Stuck in hell (and I wanna go home)
Storia
partecipante a 'Contest in Reverse' organizzato dal gruppo Facebook 'EFP
- We're Nothing Without Music'
Nome su
facebook: Giada Fraccaroli
Nome su efp:
DadaOttantotto
Titolo
Storia: Stuck in hell (and I wanna go home)
Titolo
Canzone: God must hate me - Simple Plan
I'm breaking down
and you can't save me
I'm stuck in hell
and I wanna go home
(God must hate me -
Simple Plan)
Colinsville1,
North Dakota
24 luglio 2014, ore 23:08
David si
massaggia le tempie con le mani, cercando di alleviare il mal di testa
che lo tormenta da ore.
"Si
può avere un'aspirina?" chiede in tono più brusco
del necessario. Non è colpa sua, diventa sempre nervoso
quando non sta bene.
L'agente
sussulta appena prima di scappare via, per tornare con una pastiglia e
un bicchiere che il bassista accetta senza nemmeno ringraziare.
Non sono
stati arrestati ufficialmente, non ancora, ma non sono nemmeno liberi
di andarsene. Sono bloccati lì, in quella piccola stazione
di polizia. Questioni di burocrazia, ha spiegato loro lo Sceriffo2, solo qualche
problema di fogli mancanti. Carta, carta, sempre carta.
E, a
proposito di carta, la stampa ci andrà a nozze. David pensa
a i titoli dei giornali, quelle grandi lettere che segneranno
visibilmente la loro carriera. Patrick3 non è
nemmeno dispiaciuto; dice che da al gruppo una certa sfumatura stile
'Bad Boy' che non starebbe affatto male. Peccato, però, che
loro non abbiano fatto niente. E hanno anche perso l'aereo per tornare
a casa.
L'uomo che
li ha interrogati fino ad ora è alto una spanna
più di Pierre e grosso almeno il doppio. Ha l'aria simpatica
e ha dimostrato di esserlo veramente, nonostante David non riesca a
farselo andare a genio.
"Mentre
aspettiamo, vorrei chiedervi di riguardare le vostre versioni. Giusto
per controllare che sia tutto in ordine."
Jeff
è il primo a farsi avanti, afferrando il foglio che l'uomo
gli porge e iniziando a leggere. Dopo qualche istante si passa la mano
sul volto in un gesto che esprime tutta la sua stanchezza e restituisce
la deposizione allo Sceriffo.
"Non
c'è niente che non va" dice.
"Vi chiedo
scusa se vi sembro troppo petulante, ma la vostra storia è
davvero, come dire... strana."
"Oh, non lo
dica a noi!" esclama Pierre con un sorriso - e David si domanda cosa ci
veda di così divertente. Se si trovano in quella situazione
è anche colpa del suo inesauribile e irrimediabile ottimismo.
"Se ripenso
a come iniziata!" continua il cantante.
Gli altri lo
guardano storto. Non può davvero voler
iniziare a raccontare tutto dall'inizio, di nuovo. Ma
Pierre, da gran chiacchierone che è, non si smentisce
neanche questa volta e, dopo essersi accomodato meglio sulla scomoda
sedia e aver preso un bel respiro, comincia a esporre gli avvenimenti
come se nessuno sapesse già tutto a memoria.
"Allora,
eravamo in albergo quando..."
Colinsville (periferia), North
Dakota
Sette ore prima
La
verità era che avrebbero dovuto essere in vacanza. L'album
era uscito da tempo e i concerti ormai erano finiti. Tutti loro avevano
diritto a godersi un po' di meritato riposo. Ma ciò che
riguardava la Simple Plan Foundation4 era tanto
importante quanto i Simple Plan stessi; sapere di aver aiutato ad
aprire una nuova ala dell'ospedale di Colinsville per il recupero dei
giovani disagiati era una piccola conquista. Li rendeva orgogliosi di
ciò che facevano.
David
Desrosiers era felice. I ragazzi erano per lui una specie di seconda
famiglia, una banda di fratelli scalmanati che condividevano le sue
stesse passioni e sui quali poteva contare in ogni momento. Era persino
zio, anche se solo di nome, di due bellissime principesse5.
Finì
di allacciarsi le scarpe e si alzò dal letto, lanciando nel
contempo un'occhiata al resto del gruppo sparso per la stanza. Patrick
era andato in città a sistemare le ultime cose e a
recuperare il loro mezzo di trasporto - un piccolo minivan con giusto
sei posti, mezzo scassato, messo a disposizione dall'ospedale. Seb
aveva dato più di una volta voce ai suoi dubbi riguardo la
stabilità di quell'affare, ma l'offerta dell'istituto era
stata così gentile che non se l'erano sentita di rifiutare.
Il piano
prevedeva di farsi vedere all'ospedale, esibirsi in un paio di canzoni
nel piazzale, stare un po' con i pazienti e poi correre a prendere un
aereo per il Canada. Non erano stati via per molto, stavolta, ma era
sempre bello tornare a casa. Tornare alle loro vite lasciate da parte
per troppo tempo.
Avrebbe
dovuto essere una cosa semplice.
Il cellulare
di Chuck prese a trillare, assordandoli con quella suoneria stridula
che il batterista si ostinava a non voler cambiare. David lo vide tirar
fuori il telefono dalla tasca dei pantaloni e rispondere; poi lo
osservò cambiare espressione e scuotere la testa sconsolato.
"Era Pat" li
informò. "Dice che ritarderà un po'."
"E' successo
qualcosa?"
"Ha bucato
una gomma. Ma ha tutto l'occorrente a portata di mano, la cambia e
arriva."
Sebastien
borbottò tutta la sua indignazione verso coloro che non gli
avevano dato retta.
Colinsville
(periferia), North Dakota
Sei
ore prima
Il minivan
procedette sobbalzando per un'altra decina di metri prima di fermarsi
completamente. Patrick provò più volte a farlo
ripartire, ma ogni volta che girava la chiave il motore rispondeva con
un brontolio sordo. Frustrato, rinunciò dopo tre tentativi.
"Era
prevedibile" disse Jeff, battendo Seb di un soffio. Il chitarrista
riprese il borbottio interrotto solo qualche minuto prima.
Chuck
aprì il cofano e diede una veloce occhiata al motore, con
l'aria di chi sa quello che fa. Per quanto ne sapevano, non era mai
stato un grande esperto di macchine e motori in generale, ma lo
lasciarono fare.
"E' andato"
commentò infine.
Grazie
dell'informazione, Sherlock.
"E,
sorpresa," aggiunse Pierre, "il cellulare non prende."
David
sospirò rassegnato. La giornata stava prendendo una piega
decisamente irritante. La città era almeno a dieci minuti di
macchina, ci mancava solo che a qualcuno venisse l'idea di andare a
piedi.
"Dobbiamo
dividerci."
Appunto.
Guardò
Patrick come se gli fossero appena spuntate le antenne.
"Io torno
all'albergo e cerco di avvertire qualcuno" continuò l'amico.
"Voi potete incominciare ad incamminarvi."
Quello era
il momento in cui avrebbe dovuto ribellarsi, mandarli tutti al diavolo
e rientrare con Pat; chiamare un taxi e farsi portare all'areoporto. Ma
non lo fece. Seguì Chuck e gli altri in silenzio. Sarebbero
andati a piedi, decisione presa. E poco importava lo stato in cui
sarebbero arrivati.
"Potrebbe
andare peggio" esclamò Pierre d'un tratto. "Potrebbe
piovere."
Colinsville,
North Dakota
(Un
po' meno di) Sei ore prima
Non aveva
iniziato a piovere - in quel caso David si sarebbe messo ad urlare.
Ma era
passata una macchina, la prima che vedevano da quando erano partiti, e
Pierre l'aveva fermata. L'uomo al volante aveva circa una trentina
d'anni e sembrava estremamente felice di essere stato bloccato da
cinque perfetti sconosciuti.
"Darvi un
passaggio?" aveva detto. "Meglio ancora, vi presto la macchina! Non vi
preoccupate, verrò io a recuperarla."
E a David
non era sfuggito il fatto che non gli avessero nemmeno riferito dove
fossero diretti.
Osservò
Pierre guidare con un sorriso stampato in faccia. Solo lui poteva
accettare una macchina in prestito da un tizio appena conosciuto.
"A nessuno
sembra strano che quel tipo ci abbia addirittura lasciato l'auto?"
chiese, dando finalmente voce ai propri dubbi.
Chuck, Seb e
Jeff si scambiarono sguardi perplessi. Sembrava non fosse l'unico a
pensare che quella situazione avesse qualcosa di perlomeno particolare.
Pierre si
strinse nelle spalle. "Forse ci sono ancora persone gentili al mondo."
"Sarebbe
stato gentile se ci avesse dato un passaggio, ma questo ci ha lasciato l'auto."
"Rilassati,
Dave" lo esortò il cantante. "Abbiamo a disposizione un
mezzo di trasporto gratis e con il serbatoio pieno. Appoggiati allo
schienale e chiudi gli occhi, niente può andare male adesso."
David fece
ciò che gli era stato detto, sforzandosi di calmarsi.
Avrebbe tanto voluto che l'amico avesse ragione; l'andamento della
giornata, però, non prometteva niente di buono per il futuro.
Colinsville,
North Dakota
(Quasi)
Cinque ore prima
Pierre non
era mai stato un guidatore spericolato, nemmeno prima della nascita
delle due figlie. Anzi, a volte gli altri lo prendevano in giro,
chiedendogli se avesse imparato a guidare in una casa di riposo. Pur
rimanendo nei limiti della legalità, nessuno di loro poteva
negare quanto amassero schiacciare un po' di più il pedale
dell'acceleratore.
Per questo
le luci lampeggianti dietro di loro furono una sorpresa.
"E' la
polizia?" chiese Seb incredulo.
"Non
è possibile" replicò Jeff. "Cosa vogliono da noi?"
"Non abbiamo
fatto niente."
"Non stavo
andando troppo veloce, vero?" domandò il cantante.
"Bouvier, tu
non vai mai
troppo veloce."
David
sospirò mentre Pierre accostava. Proprio quando pensava che
le cose non potessero andare peggio di così.
Neanche il
tempo di abbassare il finestrino che si ritrovò una pistola
a due centimetri dalla faccia.
"Ma che
ca..." esclamò.
"Scendete
dalla macchina!" intimò uno degli agenti.
Aprirono le
portiere e uscirono lentamente, sempre tenendo le braccia alzate.
"Voltatevi e
mettete le mani sul tetto."
"Ok,
calmiamoci un attimo" disse Chuck. "Si può sapere che cosa
succede?"
I due in
divisa - dipartimento dello Sceriffo, pensò David, dato il
colore - li squadrarono da capo a piedi prima di rispondere.
"Quest'auto
è stata usata durante una rapina alla banca."
Fantastico,
davvero fantastico.
"Persone
gentili, eh?" borbottò all'indirizzo di Pierre.
"Li abbiamo
trovati, capo" fece una guardia con il telefonino incastrato tra spalla
e orecchio. "Ma... a dire il vero, pensavamo che il rapinatore fosse
uno solo... sono cinque... no, va bene... li portiamo in centrale,
capo."
"E come
intendete portarci in centrale? Non entriamo tutti nella vostra auto"
sbottò il bassista.
I due agenti
si guardarono a lungo in cerca di una soluzione, poi il più
vecchio indicò la macchina su cui avevano viaggiato fino a
quel momento.
"Ci
divideremo" disse. "Due di voi e il mio collega, io prendo il resto e
l'auto di servizio."
David ce la
mise tutta per non scoppiare quando si ritrovò incastrato
tra un Seb brontolante e un Pierre incapace di tacere.
Colinsville, North
Dakota
24 luglio 2014, ore
23:42
"E quindi
arriviamo al presente, quello in cui noi vi spieghiamo tutto e voi
impiegate ore per lasciarci andare" conclude Pierre, riprendendo
finalmente fiato.
"Di questo
sono veramente dispiaciuto" risponde lo Sceriffo.
Finalmente i
fogli necessari sono arrivati e David non può che esserne
sollevato. Non possono tornare a casa fino a domani, ma per adesso gli
basta uscire di lì, tornare in albergo - possibilmente con
un mezzo funzionante - e farsi una lunga doccia fredda prima di
buttarsi sul letto e dormire per almeno dodici ore.
"Mi basta
una firma qui. Poi siete liberi."
David
è il primo ad afferrare la penna. Firma in fretta in fondo
al pezzo di carta che gli garantirà la libertà.
"Perfetto"
continua l'uomo dopo che tutti hanno apposto il proprio nome su ogni
foglio.
Poi lo
Sceriffo si alza in piedi, porgendo loro la mano. Offerta che Pierre
accetta subito, senza esitazioni; la presa è salda e il tono
quasi festoso quando saluta la persona che li ha trattenuti per ore
impedendo loro di tornare a casa.
Davvero,
David rinuncia a capirlo.
"Certo che
solo a voi possono succedere queste cose."
Patrick li
accoglie fuori dall'edificio con due taxi, un sacchetto pieno di cibo e
un sorriso grande come una casa.
"Cosa avete
combinato dopo che vi ho lasciato sulla strada?" chiede.
David fa
appena in tempo a tappare la bocca a Pierre e infilarlo nel veicolo
più vicino. L'aspirina ha appena iniziato a fare effetto,
non è ancora pronto per un'altra emicrania.
Note:
1:
Colinsville è un posto del tutto inventato da me. Si prevede
che sia un piccolo centro circondato da boschi (ho dato un'occhiata
veloce ad alcune foto del Nord Dakota e dovrebbero esserci boschi) - da
qui il fatto che l'unico albergo sia in periferia, il traffico sia
limitato e il cellulare tra gli alberi non abbia campo.
2:
Forse ho visto troppi episodi di Teen Wolf e infilo Sceriffi ovunque.
Comunque, essendo Colinsville piccola, ho presunto che non potesse
esserci un vero e proprio Comando di Polizia.
3:
Patrick Langlois
(http://simpleplan-thedream.jimdo.com/patrick-langlois/ ). Non fa
ufficialmente parte del gruppo, ma spesso segue i ragazzi e fa loro da
cameraman e fotografo. In più, è il web master
del loro sito ufficiale.
4:
La 'Simple Plan Foundation' si occupa di vari problemi legati ai
giovani, dagli handicap alle malattie gravi, passando per le
difficoltà comportamentali e non. Tutto ciò che
vi serve sapere lo potere trovare qui:
http://www.simpleplanfoundation.org/
5:
Le due figlie di Pierre Bouvier, avute - ahimè, non da me -
dalla moglie Lachelle. Ho sempre immaginato che i suoi amici facciano
un po' da zii alle bambine.
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