Ooops!
Martin
riemerse scuotendo la testa per scrollarsi l'acqua salmastra dai
capelli.
Mai
avrebbe creduto che una missione del Centro avrebbe potuto essere
così rilassante.
Stiracchiandosi
volse lo sguardo intorno alla sabbia bianca, ai palmizi ed ai
bungalow situati ai margini della spiaggia.
Quando,
pochi giorni dopo l'inizio delle vacanze estive, M.o.m l'aveva
convocato aveva sbuffato pensando alle giornate di assoluto relax a
cui avrebbe dovuto rinunciare ed invece si era ritrovato in quel
paradiso e con un compito ridicolmente semplice da svolgere.
Le
parole con cui M.o.m gli aveva spiegato in cosa consistesse la
missione gli tornarono alla mente.
“Lo
scorso anno, sull'isola di Maui, durante i festeggiamenti per il
solstizio d'estate gli spiriti di alcuni pirati hanno attaccato le
persone intervenute per l'occasione. Visto che è stato
impossibile
prelevare gli spiriti, abbiamo individuato il luogo da cui erano
stati liberati e ve li abbiamo sigillati. Come ogni anno anche
stavolta si terranno i riti del solstizio e temiamo che possano
liberarsi nuovamente.
Tu
e Diana dovrete andare lì e controllare i sigilli prima e
dopo i
riti.”
Un'occhiata
all'orologio gli confermò che era ancora presto, era tentato
di
rimanere ancora un po' a godersi quelle splendide onde ma non osava
immaginare la scenata che gli avrebbe fatto Diana se, tornata dalla
visita al museo, non l'avesse trovato intento a prepararsi per la
serata.
Rassegnato,
raccolse il suo telo bagno, lo mise su una spalla e si diresse verso
il bungalow che il Centro aveva prenotato per loro.
Fischiettando
aprì la porta, immediatamente il suo sguardo andò
all'attaccapanni
dove si aspettava di trovare appesa la borsa di Diana.
Stranamente
non fu così, un po' stupito ma anche sollevato dal fatto di
aver
evitato una predica mollò il telo mare in camera sua, prese
l'mp3 e
si uscì in balcone; visto che Diana non era ancora tornata
ne
avrebbe approfittato per rilassarsi un po' sull'amaca tesa tra due
palme ad un paio di metri dalla casa.
Martin
si era appena sistemato nel suo “bozzolo” quando la
sua amica
entrò di corsa, al museo aveva perso la cognizione del tempo
e si
era scapicollata per tornare in orario.
Gettata
un'occhiata nell'ingresso e non vedendo traccia del passaggio di
Martin scrollò le spalle ed entrò in camera sua
per poggiare la
borsa e le guide acquistate al museo.
Indecisa,
prese il cellulare dalla borsa con l'intenzione di telefonare a
Martin ma poi cambiò idea; prima avrebbe approfittato del
bagno
tutto per lei per fare una doccia in santa pace.
Lasciata
la sua stanza, gettò un occhio in quella dell'amico,
nell'eventualità si fosse addormentato.
Appena
entrata sgranò gli occhi: là dentro regnava il
caos.
Vestiti
e scarpe erano sparsi ovunque, un costume era addirittura appeso alla
testiera del letto a guisa di bandiera.
Le
capacità di quel ragazzo riuscivano ancora a sbalordirla.
Erano
arrivati solo il pomeriggio precedente e già sembrava fosse
passato
un ciclone.
Rabbrividendo
leggermente all'idea di vivere là dentro,
riaccostò la porta e
entrò in bagno pregustando i momenti di relax che
l'attendevano.
La
porta si era appena chiusa alle spalle di Diana quando,
canticchiando, cuffiette alle orecchie, Martin rientrò per
prendere
un succo di frutta dal frigo.
Recuperato
il bottino tornò fuori a gustarselo.
Una
decina di minuti dopo, ristorato, Martin tornò in casa. Era
ora di
prepararsi. Stavolta sarebbe stato lui a picchiare sull'orologio per
far notare a Diana che lei era in ritardo mentre lui era già
pronto.
Muovendosi
a ritmo di musica entrò nel bagno e qualsiasi pensiero
avesse in
mente si dileguò di fronte alla visone che gli si
parò davanti:
Diana aveva appena aperto la porta della doccia e adesso era nuda di
fronte a lui.
«Ooops.»
riuscì a bisbigliare, prima che le urla della ragazza lo
costringessero ad uscire precipitosamente dal bagno.
Inciampando
nei suoi stessi piedi, Martin si rinchiuse nella sua stanza e si
lasciò cadere sul letto.
Aveva
appena visto Diana nuda, non riusciva crederci.
Sconvolto
si portò un braccio sugli occhi, loro erano amici, non
avrebbe mai
pensato di trovarsi in una situazione così imbarazzante con
lei.
Pochi
secondi dopo sentì Diana attraversare velocemente il
corridoio e
sbattere la porta della sua camera.
Avrebbe
voluto andare da lei ma la verità era che, nonostante la sua
spavalderia, la sola idea di trovarsela davanti gli faceva sentire
incredibilmente caldo.
Messosi
a sedere si scompigliò i capelli. Era un gran casino.
Dopo
un attimo di titubanza si alzò per andare a fare la doccia.
Nonostante quello che era successo avevano una missione da portare a
termine.
Chiusa
nella sua stanza, Diana, ancora avvolta nell'asciugamano, si era
lasciata scivolare a terra.
Sentiva
gli occhi pizzicarle e le guance andarle a fuoco. Non si era mai
sentita tanto in imbarazzo.
Come
avrebbe fatto a guardare di nuovo Martin in faccia se alla sola idea
si sentiva morire?
Sentendo
l'acqua scorrere nella doccia sussultò, presto Martin
sarebbe
uscito, doveva finire di prepararsi.
Concentrarsi
sulla missione le permise di calmarsi un po' anche se non le
impedì
di farle scivolare la spazzola dalle mani nel momento in cui
sentì
Martin bussare alla porta.
«Diana,
sei pronta?»
«Arrivo.»
rispose con voce malferma.
Afferrata
la borsa, fece un paio di respiri profondi nel vano tentativo di
rilassarsi, ignara che, dall'altra parte della porta, il suo amico
stesse facendo lo stesso.
«Andiamo.»
disse, uscendo dalla camera e precedendolo all'uscita senza neanche
guardarlo in faccia.
Arrivati
in spiaggia la trovarono già affollata e vennero avvolti dal
clima
festoso.
Presi
due cocktail per confondersi meglio tra gli altri, diedero un
occhiata intorno per controllare la situazione e verificare in che
punto si sarebbero potuti immergere per raggiungere la grotta senza
attirare l'attenzione.
Da
quando erano usciti dal bungalow non si erano rivolti la parola
né
si erano guardati negli occhi.
«Penso
che dietro quella collinetta sabbiosa sia il punto ideale, non ci
noteranno.» affermò Martin, rompendo il silenzio.
Diana
osservò il punto indicato dall'amico e storse le labbra,
indecisa se
dire o meno la sua.
«Dubbi?»
chiese Martin prevenendola.
Come
sempre l'aveva capita anche se non aveva parlato, non poté
fare a
meno di sorridere, rasserenata.
«Non
rischiamo di trovarci davanti qualche coppietta appartata?»
si
decise quindi a domandare.
«Noi
ci immergeremo prima della fine del rito, le coppie si apparteranno
dopo e quando riemergeremo lo faremo dalla spiaggia, confondendoci
tra quelli che faranno il bagno di mezzanotte, quindi no
problem.»
la rassicurò, facendole l'occhiolino.
«Visto
che hai pensato a tutto tu non ci resta che goderci la
festa!»
esclamò Diana, mostrando il bicchiere vuoto e avviandosi
verso il
bar sulla spiaggia, sentendosi, finalmente, un po' più
rilassata.
Trascorsero
le successive due ore a seguire gli spettacoli che si susseguivano
sul palco pur rimanendo vigili alle eventuali stranezze che si
sarebbero potute verificare.
L'improvvisa
fine della musica ed il suono di un gong in avvicinamento li
avvisarono dell'imminente inizio dei riti.
Senza
farsi notare raggiunsero il punto d'immersione. Per loro fortuna
l'abbigliamento previsto per la festa era il costume così
non gli
rimase che tuffarsi.
Raggiunta
la grotta uscirono dall'acqua e verificarono che i sigilli messi dal
Centro fossero integri.
I
riti si concludevano con il bagno di mezzanotte, così,
mezz'ora dopo
la loro sortita poterono reimmergersi per fare ritorno alla spiaggia.
Erano
quasi arrivati quando Diana emise un lamento soffocato prima di
svanire sott'acqua.
Preoccupato,
Martin la seguì. Per sua fortuna la ragazza era solo a mezzo
metro
da lui e, da come si teneva il polpaccio, era chiaramente in preda ad
un crampo.
Con
alcune veloci bracciate la raggiunse, l'attrasse a se con un braccio
e la riportò a galla.
La
spiaggia era poco distante e l'acqua già ribolliva a causa
delle
numerose persone che l'affollavano.
Appena
toccato il fondo, Martin prese Diana tra le braccia e la
portò
all'asciutto.
Afferratagli
la gamba iniziò a massaggiarle il polpaccio
finché sentì sotto le
mani il muscolo che si rilassava.
«Grazie.»
disse Diana, ancora dolorante.
«Di
nulla.» rispose Martin, sorridendole e continuando ad
accarezzarle
la gamba.
D'un
tratto, quasi si fosse scottato, scattò in piedi e si
allontanò da
lei.
«Che
succede?» chiese Diana, preoccupata, raggiungendolo
zoppicando.
«Nulla.»
rispose, continuando a darle le spalle. «Ho un po' di mal di
testa,
forse a causa dell'immersione. Visto che la missione è
finita vado a
letto.»
Diana
lo guardò allontanarsi, senza riuscire a dare una
spiegazione a quel
suo strano comportamento.
Lo
scoppio del primo fuoco d'artificio attrasse la sua attenzione ma non
riuscì a metterla di buon umore, aveva sperato di guardarli
insieme
a Martin.
Quando
lo spettacolo pirotecnico fu finito rientrò al bungalow.
All'interno
il silenzio era assoluto, Diana si disse che probabilmente lui stava
già dormendo quindi, con un sospiro, entrò nella
sua camera e si
lasciò andare sul letto.
Era
stata una missione rilassante, divertente, come poteva essere
precipitato tutto così?
Avrebbe
voluto addormentarsi per poi accorgersi al risveglio che si era
trattato solo di un incubo ma sapeva che non era così.
L'indomani
mattina il Centro avrebbe aperto il portale che li avrebbe portati a
casa, non poteva perdere tempo.
Raccolto
l'accappatoio entrò nel bagno. Appena ebbe acceso la luce
vide lo
specchio del bagno appannato; segno che Martin c'era stato poco prima
di lei e che quindi, quasi sicuramente, fingeva di dormire per
evitarla.
Chiusa
la porta a chiave, per evitare ulteriori incidenti, si fece una
doccia veloce, asciugò sommariamente i capelli e si
rifugiò nella
sua camera.
Non
poteva fare nulla se non aspettare la mattina e vedere come sarebbe
andata.
Indossato
il pigiama, puntò la sveglia ed aprì un po' la
finestra prima di
coricarsi. Sperava che l'aria fresca e il rumore del mare
l'aiutassero ad addormentarsi.
Il
rumore della sveglia strappò Diana dal dolce oblio del sonno
che
solo alle prime luci dell'alba aveva faticosamente conquistato.
Strofinandosi
gli occhi si mise a sedere. Aveva ancora la valigia da richiudere,
doveva sbrigarsi.
Avvoltasi
nella vestaglia raggiunse l'angolo cucina per fare colazione.
Contrariamente
al solito, non trovò Martin intento a divorare il possibile
e
l'inimmaginabile e neanche la solita baraonda di ciotole e piatti
sporchi ad indicare il suo passaggio.
Immediatamente
le venne il dubbio che lui si fosse addormentato.
Non
si era mai fatta problemi ad entrare in camera sua ma stavolta
tentennò, non sapeva come affrontarlo.
Presto
però sarebbero dovuti andare via, non aveva scelta.
Arrivata
davanti alla camera di Martin bussò un paio di volte senza
ricevere
risposta, non che si aspettasse qualcosa di diverso, quando dormiva
non lo svegliavano neanche le cannonate ma ci aveva sperato.
«Martin,
svegliati!» disse entrando.
Il
letto era sfatto ma di lui non vi era traccia fatta eccezione per la
valigia già chiusa e poggiata davanti all'armadio.
Stupita
Diana uscì dalla stanza richiudendosi la porta alle spalle e
si
fiondò nella sua; non aveva più fame.
Appena
entrata iniziò a infilare le sue cose in valigia con
malagrazia.
Martin
non usciva di casa senza far colazione, non si alzava presto e non
preparava mai la valigia per tempo; la situazione era più
grave di
quel che pensava.
Scoppiando
in un pianto dirotto si lasciò scivolare a terra con le
spalle
appoggiate al letto e si portò le gambe al petto.
Non
poteva credere che uno stupido incidente bastasse a distruggere
un'amicizia che durava da una vita.
Passato
qualche minuto si asciugò gli occhi e si rialzò.
Non
si sarebbe fatta trovare in quello stato.
Rientrata
in bagno si sciacquò il viso e lavò i denti,
quindi tornò in
camera, si vestì e pettinò i capelli per poi
rimettere in valigia
le ultime cose.
Sarebbe
stata forte.
L'acqua
iniziò a ribollire mentre una strana bolla affiorava in
superficie.
Giunto sullo spiaggia Martin disattivò l'U-shield e
verificò che
nessuno lo avesse visto. Per fortuna la spiaggia era ancora deserta,
i festeggiamenti per il solstizio si era protratti quasi fino al
mattino.
Con
passo lento si avviò verso il bungalow. Lungo la strada lo
sguardo
gli cadde sul punto in cui la sera prima aveva soccorso Diana in
preda ad un crampo e le immagini del sogno fatto durante la notte si
ripresentarono prepotentemente alla mente.
Le
stava massaggiando il polpaccio ma, invece di fuggire come aveva
fatto nella realtà, era risalito con la mano e l'aveva
attirata a
se, si era portato la sua gamba al fianco e l'aveva baciata. Le sue
labbra sapevano di salsedine.
L'aveva
fatta sdraiare sulla sabbia ed aveva continuato a baciarla. Di colpo
sulla spiaggia c'erano solo loro. Le aveva slacciato il sopra del
costume scoprendole il seno e lei aveva ansimato. A quel punto si
era svegliato eccitato e accaldato.
Sconvolto
dal sogno fatto, aveva deciso di andare a fare un'ultima verifica
della grotta così da allontanarsi da Diana. Adesso
però non aveva
scuse, doveva tornare.
Stringendo
i pugni si fece coraggio e proseguì.
Appena
aperta la porta si ritrovò davanti la ragazza intenta a
sistemare la
sua valigia all'ingresso.
«Martin,
dov'eri?» chiese Diana, avvicinandoglisi.
«Ho
pensato fosse meglio dare un'altra occhiata alla grotta, prima di
andare via.» spiegò lui, dirigendosi verso la sua
camera senza
guardarla negli occhi.
«Avresti
potuto chiamarmi.»
«Non
era necessario.» tagliò corto, portando la sua
valigia vicino a
quella della ragazza.
Diana
si adombrò, così non andava per niente bene.
Di
colpo l'U-Watch di Martin iniziò a suonare ed un attimo dopo
un
portale si aprì davanti a loro.
Afferrate
le valigie vi si lanciarono atterrando sul tutt'altro che morbido
pavimento dell'ufficio di M.om.
«Ben
arrivati ragazzi, andata bene la missione?» chiese la donna
avvicinandoglisi.
«Bene,
se non fosse per l'atterraggio.» rispose Martin
massaggiandosi il
sedere mentre si rimetteva in piedi.
«I
sigilli sono rimasti intatti, non ci sono stati problemi.»
aggiunse
Diana.
«Perfetto.»
approvò M.o.m. «Raggiungete Billy così
potrete tornare a casa.
Fate delle buone vacanze.»
Dopo
averla salutata i due ragazzi raggiunsero il piccolo alieno.
«Martin,
Diana, ciao!» trillò appena li vide arrivare.
«Ciao
Billy.» risposero in coro.
«M.o.m
ci ha detto che ci penserai tu ad aprire il portale.» disse
Martin.
«Speravo
vi sareste fermati almeno per un caffè.»
obiettò l'esserino.
«Scusaci
ma ci sentiamo piuttosto stanchi.» si giustificò
il ragazzo.
«Va
bé, sarà per un'altra volta.» rispose,
rassegnato. «Andiamo al
garage, abbiamo qui la tua macchina.»
Un
rapido viaggio in ascensore li portò molti piani
più giù.
Raggiunto
il loro mezzo sistemarono i bagagli e si preparano a partire.
«Grazie
di tutto Billy.» disse Diana, entrando in macchina.
«A
presto ragazzi!» rispose l'alieno, aprendo il portale.
Quando
ne uscirono erano in una stradina a due minuti dalla via in cui
abitavano entrambi e Diana non poté che rammaricarsene.
Guardò
il ragazzo guidare in silenzio e trattenne a stento un sospiro.
Prima
che riuscisse a decidersi ad attaccare discorso Martin aveva
parcheggiato nel vialetto ed aveva spento il motore.
«Finalmente
in vacanza!» esclamò il ragazzo scendendo
dall'auto e
stiracchiandosi. «Dovrò impegnarmi se voglio
finire tutti i nuovi
videogame che ho comprato.»
Mentre
parlava aveva aperto il portabagagli e tirato fuori le valigie di
entrambi.
Nonostante
parlasse spensieratamente Diana non si lasciò ingannare.
Stava solo
cercando di sbrigarsi a togliersela di torno.
«Goditi
le vacanze e non seppellirti sotto i libri!» le
raccomandò
mettendosi la valigia in spalla e risalendo il vialetto di casa.
Diana
lo guardò salutarla con la mano prima di chiudersi la porta
alle
spalle.
Sospirando,
prese a sua volta il bagaglio e si diresse verso casa sua, dall'altra
parte del vialetto.
Per
adesso lo avrebbe lasciato in pace, ci sarebbe stato tempo per i
chiarimenti.
Aperta
la tenda, Diana spiò la finestra della casa di fronte con
aria
triste.
Erano
tornati a casa ormai da dieci giorni ma non era riuscita a vedere
Martin neanche di sfuggita.
Aveva
provato a chiamarlo, gli aveva inviato sms, e-mail e messaggi su
facebook ma non aveva ottenuto risposta.
Finora
aveva giocato pulito evitando di mettere in mezzo i loro genitori,
non sapeva se Martin avesse detto qualcosa a casa e non voleva
metterlo nei casini o fargli subire una ramanzina per colpa sua.
Aveva
anche provato a cercarlo a casa quando era certa che fosse solo ma lui
aveva sempre finto di non esserci, anche quando lo aveva visto
chiaramente nascondersi dietro le tende.
Dopo
aver stretto per un attimo la stoffa tra le mani nervosamente, chiuse
la tenda con un gesto secco.
Quella
situazione doveva cambiare, che Martin volesse o meno.
Era
presto ed era certa che lui fosse ancora a letto.
Stavolta
non gli sarebbe sfuggito.
Infilata
la vestaglia scese velocemente le scale, sbirciò in cucina
per
essere certa che sua madre non fosse ancora rientrata dall'abituale
corsetta mattutina quindi afferrò la zuccheriera e la
vuotò nella
pattumiera.
Con
passo deciso raggiunse la porta sul retro ed uscì in
giardino.
Quando
lei e Martin erano piccoli parte dello steccato che divideva i due
giardini era stato sostituito da un cancelletto visto che loro due si
ostinavano a scavalcare piuttosto che fare il giro dal marciapiede.
Nonostante
loro fossero cresciuti il cancello era rimasto e, come sempre, non
aveva lucchetti che lo bloccassero.
Attraversatolo,
bussò alla porta della cucina di casa Mystere.
«Diana,
qual buon vento!» esclamò il padre di Martin
venendole ad aprire
con in una mano una tazza di caffè e il giornale sotto
braccio.
«Buongiorno
Jerome!» rispose Diana, sorridendogli sinceramente.
«Ho finito lo
zucchero.»
«Serviti
pure.» disse l'uomo, facendosi da parte e indicandole la
dispensa.
La
ragazza riempì la zuccheriera per poi ringraziare l'uomo.
In
quel momento suonò il telefono.
Il
signor Mystere corse a rispondere.
Diana
approfittò dell'occasione per piazzare la sua trappola,
salutare
velocemente e tornare a casa.
Seduta
al tavolo della cucina, sorseggiava il suo caffè attendendo
il
momento di agire.
«Diana,
come mai la pattumiera è piena di zucchero?» le
chiese la madre,
entrando in cucina mentre finiva di abbottonarsi la giacca.
«Mi
si è rovesciata la zuccheriera.»
spiegò, porgendo alla madre una
tazza di caffè.
«L'importante
è che tu non ti sia fatta male.» rispose la donna,
accarezzandole
una guancia come era solita fare quando lei era piccola.
Diana
si sentì in colpa per averle mentito ma sapeva anche che non
avrebbe
mai potuto fare diversamente.
«No,
tranquilla, non si è neanche rotta.» la
rassicurò sorridendole.
«Meglio!»
esclamò sua madre, baciandola sulla fronte. « Ora
corro se no
arrivo tardi in ufficio.»
Appena
sentì la porta d'ingresso chiudersi e la macchina uscire dal
vialetto in retromarcia Diana smise di fingere di mangiare e
salì in
camera.
Fece
una doccia veloce, indossò un grazioso abito a sottoveste e
delle
comode espadrillas quindi si appostò dietro alla finestra
della
cucina.
Appena
vide Jerome andare via, si fiondò in cucina,
attraversò il giardino
ed entrò in quello dei Mystere.
Sapeva
di avere poco tempo.
Visto
che suo padre era appena uscito avrebbe pensato che era lui, tornato
indietro per aver dimenticato qualcosa ma se avesse atteso un po' di
più probabilmente avrebbe sospettato qualcosa e
probabilmente
sarebbe scappato dalla finestra pur di non incontrarla.
Con
passo furtivo Diana si avvicinò alla porta della cucina.
Quando
era entrata con la scusa dello zucchero aveva appiccicato una gomma
sulla serratura così da aprirla senza fare rumore.
Per
fortuna il trucco aveva funzionato, così, dopo essere
entrata ed
aver tolto le prove del suo misfatto iniziò a salire le
scale
cercando di non far rumore e pregando che il suo amico non scegliesse
proprio quel momento per scendere a fare colazione.
Arrivata
davanti alla porta della camera di Martin si fermò per
respirare,
aveva salito le scale trattenendo il fiato per la paura.
Fatto
un grosso respiro, abbassò con decisione la maniglia,
spalancò la
porta e si fiondò nella camera del ragazzo.
Martin,
che si era appena alzato, la fissò sbigottito.
«Perché
diavolo mi eviti?» sbraitò, prima che lui avesse
il tempo di dire
qualcosa.
«Che
ci fai qui? Come sei entrata?» chiese Martin, ad occhi
sbarrati per
lo stupore, per poi distogliere lo sguardo.
«Voglio
sapere perché mi eviti come la peste.»
affermò Diana, sempre più
arrabbiata.
Lui
si lasciò cadere sul letto da cui si era appena alzato, la
testa
incassata nelle spalle.
«Tu
non capisci, ciò che è successo ha incasinato
tutto.»
«Ciò
che è successo?» domandò, basita.
«È successo che TU hai visto
ME nuda! Se c'è qualcuno che dovrebbe sentirsi a disagio
quella
dovrei essere io, non tu; ma l'ho superato per il bene della nostra
amicizia.»
«La
fai facile tu, vorrei vedere se saresti così tranquilla se
ti
eccitassi ogni volta che mi vedi!»
«Cosa?!»
chiese Diana, esterrefatta.
«Oh
ca##@!» esclamò Martin, portandosi le mani al
volto.
«Cosa
intendi?» domandò, certa di aver capito male.
«Bé,
si, dai hai capito.» rispose con un sospiro rassegnato.
«Dalla
missione per me è cambiato tutto. Mi sono reso conto che
ciò che
sentivo quando ti si avvicinavano altri ragazzi non era senso di
protezione da fratello maggiore ma gelosia.»
confessò.
Diana
si portò una mano alla bocca, stupita. Incapace di proferire
parola.
«Capisci
quindi che non possiamo più essere amici.»
Col
cuore a mille Diana gli si inginocchiò davanti e lo
costrinse a
togliere le mani dalla faccia.
«Magari
non potremo più essere amici ma magari
qualcos'altro.» propose.
Martin
la guardò, senza comprendere.
«Ciò
che tu provi da dieci giorni io lo provo da molto di
più.» spiegò.
Vedendo
che lui si limitava a fissarla, si alzò appena
affinché il suo viso
fosse all'altezza del suo ed attese mordendosi il labbro
nervosamente.
Finalmente
consapevole del significato delle sue parole, Martin
l'attirò a sé
e la bacio.
Appena
il bacio si fece più intenso, spinto dalla passione se la
trascinò
addosso per poi ribaltare le posizioni e sdraiarla sul letto senza
staccare le labbra dalle sue.
Quando
il bisogno d'ossigeno divenne irrimediabile si staccò da lei
e la
guardò sorridendo.
Il
movimento aveva fatto scivolare una spallina del vestito e Martin non
poté fare a meno di lanciarle uno sguardo allusivo
accarezzandole la
spalla nuda.
«Ho
speranze nel prossimo futuro di dare un'occhiata a tutto quel po' po'
di roba che ho ammirato nel bungalow?» chiese, malizioso.
«Martin!»
esclamò Diana, imbarazzata, dandogli uno scappellotto prima
di
attirarlo a sé e baciarlo nuovamente.
Finalmente
era di nuovo felice.
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