John, disteso sul suo letto, pensava.
La sua mente era tornata indietro, come spesso accadeva, a pochi giorni prima, quando ancora abitava con Sherlock Holmes.
Era stata terribilmente dura vivere con l’investigatore, e soprattutto sopportare continuamente le sue strane manie.
Come quella di suonare il violino nel cuore della notte, ad esempio.
Non capitava di rado, infatti, che Watson fosse svegliato dal suono acuto e stridulo di quello strumento tanto caro a Sherlock ma che lui odiava fin nel profondo del cuore.
Ed a niente erano serviti i suoi continui rimproveri e le sue costanti lamentele: Holmes si limitava tutte le volte a sorridere con aria innocente, e la notte dopo puntualmente ricominciava il concerto come se nulla fosse.
Con il passare del tempo John era quasi impazzito.
Non riusciva più a dormire, e per quanti metodi anti-violino avesse provato, come infilare la testa sotto al cuscino o mettersi i tappi nelle orecchie, le sue note penetranti non cessavano un attimo di distruggergli i timpani, rendendo il dolce sonno solo un lontano ricordo.
Ora, invece, la casa era completamente silenziosa.
Niente turbava la quiete notturna, a parte il delicato respiro di Mary, addormentata come una bambina al suo fianco.
Non c’era nessuno suono acuto di violino, nessuna nota stonata.
Solo silenzio.
Eppure John non riusciva a dormire. |