Cap I
Si sfregò violentemente le braccia contro le mani, come a
voler scrostare via la sporcizia che si sentiva appiccicata addosso.
Voltò la testa verso la strada e poi di nuovo dietro di lui,
verso il portone da cui era appena uscito.
Il cuore gli si strinse in una morsa e qualunque organo interno lo
sostenesse sembrò dolergli.
Si portò una mano al volto e sorrise mestamente.
Quando era iniziato?
Quando aveva creato quell'orribile armatura fatta di menzogne,ipocrisia
e sentimenti nascosti?
Quanto ancora doveva immergersi in quel mare di melma che stava
cancellando ogni singolo pezzo della sua innocenza prima di riuscire a
distruggere completamente la sua vecchia personalità?
Sentì il cellulare vibrare.
Quando lesse il nome sul display, sorrise di nuovo amaramente.
" Ho bisogno
di te.
Kenma."
Si
stupì del messaggio.
Kenma chiedeva di lui raramente. Non era nel suo carattere, fare
richieste di quel tipo.
Era sempre lui a chiedere di incontrarsi.
Rifletté che ultimamente quei messaggi gli arrivavano sempre
più spesso.
Chiuse gli occhi e sospirò.
Con la mente e il cuor distrutto come lo aveva in quel momento, si rese
conto che Kenma non era l'unico ad averne bisogno quella notte.
" Sto arrivando.
Hinata."
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Shouyo aprì un occhio assonnato mentre sentiva un piacevole
e leggero formicolio percorrergli la spina dorsale.
Davanti a lui vide il
volto inespressivo del compagno che fissava assorto i disegni che stava
compiendo con la punta delle dita sulla pelle scoperta dell'altro.
Gli sorrise leggermente
per poi richiudere gli occhi e sprofondare di nuovo il volto nel
cuscino.
Una leggera brezza lo
fece rabbrividire e con una mano si ritrovò a tirare un po'
più su il lenzuolo, unico tessuto che gli copriva il corpo .
Kenma nonostante si
fosse accorto del gesto dell'amico non si scomodò a chiudere
la finestra aperta per dargli un po' di conforto e Shouyo non se la
prese.
Lo conosceva abbastanza
bene da non dare peso ai suoi mancati gesti gentili.
"Hai risposto in
fretta..." mormorò Kenma continuando a far scorrere le dita
lungo il profilo della sua schiena.
" Non eri l'unico che
ne aveva bisogno..." gli rispose con le stesso tono Shouyo, gli occhi
socchiusi e il volto rilassato affondato nel cuscino, mentre si godeva
le carezze dell'amico.
"Kageyama?"Non poteva
essere giudicata una vera e propria domanda quella di Kenma. Piuttosto
una mezza affermazione sospirata.
Dopotutto era
abbastanza scontato.
Hinata
strusciò il capo sul cuscino in segno di assenso per poi
mormorare un po' sarcastico" Aveva necessità di confidarsi
con il suo migliore amico."
" E tu ci sei
andato..." non c'era stupore nella sua affermazione. Solo una
costatazione rassegnata.
Shouyo
confermò di nuovo " Sfortunatamente il suddetto migliore
amico sono ancora io."
Forse sarebbe ora che
iniziasse a cercarsene un altro.... si ritrovò a pensare
Kenma, per poi darsi dell'idiota.
Se così
fosse allora valeva lo stesso per lui.
Non ricordava bene da
quando aveva iniziato a provare quel senso di protezione verso Shouyo,
ma c'era e lo aveva accettato così com'era.
Si era ritrovato senza
pensarci su molto a provare un forte astio verso Kageyama per aver
causato inconsapevolmente quel drastico cambiamento in Hinata.
Quando aveva conosciuto
Shouyo la prima volta, a quel campo di allenamento , era subito entrato
nelle sue grazie.
Lui era
così... solare, luminoso per così dire .
Riusciva a rendere una
partita a pallavolo divertente ed entusiasmante anche per uno come lui,
in cui l'entusiasmo- e qualsiasi altro tipo di emozioni- scarseggiava.
Si era sentito
enormemente felice quando alla fine della loro rima partita amichevole
Hinata gli aveva promesso che un giorno sarebbe riuscito a fargli dire
che si era divertito a giocare.
Da quel giorno, in cui
si erano scambiati i numeri, si erano sentiti quasi quotidianamente
anche solo per il Buongiorno o per mettersi al corrente delle loro
posizioni nei tornei in cui partecipavano.
Ora, di quel Hinata
gioioso e pieno di vita vi era rimasta solo una pallida
imitazione.
Il piccoletto dai
capelli rosso fuoco sempre iperattivo si era trasformato troppo in
fretta in un uomo. Un guscio vuoto che cercava di impedire ad altri di
ferirlo ancora.
"Kuroo?" il mormorio di
Hinata che si era voltato di schiena lo distolse dai sui pensieri
bloccandogli anche la mano con cui gli stava carezzando la schiena.
"Sarà in
qualche locale a spassarsela" gli rispose atono accoccolandosi come un
gatto con la testa sul suo petto.
Shouyo gli
passò una mano tra i capelli affettuosamente.
Rimase incantato per
qualche secondo a guardare quel viso, mentre intanto con il pensiero
tornava indietro nel tempo.
A tre anni prima.
Aveva appena iniziato a
frequentare l'università, ringraziando gli dei che lo
avessero messo nella stessa facoltà del migliore amico.
Sorrise tristemente al
pensiero di quanto fosse ingenuo quel sentimento così
sincero.
Il giorno in cui gli
era caduto il mondo addosso lo ricordava dolorosamente bene.
Era iniziata da poche
settimane la loro vita universitaria.
Quel giorno Hinata,
dopo tanti anni, si era deciso di confessare quel sentimento che si
portava dentro da troppo tempo.
Si era diretto con la
sua solita camminata rumorosa, a casa dell'amico deciso che qualunque
fosse stata la sua risposta lui l'avrebbe accettata.
Era arrivato davanti al
palazzo dove abitava Kageyama, quando d'istinto si era ritrovato ad
alzare lo sguardo verso l'alto poggiandolo su un balcone a lui
conosciuto.
Le sue pupille si erano
spalancate mentre il suo cuore aveva smesso di battere per qualche
secondo, prima di riprendersi e martellargli dolorosamente le tempie:
affacciato sul balcone, con i gomiti appoggiati sulla ringhiera e
indosso solo i pantaloni, vi era il Grande Re, che osservava la strada
distrattamente.
Gli occhi di Tooru
senza volerlo si spostarono su di lui. Il suo viso si fece pallido
mentre lo sguardo che gli lanciava si era fatto sofferente e un po'
compassionevole.
Restarono a fissarsi
per qualche secondo fino a quando il cuore di Hinata si strinse ancora
di più alla vista delle braccia di Tobio che abbracciavano
da dietro il Grande Re, appoggiando il mento sulla sua spalla dopo
avergli lasciato un bacio sul collo.
Il Grande Re aveva
distolto appena lo sguardo da lui per posarlo sull'amante, ricambiando
d'istinto il saluto.
Quando lo
riportò verso il basso la strada era di nuovo vuota.
Shouyo
sospirò ricordando quel giorno.
Dopo aver visto quella
scena era rimasto per settimane chiuso in camera , senza voler vedere
nessuno.
Aveva pianto poco. Si
era detto che piangere non avrebbe potato via il dolore che provava,
anzi probabilmente sarebbe stato solo peggio.
Aveva rifiutato tutte
le chiamate dei suoi amici.
Anche quelle di Kenma.
Più volte si
era ritrovato a fissare il nome di Kageyama impresso sullo schermo
mentre il cellulare continuava a squillare.
Non aveva risposto.
Solo due settimane dopo
era riuscito ad indossare una maschera abbastanza finta da poter essere
credibile. Aveva nascosto la faccia distrutta dando la colpa ad un
inventata influenza che lo aveva allettato.
Aveva lasciato correre
le settimane e i mesi, in cui Tobio e Oikawa avevano annunciato il loro
fidanzamento anche agli altri.
Ricordava di aver colto
l'occhiata mesta di Oikawa ma l'aveva ignorata, non ancora del tutto
pronto per affrontarlo.
Si era reso conto solo
quando la storia tra quei due aveva iniziato ad avere dei problemi,
cosa comportava aver deciso di continuare ad essere il migliore amico
di Kageyama.
Dopo due mesi di
fidanzato Tobio ed Oikawa avevano avuto il primo litigio e lui era
stato l'unico da cui Kageyama si era rifugiato per sfogarsi.
Si era ritrovato a
dover far i conti con due sentimenti contrastanti: la
felicità di essere tanto importante per Tobio da essere
l'unico con cui confidarsi, e la sofferenza nel dover ascoltare come
andava la sua storia con Oikawa.
Era cambiato crescendo,
Hinata.
Era maturato.
Quel giorno aveva
sradicato l'ingenua fanciullezza che lo aveva da sempre caratterizzato,
spingendolo ad avvolgersi completamente in un armatura fatta di
menzogne e sorrisi finti, con cui si proteggeva da domande scomode e
stilettate dolorose.
Erano sempre
più radi i sorrisi sinceri che rivolgeva agli altri. Come lo
erano state le uscite a cui aveva accettato di partecipare, incapace di
divertirsi nuovamente.
L'anno dopo quel giorno
aveva deciso di accettare l'invito di andare a bere qualcosa da parte
dei suoi compagni di facoltà, approfittando del fatto che
Kageyama era fuori ad un appuntamento con Oikawa.
Si era ritrovato con la
testa molto più leggera del solito e nelle vene
più alcool di quanto il suo corpo e la sua mente potessero
sopportare per poter rimanere completamente lucidi.
Aveva raggiunto il
bancone del bar per ordinare da bere qualcos'altro quando aveva scorto
una chioma conosciuta e vi si era avvicinato.
Quando quello aveva
alzato il volto verso di lui aveva sentito uno sguardo felino,
leggermente appannato e dannatamente simile al suo.
Senza sapere bene come,
la mattina dopo si era svegliato in un letto che non era il suo senza i
vestiti addosso e accoccolato sul petto lo stesso ragazzo che ora
faceva strani disegni sulla sua pelle.
Quando si erano
svegliati, nessuno dei due aveva avuto reazioni troppo eccessive o
aveva rinnegato quello che pareva esser successo quella notte.
Entrambi sentivano il
peso che gli incurvava le spalle leggermente meno greve e quindi
avevano accettato bonariamente la cosa, affermando che ne avevano avuto
bisogno.
Successivamente avevano
preso il soddisfarsi a vicenda, come una necessità che
appagavano quando pareva loro di non poter andare avanti.
Siamo così
terribilmente simili... si ritrovò a pensare Shouyo passando
le dita tra i fili di capelli di Kenma.
Entrambi innamorati di
una persona impossibile da avere.
Anche la situazione di
Kenma era complicata.
Il ragazzo di cui era
innamorato non era fidanzato. No, semplicemente non era minimamente
interessato ai ragazzi come fidanzati.
A Kuroo piacevano le
donne e quindi era letteralmente impossibile per Kenma poter sperare in
qualcosa di più di una pacca affettuosa.
Kozume non era mai
stato un ragazzo di molte parole, ma da quando aveva scoperto di
provare qualcosa verso il suo migliore amico che andava oltre
l'amicizia, si era chiuso ancora di più in se stesso.
Aveva limitato al
minimo le uscite serale in cui i ragazzi della facoltà,
andavano a caccia di donne con cui passare la notte.
Kuroo compreso.
Così lui si
ritrovava spesso a dover inventare scuse per giustificare il motivo per
cui non partecipava, finché non avevano capito da soli il
motivo, ma non avevano smesso di invitarlo.
Kenma era stato grato
loro per non averlo giudicato e aver continuato a volerlo portare con
loro,ma lui proprio non ce l'aveva fatta a sopportare di vedere il
ragazzo che amava andare a caccia di donne.
Incontrare Shouyo
quella sera era stata una specie di miracolo. Non aveva placato del
tutto la sofferenza che provava ma almeno per qualche ora, poteva
smettere di pensare senza sentirsi in colpa di star usando qualcuno.
Aveva iniziato ad
evitare completamente quelle uscite e a chiamare Shouyo quelle sere, in
modo da non dover pensare a cosa faceva Kuroo mentre lui era a casa.
Kenma lo
sentì muoversi sotto di lui e la bolla che si creava sempre
nei loro incontri si ruppe riportandolo alla realtà.
Il tempo a loro
disposizione si stava estinguendo.
Guardò fuori
dalla finestra e vide un leggero bagliore, preannuncio che presto
sarebbe sorta l'alba.
Hinata si
tirò su senza dire nulla e con calma iniziò a
raccogliere i vestiti sparsi per la stanza.
Kozume rimase ancora
qualche minuto a poltrire tra le lenzuola calde, ammirando la schiena
dell'amico che intanto si stava rivestendo.
"Vuoi il
caffè?" gli chiese Shouyo mentre si dirigeva a petto nudo
verso la cucina.
Kenma annuì
mettendosi a sedere e strofinandosi gli occhi sbadigliando.
L'amico lo
fissò divertito mentre l'immagine di un gattino che si
lavava si sostituiva a quella del ragazzo che intanto rabbrividiva
dagli spifferi che provenivano dalla finestra.
Senza vergogna Kozume
si alzò e indossò i boxer e una felpa con la
lampo.
Il tempo della vergogna
era passata due anni fa, quando avevano iniziato quello strano rapporto.
Avevano già
visto tutto quello che c'era da vedere.
Lo seguì e
si appoggiò allo stipite della porta della cucina per
osservarlo sfaccendare con la macchinetta del caffè da
mettere sul fuoco e prendere le tazzine dallo scolapiatti.
Dopo un paio di minuti
si sentì nell'aria il profumo del caffè appena
pronto e Kenma si ritrovò a sospirare di piacere.
La caffeina era davvero
l'unica pozione che poteva rimettere in moto l'acume del suo cervello.
Si sedette sul tavolino
e aspettò che l'altro gli porgesse la sua tazzina.
Fecero colazione in
silenzio e allo stesso modo Shouyo lavò i due bicchieri e
prese la sua maglia, volata senza sapere bene come sulla scrivania
situata dalla parte opposta del letto.
Hinata si diresse alla
porta e Kenma lo accompagnò.
Niente baci o abbracci
romantici.
Non erano compagni o
amanti. No, erano i cosiddetti amici di letto.
Due ragazzi che
soddisfacevano i propri piaceri senza mettere in mezzo i sentimenti,
anzi, cercando di tenersene il più possibile alla lontana.
Cercando di aiutarsi a
vicenda.
"Ma quanto siamo
idioti?" mormorò Kenma, continuando quella routine che si
stava insediando sempre di più dentro di loro. Corrodendoli.
Corrompendoli.
Il sorriso sarcastico
che ricevette in risposta come chiusura di quel loro personale rituale,
gli diede la chiara sentenza di come non facessero altro che
precipitare sempre più in basso, sentendo la scalata per
risalire alla luce ogni giorno più dura da affrontare.
Perché si,
andare a letto con il tuo migliore amico per soffocare il dolore e la
tristezza del non poter stare a fianco della persona amata, era davvero
patetico.
Shouyo gli
girò le spalle avviandosi sul pianerottolo che portava
all'ascensore e Kenma chiuse la porta dietro di sé.
All'unisono e a pochi
metri di distanza, presero un profondo respiro.
Era ora di tornare di
nuovo, ognuno alla dura realtà del mondo che li circondava.
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Rientrò a
casa con un sospiro di sollievo.
In quel momento,
l'unica cosa che avrebbe voluto fare, era buttarsi sotto la doccia e
cercare di cancellare il disgusto e l'ipocrisia che sentiva dentro.
Come se l'acqua potesse
alleggerire almeno un po' il peso che sentiva schiacciargli il cuore e
le spalle.
I suoi piani
però furono mandati all'aria appena aprì la porta
e sentì un leggera brezza arrivare dalla portafinestra del
salone.
Chiuse a chiave e si
diresse silenziosamente verso l'altra stanza.
Si fermò
sullo stipite e il cuore gli si chiuse in una stretta alla vista della
scena che aveva davanti: sul balcone, con i gomiti appoggiati sul
cornicioni , mentre una mano le sosteneva il capo, vi era Natsu.
La sua espressione era
tanto triste che gli fece salire le lacrime.
Gli occhi erano
leggermente arrossati, segno che si stava trattenendo dal piangere.
Sospirò
appoggiando la borsa sul divano e dirigendosi sul balcone.
Natsu era venuta ad
abitare da lui più o meno l'anno prima, quando la loro madre
aveva annunciato di aver ricevuto una proposta di lavoro all'estero.
Le aveva chiesto di
partire con lei ma Natsu aveva preferito trasferirsi dal fratello per
non perdere le amicizie.
Casa sua era abbastanza
grande da poter ospitare due persone e sua sorella aveva ormai
raggiunto l'età per sostenersi da sola in caso lui fosse
stato fuori casa per qualche notte.
Si chiese cosa poteva
essere successo, per farla stare al freddo ad osservare l'alba con
quell'aria così angosciata.
L'aveva sentita il
pomeriggio prima, per avvertirla che non sarebbe rientrato per la notte
e pareva andare tutto bene.
Uscì sul
balcone senza dire nulla, consapevole che lo aveva sentito rientrare e
si appoggiò anche lui al cornicione, osservando il paesaggio
sotto di lui.
Aspettava che fosse lei
a parlare.
Crescendo anche Natsu
era maturata ed ora in procinto del suo diciottesimo compleanno aveva
smesso di attaccarsi alle sue gambe pretendendo tutta la sua attenzione.
Era una ragazza
orgogliosa e taciturna.
Forte.
Non chiedeva quasi mai
aiuto. Al massimo chiedeva dei consigli.
Non dovette aspettare
molto che sentì un sospiro provenire dalla sua destra.
"L'ho lasciato"
mormorò la ragazza.
Nella mene di Hinata
apparve l'immagine di un ragazzo dell'età di Natsu, con i
capelli scuri e il sorriso sempre largo.
"Perché?" le
chiese con lo stesso tono.
La sentì
prendere un profondo respiro, come se le facesse male solo parlarne.
"E' innamorato di
Megumi" gli rispose.
Il cuore di Hinata
perse un battito ricordando che Megumi era la migliore amica d Natsu.
"All'inizio pensavo
fosse solo una sensazione... poi ho compreso che era la
verità e che Megumi lo ricambiava, ma avevano deciso di non
stare assieme per non ferirmi."
Emise una risata senza
emozione "Sai qual'è la cosa peggiore?"
Non era una vera
domanda, così Shouyo aspettò che proseguisse.
" La cosa peggiore
é che nonostante me ne fossi accorta, ho fatto finta di
nulla e ho continuato a comportarmi come sempre, mentre loro due
soffrivano a causa mia!"
Hinata
abbassò la testa lasciandola sfogare.
"Alla fine non
c'è l'ho fatta più ... mi sentivo uno schifo ogni
giorno che passava. Oggi l'ho lasciato e ho dato loro la mia
benedizione... quanto sono idiota?"
Il fratello
sobbalzò a quella domanda retorica,a lui così
familiare.
Si rivedeva
così tanto in quella storia che si ritrovò il
cuore stretto in una morsa.
Perché anche
sua sorella doveva provare un dolore del genere?
Il silenzio
regnò sovrano per molti minuti, tanto che quando la ragazza
tornò a parlare Hinata sussultò.
"Quando se ne
andrà il dolore?"
Sospirò.
Non era davvero la
persona adatta a cui chiedere un consiglio in quel caso.
Si chiese cosa doveva
rispondere e decise immediatamente che non le avrebbe mentito.
Non lo aveva mai fatto
e non sarebbe stato così ipocrita da mentirle per farla
sentire meglio in quel momento per poi stare peggio a distanza di un
paio d'ore.
Rimase in silenzio per
qualche minuto cercando la risposta adatta.
"Dipende" alla fine
quella era l'unica conclusione a cui era riuscito ad arrivare.
Natsu si
girò verso di lui lo sguardo attento " Da cosa?"
Non c'era speranza in
quegli occhi.
Era una ragazza
razionale non una sognatrice.
"Da quanto è
forte il sentimento che ti lega a lui, credo... Più quello
è forte e più ci metterà ad
andarsene... Paradossalmente più a lungo durerà
il dolore e quando tutto finirà meglio capirai quanto era
importante quella persona..."
" Non voglio
perderli..." sussurrò la più piccola.
Shouyo ebbe un moto di
tenerezza, rivedendosi in quei sentimenti che la sorella stava provando.
"Lo so..."le disse
scompigliandole i capelli.
Rimasero entrambi ad
osservare ancora un po' il sole che saliva.
"Quando
capirò di non essere più innamorata di lui?"
Hinata
sospirò di nuovo.
Davvero, non era la
persona più adatta a rispondere ad una domanda del genere.
Lui non aveva mai
smesso di amarlo.
Alla fine decise di
darle la stessa risposta che si era dato da solo -illudendosi che
sarebbe valsa anche per lui- anni prima.
"Lo capirai nel momento
in cui, restare al suo fianco non ti causerà più
alcun dolore e non verrai sommersa dai rimorsi per quello che ci
sarebbe potuto essere tra voi."
Natsu parve soddisfatta
dalla risposta.
Soddisfatta, non felice.
Shouyo stava per
rientrare in casa, quando Natsu lo fermò con un'altra
domanda.
"Nii-chan..." il
fratello si volse verso di lei aspettando che continuasse " Tu quando
riuscirai ad andare avanti?"
Hinata
sgranò gli occhi e si appoggiò allo stipite della
portafinestra per sorreggersi.
"Hai detto che
più dura il dolore, più quella persona
é stata importante per te..."
Shouyo si
ritrovò ad annuire "Il tuo dolore dura da tre anni... quanto
ancora dovrai aspettare prima di essere di nuovo felice?"
Il fratello chiuse gli
occhi per sostenere il peso che era tornato a schiacciargli le spalle.
"Se quello che hai
detto é vero... allora come fai a stare accanto a Kageyama?"
Hinata rimase in
silenzio, non riuscendo a dire nulla.
" Come puoi essere
così forte?"
A quella domanda
però, non riuscì più a tacere e le
parole gli uscirono dalla bocca senza che potesse fermarle.
"Non sono forte
Natsu... neppure un po'..."
La ragazza lo
fissò angosciata.
"E allora come fai?
Come fai a restargli accanto nonostante tu sia consapevole che non
potrai mai averlo? Quando ho lasciato Tatsuya oggi pomeriggio... non
riuscivo più a sostenere la sua presenza senza che il cuore
mi si stringesse in una morsa..."
" Non é
forza la mia... solo stupido orgoglio e testardaggine. E la
consapevolezza che non potrei più vederlo e stare al suo
fianco è più doloroso del restare al suo fianco
sapendo che non potrò mai essere qualcosa di più
per lui..."
Cercò di
spiegarle, ma non era sicuro di esserci riuscito così bene.
" Ora andiamo a
letto.." mormorò voltandole di nuovo le spalle.
"Domani... anzi oggi,
ho scuola...."
Shouyo si
girò e le sorrise " Non oggi... oggi te lo prendi di
riposo..."
Le tese una mano che
Natsu afferrò ricambiando il sorriso.
"Posso dormire con te?"
Hinata
annuì, avvolgendole le spalle con un braccio.
A letto,tra le
lenzuola, Natsu si strinse a lui proprio come facevano da
bambini quando qualcosa la turbava.
Stavano per
addormentarsi quando la più piccola gli sussurrò
qualcosa vicino al collo.
" Nii-chan..."
" Mh?"
"Hai mai rimpianto di
esserti innamorato di Tobio- kun?"
Shouyo trattenne il
respiro.
"Ti mentirei se ti
dicessi di no..." sospirò "Avevo da poco scoperto la
relazione tra Tobio e Oikawa e il dolore era così acuto che
mi sembrava di non riuscire a respirare, di non riuscire più
a pensare con lucidità..."
La stretta di Natsu si
fece più forte e gli diede un piccolo bacio sul collo per
confortarlo.
"In quel momento
desiderai non essermi mai innamorato di lui, ma ... me ne pentii
immediatamente."
Natsu si
scostò un poco per guardarlo negli occhi "
Perché?"
"Perché in
quel modo rinnegherei anche tutte le emozioni e i sentimenti che ho
provato prima di quel giorno... Tutto quello che c'era e c'è
ancora oltre al dolore... se quel desiderio si fosse avverato non
sarebbe stata una liberazione ma piuttosto un atto di vigliaccheria...
Scappare da qualcosa che non ti piace o che ti fa soffrire non
è ma la soluzione giusta. "
La ragazza lo strinse
di nuovo e Hinata sentì qualcosa di umido bagnargli il collo.
Sorrise nel buio della
stanza, capendo che finalmente sua sorella riusciva a sfogare tutta la
tempesta di emozioni che sentiva dentro ma che aveva tenute chiuse in
una gabbia giudicandole un atto di debolezza.
La cullò e
vegliò su di lei fino a quando non sentì il suo
respiro farsi più pesante e solo allora si concesse di
cadere anche lui tra le braccia di Morfeo, con il peso sulle spalle un
po' più leggero.
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