Le mie prigioni
Capitolo 1
Giorno 1
“Stai indietro!”
È questa frase strascicata a distoglierla dalla sua veglia irrequieta.
Hermione è rannicchiata in un angolo, i capelli crespi sparpagliati a
terra e la guancia posata sul pavimento freddo.
Alza debolmente lo sguardo verso la porta della segreta, che cigola
fastidiosa mentre viene aperta.
Lo spiraglio di luce che penetra nella stanza la costringe a portarsi
una mano davanti agli occhi, che da tante, troppe ore sono accecati dal
sonno maldestro e dal buio pesto.
Due passi timorosi, il rumore di un piatto di ceramica posato a terra,
la porta che cigola di nuovo e la segreta che resta illuminata dalla
tenue luce di un moccolo di candela.
Sola, Hermione si trascina a fatica verso il cibo, divora affamata i
biscotti, si porta il bicchiere colmo di latte alle labbra. Il vetro
freddo le ha quasi sfiorate quando all’improvviso ricorda che il
Veritaserum è incolore e inodore.
I biscotti le hanno asciugato la bocca e allontanare il bicchiere dalle
labbra è un’ennesima tortura, ma bere significherebbe vanificare lo
sforzo fatto per resistere alle maledizioni di Bellatrix.
Sparge il latte a terra prima di cedere alla tentazione e a stento
reprime le lacrime.
Resisti, Hermione, si dice.
La sua mente cerca un qualsiasi appiglio per distogliere i pensieri da
quella chiazza bianca e umida.
Pensa, Hermione, pensa.
Mi hanno portato la colazione. È
mattina.
All’improvviso capisce quanto sia preziosa questa informazione.
Riconoscere il passare dei giorni sarà fondamentale: solo scandendo il
tempo potrà impedirsi di impazzire, potrà continuare a sperare.
Prova a incidere un segno sul muro, ma non ci riesce. Prova ancora
sulla porta in legno, ma deve essere protetta da qualche incantesimo.
Alla fine si tira via un capello e lo annoda stretto attorno alla
maniglia.
È la mattina del mio primo giorno di
prigionia e non ho sete.
Non saprebbe dire quante ore siano passate quando la porta si apre di
nuovo.
Draco Malfoy entra nella cella, la mano agitata che tormenta la
bacchetta, lo sguardo terrorizzato che si abbassa prontamente quando
Hermione lo coglie a fissarla. Si china per recuperare piatto e
bicchiere, ma non lascia nulla in cambio e si limita a farsi da parte,
mentre la zia fa la sua comparsa nella cella e la tortura di Hermione
ricomincia.
Viene presto interrotta dal rumore di un bicchiere infranto e dal
disgusto di Bella per il nipote codardo.
“Ora tocca a te” gli dice la Mangiamorte con un sorriso maligno che non
ammette repliche.
Hermione, a malapena cosciente, cerca Draco con gli occhi e lo supplica
silenziosamente di porre fine a quello strazio.
Lui non ha neanche la forza di guardarla mentre alza la bacchetta e la
punta incerto contro il suo corpo esile e il suo sangue sporco.
L’incantesimo la colpisce al ventre, ma la temuta ondata di dolore si
diffonde molto più placida di prima, tanto che Hermione riesce a
trattenere le urla.
“Levati, nipote indegno!” gli intima allora Bellatrix, scostandolo
rabbiosa.
Hermione non riuscirà più a trattenere le urla, né le urine.
**************
Ciao!!
Ho un sacco di premesse da
fare! La prima è senz’altro ‘Per Merlino, ho davvero scritto una
Dramione?!’.
Ebbene, sembrerebbe proprio
di sì. Il perché abbia scelto di raccontare di una coppia che non ho
mai amato è presto detto: sulla scia di un contest che ho organizzato
(‘Not my cup of tea!’) ho deciso di sfidare anche io i miei limiti,
scrivendo di qualcosa di cui ho sempre pensato che non avrei mai
trattato.
Mi preme molto riuscire a
farlo lasciando i personaggi IC, ed è per questo che ho deciso di
partire da un What if. Probabilmente esisteranno mille Dramioni che
partono da questo stesso presupposto, ma visto che di solito non le
leggo, non mi è dato saperlo^^
Note sulla grammatica: per i
trattini di sospensione, mi sono attenuta alla regola ufficiale,
secondo cui ci vuole la maiuscola se inizia un nuovo periodo (in
pratica: se posso sostituire i puntini con un punto fermo senza
distorcere il senso della frase, allora ci vuole la maiuscola,
altrimenti la minuscola).
Per la virgola prima della
congiunzione E, ogni tanto mi sono volutamente presa qualche libertà
(come avviene in molti romanzi pubblicati), di solito nei dialoghi (per
enfatizzare alcune pause).
|