Buonasera.
Lo
so, ormai di questo passo pubblico un capitolo ad ogni uscita di un
film Marvel XD ma spero sul serio di concludere la FF entro il 2019 :-P
Vi
lascio immediatamente al capitolo, senza tante parole.
Grazie
mille a chi continua a leggere, nonstante gli aggiornamenti lenti.
Viaggiare attraverso i portali creati dal Tesseract era estremamente
facile, come un respiro profondo, un battito di ciglia. Non era nemmeno
paragonabile ai sentieri tortuosi tra i mondi che Loki aveva scovato,
esplorato e percorso in più occasioni, nella sua vita.
Più volte, per il solo gusto di scoprire dove il percorso
l'avrebbe condotto, aveva rischiato la vita, precipitando negli angoli
più oscuri dei Nove Mondi.
Gli mancava quel senso di trionfo che lo scuoteva dentro quando si
trovava improvvisamente dall'altra parte, ennesima conferma della sua
intelligenza, del suo valore.
Loki aveva la sfrontatezza di chi si era dovuto accontentare per anni
della propria autostima, e non sentiva mai il bisogno di approvazione
da parte di qualcuno che non fosse se stesso. Aveva smesso di illudersi
al riguardo molto prima.
Per questo era certo che tutto sarebbe andato come previsto.
Aprendo gli occhi nella penombra, Loki prese un profondo respiro dal
naso.
Fino a quel momento era stato semplice ma ora, su Svartalfheim,
iniziava la parte più complessa del piano.
Ne aveva studiato ogni minima variabile, sin dal momento in cui aveva
saputo della morte di Frigga.
Thanos, Malekith, lo loro pretese, le aspettative di Thor, Odino, il
traditore misterioso ad Asgard... ogni singolo elemento era una piccola
parte di un complesso ingranaggio perfetto, oliato, che si muoveva
all'unisono con la sua volontà.
Nonostante gli enormi poteri in gioco, solo una piccola parte
insignificante, una variabile infinitesimale, lo impensieriva davvero.
No, impensieriva non era la parola più adatta.
Infastidiva... ecco il termine più calzante.
Fastidio era decisamente la parola più consona a descrivere
quella variabile del tutto fuori dal suo controllo.
«Loki?», soffiò una voce, quasi
impercettibile, da un punto imprecisato dietro di lui.
Eccola, quella variabile infinitesimale, eppure così
ingombrante.
Khalida.
Voltandosi, Loki sfoderò un sorriso enigmatico.
«Credevi che non sarei venuto?», la
sfidò, squadrandola da capo a piedi.
Nonostante le situazioni complicate in cui l'aveva vista, Khalida aveva
sempre mantenuto una dignità invidiabile, per una della sua
razza. Era una donna solida, a tratti impenetrabile e fredda come le
nebbie eterne di Niflheim.
Ore le gelide nebbie si era dissolte.
Khalida aveva un aspetto terribile.
Pallida, con l'abito a brandelli, i capelli sporchi e scarmigliati,
sembrava appena uscita dalle profondità di Hel. Ogni
centimetro della sua pelle era ricoperto da ferite recenti, ustioni
tondeggianti che in più punti esponevano la carne viva,
sulle guance aveva lunghi graffi incrostati di sangue rappreso.
Conosceva i metodi di tortura degli Elfi Oscuri, violenti ed efficaci.
Era prevedibile che Khalida sarebbe stata una loro vittima; tuttavia
non si aspettava di trovarsi davanti una Khalida spezzata, con le
labbra tremanti e gli occhi lucidi per le lacrime celate a malapena.
Il tempo di un respiro e la donna si gettò in avanti,
coprendo a lunghi passi i pochi metri che la separavano da Loki,
circondagli il petto con le braccia sottili.
Confuso ed incredulo, l'asgardiano ci mise un minuto interminabile a
reagire.
Con cautela, posò le mani sulle sue spalle. Aveva la pelle
gelida, ma coperta di sudore.
Khalida sollevò appena il volto, incrociando il suo sguardo
perplesso.
«Non avevo nemmeno osato sperarlo»,
mormorò, in un flebile respiro.
Accennando un sorriso, si sollevò sulle punte, cercando la
bocca di Loki.
Quando le loro labbra si toccarono, Khalida emise un lieve gemito, di
gola.
Istintivamente Loki approfondì il bacio.
Capì subito che qualcosa non tornava.
Sulle guance sentiva le lacrime di Khalida, e lei non piangeva mai.
Un sapore insolito, dolciastro, gli grattò la gola.
Khalida gli sfiorò le labbra appena, un'ultima volta.
E Loki capì.
Avrebbe sorriso, se la potente droga non gli avesse già
paralizzato i muscoli facciali.
“Mi
dispiace”, mimarono le labbra di Khalida,
silenziosamente.
La piccola variabile insignificante aveva fatto esattamente
ciò che doveva.
Seduto sul suo scranno; al riparo nella camera più profonda
della sua astronave ammiraglia, Santuario II, sospesa sui cieli bui di
Svartalfheim, Thanos rigirava pensoso tra le dita massicce una delle
centinaia di sfere simili al Tesseract che possedeva.
Dopo molti anni di ricerca, aveva trovato finalmente le rovine del
pianeta che i creatori del Tesseract avevano utilizzato per i loro
esperimenti. La sua pazienza era stata premiata con un bottino di
grande valore. Certo, nessuna di quelle sfere possedeva il potere del
Tesseract, ma in quegli anni di ricerca gli erano state molto utili.
Gli occhi azzurri del Titano si posarono distrattamente sul corpo
dell'asgardiano, abbandonato al centro della grande sala. Si sarebbe
risvegliato a momenti dalla potente droga che l'umana gli aveva
somministrato.
La sfera azzurra, dal diametro di pochi centimetri, ruotò
più velocemente nella mano del Titano.
Lei, ancora
più bella dell'ultima volta che l'aveva vista,
seguì con la punta delle dita la curva del suo braccio, con
fare languido. Gli occhi accesi di malizia seguirono lo sguardo di
Thanos. «Ho
proprio voglia di assaggiarlo»,
mormorò, mordendosi le labbra.
«A suo tempo, mia cara», la rabbonì
Thanos.
«Sangue Jotun,
con un retrogusto di Asgard... una vera
rarità», insisté Lei, leccandosi
lentamente gli incisivi superiori.
Thanos le prese la mano, e Lei
si voltò a guardarlo.
«Avrai tutto ciò che desideri, mia
Signora», le disse, fissandola con sguardo adorante.
I recenti doni che gli aveva portato, sacrifici di asgardiani ed Elfi
Oscuri in uguale quantità, le avevano accesso gli occhi
azzurri di una nuova vitalità. La pelle splendeva, color
delle stelle, nella notte immensa dei suoi capelli.
Lei fece un
sorriso sottile.
«Me lo prometti?».
«Ti darei la mia vita, se tu la volessi»,
giurò Thanos.
«Un giorno
forse accadrà», gli fece
notare Lei,
ammiccando.
«Così sia», mormorò Thanos.
«Vedo che parli ancora da solo», lo interruppe la
voce di Loki.
Era roca, flebile, quasi irriconoscibile; ma conservava quella punta di
irriverenza che tanto piaceva a Thanos.
Amava quando le sue vittime si ribellavano.
Rendeva tutto molto più divertente.
Thanos girò gli occhi e squadrò lentamente
l'asgardiano.
Forse da qualcuno la sua presenza poteva essere definita imponente,
perfino inquietante, ma di fronte a lui Loki si rivelava per
ciò che era davvero: un infante in mezzo ad un mondo
enormemente più grande di lui.
Loki raddrizzò la schiena, appoggiandosi al bastone del
Tesseract. La sua mente era vigile, ma il suo corpo era ancora scosso
dagli effetti collaterali della droga paralizzante. Faticava a
percepire la punta delle dita di mani e piedi e le corde vocali erano
insolitamente rigide.
«Tu hai ancora la tua Lingua d'Argento»,
osservò il Titano, lasciando trapelare un sorriso dalle
labbra solitamente inespressive.
Loki aggrottò le sopracciglia. «Suppongo di
doverti ringraziare per non aver tenuto fede alla tua
minaccia».
Una risata roca vibrò nella gola di Thanos. «Per
essere un bimbo, sei sempre stato piuttosto intelligente».
«Non giriamoci intorno, Eterno», tagliò
corto Loki. «Cosa vuoi da me?».
«Sorprendimi asgardiano».
Loki serrò le labbra, inspirando forte dal naso.
L'aria della sala era gelida, e il fiato si condensò in una
piccola nuvola di vapore. Tutto ciò che vedeva intorno a
lui; le rocce, il cielo trapuntato di migliaia di stelle, le
pozzanghere di acqua gelata; erano solo un ologramma, una simulazione
del pianeta natale del Titano, ormai scomparso per sempre. Quel luogo
lo metteva a disagio, e non solo perché custodiva il ricordo
del primo incontro con l'Eterno.
L'insinuazione di Thanos era corretta. Raramente sbagliava, quando
decideva di parlare.
Loki possedeva un'idea piuttosto precisa del suo ruolo nei suoi piani,
e la cosa lo spaventava.
Aveva già visto come andava a finire a quelli che credevano
di aver capito i giochi di potere del Titano. Di loro non era rimasto
molto più di qualche granello di polvere.
Fingere di non sapere sarebbe stato inutile, per cui la sua unica
speranza era quella di riuscire a sostenere l'ennesima finzione
abbastanza a lungo.
«Il Guanto dell'Infinito», dichiarò
Loki, senza esitazione. «È l'unica cosa celata
nella Sala delle Armi di Odino che possa avere un qualche valore per
te».
L'espressione di Thanos rimase impassibile, ma qualcosa nel suo sguardo
trasudava compiacimento. «Quel manufatto appartiene alla mia
stirpe. È tempo che io sfrutti il suo potenziale»,
la voce di roccia di Thanos si colorò appena di una nota
più calda, e Loki ormai aveva imparato a riconoscerla.
Era bramosia. Fame di potere.
Quel genere di ambizione che si lascia dietro solo cenere e morte.
Loki aveva già imparato a sue spese che con Thanos non
esisteva una parte da cui stare, una scelta. Ubbidire al suo volere era
puro istinto di sopravvivenza.
E se esisteva una verità universale riguardo al Dio degli
Inganni era che non aveva mai desiderato morire.
«Cosa ne ottengo in cambio?», chiese, immaginando
le vuote promesse con cui Thanos lo avrebbe allettato.
Thanos fece una carezza distratta ai capelli di Lei, che continuava
ad
osservare l'asgardiano con ingordigia. «Dentro di te
c'è ancora una luce, figlio di Laufey. Porta a termine il
tuo compito e ti permetterò di estinguerla per
sempre».
A stento Loki riuscì a calmare il proprio battito cardiaco,
improvvisamente accelerato.
Era trascorso troppo tempo dall'ultima volta che era stato al cospetto
di Thanos, aveva dimenticato quanto il Titano Pazzo lo conoscesse.
L'Eterno sorrise, pregustando sulla lingua la resa di Loki.
«Avrai a disposizione l'intero esercito di Malekith. Lui ha
avuto ordine di assisterti. Ora va», ordinò, con
la sua solita voce calma e allo stesso tempo crudele. «Questa
guerra è già durata abbastanza».
Loki fece solo un cenno con il capo, percependo la presenza dell'Altro,
il chitauro, alle sue spalle.
«Questa volta, non fallire», gli disse la creatura,
con la voce di Thanos. «Non saremo clementi una seconda
volta».
Quando l'asgardiano lasciò la stanza, Lei
passò
le braccia intorno alle spalle di Thanos. «Davvero intendi
lasciargli uccidere l'umana?».
Thanos soffiò una risata, tra i denti stretti.
«No. Quella luce dentro di lui lo rende debole. E io ho
bisogno che lui rimanga tale».
L'inattesa ospite asgardiana non era Lady Sif, ma un'imponente e
giunonica donna, con i capelli color rame, che si era presentata come
Amora.
Era vestita come un soldato, e non aveva la tendenza a sorridere.
In modo irriverente, Stark aveva fatto notare a Fury che sembrava fatta
apposta per lui.
Clint aveva annoverato l'occhiataccia rivolta al miliardario dal
Direttore tra le cinque peggiori che avesse mai visto. Le altre quattro
erano state tutte rivolte a lui, seguite immediatamente da missioni in
cui aveva rischiato puntualmente la pelle.
Lady Amora parlava con autorità e decisione, mentre
descriveva ciò che era accaduto ad Asgard solo poche ore
prima, mentre quegli strani terremoti squassavano Parigi e Londra.
L'aspetto della Dea incuteva un certo timore. Perfino Steve Rogers al
suo fianco appariva come un ragazzino che giocava al supereroe con un
il coperchio di un bidone della spazzatura al posto dello scudo di
vibranio.
«La situazione ad Asgard è critica»,
concluse Amora. «Il Principe Thor mi ha inviato in sua
rappresentanza a chiedere il vostro aiuto, in quanto Eroi della Terra e
suoi compagni. Le nostre spie hanno riportato del movimento tra le file
dell'esercito nemico. Ci aspettiamo un attacco nel giro di poche
ore».
La mente addestrata di Rogers aveva già elaborato in fretta
le informazioni fornite dall'asgardiana.
«L'inferiorità numerica è
notevole», osservò. Per quanto eroi più
forti della Terra, loro erano solo cinque, e non riusciva ad immaginare
come la loro presenza potesse cambiare realmente qualcosa in un
esercito così avanzato come quello asgardiano.
«Non è stata un problema a New York»,
gli ricordò Tony, per il solo gusto di contraddirlo.
«Se escludiamo il fatto che sei finito con un missile sulla
schiena nella versione 2.0 dello Stargate», lo
punzecchiò Clint, giocherellando con la cinghia del
parabraccio.
«Piantatela», tagliò corto Steve,
rivolgendo di nuovo la sua attenzione ad Amora.
«Cosa sta accadendo di preciso ad Asgard? Che ruolo hanno
Khalida e Loki in tutto questo?», domandò.
Amora posò la mano destra sulla spada. «Il
Principe Thor aveva richiesto l'aiuto dell'umana solo per rintracciare
il fratello, il quale era ragionevolmente in possesso di molte
informazioni riguardo l'essere chiamato Thanos. Subito dopo le esequie
della Regina, era previsto che Khalida tornasse a
casa». Sospirò profondamente.
«Sfortunatamente l'umana è stata attaccata dal
comandante degli Elfi Oscuri, mentre tentava di fuggire attraverso il
Bifrost. Lady Sif, incaricata della sua protezione, si trova ancora
nella Camera di Guarigione in seguito alla ferite riportate nello
scontro. Non conosciamo la sorte di Lady Khalida».
«Starà bene?», domandò
l'agente Coulson.
«Vivrà», replicò Amora.
«Se vinceremo la battaglia che incombe
all'orizzonte».
«E Loki? Si trova anche lui ad Asgard?», chiese
Fury.
«Non al momento. Il Principe Thor gli ha affidato un
incarico».
Un silenzio imbarazzante calò sul gruppo.
«Che diavolo...», iniziò Clint.
«Ha perso completamente la testa?»,
sbottò Coulson.
«Non ha mai brillato per intelligenza...»,
rincarò Tony.
«Che tipo di incarico?», la voce di Natasha
sovrastò quella di tutti gli altri, mettendo a tacere a poco
a poco le proteste.
Amora sostenne lo sguardo della Vedova Nera. «Non mi
è stato detto. Solo il Principe conosce la
risposta».
«Si fida di Loki?», intervenne Bruce, sorpreso,
quasi parlando tra sé e sé.
«Il Principe Loki è un asgardiano, per quanto a
lui piaccia pensare il contrario. Thor sa che combatterà per
la sua città», rispose Amora. «E ora, se
avete terminato con le domande, posso avere la vostra
risposta?».
Steve, Tony e Bruce si scambiarono una lunga occhiata.
Clint, istintivamente guardò Natasha, che a sua volta
scrutava le reazioni del Direttore Fury.
Nick Fury si massaggiò la radice del naso. «Questa
decisione spetta a voi. Lo S.H.I.E.L.D. può solo tentare di
rimediare ai danni qui sulla Terra», iniziò,
incrociando le braccia al petto. «Fermare ciò che
sta succedendo è compito vostro. Salvare Asgard è
difendere la Terra».
Steve Rogers strinse appena il pugno al fianco. Cercò il
consenso negli occhi dei suoi compagni, ottenendo da ognuno di loro un
cenno d'assenso.
«Preparate l'armatura. Andiamo ad Asgard».
Seduta a gambe incrociate sul letto, Match in bilico sulle ginocchia,
Khalida si sforzava di riflettere, respirando profondamente.
Aveva tentato di raggiungere l'entità all'interno del
manufatto, ma era stata una pessima idea. Ci aveva guadagnato solo un
attacco violento di epistassi e un mal di testa mai provato prima.
Il suo fisico era troppo debilitato per sostenere quel tipo di sforzo,
e forse non ne sarebbe più stato in grado.
Aveva dormito per diverse ore, ma ugualmente si sentiva stremata.
Non aveva la minima idea di dove si trovasse.
Dopo aver somministrato la droga a Loki, e averne subito a sua volta
gli effetti, un Elfo l'aveva prelevata dalla sua cella e trasportata in
quella stanza. Era stato un tragitto piuttosto lungo, e Khalida
sospettava di non essere più sul pianeta natale degli Elfi
Oscuri, o dovunque fosse quel buco in cui l'avevano rinchiusa.
La ricompensa per il suo tradimento era una vera stanza, ammobiliata
con gusto eccentrico e singolare, ma pur sempre con un letto vero, del
cibo e la possibilità di cambiarsi d'abito e fare un bagno.
La prima volta che l'aveva vista, risvegliandosi dalla paralisi indotta
dalla droga, aveva soffocato un conato di vomito.
Non avrebbe mai voluto arrivare a tanto, eppure non possedeva altra
scelta se non quella.
Non era la sua vita che stava tentando di difendere, né
quella di Loki.
Non più.
Ivy non aveva armi in quello scontro intergalattico, e doveva restarne
fuori in ogni modo.
Se Thanos avesse scoperto la sua esistenza, non se lo sarebbe mai
perdonata.
Involontariamente, Khalida aveva stretto le dita intorno
all'impugnatura di Match, stampandosi la trama della filigrana sul
palmo della mano. Sciogliendo le spalle contratte, si alzò
in piedi, misurando la stanza a lunghi passi.
La meditazione non stava funzionando, la sua mente era un caos di
preoccupazioni, rimorsi e rimpianti. Non aveva nessun piano,
né alcuna possibilità di sfuggire da dovunque
fosse.
Era del tutto in balia degli eventi, e questo significava che doveva
giocare ogni singola carta che aveva ancora nel mazzo.
Un fruscio leggerissimo la sorprese alle spalle.
Khalida non sentì il bisogno di voltarsi.
La partita decisiva della sua vita era appena cominciata.
In piedi sulla soglia della stanza, attorniato da un manipolo di
Dannati, Loki la fissò a lungo.
Fece un lieve cenno con la mano. «Lasciateci»,
ordinò agli Elfi Oscuri, che ubbidirono senza emettere alcun
suono.
Una scintilla di rabbia divampò nel petto di Khalida.
«Vedo che Thanos non ha faticato molto a
convincerti», disse.
Gli occhi di Loki si strinsero. «Sicuramente molto di
più che per convincere te», la pugnalò
con quella frase, in modo freddo e spietato, guardandola poi sanguinare.
E con il sangue, svanì anche al rabbia di Khalida,
così come era comparsa.
«Non implorerò perdono»,
mormorò, stringendosi le braccia al petto. «Ho
fatto ciò che dovevo per sopravvivere», aggiunse,
voltandosi.
Impercettibili rughe si formarono agli angoli della bocca di Loki, una
smorfia appena celata.
«Per me, eri disposta a morire».
Khalida sollevò il mento. «È
vero», ammise. «Ma ora ho un motivo per continuare
a vivere», concluse, rabbrividendo, quando
incrociò gli occhi verdi dell'asgardiano.
Loki indossava l'armatura completa, scintillante e letale, come lei
l'aveva sempre percepito.
Per l'ennesima volta, ebbe la sensazione di guardare in faccia la
propria morte.
Poi accadde.
In un battito di ciglia e di cuore, il volto di Loki passò
dall'apatia al divertimento, e nella testa di Khalida la sua risata
risuonò come un gong foriero di distruzione.
«Cosa c'è di così
divertente?», chiese, risentita e inquieta.
Loki si prese ancora qualche secondo per sfogare la sua
ilarità, muovendo qualche passo nella stanza. «Sei
sempre stata così ridicola nelle tue convinzioni».
Qualcosa scattò nella mente di Khalida, una consapevolezza
che fino ad allora era rimasta ai margini della sua mente.
«Perché
sei qui, Loki? Cosa stai
architettando?».
«La mia redenzione», rispose lui, in modo
sibillino.
«Parla chiaro Loki!», esclamò Khalida,
irritata, facendo istintivamente un passo verso di lui.
Loki non fece caso al tono autoritario della donna. «Pensa a
come tutto suoni armonioso. Il cattivo rapisce la donzella in
difficoltà, il povero eroe sfortunato accorre in suo
soccorso, ma per salvarle la vita deve sottostare a un terribile
ricatto, che lo costringerà a tradire la sua
città e l'amato fratello da poco ritrovato».
Il fiato scappò dai polmoni di Khalida. Era quasi ironico, a
guardarlo dall'esterno.
«Intendi sul serio usarmi come scusa per giustificare il
fatto che hai deciso di collaborare con Thanos?»,
domandò. Non era arrabbiata, né offesa, anzi.
Si domandava come avesse fatto a non arrivarci prima.
Era una strategia valida, a tratti geniale.
Una finzione elaborata, ragionata, da chissà quanto tempo.
«Asgard ama le storie tragiche, e i martiri ancor di
più», assentì Loki, sorridendo.
Annuendo, con fare distratto, Khalida si sedette sul bordo del letto.
«Mi aspettavo di vederti più...
alterata», ammise Loki, scrutandola a fondo.
Khalida si strinse nelle spalle. «A cosa
servirebbe?», chiese, ironica. «Probabilmente
funzionerà. Conoscendo Thor farà di tutto per
crederci. E tu sei un attore convincente».
Un barlume di sorpresa brillò negli occhi di Loki.
Intuendone il motivo, Khalida gli sorrise in modo stanco.
«Sul serio credevi che fossi dalla sua parte? Ormai dovresti
conoscermi».
«E da che parte saresti?», per una volta, la
scintilla di curiosità nella voce di Loki sembrava genuina.
Khalida sospirò. «Mi piacerebbe davvero dire che
sono dalla mia parte, ma non voglio mentirti», una breve
pausa, in cui la donna fissò gli occhi neri in quelli di
Loki. «Sono sempre stata dalla tua parte, e probabilmente lo
sarò sempre».
«E questo dovrebbe significare qualcosa?», la
derise Loki.
«È la verità, Loki. Puoi farne
ciò che vuoi», replicò Khalida poi,
senza aspettare una risposta da parte dell'asgardiano lo
incalzò. «Cosa vuole Thanos da te?».
«Ti aspetti che ne parli con te?».
Khalida alzò un sopracciglio. «Mi hai coinvolta tu
in questa storia. Almeno fammi il favore di essere onesto sulla posta
in gioco».
Loki forse ebbe l'onestà di ammettere che la donna non aveva
tutti i torti. «Thanos vuole che recuperi per lui un
manufatto dalla Sala delle Armi su Asgard».
«Lo Scrigno degli Antichi Inverni?»,
ipotizzò Khalida.
«No. Un oggetto antichissimo chiamato Guanto
dell'Infinito».
«Il nome non promette bene», commentò
lei, lasciandosi sfuggire un breve sorriso, che Loki
ricambiò. «A cosa serve?».
«Centinaia di anni prima della creazione dei Nove Mondi, gli
esseri più potenti dell'Universo, gli Antichi, crearono sei
Gemme e in esse racchiusero il controllo assoluto su spazio, tempo,
anime, realtà, potere e mente. Con la loro estinzione,
l'ubicazione delle Gemme venne dimenticata. Fino a quando gli Eterni;
loro diretti discendenti, anche se inferiori; non ritrovarono la Gemma
della Mente. Grazie all'immensa sapienza celata al suo interno,
costruirono il Guanto dell'Infinito, un dispositivo in grado di
controllare e utilizzare il potere di ognuna di queste Gemme, perfino
di localizzarle, in alcuni casi».
«Gli Eterni? Quindi il popolo a cui appartiene
Thanos», commentò Khalida.
«Thanos non possiede più un popolo. È
l'ultimo della sua razza, dato che ha sterminato ogni singolo Eterno
vivente, cominciando dalla propria madre».
Khalida rabbrividì, ma evitò di concentrarsi
troppo su quel dettaglio. «Se Odino possiede questo Guanto,
perché non l'ha mai usato?».
«Fu il padre di Odino, Bor, a stabilire che il Guanto non
dovesse mai essere utilizzato, ritenendolo troppo pericoloso. Nessuna
creatura vivente può sostenere a lungo un potere del genere
senza bruciare».
«E le Gemme? Dove si trovano?», domandò
ancora Khalida, ora sinceramente curiosa.
«Nel corso degli anni a volte sono giunte notizie ad Asgard
del loro ritrovamento. Odino si è sempre preoccupato di
accertare la verità di quelle voci e poi di nascondere
nuovamente la Gemma. L'ultima notizia del genere risale a quando ero
poco più di un bambino».
«Thanos ne possiede qualcuna?».
Loki gettò uno sguardo impercettibile allo Scettro e al
Tesseract che brillava sulla sua cima. «Se è
così, ha tenuto l'informazione per sé, ma non
credo che cercherebbe il Guanto, se non fosse in possesso di almeno una
delle Gemme».
Khalida si passò una mano tra i capelli, accarezzando l'asta
di Match con la punta delle dita. «Se il potere di questo
manufatto è così immenso, come farà
Thanos ad utilizzarlo?».
«Lui appartiene alla razza che l'ha creato. È in
grado di resistere al suo potere per un tempo ragionevole».
«Ma alla fine anche lui verrà consumato da quel
potere», concluse Khalida, seguendo il ragionamento di Loki.
«Non possiamo semplicemente darglielo ed aspettare che si
uccida da solo?», domandò.
Loki sorrise. «Non è così semplice. Se
Thanos completasse il Guanto, sarebbe in grado di distruggere l'intero
universo con un semplice gesto. Niente gli sarebbe
impossibile».
Khalida strinse le labbra, raggelata da una simile prospettiva. Lei
teneva solo ad una vita, in tutti i Nove Mondi, ma questo non
significava che il resto delle persone gli fosse indifferente.
Qualcuno bussò forte alla porta della stanza, spezzando il
caos calmo di quella conversazione piena di sottintesi. Il rumore
risuonò a lungo nelle pareti, e per la prima volta Khalida
ebbe il sospetto di trovarsi a bordo di una sorta di astronave, e non
su un pianeta.
«Asgardiano, il nostro signore attende»,
annunciò una voce di cenere e fuoco.
«Sono io il tuo signore, Elfo», replicò
Loki, assumendo un tono quasi feroce.
Khalida cercò il suo sguardo, ma lui sfuggì i
suoi occhi, indossando l'elmo dorato.
Con uno sfarfallio verde, sulle sue spalle comparve il solito mantello
oro cupo.
Un nodo alla gola costrinse Khalida a deglutire.
«Dimmi solo una cosa, Loki», iniziò,
attirando finalmente lo sguardo del Dio degli Inganni. «Nel
tuo piano è previsto che io sopravviva?».
Loki sollevò un angolo della bocca, dando poi le spalle alla
donna.
Ad un suo gesto, la porta della stanza scivolò sui cardini,
spalancandosi senza fare rumore.
«Credo che tu conosca già la risposta a questa
domanda», disse Loki, prima di scomparire nel corridoio buio.
Khalida sentì le lacrime premere agli angoli degli occhi.
«Dopotutto, Asgard ha sempre amato i martiri».
---------------------------------------------------------------
La
colonna sonora dell'intero capitolo è "Final Masquerade" dei
Linkin Park.
Aspetto con ansia le vostre impressioni.
Nel
frattempo vi invito a seguirmi su instagram al nome
@ithil_89_book.from.moon dove ho una rubrica di recensioni sulle mie
svariate letture.
Nicole
:***
|