cap 3
Jolene era entrata da poco nel lussuoso Hotel, e già cominciava
a sudare e sentirsi agitata. Non aveva un vero e proprio piano, sperava
che le avessero dato il passpartou o che il milionario fosse ancora
nella suite per posare la collana al suo posto, sapeva che non sarebbe
stato così facile, anzi che era vera e propria pazzia, ma voleva
provarci. Si diresse verso il tavolo delle informazioni dove
c’era un tizio carino e basso di nome “Francis”,
sfoderò un sorriso e si rivolse a lui –Salve, sono una
…ehm, conoscenza, del signor Warlett, suite 762, avrei urgenza
di vederlo.- ammiccò Jolene. Non era stata molto
convincente, ma non voleva perdersi d’animo.
–Il Signor Warlett non è nella camera al momento, non
posso farla entrare, mi spiace.- disse sorridendo Francis. Forse la
parola “conoscenza” non era abbastanza ovvia, doveva
sottolineare più il concetto.
-Siamo molto intimi, non ci sarà nessun problema se entro mentre lui non c’è.- sorrise cortesemente.
-Mi dispiace ma non posso farlo.- sorrise.
-Senti Francis, ti ho detto che ho bisogno di entrare dentro quella
Suite, sarà per pochi secondi, e tu potrai acompagnarmi se
vuoi.- quasi urlò, era stanca di quei finti sorrisetti, e aveva
i nervi a fior di pelle. Vedeva un guizzo di dubbio e stupore negli
occhi scuri di Francis, e ne approfittò. –Ti prego, ci
vorrà solo un attimo.-lo supplicò. La sua mano si
spostava nervosamente tra il telefono e le chiavi davanti lui, alla
fine prese le chiavi, con cui aprì una vetrina dietro a lui dove
c’erano i passpartou delle suite e le chiavi vere e proprie.
Uscì da dietro il tavolo e si diresse verso l’ascensore.
–Grazie.- mormorò a disagio Jolene. Lui aveva uno sguardo
serio, e abbastanza arrabbiato, infatti non le riferì parola per
tutti i primi quaranta piani, e ne mancavano trenta.
-Se ci andrò di mezzo, farò il tuo nome.- disse Francis,
quando una coppia di adulti scese dal quarantunesimo piano.
-Nemmeno lo sai il mio nome.- rispose Jolene. Lui la guardò per
un attimo e poi si girò verso le porte automatiche senza dire
una parola.
-Wow, ti pagano abbastanza per mantenere questa espressione
ventiquattr’ore su ventiquattro?- la domanda di Jolene era
retorica, sapeva che lui non le avrebbe mai risposto, e per
sdrammatizzare era solita fare queste battutine. Sentì soffocare
una lieve risata e sorrise anche lei appena. Entrò una coppia di
anziani, e a Jolene venne ancora più da ridere perché non
poteva farlo, così quando uscirono lei e Francis scoppiarono in
una breve risata.
–Sei una di quelle ragazze che si approfittano dei soldi
altrui, vero?- Jolene si sentì bruciare di vergogna, non poteva
rispondere di no, perché non era la verità, ma non voleva
rispondere di si.
-Ne vedo tante qui, ma non avrei mai sospettato di te.- le sorrise. Era un po’ strano, ma era complimento.
Lei sorrise di rimando. –Che hai combinato?- chiese con uno
sguardo d’intesa. Quindi di solito c’erano donne che
rubavano e poi se ne pentivano e tornavano per rimettere le cose
apposto? Non era l’unica.
All’improvviso si sentì più sicura, come se Francis
fosse qualcuno con cui confidarsi, e non un membro dell’Hotel che
poteva consegnarla alla Polizia.
-Io.. ho preso una cosa, e voglio rimetterla al suo posto.- ammise con
gli occhi fissi sulla moquette dell’ascensore. Lui alzò un
sopracciglio, -Beh, complimenti, sei una persona onesta.-
-Le persone oneste non rubano.- rispose Jolene.
Lui non rispose per un po’, erano arrivati al sessantottesimo
piano, -hai capito di aver sbagliato e vuoi rimediare, non tutti sono
disposti a farlo.- concluse.
Beh, la verità è che questo era un carico troppo grosso,
meno di cinque ore fa aveva adulato il Signor Warlett e lo aveva
derubato, ma questa parte non se la sentiva di raccontarla, aveva
già ammesso troppo.
Le porte si aprirono, e si diressero verso la suite che si trovava
infondo al corridoio. Lui le fece un sorriso rassicurante e disse
–Faccio io il palo, tu entra e fai quello che devi fare.- le fece
l’occhiolino, tirò fuori il passpartou e stava per
strisciarlo nella serratura, quando un urlo attraversò la porta,
veniva dall’interno.
-Subito! E’ scomparsa, capito? Il capo della sicurezza! Adesso!-
disse e attaccò la cornetta con così tanta violenza, che
Francis e Jolene sentirono l’impatto. Jolene bloccò la
mano di Francis, gliela prese e corse verso gli ascensori, ma erano
tutti occupati, ed il più vicino di trovava al cinquantatreesimo
piano.
-Merda, merda, merda.- Jolene era entrata nel panico. –Sta
cercando la cosa che ho rubato.- disse sottovoce, per paura che
qualcuno la stessa spiando o sentendo. –Beh, vai da lui e
restituiscigliela.-disse Francis. Jolene non poteva certo bussare e
dire “Ehi ti ho rubato la collana, ti ricordi di me? Oh, comunque
eccola qua!” . Ci sarebbe andata di mezzo lei e le altre, e non
poteva farlo. Poteva però lasciarla davanti alla porta? Sarebbe
stato un gesto avventato, qualcuno poteva vederla o rubarla,
però voleva tentare.
-Aiutami, voglio bussare e metterla davanti alla porta.- disse a Francis.
Lui ci pensò per un secondo e poi la aiutò, erano a
metà del corridoio quando le porte dell’ascensore si
aprirono, facendo uscire poche persone, loro fecero finta di camminare
con nonchalance fino a che queste non fossero entrate nelle proprie
suite. Non appena il corridoio fu di nuovo libero, loro continuarono ad
avanzare verso la suite, ma dall’ascensore stavolta uscì
quello che doveva essere il capo della sicurezza con due poliziotti ai
suoi lati. Jolene e adesso anche Francis, presi dal panico girarono in
un altro corridoio a destra di quello principale, che purtroppo era
solo un vicolo cieco, dove c’erano un istintore ed una porticina
anonima sicuramente chiusa
. –Se mi scoprono, mi licenziano, e poi mi arrestano.-
mormorò Francis a Jolene con un’occhiataccia. –Io
sarò direttamente morta invece.-
La polizia stava per passare davanti all’uscita, quando a Jolene cadde l’occhio sul passpartou di Francis.
Indicò il passpartou a Francis, e mimò il gesto di aprire
la porta, lui annuì e piano aprirono la porta. Questa fece il
suono di apertura, e quando Jolene e Francis se ne accorsero, erano
già dentro alla porta, sperando che i poliziotti non ci avessero
fatto caso. Li sentirono passare per il corridoio e non appena i loro
passi furono quasi lontani, tirarono fuori l’aria dai polmoni.
–Ma che diamine hai preso?- chiese Francis.
Il signor Warlett aprì la porta urlando qualcosa di
incomprensibile e poi la richiuse, e ci fu di nuovo il silenzio. Jolene
aprì la porta ed uscì dalla minuscola stanza in cui erano
stati, un po’ in imbarazzo per la situazione. Adesso non poteva
più fare niente.
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