo strano, Ettore non è mai stato
così...carino.
Cioè, è sempre gentile, ma non in questo modo.-
-Si è accorto che gli manchi.- Federica guardò
l'amica e
poi Dante. -Capiamo l'importanza delle persone solo quando si
allontanano.-
-Già.- Dante l'abbracciò con uno sguardo, come se
avesse
potuto avvolgerla tra braccia invisibili eppure forti, protettive. Le
sorrise per farle capire tutta la verità che contenevano le
sue
parole. Sentì un pezzettino del gelo che si era insinuato
tra
loro iniziare a sciogliersi e sperò, sperò con
tutto se
stesso che le cose si sarebbero sistemate.
-Secondo me sta solo soffrendo di solitudine. Essendo introverso fa
fatica a fare amicizia.-
-Però ti ha presa come punto di riferimento.- Le fece notare
Dante.
-Non esagerare...-
-Ma se state programmando pure una vacanza in Provenza!-
sbottò
Vergil, immergendosi subito dopo nella birra che era appena arrivata al
tavolo.
-E tu come lo sai?- chiese Sveva, sorpresa.
-Lo so e basta.-
-Vergil hai letto i miei messaggi?-
-Non fare una tragedia. Eravamo vicini, il tuo cellulare mi stava
proprio davanti agli occhi.-
-No, era davanti ai miei occhi. Tu avresti potuto anche essere
più discreto e farti gli affari tuoi.-
-Comunque, deve essere importante per te questo tipo.-
-Dante, per favore. non mettertici anche tu.-
-Perché non ce ne hai mai parlato prima?- insistette Dante,
a
cui non piaceva che un estraneo si intromettesse nella loro comitiva.
Non sapeva neanche se fosse un bene che qualcuno distraesse Sveva da
Vergil. Non credeva che quei due fossero fatti per stare insieme,
però qualcosa nell'atteggiamento del gemello gli suggeriva
di
stare all'erta.
-Ve l'ho nominato un paio di volte, ma non c'è molto da
dire. Siamo amici, ci scambiamo qualche messaggio. Fine.-
-Gli manchi! Vuole portarti in vacanza. Non è "niente".-
-Vergil sembra quasi che ti interessi la situazione- disse Federica,
mentre allungava la mano verso una patatina fritta, nell'enorme ciotola
che era stata messa al centro del tavolo.
-Non dire sciocchezze. Non mi interessa affatto.-
-Allora perché continui a sottolineare l'ipotesi della
vacanza...-
-E tu perché continui a farmi un interrogatorio. Non puoi
stare zitta e mangiare?-
-Sii più gentile con lei- sibilò Dante, con
espressione minacciosa.
Vergil lo fulminò con un'occhiata e non aggiunse nulla.
Assaggiò le patatine, ma non ne sentiva quasi il sapore.
Preferiva sorseggiare la birra, che stava rapidamente diminuendo nel
bicchiere. Rimase in un silenzio colmo di astio, mentre guardava Sveva
digitare chissà quale risposta sdolcinata a quell'Ettore.
Stava
per chiederle se avesse una sua foto. Magari era uno sfigato gracile e
pieno di brufoli, ma anche se fosse stato un adone la sostanza non
cambiava. Lei gli stava scrivendo, stava accettando le sue lusinghe,
anche se sembrava non rendersene conto. Lui, Vergil Sparda, l'aveva
baciata solo poco prima e lei sembrava essersene dimenticata. Forse
aveva perfino ignorato il modo tenero con cui lui l'aveva accarezzata,
lo sguardo rassicurante e divertito con cui avrebbe voluto riscaldarla,
fino a farle cessare quei brividi. La piccola strega, alzò
gli
occhi, lo guardò e sorrise. Un sorriso malizioso, quasi
furbo,
apparve proprio sopra il cellulare. Vergil strinse la bustina di
maionese talmente forte che ne svuotò il contenuto in meno
di un
secondo. A lui nemmeno piaceva tutta quella maionese. Accidenti a
quegli occhi verdi. Gli facevano perdere il controllo. Lei socchiuse
appena le labbra. Stava ridendo di lui, la stronza! La vide premere un
tasto. La voglia strangolarla crebbe ancora di più...rideva
mentre inviava messaggini a un altro! Almeno Federica e Dante erano
talmente presi dalla discussione sui rispettivi panini da non notare
quelle schermaglie. Qualcosa continuava a vibrare contro la sua coscia
destra. Anche lui recuperò il cellulare, pensando a una
telefonata della madre. Forse era preoccupata e voleva loro notizie.
Illuminò lo schermo, e vide l'icona di un messaggio. Lesse
con
stupore il mittente: Sveva. Allungò lo sguardo, verso
l'altro
lato del tavolo. L'aveva di fronte, ma lei era troppo intenta a rubare
le patatine dalla grossa ciotola a forma di teschio, cercando di
schivare tutte quelle ricoperte di salsa.
Prese un altro sorso di birra, e aprì il messaggio.
<3
Un cuoricino.
Aveva inviato un cuoricino. A lui non a Ettore.
E
rieccomi con un aggiornamento a tempo record!
Stavolta ho un annuncio importantissimo da farvi e non vedevo l'ora di
darvi la notizia! La storia è conclusa *___*
Ebbene sì, non so esattamente quanti capitoli manchino,
perché sul pc non li ho ancora numerati per bene, ma
dovrebbero essere 7-8. Sono davvero felice di sentire l'entusiasmo con
cui seguite questa storia, solo questo mi ha fatta andare avanti e mi
ha spronata a continuare una trama che iniziavo a non sentire
più mia. E invece sono commessa nel pubblicare questi
capitoli pensando di aver già scritto la parola "fine".
Ma torniamo a noi. Vi
è piaciuto questo capitolo? Che ne pensate di Dante e
Federica che ancora non fanno pace? E quanto di voi odiano Ettore?
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