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"LETTERA" D'AMORE §
L'estate
era ormai finita.
Il vento
portava via gli ultimi tepori, mentre le foglie degli alberi
accennavano alla perdita di quel verde che tanto rallegra, alla luce
del sole.
Una
sagoma di sconforto si avvicinava lentamente ad una lastra bianca,
con in mano un mazzo di fiori.
Il
maestrale parve emettere un flebile lamento quando due ginocchia
nivee piombarono sull’erba, come senza forze.
Due occhi
di un rosso spento percorsero le linee perfette che andavano a
formare, sulla lastra, un nome.
Un nome
troppo caro.
I fiori
vennero posati delicatamente sul rado prato, benché la mano
che
stava compiendo tale gesto stesse tremando.
Un’ombra
di singhiozzo e pupille lucide.
Kurenai
permise alle proprie labbra di piegarsi in un piccolo, disperato
sorriso di tenerezza.
“Ciao,
Asuma.”
Dovette
respirare molto a fondo per impedire alla propria voce
d’incrinarsi.
Invano.
“Buon
compleanno…”
Non ce la
fece a trattenersi: abbandonò il petto in avanti,
nascondendo il
viso contro le sue braccia.
Fin da
quando l’amore della sua vita aveva lasciato quel mondo, ogni
giorno, con le sue lacrime, nutriva quel terreno che custodiva la
reliquia di un uomo, per lei e non solo, straordinario.
Un rumore
secco risvegliò la donna dai suoi tristi pensieri: qualcuno
stava
bussando.
Andò ad
aprire, ritrovandosi davanti un ragazzo a capo chino, che conosceva
quasi il suo stesso dolore.
“Salve,
Kurenai” salutò educatamente quello.
“Ciao,
Shikamaru” rispose lei, cercando di trovare
un’espressione che
potesse mascherare il suo stato d’animo, assolutamente
devastato
“prego, entra pure.”
“Grazie
dell’invito, ma no” Nara non accennava ad alzare lo
sguardo “sono
solo venuto a portarti alcune cose. Hanno sgomberato
l’appartamento
del maestro Asuma…”
Fu come
se un pesante macigno completamente composto da grave silenzio fosse
piombato in mezzo a loro.
Solo il
nominarlo aveva reso l’atmosfera quasi irrespirabile.
Shikamaru
trovò il coraggio di continuare.
“Ho
pensato di portarti qualcosa. Lui vorrebbe che le avessi tu”
fece
porgendole uno scatolone.
Kurenai
sentì gli occhi inumidirsi, appannandole la vista.
“Grazie”
riuscì ad afferrare quello scatolone, che sembrava pesare
molto più
del dovuto “sei stato molto gentile.”
“Non
c’è di che.”
Salutò
con un gesto, per poi andarsene.
Non sentì
il sofferto sospiro uscire dalle labbra violacee per i morsi di
addolorata rabbia.
Il dorso
della mano andò ad asciugare le guance rigate di lacrime.
Kurenai
entrò in casa e gettò una rapida occhiata allo
scatolone ancora
intatto, come faceva ogni giorno da oltre una settimana.
Riempì
un bicchiere d’acqua e bevve, mentre gli occhi ricadevano su
quegli
oggetti nostalgici e dolorosi.
Forse
avrebbe dovuto svuotarlo.
Forse
avrebbe dovuto, una volta per tutte, guardare in faccia alla
realtà;
prendere quelle cose una ad una in mano e scrutarle, finché
non le
fosse risultato evidente che Asuma –il suo compagno, il suo
uomo,
il suo tutto- se n’era andato, e che non sarebbe ritornato.
Respirò
a fondo, per poi dirigersi decisa –una decisione che si
opponeva
troppo al suo pallore- al suo letto, dove aveva appoggiato quel pozzo
di ricordi.
Una mano,
coraggiosa, si avventurò in quel baratro, afferrando la
prima cosa
che capitò.
La tirò
fuori lentamente, con timore. Ci mise altrettanto a vedere cosa
fosse.
Una
scatoletta vuota.
L’aprì:
di quelle in cui ci si mettono gli orecchini.
“Il
team 10…” sussurrò tra sé e
sé, ricordando il volto entusiasta
dell’uomo quando le aveva mostrato il regalo di promozione a
chuunin per i suoi allievi.
Il solo
ricordo le provocò una fitta al cuore, per cui
lasciò cadere
l’oggetto sul letto.
Straordinariamente,
però, quella fitta non ostacolò
l’aumentare della curiosità.
Così trovò il coraggio di continuare ad esplorare
quel baratro.
Un
vecchio accendino, fogli di carta, un kunai…
Gli occhi
si spalancarono, stupiti.
Un
nastro. Su cui vi era scritto il destinatario.
‘A
Kurenai’
La paura
la travolse nuovamente.
Di che si
trattava? Perché le era arrivato solo adesso che Asuma le
era stato
portato via?
Non seppe
come, ma poco dopo si ritrovò davanti un mangianastri, in
cui la
cassetta era già inserita.
Aveva il
dito puntato sul tasto ‘play’.
Tremava.
E non per il freddo o il maestrale.
Era
terrorizzata.
Poi di
colpo fece un balzo: il verso di un uccello l’aveva presa
alla
sprovvista.
“Ciao,
Kurenai.”
La donna
sentì un brivido percorrerle la schiena.
Si voltò
lentamente verso il mangianastri, incredula di aver sentito una voce
che conosceva fin troppo bene.
“Lo
so, ti starai chiedendo che cosa vuol dire tutto questo.
E’
una storia divertente… beh, non è poi
così divertente…”
La donna
riuscì a malapena a sedersi sul letto, con la bocca ancora
aperta
dallo stupore.
“…lo
sai che non sono molto bravo in smancerie e questo genere di cose.
Ero
partito con l’idea di scriverti una lettera
d’amore, ma mi sono
subito accorto di non esserne in grado…
Probabilmente
mi starai dando della frana.”
Seguì
una risata, che ebbe l’incredibile potere di far sorridere
Kurenai.
“Perciò,
ho pensato di fare quello in cui me la cavo meglio: parlare.
…
Adesso
mi rendo conto che non ho idea di cosa dirti.
Beh,
se è così, allora ti racconto qualcosa che ti
piacerà: una storia
dell’orrore.”
Le storie
horror: lei le adorava.
Lasciava
che Asuma la spaventasse solo perché potesse avere una scusa
per
farsi stringere il più forte possibile, sentendolo vicino e
come suo
scudo alle insidie del mondo.
Quanto si
sentiva egoista.
§Let
me tell you a story to chill the bones
About a thing that
I saw §
“Questa
fa davvero venire i brividi… sei pronta?”
Le sembrò
di percepire qualcosa in sottofondo, come un frastuono.
Non
riusciva a capire cosa fosse.
E non le
interessava.
§One
night wandering in the everglades
I'd one drink but
no more
I
was rambling, enjoying the bright moonlight
Gazing up at the
stars §
“Una
notte stavo girovagando fuori dal villaggio, come faccio di solito.
Ti
assicuro, avevo giusto bevuto un bicchiere di saké con
Kakashi, poco
prima.
Mi
incantavo a guardare le stelle e la luna.
Mi
facevano pensare a te.”
§Not
aware of a presence so near to me
Watching my every
move
As
something rushed me from the trees
Took me to an
unholy place §
“Ma
non mi ero accorto che qualcuno mi stava seguendo.
Me ne
accorsi quando mi sentii afferrare e trascinare via, fra gli alberi,
fino ad un luogo strano.
Sapeva
di sconsacrato.
E
poi…”
§Then
they summoned me over to join in with them
To the dance of the
dead §
“Mi
proposero di unirmi a loro, alla danza della morte.”
Kurenai
sussultò, proprio come faceva tanto tempo prima, ascoltando
quei
racconti dell’orrore.
§As
if time had stopped still I was numb with fear
But still I wanted
to go §
“Ero
stordito. Lo ammetto, forse avevo anche paura.
Sembrava
che il tempo si fosse fermato.
Nonostante
tutto, non mi fermai.”
§And
I felt I was in a trance
And my spirit was
lifted from me§
“Ero
in uno stato di trance.
Sono
convinto che il mio spirito sia partito, lasciandomi.”
§And
I danced and I pranced and I sang with them
All had death in
their eyes
Lifeless figures
they were undead all of them
They
had ascended from hell§
“Fu
agghiacciante: danzai, cantai e mi rallegrai con loro.
Nei
loro occhi non c’era vita.
Neanche
una traccia della luce che hai tu nel tuo sguardo.
Erano
semplicemente morti… e avevano l’odore
dell’inferno.”
§As I
danced with the dead
My free spirit was
laughing and howling down
at me
Below my undead
body
Just danced the
circle of dead §
“In
quella danza folle il mio spirito si sfogava completamente.
Forse
ha anche gridato il tuo nome.
Il
corpo, invece, ballava con gli altri morti.
Benché
non fosse morto.”
§Until
the time came to reunite us both
My spirit came back
down to me
I didn't know if I
was alive or dead
As the others all
joined
in with me§
“Poi
spirito e corpo si riunirono.
E
sinceramente non sapevo se avessi ancora i battiti o meno, quando gli
altri si unirono a me.”
§By
luck then a skirmish started
And took the
attention away from me
When they took
their gaze from me
Was the moment that
I fled
§
“Poi
qualcosa portò via da me i loro sguardi.
Quando
ritornarono a guardarmi, capii che dovevo scappare.”
§I
ran like hell faster than the wind
But behind I did
not glance
One thing that I
did not dare
Was to look just
straight
ahead§
“Corsi
come l’inferno.
Più
veloce del vento, come dici sempre tu.
E non
osai voltarmi.”
§When
you know that your time has come around
You know you'll be
prepared for it
Say your last
goodbyes to everyone
Drink and
say a prayer for it§
“Ora
so che, quando arriverà il mio momento, dovrò
essere preparato.
So
cosa fare in quel caso: dire i miei addii, bere e… ma
sì, anche
pregare.”
§When
you're lying in your sleep, when you're lying in your bed
And you
wake from your dreams to go dancing with the dead§
“Quando
sto nel mio letto, quando cerco di dormire, sento ancora il richiamo
di quei morti.
Mi
chiedono di tornare a ballare con loro.”
§To
this day I guess I'll never know
Just why they let
me go
But
I'll never go dancing no more
'Til I dance with
the dead§
“Non
so perché mi abbiano lasciato andare.
Ma so
che il mio prossimo ballo –mi dispiace per te-
sarà con i morti.”
Le
pallide guance erano nuovamente rigate. Non poteva credere a quello
che aveva sentito.
Era come
se Asuma sapesse cosa lo aspettasse.
Come se
si fosse rassegnato al fatto di dover partire.
“La
storia finisce qui. Piaciuta?
Credo
di sì, tu adori queste cose.”
La donna
tremava. Tutt’altro le era parsa, fuorché una
storia.
Perché?
Perché
doveva sentire da quella voce una predizione del genere?
Perché
non sentiva rassicurazione in quel nastro…?
“Ma
io ti adoro ancora di più.”
Il capo
scattò.
“E,
oltre alla mia ammirazione e adorazione, hai tutto il mio amore.
Ti amo
più di qualsiasi altra cosa a questo mondo, Kurenai.
E
continuerò a farlo, anche se i morti veranno veramente per
portarmi
a ballare con loro.”
Ancora e
sempre incredulità.
Il cuore
che batteva come quando aveva Asuma al suo fianco.
Perché
forse lui era al suo fianco.
“Ecco,
ho finito.
Spero
la sorpresa ti sia piaciuta… anche se non ho idea di come
darti
questo nastro.
Qualcosa
m’inventerò.
Addio,
amore.”
Un dito
premette ‘stop’, mentre un sospiro riempiva
l’aria.
Le
lacrime non accennavano a fermarsi, però parevano portarsi
via gran
parte del peso del dolore.
Ma
quello, purtroppo, restava.
Ancora
davanti a quella tomba.
Ancora in
ginocchio.
Ancora
lacrime.
Ma con un
sorriso molto più largo e molto più sincero dei
precedenti.
Anche
quella volta Kurenai si prostrò davanti alla lastra bianca,
ma non
senza continuare a sorridere.
Anche
quel giorno si chiese come avrebbe fatto a vivere senza di lui.
Il vento
la accarezzò.
In quel
momento, ne era convintissima, qualcosa –o, per meglio dire,
qualcuno- era vicino a lei.
“Qualcosa
c’inventeremo.”
FINE
(Dedicata
a Simone, fan sfegatato degli Iron Maiden.
Grazie,
Simo, per avermi regalato il sorriso quando avrei voluto piangere.)
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