Ad
Irene_evans, che più di ogni altra ha apprezzato questa
Fanfic.
Ti
auguro un felice anno nuovo!
Capitolo 8 –
Alla Stazione. -
Dopo innumerevoli e
infruttuose ore trascorse a lottare contro l’avanzata di un
viscidume non meglio identificato, la sentenza del corpo docenti era
stata unanime: gli studenti dovevano essere rimandati a casa.
Accampati dunque nei
pressi della banchina in cui l’Expresso per Hogwarts sarebbe
dovuto venire a prenderli da circa tre ore, sottoposti a scarsissimi
turni di sorveglianza, era normale che gli studenti della scuola di
magia e stregoneria di Hogwarts iniziassero un po’ a
scaldarsi.
Il famigerato treno
rosso fuoco, benché largamente atteso, non si faceva vivo e
nessuno di loro aveva il permesso di uscire da un raggio di cento metri
dalla banchina. Il che era anche peggio dell’essere costretti
un una unica Sala, perché l’aria aperta,
così come le tortuose stradine di Hogsmeade, erano esperte
provocatrici.
Sapientemente
schierate ai due poli opposti della stazione: Serpeverde e Grifondoro
facevano attenzione a non sfiorarsi neanche con lo sguardo.
Ovviamente, Samantha
Cooper e Victoria Anderson costituivano due eclatanti eccezioni. La
prima, del sesto anno, vantava degli splendidi occhiali da sole in
stile Audrey Hapburn e, con grande disappunto delle sue compagne di
Casa, era coinvolta in una disinvolta e piacevole conversazione con
Cleopatra Edenbrought e Floranna Gilmore. Le tre fanciulle, sedute
sotto al pallido sole di Settembre, attiravano una tale
quantità di sguardi da fare sentire in dovere un galantuomo
quale Sirius Orion Black di andare ad offrirgli il suo appoggio e
protezione in quanto figura maschile.
La seconda, fusa ad un
eterogeneo gruppetto stanziato su una panchina all’ombra di
un tiglio in fiore, osservava con il massimo interesse il vorticare
delle nuvole. Alla sua destra, Duncan cullava dolcemente May, pallida e
silenziosa, mentre alle sue spalle, seduta a gambe incrociate su
un’aiuola, Lily, prigioniera tra Andrew e James, meditava di
tagliarsi le vene, a Alice, sdraiata nell’erba ancora umida
per il temporale del giorno prima, sopportava gli sguardi al vetriolo
di Lorelay, appostata poco più in là assieme ad
alcune Tassorosso. Tutto perché James, assorto nelle sue
fantasticherie, le accarezzava distrattamente i capelli.
- Lor ci guarda male.
– lo informò quando ne ebbe abbastanza.
- E allora?
– osservò tranquillamente il Grifondoro,
stringendosi nelle spalle.
Alexia ed Eric,
spariti alla ricerca di un’edicola, passarono vicino a Nina e
Timmy Walls, appostati dietro ad una colonna a tubare come due colombi,
ed emersero dall’ombra del porticato della stazione fianco a
fianco. Tra le mani riviste, quotidiani, cioccorane, zuccotti e gomme
bollenti.
- Tieni May, mangia
uno zuccotto… - Eric, con una maglia a maniche lunghe dello
stesso colore dei suoi stupendi occhi color oceano, sorrise gentilmente
alla bambina.
Lei afferrò
il dolcetto e se lo rigirò tra le mani, studiandolo e forse
non vedendolo, mentre un’ennesima lacrima valicava
l’orlo delle ciglia bionde per bagnarle una guancia.
Alexia si
chinò e baciò il ragazzo sulla fronte.
– Abbi fiducia. – mormorò. –
Non è detta l’ultima parola. -
Duncan non mosse un
muscolo, lo sguardo perso nel vuoto e i capelli platinati leggermente
scomposti dal vento.
Alice
rotolò in modo da dare la schiena a Lorelay, resistette un
altro paio di secondi e poi scattò in piedi.
- Dove vai?
– domandò James, contrariato.
- Alla ricerca di un
pacchetto di sigarette. – brontolò lei mentre si
allontanava strusciando i piedi.
La Montgomery
attraversò svogliatamente l’ombra del porticato ed
entrò nell’ampio edificio della stazione, ne
attraversò l’atrio e uscì in strada,
semideserta per l’ora.
Si addentrò
in un vicolo alla sua destra, dove sapeva trovarsi un piccolo tabaccaio.
Uscita dal negozio la
ragazza si passo una mano tra i capelli ondulati, spalancò
il pacchetto e afferrò una sigaretta con i denti, tenendola
tra le labbra senza però accenderla.
Si sentiva nervosa.
C’era qualcosa, nell’aria, che solleticava il suo
istinto.
Cercando di non
pensarci, Alice affrettò il passo.
E fu proprio quando
era quasi giunta alla strada principale, che un’ombra si
mosse, alle sue spalle, facendola prigioniera.
Una mano le
serrò la bocca, falciando via senza remore la sigaretta
ancora integra, mentre un corpo forte e flessuoso la spingeva con
decisione in un pertugio tra due sudice abitazioni.
Alice non
urlò, non ci provò neppure. Quanto ad opporre
resistenza, lo fece giusto per recare fastidio al suo sequestratore.
Lo avrebbe
riconosciuto tra mille altri.
Schiacciata contro un
muro scrostato e muffito, lo trafisse con un’occhiata
lampeggiante.
Erano le buone
maniere, ciò che era sempre mancato tra loro.
Di passione ce ne era
stata anche troppa.
Lui, Christopher
Samuel Osborn, le rispose con il suo solito sorriso sghembo.
Il cuore della
Grifondoro mancò un battito e lei ebbe paura.
Già sapeva
che non avrebbe resistito.
Il Serpeverde le
liberò la bocca tenendola nonostante tutto inchiodata alla
parete.
- Ciao Chris. -
masticò Alice leggermente affannata. – A cosa devo
l’onore? -
- Mi mancavi.
– sentenziò con aria indecifrabile
l’aitante ragazzo vestito nei colori verde-argento. Aveva
corti capelli biondi e uno spiccato atteggiamento felino forse dato
dagli occhi, chiari come due acini d’uva.
Il suo corpo era teso.
Ogni singolo muscolo contratto in un unico obbiettivo.
Farla sua. Ancora e
ancora.
Come un predatore con
la sua preda.
Alice gli
piantò le mani sulle spalle, tentando di allontanarlo e
spezzare lo strano meccanismo che si azionava tra i loro corpi con un
semplice sguardo.
Chimica elementare.
- Tu neanche un
po’. – replicò quindi, spietata.
- E’ per
questo che ti dai da fare con Potter? - le mormorò lui ad un
orecchio, solleticandole il collo con l’alito caldo.
La Montgomery
scoppiò in una risata aspra e disincantata. – Ecco
svelato l’arcano. – ringhiò poi.
– Sei venuto a rimarcare il territorio. –
- Spiacente cara.
– replicò Osborn, mellifluo e sicuro, mentre con
libidine le mordeva il collo. – Tu sei già mia. -
La Grifondoro rimase
senza fiato, e tutto attorno a lei cominciò a svanire. Calda
e umida, quella lingua esigente si muoveva in piccoli cerchi sulla sua
pelle.
- Ci siamo lasciati a
giugno. – rammentò in un soffio, rovesciando
nonostante tutto il capo verso il cielo per lasciargli maggiore
possibilità di movimento.
- Allora forse non
avremmo dovuto fare sesso durante l’estate. –
osservò lui, roco.
- Già.
– fu l’unica cosa che la Montgomery
trovò da dire.
E fu proprio quando le
sue labbra si incresparono nello scheletro di un sorriso che comprese
di avere ancora una volta perso.
Non era semplice
alchimia.
Lui era la sua droga.
E, come un carnefice
che conosce a memoria la sua vittima, la teneva in pugno.
Una mano
scivolò a massaggiarle l’addome piatto, sotto la
camicia, e gli occhi della Grifondoro si incendiarono mentre, senza
volerlo, smetteva di respingerlo e lo artigliava a se.
Inibita la sua
volontà, affilati i suoi sensi.
Non
c’è niente di peggio che un amore andato a male,
elaborò Alice mentre lo fissava oltre le ciglia socchiuse.
E il loro era stato
malsano già prima di deteriorarsi.
Christopher le
afferrò un fianco, costringendola ad inarcarsi su di lui.
- Sei proprio un
figlio di puttana. – soffiò sottilmente la
Montgomery, in un ultimo barlume di lucidità.
- E tu sei bellissima.
– lo sentì sussurrare un attimo prima di bruciarle
le ali e trascinarla con se in un’altra vertiginosa caduta
libera.
Lei gli
affondò le unghie nella schiena, vendicativa.
Lui sorrise.
E come un rapace
calò sulle sue labbra, catturandole in una battaglia che, in
realtà, aveva già vinto.
Peter Minus
accompagnò con un gesto della mano l’anta del
sudicio cubicolo da cui era appena uscito.
Detestava produrre
rumore.
Ogni singolo
scricchiolio o schiarimento di voce divenivano per lui fonte di
imbarazzo o, peggio ancora, gli apparivano come inopportune
manifestazioni della sua esistenza.
Forse, molto
semplicemente, odiava essere solo.
E in quel momento lo
era, perché aveva litigato con i suoi migliori amici.
Il ragazzo
ruotò il rubinetto e un forte getto d’acqua
inondò il lavandino ingiallito.
Il suono gli dette
fastidio. Era necessario fare silenzio, per passare inosservati.
I bagni della stazione
erano deserti, ma nelle mattonelle sbeccate si riflettevano
innumerevoli firme o messaggi, echi di passate presenze.
Quel luogo parlava da
sé.
Peter, sciacquandosi
il viso, concluse di andare a cercare James e scusarsi con lui. Come
dono di pace avrebbe potuto raccontargli della dichiarazione
d’amore che qualche ignota studentessa gli aveva dedicato,
incidendola con un coltellino nella porta del gabinetto. Conoscendolo,
l’amico sarebbe andato in sollucchero a una notizia del
genere.
Forse poi sarebbero
tornati nel bagno assieme, e avrebbero riso delle sconcezze che qualche
altra anima pia aveva scritto sui muri all’indirizzo di
Sirius.
Rincuorato e con
l’animo più leggero, il Grifondoro si volse verso
l’uscita. Non aveva mosso che pochi passi quando la porta si
aprì e nel decadente bagno entrarono sghignazzando Evan
Rosier, supponente e determinato; Severus Piton, un libro sotto braccio
e i capelli neri più unti del solito; Avery Burton, quinto
anno, corporatura massiccia e un’arroganza fuori dal comune
anche per un Serpeverde; Nicholas Dalton, gemello di Phoebe Dalton.
Compatti quanto un
muro, inarrestabili come una marea.
Peter, quasi
involontariamente, arretrò di qualche passo. Il sorriso gli
morì sulle labbra.
I ghigni dei
Serpeverde, quando lo videro, se possibile si moltiplicarono.
- Ma tu
guarda… una pecorella smarrita. –
ironizzò Evan, un ragazzo alto e moro, con gli occhi dal
taglio orientaleggiante e le iridi luccicanti in forte contrasto con la
carnagione olivastra.
Un mantello nero
allacciato sulla spalla destra copriva quasi interamente il suo fisico
massiccio.
- Non mi dire che sei
solo, Minus. – proseguì Avery agitando un dito a
mo’ di finta predica. – Non è prudente,
in tempi come questi… Dovresti saperlo bene. -
Piton, al fianco di
Nicholas, sorrideva come se natale fosse arrivato in anticipo.
Peter fece un
tentativo disperato. – Infatti me ne stavo giusto
andando… - asserì con tono piatto.
- Io non credo
proprio. -
- Già, che
fretta c’è, Minus. Resta un po’ con
noi… -
Dalton, capendo al
volo, chiuse la porta e vi si appoggiò con una spalla.
– Mi piace, come girano le cose ad Hogwarts. –
osservò biecamente.
- E non hai ancora
visto niente, Nick. – fu la poco rassicurante affermazione
che giunse dalle labbra di Rosier.
- I miei amici mi
stanno aspettando. – ringhiò il Grifondoro,
serrando con le mani il bordo del lavabo e ispezionando la stanza alla
ricerca di una via di fuga. Il cuore gli martellava forte nel petto.
- Chissà se
ti riconosceranno, dopo che sarai passato sotto le nostre
mani… - commentò malignamente Avery,
sbottonandosi i polsini della camicia e arrotolando lentamente le
maniche sugli avambracci.
Piton rise e
avanzò di qualche passo. Peter istintivamente
cercò la bacchetta e, dopo avere fatto un breve tafferuglio
per districarla dalla cintura, la brandì alta.
- Cosa volete da me?
– gemette, mortalmente pallido.
- Un po’ di
divertimento, Minus, nient’altro… - rispose Rosier
avanzando a sua volta.
- Siete dei
vigliacchi. – rantolò il Grifondoro, orripilato.
Una risata cattiva lo
fece sobbalzare. – Furbi, al limite. –
replicò Piton. – Non lo sai che in un branco si
attacca sempre l’elemento più debole? -
Gli occhi di Minus si
inumidirono.
- Sei patetico, Minus.
– sibilò con odio il Serpeverde, sputandogli ai
piedi.
E improvvisamente
Peter sentì di dover dire qualcosa. Pensò che se
lo avesse fatto i suoi amici sarebbero stati fieri di lui.
Arrivò scioccamente a crede che quella fosse la sua
occasione di tenere alto l’onore dei Malandrini e dimostrare
a tutti che anche lui, il piccolo imbranato Peter Minus, valeva
qualcosa.
- Mai quanto te,
Mociosus. – replicò con voce strozzata ma
stentorea.
Un impedimento in un
punto non meglio definito tra la carotide e i polmoni gli impediva di
respirare bene, ma un’espressione vittoriosa gli si dipinse
in viso quando vide le guance di Piton imporporarsi di colpo.
Aveva colpito nel
segno.
Avery, alle spalle di
Severus, esibì un sorrisino sfacciatamente sarcastico.
Mociosus. Lo aveva
chiamato Mociosus.
- Lurido
schifoso… - Piton, scansandosi dagli occhi neri la frangia
unticcia, impugnò la bacchetta e con un unico e fluido
movimento disarmò Minus.
Il Grifonodoro gemette
ritraendo il polso, dove spiccava una lucente bruciatura.
- Fa male, eh?
– lo incalzò il suo avversario, esaltato
dall’idea di poter avere finalmente la sua vendetta.
- Non ci sono i tuoi
amichetti a pararti le spalle, oggi. – ringhiò
Evan facendosi avanti a sua volta.
- Sei tutto
nostro… - convenne dolcemente Avery.
Poi Rosier
scattò in avanti e lo colpi con un pugno allo stomaco,
mozzandogli il respiro. Peter, con gli occhi appannati dalle lacrime,
sentì le gambe diventare molli e il suo corpo scivolare
inevitabilmente verso le sudice piastrelle del pavimento.
Una mano lo
afferrò per i capelli, trattenendolo ad un’altezza
che non implicasse fastidi al suo aggressore.
Un secondo e un terzo
pugno gli fecero annoverare come sopportabile il dolore che pativa al
cuoio capelluto.
Boccheggiante, il
Grifondoro si aggrappò alle vesti del Serpeverde, il quale
parve non gradire perché lo scagliò a terra.
Da lì,
riverso come un pesce sul pavimento di un bagno pubblico, Peter ebbe
una vaga visione della gamba di Avery che caricava un calcio in
direzione del suo fianco sinistro, poi scattò di lato e
riuscì con qualche sconosciuta e miracolosa manovra ad
evitare il colpo.
Sgusciò tra
i piedi di Piton facendolo inciampare e arrancò alla massima
velocità che le sue ginocchia gli permettevano verso il
gabinetto più vicino.
Era quasi riuscito a
chiudersi dentro quando una mano sbucò dal nulla e lo
afferrò per il colletto, strozzandolo quasi.
Troppo occupato a
tossire per incamerare ossigeno, fu brutalmente sradicato dallo stipite
cui era ancorato e gettato nuovamente a terra.
Il labbro superiore,
spaccatosi nell’urto con le mattonelle di ceramica, gli
imbrattò di sangue il viso.
- Ve la faranno
pagare. – rantolò, reso audace dalla disperazione.
- Che paura.
– tubò Rosier. E lo colpì ancora.
- Non sono belle
parole, per della feccia. – osservò anche Avery,
scuotendo ironicamente il capo. – Forse è il caso
che ti schiarisca un po’ le idee… -
- Già,
magari con dell’acqua fresca… –
suggerì Piton, le labbra sottili frementi per la
soddisfazione.
Tutti, anche Dalton,
risero fragorosamente per qualcosa che Peter, evidentemente, non
afferrò.
- Vedrai che non ti
dispiacerà. In fin dei conti dovresti esserci
abituato… - puntualizzò malignamente il
Serpeverde.
Piton, seguito a breve
distanza da Dalton, si avvicinò alla porta del cubicolo in
cui Peter aveva cercato rifugio e ne spalancò la porta con
un calcio.
- Prego. –
frecciò, gli occhi scintillanti di malvagità.
– Serviti pure. -
Il Grifonodoro
inizialmente fissò con sguardo vacuo e un po’
sfocato la tazza del gabinetto, poi comprese e arretrò con
orrore. Ma il suo carnefice lo aveva già afferrato per il
retro della camicia, spingendolo a forza verso il sanitario.
Peter, urlando a
squarcia gola per invocare aiuto, oppose una stoica resistenza ed ebbe
anche la prontezza di spirito di azzannare la mano di Rosier, ancora
serrata attorno ad un ciuffo dei suoi capelli, quando gli giunse a
portata di fauci.
Peccato che i suoi
assalitori fossero quattro, anche se due non partecipavano attivamente
al suo massacro, e lui uno solo.
Oramai chino sulla
tazza del water, con le mani di Rosier che lo spingevano
inesorabilmente verso il basso, Peter serrò forte le labbra
e chiuse gli occhi.
Se avesse potuto, si
sarebbe privato anche dell’udito, così da non
dover udire le risate di scherno dei suoi nemici.
Poi, la porta lasciata
incustodita da Dalton, si aprì cigolando.
- Peter? –
chiamò una voce incerta. Una voce adorabilmente familiare.
– Peter, sei qui? -
La pressione delle
mani di Rosier sulla sua nuca si annullò praticamente
all’istante, il Serpeverde mise mano alla bacchetta ma rimase
immobile.
Loro tutti erano
nascosti alle due persone che avevano varcato la soglia del bagno e
adesso ne percorrevano il pavimento bagnato. Avevano ottime
possibilità di passare inosservati.
Piton gli
puntò a bacchetta ad una tempia. – Non una parola.
– scandì con il solo movimento delle labbra.
-
C’è nessuno?! - domandò ancora una voce
femminile.
- Peter! –
- Forse mi sono
sbagliato, dai Jen, andiamo via… -
- No,
aspetta… qui c’è del sangue! -
- Cos…?
–
Rosier
scivolò versò l’uscita del cubicolo,
deciso ad attaccarli alle spalle.
Peter ebbe un attimo
di esitazione, poi si scagliò contro a Piton, pronto a
giocarsi tutto per tutto.
- Remus, attento!
– latrò.
Il Grifondoro fece
appena in tempo a voltarsi per vedere le labbra di Evans Rosier
formulare uno schiantesimo, poi scartò di lato.
- Impedimenta!
– urlò nuovamente il Serpeverde, ma un fortissimo
sortilegio scudo deviò il suo incantesimo verso un lavandino.
Avery balzò
fuori dal cubicolo, la bacchetta alla mano.
- Ma tu
guarda… abbiamo compagnia. – ringhiò
mirando a una ragazza vestita nei colori di Corvonero.
Lupin la spinse a
terra, facendole scudo con il proprio corpo.
- Pietrificus totalus!
– tuonò.
Avery, alle spalle di
Rosier, si trasformò in una sgraziata scultura umana.
Jennifer Parker, gli
occhi sbarrati per lo spavento, si rannicchiò in
disparte mentre Remus e Evan si fronteggiavano e riprendendo a duellare
con foga.
Nel gabinetto invece,
si stava svolgendo un combattimento ad armi impari: Dalton e Piton
avevano costretto Minus in un angolo e, abbandonate le bacchette, erano
tornati a prenderlo a calci.
Un lampo di luce rossa
e Rosier fu spedito contro la parete opposta, Lupin si
precipitò verso l’amico.
- Fatevi da parte e
nessuno si farà male. – consigliò
scrutando torvamente gli ultimi due serpeverde.
Piton fece un passo in
avanti. – Non ho paura di te, cane. –
Un’espressione
spiritata balenò sul volto del Grifondoro, rapido come una
stella cadente alzò la bacchetta ma prima ancora che potesse
aprire bocca il corpo di Severus crollò ai suoi piedi come
un sacco di patate.
Con
un’espressione di ammirato compiacimento Lupin
guardò Minus, che gli rivolse a sua volta uno sguardo vacuo
mentre alle loro spalle una voce arrabbiata proclamava “forse
dovresti averne, stupido serpeverde.”
- Jen… -
gemette debolmente Lupin, sorridendo suo malgrado alla bionda corvonero
che gli aveva appena fatto un grande favore. – non dovevi
preoccuparti. -
- Nessun problema.
– replicò lei, un po’ pallida ma
risoluta.
Remus si volse verso
Dalton, che lo studiava senza battere ciglio.
- Tu devi essere uno
dei nuovi, dei privatisti. – osservò calmo.
- Così
sembra. – Nicholas incrociò le braccia al petto.
- Sai, non posso dire
che sia stato un piacere conoscerti. Ciò nonostante ti do il
benvenuto nella nostra scuola e, tanto per farti capire come funzionano
le cose, sottraggo alla casa di Serpeverde 20 punti. –
Il ghigno strafottente
di Dalton si mutò in un’espressione di
più totale sbigottimento.
- Ora, se vuoi un
consiglio da amico, ti suggerisco di sparire alla svelta
perché quando i miei compagni sapranno ciò che
è successo la prima cosa che faranno sarà venire
qui a verificare. E loro non sono persone accomodanti, te lo
posso assicurare. -
Scavalcatolo, Remus
tirò in piedi Minus e sorreggendolo si diresse verso
l’uscita. – Tutto bene Pet, adesso ti porto
via… - mormorò al suo orecchio.
Jennifer si
chinò e strappò dalle mani abbandonate di Piton
la bacchetta sottratta al Grifondoro, poi si accostò a Peter.
- Vuoi…?
– domandò tuta titubante offrendogli una spalla a
cui sorreggersi.
- Tranquilla Jen, ce
la faccio. – la rassicurò Remus, chino sotto il
peso dell’amico, con un sorriso affannato.
- Okay. –
assenti la biondina. E con aria pratica li precedette in modo da aprire
tutte le porte i cui si fossero imbattuti.
- Al diavolo.
– sentenziò Andrew alzandosi con uno scatto di
reni dal prato e spazzolandosi i pantaloni. - Io la vado a cercare.
–
- Vorrai dire che io
la vado a cercare. – lo contraddisse James, punto sul vivo.
- Voglio dire
esattamente ciò che ho detto, Potter. Io sono
preoccupato, io
la vado a cercare. Il processo logico non causerebbe problemi ad una
talpa, dubito possa crearne a te. -
- Molto spiritoso,
Redgrave. Peccato che anche io
sia preoccupato e che sia stato proprio io, a notare la sua
prolungata assenza. –
- Ragazzi, sono sicura
che Alice sta bene. Si sarà fermata a fare due chiacchiere
con qualcuno… - li blandì debolmente Alexia.
Loro la ignorarono.
- Senti, possiamo
sempre andarci tutti e due, no? – propose di controvoglia
Andrew, in seguito ad una occhiata particolarmente violenta che
Victoria gli aveva rivolto da sopra una spalla.
- Io sono il suo
migliore amico, so tutto di lei. – osservò Potter,
pigramente sdraiato a pancia all’aria, con una punta di
polemica nella voce.
- Con questo cosa
vorresti dire? – il Corvonero serrò
impercettibilmente la mascella.
- Che probabilmente la
troverei in un baleno, al contrario di te. – fu
l’insolente risposta.
Lily, seduta con la
schiena contro il tronco dell’albero, scosse il capo
sconsolata. Avesse potuto li avrebbe avvelenati tutti e due seduta
stante. Ex e non ex.
- Mi riesce difficile
crederlo considerando che te ne stai sdraiato a contare le farfalle,
sai Potter? –
James balzò
in piedi, i pugni serrati. – Non stai insinuando che io non
tenga a lei, vero Redgrave? Perché in quel caso dovrei
prenderti a pugni. –
- Ora si che ho paura.
– Andrew si avvicinò di un passo.
Victoria si
voltò di nuovo. – Non costringetemi a usare la
bacchetta. – sibilò. – Seduti. Tutti e
due. –
- … a
prender ordini da una donna… - borbotto Potter, ri-assumendo
la sua posa da divo in vacanza.
Andrew si
sdraiò prono e prese a giocherellare con un margherita.
- Sicuro di stare
bene, Potter? Mi sembri un po’ pallidino… -
insinuò quindi perfidamente.
- A differenza del
tuo, uomo di gomma, il mio fisico risente del poco sonno. –
fu l’acida risposta.
- Povero tesoro... Ti
piacerebbe avere il mio potere, vero? Per cancellare quella tremende
occhiaie, la mattina, o fare qualcosa per quel naso… -
- Il mio naso non ha
niente che non va! – tuonò James senza pensare.
Un attimo dopo tutti
ridevano più o meno a crepapelle.
- Scontro tra galli.
– sospirò Lily, divertita.
- Ehi! –
protestò Andrew dandole una spintarella.
Lei, incautamente, gli
sorrise.
E lui ebbe la certezza
che qualcosa non andava. Lo capì e basta.
Mai un sorriso aveva
avuto un così spiccato sapore di lacrime.
Rimase a fissarla,
quasi stordito dalla vacuità di quegli occhi verdi che
conosceva tanto bene, mentre lei distoglieva lo sguardo dal suo e si
abbracciava le ginocchia.
Duncan
lasciò che quell’effimera allegria gli scivolasse
addosso come una doccia tiepida, May con la testolina bionda appoggiata
nell’incavo del suo collo, aveva da poco chiuso gli occhi.
Non dormiva, lo sapeva
bene. Sentiva il suo respiro ancora troppo frenetico solleticargli la
gola. Forse pregava.
Lui non era in grado
di fare neanche quello. Non poteva nulla.
La sua mente era come
paralizzata, e l’attesa lo uccideva.
Sarebbe dovuta
arrivare una lettera, dal Ministero.
Morte o prigionia.
Queste erano le due
opzioni.
E sinceramente lui non
sapeva proprio quale auspicarsi.
Le mani fresche di
Victoria guizzarono sulle sue spalle, massaggiandogli la schiena.
La serpeverde
avvertiva l’aumentare della sua tensione e cercava di
placarlo.
Il Corvonero
serrò le palpebre e lasciò dondolare il capo. Si
concentrò sulla paura e lasciò che fosse questa
stessa a svuotargli la mente.
Comprese che qualcosa
era cambiato quando udì il silenzio. Un silenzio ostile e
teso.
Al limitare
dell’ombra del tiglio sostavano Lucius Malfoy e Fabian
Pretwood. Il primo, intento ad accendersi una sigaretta, sembrava
tranquillo, mentre l’altro, spostando incessantemente il peso
da un piede all’altro, li scrutava bellicoso.
Lily scattò
in piedi e si fece avanti di qualche passo. – Cosa volete?
– domandò dura, spazzolandosi la gonna dagli steli
d’erba.
Lucius si strinse
nelle spalle e soffiò in aria una densa boccata di fumo. La
ignorò completamente. – Vieni a prenderti un
caffè? - si rivolse a Victoria.
- No, grazie.
– rispose lei, asciutta, senza togliere le mani dalle spalle
di Duncan. – Non ne ho proprio voglia. -
Lui la
fissò per qualche secondo, indecifrabile e silenzioso, poi
si avvicinò. Con calma e senza prudenza, penetrando
incautamente il territorio nemico.
- Hai avuto una
mattinata pesante. – osservò porgendole con
gentilezza il pacchetto di sigarette.
Lei, suo malgrado,
stirò un pallido sorriso di ringraziamento e ne
afferrò una. – Anche tu ti sei dato da fare. -
Malfoy
scrollò il capo con modestia e fece dietrofront, diplomatico
come sapeva essere solo in presenza di lei.
Era quasi uscito
dall’area minata quando la voce ringhiante di Fabian
proruppe, provocatoria. – Forse dovresti offrirne una anche a
Switford, Lucius. Non sembra tanto in forma. –
- Fatti suoi.
– sibilò il serpeverde, affrettando il passo.
– Adesso andiamocene. –
Il risveglio di quella
mattina era il peggiore che riuscisse a ricordare da molto tempo. Ora
aveva solo voglia di acciambellarsi in un angolo, cheto nella luce
baluginante, a sorseggiare un caffé in santa pace.
L’assenza di
Fabian e la compagnia di Victoria, sarebbero state gli ingredienti
fondamentali di una mezz’ora in paradiso.
Peccato che nulla
andasse mai come doveva.
- Eppure, fossi in
lui, non mi dispererei tanto. Una madre mezzosangue è meglio
perderla che trovarla… -
Lily
sussultò, come colpita da uno schiaffo. Duncan, dietro di
lei, serrò di scatto le mani.
Victoria
assottigliò gli occhi.
E il corpo del
serpeverde, magicamente, si coprì di graffi e abrasioni.
May gridò.
La Evans, istintivamente, si lanciò in avanti per
sorreggerlo.
Lui la respinse con
violenza, cadendo in ginocchio e tenendosi le mani sul viso.
– Cosa mi hai fatto, lurida strega!? Cosa mi hai fatto!?!
–
Lily gemette,
terrorizzata. – Non sono stata io… -
sussurrò indietreggiando.
Andrew le fu accanto
in un attimo, coprendola con il suo corpo dalla folla di studenti che
si stava radunando.
Malfoy
afferrò il compagno per le spalle, cercando di valutare
l’entità del danno. – Ma sei matta?
– ringhiò fuori di sé. –
Fallo smettere! Fallo smettere! –
- Non sono stata
io… non so come si fa… - farfugliava intanto la
rossa, aggrappata al corvonero come un naufrago ad un salvagente.
- Assassina!
– fu la delirante accusa di una serpeverde alta
più o meno un tappo e mezzo. – Lo volevi
uccidere…! –
- Chiudi il becco,
sciocca. – la mise a tacere Alexia, sovrastandola di buoni
venti centimetri. – Nessuno la ha vista alzare la bacchetta.
– dichiarò a voce alta.
- Lo hai aggredito,
Evans. – ribattè però un corvonero del
sesto anno. – Ti espelleranno. –
Fabian, intanto, si
stava rimettendo in piedi. Le ferite non erano profonde.
Braccia e viso
sembravano semplicemente… scorticati a sangue.
- Brutta stronza!
– sibilò scagliandosi contro di lei.
Andrew lo prese di
petto, ostacolandolo con uno spintone.
- Attento a quello che
fai, Pretwood. – lo apostrofò, insolitamente
minaccioso. Le gambe, divaricate e il busto leggermente proteso in
avanti, in posizione di difesa.
La reazione fu
immediata.
- Ma vaffanculo,
Redgrave! -
Victoria fece
schioccare la lingua contro il palato, cupa e stranamente tesa.
– Niente risse, ragazzi. Non voglio grane. -
Fabian
avanzò verso di Andrew e gli giunse fin sotto al naso.
– La madre del tuo amico è fottuta, te lo dico io.
– rise col viso rosso di sangue vivo.
Il Corvonero
digrignò i denti e scattò in avanti, pronto a
colpire.
Qualcuno lo
afferrò per le spalle, trattenendolo.
James Potter, dopo che
Andrew se lo fu scollato di dosso, sorrise alla sua espressione
oltraggiata.
- Sembra un coniglio
spellato. – osservò inarcando ironicamente un
sopracciglio. – Non mi dire che lo vuoi davvero
toccare…! -
Andrew lo
fissò a lungo, poi emise un sospiro di rassegnazione.
– Hai ragione. – convenne. – Che schifo!
–
E da quel momento si
scatenò il caos. Le bacchette non furono sfiorate nemmeno
con il pensiero.
Certi conti, tra
giovani maghi adolescenti, vanno regolati a mano.
Sirius Balck, col
senno del poi, se la prese relativamente comoda. Salutò le
tre belle fanciulle con cui stava facendo conversazione,
lasciò che Samantha gli stampasse sulla guancia il segno del
suo rossetto. Attraversò il cortile assolato strusciando i
piedi e, dopo avere staccato a viva forza tre mocciosi da James e
averli rilanciati tra gli spettatori con il consiglio di
“tornare quando avessero messo i denti da latte” si
diede la pena di domandare - Cosa cazzo sta succedendo? -
Una risata vellutata
lo colse alle spalle. – Chiedilo ai tuoi, Black. Magari ne
sanno qualcosa. –
Il Grifondoro si
voltò con sguardo assassino. I lineamenti induriti in una
maschera di disgusto.
James invece,
scattò in piedi come una molla, scansò
l’amico con uno spintone e lasciò partire il
pugno, naturale e netto come era stato concepito. Perfetto nella sua
parabola.
- Sta zitto, Malfoy.
– ringhiò poi, leggermente alienato.
Black, mentre Lucius
cadeva a terra, inarcò un sopracciglio. –
Non… -
- Lo so. –
fu la spiccia risposta dell’amico.
- Comunque…
-
- Di nulla. –
I due grifondoro
rimasero occhi negli occhi per qualche secondo.
- Allora… -
abbozzò Sirius con un timido sorrisino.
- Già.
– asserì James spettinandosi i capelli.
Ed entrambi si
voltarono, gettandosi nella mischia fianco a fianco.
Con l’arrivo
dei professori, la stragrande maggioranza delle persone, semplicemente
sublimò. Si dissolse nell’aria come una nuvola di
vapore. Così, come da copione, gli unici ad essere presi con
”le mani nel sacco” furono Sirus e Fabian, che si
rotolavano a terra stretti in un abbraccio che di amichevole aveva ben
poco.
La sottile differenza
fu che uno era pesto di sangue e terra, l’altro, a volerla
fare tragica, aveva un labbro spaccato.
Il famoso treno rosso
filava veloce sulle rotaie. Una vegetazione fitta e rigogliosa
circondava quel tratto del tragitto, e la fronde degli alberi talvolta
sfioravano i vetri dei finestrini in una frusciante carezza.
Il rombare della
locomotiva si traduceva in soffici fusa e tremule vibrazioni delle
pareti, nel primo vagone. Poi si perdeva nel vento.
Seduto sulla soffice
moquette del treno, con una gamba piegata al petto per sorreggere
l’avambraccio e l’altra tesa a sbarrare il
passaggio, James Potter fissava intensamente la sua scarpa sinistra.
Più precisamente, il lacci della sua scarpa sinistra.
E pontificava un
futuro in cui avrebbe fatto il killer strangolatore.
Una ragazza con lunghi
capelli biondi uscì dallo scompartimento dei Caposcuola
tirandosi dietro la porta. Lo scavalcò con un sorriso.
– Ciao James. – salutò scompigliandogli
i capelli.
Lui alzò
appena gli occhi. Poi tornò alla contemplazione della sua
scarpa.
E la sua rabbia contro
il mondo sfumò in rassegnazione. Improvvisamente
immaginò di impiccarcisi, con quei lacci. Magari proprio
lì, in mezzo al corridoio dell’Espresso per
Hogwarts, in quel vagone sconosciuto a chi, come lui, non era mai stato
ne aveva mai aspirato ad essere un prefetto o un caposcuola. Per non
dire un professore.
I suoi deliri suicidi
furono ad ogni modo interrotti da due paia di gambe che,
approssimatesi, invece di oltrepassarlo e continuare si fermarono,
esitanti.
- Hem…
James? –
La voce era conosciuta
ma un po’ impastata.
Potter alzò
lo sguardo, quasi annoiato, per poi spalancare gli occhi.
Peter e Remus lo
sovrastavano, visibilmente perplessi e imbarazzati.
- Oh. Hem…
ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
- Ciao. –
ripetè James, sentendosi molto stupido.
Un silenzio
pressoché comico avviluppò i tre grifondoro.
- Ti stavamo cercando.
- confessò Remus, distogliendo lo sguardo.
- Che ci fai li per
terra? – tubò Peter a ruota libera.
Bella domanda,
pensò James fissando con astio la porta dello scompartimento
sigillato e insonorizzato dinnanzi a cui sostava da quasi
un’ora aprirsi di scatto per lasciare uscire Fabian e Lily,
con lo sguardo fiammeggiante e le guance rosse per la rabbia.
Alle loro spalle la
professoressa McGranit, aveva le labbra serrate e la mascella tanto
contratta che Sirius non si sarebbe sorpreso se gli si fosse scheggiato
un dente. Quest’ultimo era di spalle al finestrino, teneva il
capo chino e la braccia conserte con l’atteggiamento di chi
ha da tempo smesso di stupirsi delle ingiustizie che gli vengono
perpetuate e attende che la tempesta passi. L’uomo che gli
era accanto, invece, osservava il bosco vivido e umido ignorando con
apparente facilità tutto ciò che si stava
svolgendo in quella piccola stanza. James non lo aveva mai visto prima
né, in quel primo momento, riuscì a vederlo in
viso, coperto dai baveri rialzati di un pesante mantello da viaggio.
Il professor Silente,
incastrato in un angolo del piccolo scompartimento sovraffollato,
nonostante la vistosa veste viola a stelle argentee, sembrava essere la
presenza meno ingombrante, assorto com’era a fissarsi le
lunghe dita intrecciate. Più discreto perfino di Sirius, che
pareva emanare una sorta di aura di energia negativa con quel cipiglio
cupo e decisamente poco aperto al dialogo.
La professoressa
Barners, sostava accanto all’uscio, una mano ancora sulla
maniglia. Aveva le labbra umide e la stessa espressione di quando
interrogava alla cattedra. Era evidente che aveva condotto lei gli
interrogatori, fino a quel momento.
- Professoressa non
è stato lui! – balzò su Potter,
furibondo. – Cristo santo, ci sono decine di studenti che
potranno testimoniare… -
- Moderi i termini,
signor Potter. Non le permetto di parlarmi i questo modo. –
lo freddò lei senza un battito di ciglia.
- Ma non è
stato lui! Mi deve credere, lui non –
Il preside, dal suo
angolino, sorrise impercettibilmente.
- Abbassi la voce,
signor Potter, o sarò costretta a prendere provvedimenti
contro di lei. Inoltre, come può vedere, abbiamo
già provveduto ad interrogare una sua compagna di Casa,
sforzo di cui dovrebbe esserci doppiamente grato data
l’evidenza di ciò che mi sono trovata davanti,
quando... –
James si
passò un paio di volte la mano tra i capelli, si morse le
labbra e… esplose.
- Ma Sirius non
c’entra assolutamente nulla! Non era neanche presente, quando
la rissa ha avuto inizio e questo imbecille si è ricoperto
di piaghe, come può… -
L’
“imbecille” in questione, ormai perfettamente
calato nel suo ruolo di vittima, si rivoltò come una iena.
– Guarda come mi ha ridotto, il tuo amichetto! Con che
coraggio lo difendi ancora? Eh, Potter? Con che coraggio?! –
si lagnò con una faccia tosta tale da lasciare i grifondoro
sull’orlo di un baratro chiamato follia.
- Ma tu sei fuori di
testa! – rise infine Lily, tanto sbigottita da essere rimasta
senza parole. – Tu sei totalmente suonato! –
- è
evidente che sta cercando di fregarvi! Coma fate a credere a questo
stronzo…?! – allibì anche James
allargando le braccia con un gesto esasperato.
- Signor Potter!
– si riscosse a quel punto la professoressa McGranit,
scandalizata.
- Ci hanno
provocato… - provò allora James esibendo la sua
migliore espressione da cucciolo bastonato.
- E si da il caso che
questo non sia l’asilo, signor Potter. Per quel che si
è svolto oggi alla stazione non esiste giustificazione di
alcuna sorta. –
- Ma…
professoressa! – Lily si affiancò a James,
furibonda a sua volta. – Hanno insultato la madre di Duncan
Switford! –
- …la
sorellina piccola era presente… - le fece eco James.
- … cosa
potevamo fare… -
- Bhe,
l’idea di maledirlo non è stata delle
più brillanti, Signor Black. Davvero. Mi complimento per la
sua presenza di spirito nonché oramai assodata demenza. Come
le è venuto in mente di usare la magia nera su un suo
compagno, si può sapere!? – domandò la
direttrice della Casa rosso-oro con la voce resa stentorea
dall’ira, rivolgendosi per la prima volta a Sirius
dall’inizio di quel inconsueto processo.
Il sarcasmo, reso
tanto tagliente dalla delusione. sarebbe risultato letale se non fosse
stato che, per una volta… Sirius era innocente.
Sollevato dal fatto
che lei gli avesse rivolto la parola, il grifondoro alzò
finalmente lo sguardo. – Io non lo ho toccato! –
rise scuotendo il capo e alzando le mani.
A quel punto fu il
momento della Barners, di ridere. – Vi ho visto io.
– annunciò. – Con questi occhi. Vi
stavate rotolando per terra… -
James perse la
pazienza. – Non sta dicendo che non lo ha toccato in quel
senso! Ovvio che lo ha picchiato! Però –
- Ma si sente quando
parla, signor Potter!? E secondo lei picchiare un altro studente
è cosa buona e giusta…? – lo interruppe
lei, petulante.
- Sta dicendo che non
è stato lui a maledirlo, non ci vuole mica questo gran genio
a capirlo…! – intervenne Lily, che aveva trascorso
gli ultimi cinquanta minuti a sentirsi dare praticamente della bugiarda
da quella sottospecie di mostro in gonnella ed era sull’orlo
di una crisi di nervi.
La mora assottiglio
gli occhi. – Non usi quel tono con me, signorina Evans. Dieci
punti in meno per Grifondoro! –
Non era leale, si
ritrovò quindi a pensare Lily.
Quella donna, nei suoi
confronti, nutriva una vera e propria avversione.
Abuso di potere, ecco
cos’era. Un abuso bello e buono.
- Non è
stato lui. Capite? Ci sono più possibilità che
sia stato il professor Silente, a maledire Pretwood, piuttosto che
Sirius Black. Lui era da un’altra parte. – James
scandì le sillabe una ad una, con esasperante lentezza, come
se stesse parlando ad un ritardato mentale.
- Faccia silenzio, per
l’amor del cielo! Non è questa la sede per
discutere di una faccenda tanto incresciosa. –
- Infatti, se mi
aveste fatto entrare, non avrei dovuto aspettare una fottutissima ora
davanti a questa fottutissima porta e avrei potuto spiegare come
davvero si è svolta la vicenda impedendovi di –
- Il motivo per cui
non l’abbiamo fatta entrare, caro il mo studente,
è esattamente il suo comportamento incivile e sconsiderato.
Stiamo cercando di scoprire la verità circa questa scabrosa
vicenda quindi, se non le dispiace farsi indietro e lasciarci
proseguire in santa pace… -
La donna, con fare
definitivo, stava nuovamente chiudendo la porta quando James
scattò in avanti, bloccandone il meccanismo con un piede.
- Dovete ascoltarmi.
– proclamò disperato. – Non potete
espellerlo per qualcosa che non ha fatto… ne ha fatte tante
di cretinate, almeno servitevi di una scusa fondata! –
tentò di scherzare. Ma i suoi occhi erano solo per il
professor Silente.
- Si tolga
immediatamente di mezzo, signor Potter. – ordinò
Eglantina Barners, perentoria.
- No. –
disse però quello. Sempre più convinto di stare
cacciandosi in un mare di guai.
Anche Sirius, a tre
metri di distanza, sembrava consigliargli di lasciare perdere.
Si era spinto troppo
oltre. Ne era certo.
Ma lasciare perdere,
in una circostanza come quella, voleva dire perdere Sirius.
Le condizioni di
Fabian avrebbero portato all’espulsione anche di studenti con
la fedina penale immacolata e loro, di precedenti, ne avevano anche
troppi.
- Albus! –
gemette la Barners, alzando gli occhi al cielo.
Il preside, chiamato
in causa con tanta autorità, indirizzò il suo
penetrante sguardo sullo studente che stava creando tante complicazioni.
Le lenti a mezzaluna
per un attimo rifletterono il bagliore della luce solare.
- Eglantina, temo
proprio che dovremo ascoltare ciò che il signor Potter
desidera dirci. In fin dei conti non ci lascia altra scelta…
- concluse allegramente sedendosi più comodo
Lei, alquanto
sconvolta, lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e
cedette il passo al giovane grifondoro, che avanzò nello
scompartimento dei professori con aria guardinga.
- Spero tu non abbia
nulla in contrario, James, se suggerisco che i tuoi compagni restino
fuori. La signorina Lily è stata così gentile da
concederci già molto del suo tempo e credimi se ti dico che
sopportare con tanta stoicità un tale interrogatorio non
è da tutti. Certamente non sarebbe carino lasciarla da sola
in corridoio, dunque confido nelle capacità di
intrattenimento del signor Minus e del signor Lupin che, non ho dubbi,
saranno adorabili. Tornando a noi: occorre che qualcuno si occupi delle
ferite del signor Pretwood. Eglantina, puoi…? -
- Ma certo.
– scattò lei, consapevole dell’essere
stata appena liquidata con grande tatto.
Quando la porta, con
un ultimo cigolio, si fu richiusa alle sua spalle, per qualche istante
regnò il silenzio.
- Non è
stato lei, signor Black, a maledire il signor Pretwood. –
disse infine l’anziano preside.
- No. –
confermò Sirius, sollevato.
- Lei non era
presente, al momento dell’accaduto. –
- Esatto. –
- Bene! - Silente
sembrò trattenersi a stento dal battere le mani. Poi tutta
quella sua gaiezza sfumò, così come era arrivata.
Una espressione seria prese il suo posto.
- I tuoi tentativi di
scagionarlo, James, mi hanno molto colpito. Ma la perseveranza, se
usata senza discernimento, porta alla rovina. Non dimenticarlo. Detto
ciò ti prego di assumere un comportamento più
riguardoso nei confronti della professoressa Barners, che oltre ad
essere una validissima docente è anche una persona deliziosa
di cui personalmente ammiro l’energia e la perspicacia.
–
James annuì.
- Adesso, James,
gradirei che tu mi facessi il nome di colui che ha scagliato la
maledizione contro il signor Pretwood. -
Potter
battè le ciglia, confuso. – Mi scusi? –
- Il nome, James. Il
nome. Voglio sapere chi è stato. -
L’uomo
misterioso non mosse un muscolo. La professoressa McGranit, quasi
pendesse verso la risposta, si protese impercettibilmente in avanti.
- Io… io
non lo so. Professore, davvero, io non ne ho idea. -
- Tu eri
lì. – osservò Silente, pacato.
- Sì. Ma
non so come sia potuto accadere ne chi sia stato. Lui e Redgrave non
avevano nemmeno iniziato a spintonarsi quando improvvisamente ha
iniziato a contorcersi, è caduto in ginocchio e…
beh, lo ha visto. –
Silente rimase assorto
per quasi un minuto.
- è
possibile che qualcuno lo abbia stregato mentre non guardavi, James?
Per me è molto importante saperlo. Magari Andrew…
- suggerì senza un briciolo di malizia.
Il Grifonodoro scosse
il capo. – Professore, nessuno ha toccato le bacchette. Me ne
sarei accorto. È semplicemente… successo. Non so
spiegarlo. -
L’anziano
preside lo fissò a lungo, poi con uno svolazzo della
bacchetta, evocò dal nulla piuma, calamaio e pergamena.
- Gradirei che tu
segnassi su questo foglio i nomi di tutte le persone presenti, al
momento dell’accaduto. Non tralasciarne nessuno. È
molto importante… -
Il Grifondoro
annuì e si chinò su un sedile, vergando con la
sua scrittura un po’ spigolosa la pagina.
Per lunghi istanti
nessuno osò parlare.
Infine Sirius si
azzardò a prendere la parola. – Quindi…
hem, io sono libero insomma. – concluse un po’
incredulo.
- Sì.
– lo freddò La McGranit. – Libero di
recarti tutti i venerdì sera per un mese in punizione dalla
professoressa Allen, Black. E spero che tu ti renda conto del
fatto… -
Ma la sua voce si
affievolì poco a poco. – Tempo perso! –
sentenziò infine con uno sbuffo, voltando il capo allo
studente, che invece di guardarla afflitto e con la coda tra le gambe
si era ormai illuminato di un sorriso a dir poco accecante.
James gli sorrise di
rimando, alzando gli occhi dalla lunga lista di nomi che aveva tra le
mani.
- Credo ci siano
tutti. – borbottò passandosi una mano tra i
capelli e consegnando la pergamena al vecchio preside. – Per
le persone sopraggiunte dopo non so dirle… forse dovrebbe
chiedere agli altri. –
- Nessun problema,
James. Ora la faccenda passa nelle mie mani. – lo
rassicurò Silente con un cenno di assenso.
I due studenti, dopo
un tacito scambio di sguardi, si mossero in sincrono verso la porta.
– Allora noi andiamo. – propose Sirius con una
strana sfumatura interrogativa nella voce.
- Sparite, prima che
ci ripensi. – fu il tagliente suggerimento della McGranit.
Ma non aveva ancora
finito di parlare che già la porta si era richiusa con uno
schiocco e dal corridoio si udivano grida di giubilio miste ad
imprecazioni.
L’uomo
misterioso esplose in una risata calda e un po’ roca.
Si volse, rivelando un
volto dai lineamenti espressivi. Aveva occhi tempestosi e una corta
cicatrice lungo la mascella, semi nascosta dalla barba scura. Le labbra
erano rosse e volitive, tese in ghigno compiaciuto.
Aveva un fisico
possente, fasciato da abiti pesanti e resistenti all’usura.
Le mani ampie e forti, erano segnate dalle intemperie.
Non dimostrava meno di
cinquantacinque anni, ma la sua vera età appariva
indefinibile, falsata com’era da quella patina di vento e
salsedine, avventura e pericolo.
- Questi ragazzini mi
piacciono… - tubò infine andando a sedersi
accanto al professor Silente e stiracchiando le gambe in avanti.
– Sarà un anno più divertente del
previsto. – osservò allegramente.
- Certo, nulla a che
vedere con le tue mirabolanti avventure, Damian. Non eri forse tu
quello che il pericolo se lo mangiava a colazione…?
– fu il commento iracondo, a malapena sibilato dalla donna
che gli stava innanzi.
L’uomo
sbattè le ciglia, preso in contro piede. – Dio,
Minerva… - sospirò infine. – Sei
assurda. -
- Tu un idiota. Ma non
ritenevo necessario sottolineare l’ovvio. –
replicò lei, glaciale. Poi si alzò, rassettandosi
la lunga gonna verde con poche semplici mosse. – Se non ti
spiace, Albus, vado a cercare Domitilla e la metto al corrente della
punizione di Black. Hai da dirmi qualcosa? -
Il preside
alzò lo sguardo dalla pergamena che teneva stretta fra le
mani. Un nome, tra gli altri, sembrava per lui lampeggiare con
particolare intensità.
Osservò con
dolcezza la donna alta e molto magra che in attesa di una sua risposta
scalpitava impaziente accanto all’uscita. Aveva una postura
rigida ed eretta, fondamentalmente fiera. Un abito scuro dalla linea
severa le fasciava la vita e i fianchi, mentre occhiali squadrati le
celavano le iridi, castane e intelligenti. Zigomi alti e felini erano
incorniciati da capelli lisci e sottili, tagliati alle spalle.
- Albus… -
lo richiamò lei, con i nervi a fior di pelle. –
posso andare? -
Silente fece un
divertito cenno di assenso. – Ma certo Minerva, ma
certo… -
- Porca puttana,
Sirius. Giuro che da domani faccio il bravo ragazzo… - rise
James, passandosi una mano fra i capelli e sbirciando
nell’ennesimo scompartimento, rigorosamente pieno, per poi
tirare dritto, alla ricerca di quattro miseri posti dove lui e suoi
degni compagni potessero conversare in santa pace.
- Ma vaffanculo,
Jamie. E io mi faccio suora! – fu la sghignazzante risposta
di Black, con un braccio attorno alle spalle di Remus e il viso acceso
di una luce radiosa.
- Sei un maschio,
demente. – replicò quest’ultimo,
roteando gli occhi. – Al limite puoi farti prete. –
- Era per sottolineare
l’impossibilità della cosa, Lunastorta.
– precisò Sirius con voce saccente.
Tutti risero ancora
una volta, consapevoli di averla scampata bella.
- Lily è
stata davvero carina… - borbotto Felpato dopo qualche attimo
di silenzio. – Mi ha difeso come una tigre. -
- Sarà
innamorata di te. Come tutte le oche di questo posto,
d’altronde. E poi quella, di una tigre, ha soltanto la
criniera. – Ramoso accelerò impercettibilmente il
passo, incupendosi appena.
- Che
astio… - si impressionò Sirius, con un
sorriso canzonatorio.
- Un uccellino mi ha
detto che stamattina avete litigato di nuovo. –
osservò Lupin, pragmatico.
Peter lo
guardò con tanto d’occhi. – E tu lo hai
capito? –
- Beh, non
è un concetto difficile… - si
imbarazzò il lupo mannaro, un po’ perplesso.
- Ma come hai
fatto…? Voglio dire, non cinguettava?! – si
accalorò Minus, tutto emozionato.
E così si
giocarono Remus, che passò i successivi quaranta minuti a
ridere come un idiota. Tutto solo, tra l’altro.
Perché anche James e Sirius in quanto a modi di dire babbani
erano esperti come una capra in aritmetica.
Fu in questo
deprecabile stato che il quartetto giunse nel pertugio che divideva il
terzo dal quarto vagone. Un angusto passaggio interdetto da una porta
con su un insegna di divieto grande quanto un’anguria.
James aveva appena
abbassato la maniglia, pronto a spingere l’uscio e fare largo
ai compagni, quando una voce rabbiosa e dalla forte connotazione
femminile si fece sentire, al di sopra dello sferragliare delle rotaie.
Filtrava da sotto la porta.
-
…me ne sbatto delle tue condizioni, Duncan! Mettimi di nuovo
in una situazione del genere e sarò costretta ad intervenire
personalmente. Gia, loro
non sono affatto contenti... -
- Ho capito, cazzo. Ho
capito… - intervenne un’altra voce, bassa e
vibrante.
Si dispiegò
un silenzio teso. I Grifondoro si scambiarono un’occhiata
accigliata.
Tornare indietro o
andare avanti?
Era questo il dilemma.
- Scusa. –
sillabò infine quella che ormai avevano riconosciuto essere
la voce di Duncan Switford. – Scriverò oggi stesso
per fare rapporto. –
- Bene. –
approvò la voce di ragazza, sostenuta. – Per le
corrispondenza rivolgiti a Sam. Io me ne tiro fuori. –
- Strano. –
fu la replica che sembrava introdurre una lunga polemica.
Poi un imperativo
secco ed efficace, mormorato a mezze labbra. – Taci!
–
E la porta fu
all’improvviso strappata dalle mani di James Potter per
aprirsi verso l’interno, rivelando agli occhi sorpresi dei
quattro Grifondoro un altrettanto sbalordito corvonero e…
Roxanne Danglard, con ancora la mano sulla maniglia.
Un sibilo furioso le
sfuggì dalle labbra, tinte di un bel rosso corallo.
– Ecco. – si rivolse a Duncan, come accusandolo di
qualche oscuro misfatto.
Poi svicolò
fra i ragazzi, guadagnando rapidamente il corridoio.
Quando anche
l’orlo della sua gonna, frusciando fu scomparso, la domanda
sorse spontanea.
- Tu e
Roxy… hem… cioè, tutto bene Duncan?
– abbozzò Remus, visibilmente preoccupato.
La risposta, fu
altrettanto inevitabile e definitiva. – Beh. -
Il Corvonero si
strinse nelle spalle e li congedò con un sorriso vuoto.
Aveva fatto qualche passo quando si voltò, impensierito.
- Ah,
Sirius… - lo richiamò. - Nessuna grana, spero,
per la faccenda di Pretwood. -
Black lo
fissò negli occhi e scorse qualcosa dibattersi, nel
profondo. – No, nessun problema. –
mentì. – Grazie Duncan. - aggiunse senza sapere il
perché.
Quello si strinse
nuovamente nelle spalle e se ne andò.
Stranamente
silenziosi, i Malandrini non aprirono bocca fino a quando non si
ritrovarono finalmente soli e lontani da orecchie indiscrete.
Comodi come
pascià in uno scompartimento da sei posti.
Lì, infine,
James incrociò le braccia dietro alla testa e si
lasciò andare sdraiato.
- Perfetto.
– sorrise sornione. – Codaliscia, hai circa cinque
ore per raccontarmi che ti è successo alla faccia. Pensi di
farcela…? -
Il ragazzo tese il
labbro ancora gonfio e sanguinolento in una espressione a
metà fra l’imbarazzo e la pena.
- Devo proprio?
– borbottò, quasi mortificato
- Eccome. –
sogghignò Sirius. – quando commetterò
davvero l’incantesimo di cui mi hanno accusato oggi, vorrei
essere certo di stare torturando la persona giusta. -
Remus lo
ammonì con un debole spugno sulla spalla. – Non
scherzare, scemo. Questa volta la hai davvero scampata
bella… -
- Erano parecchio
incazzati. – ammise Sirius, con un sorrisino modesto.
Peter
ridacchiò a sua volta, gonfio di serenità come un
frutto maturo.
- Meno male che non
gli abbiamo detto della gelatina… - borbottò
più a se stesso che agli altri.
E improvvisamente si
trovò tre paia d’occhi puntati contro.
- Perché
siamo stati noi, vero? – insistette con uno sguardo furbo.
Ancora silenzio.
- Suvvia
ragazzi… questa volta dovete ammetterlo: abbiamo proprio
sbagliato tutto! – cinguettò, allegro e innocente.
Sirius fu il primo a
cedere. Si passò una mano sugli occhi ed esplose in una
risata bassa e un po’ roca. – Porca puttana se
abbiamo sbagliato…! – concesse, fra un singhiozzo
e l’altro.
- Io davvero non
capisco… - capitolò anche James, tutto
corrucciato. – Doveva essere schiuma alla fragola e invece
è venuta una viscida, schifosa, invadente e
indelebile… -
- … melma.
– completò Remus per lui.
- Una schifosissima
cazzo di melma! – ululò Potter
scoppiando in una risata argentina.
Peter si
unì presto a lui, genuinamente felice.
Remus si torse le mani
e morse le labbra. Ripeté sottovoce tutte le date delle
rivolte dei Goblin che riusciva a rammentare e infine sbuffò.
- Questa è
la volta che ci espellono. Ne sono sicuro. –
sospirò con tragica comicità mentre, suo
malgrado, le labbra gli si piegavano in un sogghigno.
Spazio Autrice:
Bonjour a
tout le monde!
Ebbene sì,
non sono morta!XD Né mi hanno amputato le dita, se
è per questo…
Non ho giustificazioni
valide per tutto questo ritardo ma, tanto per cambiare, vi offro un
altro po’ di enigmi.
Perché
James definisce Andrew “uomo di gomma”? E Roxy cosa
vuole da Duncan?
^_^
Come regalo di Natale,
invece, spero gradiate l’inquietante figura di Chris Osborn,
così come le ultime scottanti quattordici pagine.^^
Vaaaaaaaaaaaaaaaaabè,
le risposte alle recensioni le dei mini poemi. Vi lascio il tempo di
leggerli…!XD
Vi auguro un Felice
Anno Nuovo, gente.
Ci si vede nel 2009,
alisya.
Per
Myki:
Innanzitutto piacere!
Felice(issima) di fare la tua conoscenza.
Poi: grazie mille per
la splendida recensione. Se come me scrivi, sai quanto siano importanti
commenti e critiche (sì, anche le critiche. Non preoccuparti
non mi sono neanche lontanamente offesa!^^) e, dettaglio non
trascurabile, quanto risollevino l’umore
dell’autore.
Ti ringrazio (ancora)
per l’attenzione che hai prestato alle mie quattro
grifondoro. Le amo così tanto che negli ultimi capitoli ho
addirittura lasciato che rubassero spazio ai mitici Malandrini! Su di
loro cos’altro posso dirti…?
Hai colto il carattere
schietto e forte di Alice, quello ambiguo di Alexia (come
può non essere ambigua una persona che viaggia su onde
diverse dalle nostre?), l’energia magnetica di Victoria.
Lily… Lily ti sfugge un po’, da quel che ho
capito. Ma è questione di tempo e di abitudine
perchè hai ragione, la mia visione del personaggio
è abbastanza insolita!XD
Circa le indicazioni
spazio-temporali, sì. I Malandrini sono al settimo anno. E
per la famosa metamorfosi in uomini un pelino più maturi
dovrai aspettare, anche se in questo capitolo qualche buona intenzione
viene a galla…!
A parte gli scherzi,
come avrai notato, mi sono presa parecchie libertà. A
partire dall’età di Malfoy per finire, anzi
continuare, con molte altre cose.
La
“malattia” di James, come te, ha confuso e
intrigato molte atre lettrici. Tra poco apriremo la Lotteria delle
Ipotesi e a colei che arriva più vicina alla
verità andrà in premio un coniglietto di
peluche.XD
Capisco che il legame
James-Alexia ti abbia un po’ insospettita. Ma hai notato che
anche Andrew, brillante e cavalleresco, con lei ha degli atteggiamenti
un po’… fuori dalla norma?
Quasi tutti i ragazzi
riservano ad Alexia molte attenzioni, facci caso. E quasi nessuno ha
con lei un doppio fine… perché?
Ti lascio con questo
indovinello.^^
Nella tua recensione
mi hai scritto che in Green Years “tutti hanno un
segreto”. Mai fu detta cosa più vera! La rete di
misteri si sta infittendo…
Grazie (di nuovo!) per
la tua schiettezza e il tempo che hai speso dietro ai miei deliri.
Spero di sentirti ancora,
Un Bacio!
Ps: scusa. Davvero.
Oggi sono incredibilmente prolissa. Ma non posso lasciarmi sfuggire la
possibilità di festeggiare una nuova fan del giovane Andrew!
Tu e blackout metterete su un club di questo passo… lei sono
capitoli che lo difende!XD
Per
Irene_evans:
Mmm… mi sa
che la risposta alla tua recensione è ad inizio capitolo!
Non
smetterò mai di ringraziarti, credo, per
l’entusiasmo che mi trasmette ogni tua recensione. Dunque non
provare mai più a scusarti per avere scritto troppo,
perché è con un’autrice da 14 pagine
che stai parlando…!XD
A parte tutto, a
sgamare il collegamento gelatina/Malandrini sei stata una delle prime
quindi non ti sminuire, bel lavoro d’arguzia!
I complimenti per
Victoria sono graditissimi e gli sguardi roventi ad Alice…
direi che il tanto misterioso Chris ha fatto la sua entrata in scena!XD
Fammi avere la tua opinione a proposito, mi raccomando! È la
prima scena relativamente “calda” che inserisco
nella fic, e vorrei sapere che effetto fa…
La tua teoria sulla
bellezza è esatta, più o meno. Volevo sfatare il
mito della bellezza inquadrata (tra le altre cose). Se ti interessa
leggi la risposta a freddymercury.
Con questo capitolo
spero di non avere deluso le tue aspettative.
Baci!
Ps: per andare a capo,
nelle recensioni, devi inserire a fine rigo. Ciao!
Per
PikkolaGrandefan:
Ciao! Grazie per i
complimenti e gli incoraggiamenti!^^
Fa sempre piacere
sapere che la storia piace e i personaggi, per quanto TROPPI,
incuriosiscano. Le tue previsioni, sul lavoro da scuola, si sono
avverate… T_T
Ma adesso sono tornata
e spero di riuscire ad aggiornare in maniera leggermente più
regolare.
Piuttosto, Io Dawson
Creek's non l’ho mai seguito… dici che
è grave?XD
Baci!
Per
Lwrence of DW:
Cain! Ma che piacere
ritrovarti anche qui, in questa landa affollata di gente…
Andrew è
tutto tuo, e i personaggi “belli” sì,
avevo il sospetto ti piacessero…XD
Le imperfezioni, come
da te egregiamente detto, ci sono e si fanno sentire. La
metà di questi “ragazzi” se la
incontrassi per strada, ad esempio, mi starebbe mortalmente antipatica.
Tvb, un bacio.
Ps: ti aspetto per
quella Sacher…
Per
TheBestLady:
Allora… di
una cosa devo darti atto: sei incredibilmente perspicace!
Detto questo, la tua
recensione mi ha fatto prima morire dalle risate (devo dire
però che una parte del mio cervello era inquieta: non te li
dovrò mica rimborsare io i soldi che il tuo cane sperpera
alle aste!?XD) poi, però, mi ha messo
un’angoscia…!
Hai avanzato varie
ipotesi, alcune decisamente valide (come detto in prima riga), ma
altre…!
Nonno, cara Lady, i
Malandrini non sono prossimi al sfacelo. La loro non è una
lite seria, un piccolo diverbio, ecco! Mentre leggevo mi è
preso un colpo, giuro. Ho temuto di avere dato un tono troppo
apocalittico a quello che in realtà era uno scontro fra
galletti un po’ suscettibili.
Mi hai fatto perdere
dieci anni di vita e adesso ho i capelli bianchi, ecco. Come minimo mi
devi recensire un altro paio di capitoli per farti perdonare. Ah,
già che ci siamo, promettimi anche di dare un po’
di ferie a qual povero cecchino che segue Andrew anche in bagno. Sta
diventando una situazione imbarazzante…
Come lo giustifico io
un serial killer a spasso per i corridoi di Hogwarts?XD
Passano
oltre… (i miei deliri, intendo)
Sei la prima a
sprecare due righe sulla disgrazia di Duncan, che lettrici spietate che
ho! Il Corvonero perde la madre e noi tutte sospiriamo
perché James è svenuto tra le gambe di Alice. Che
roba! E poi osiamno chiederci perché Potter è
convinto di essere il re dell’universo…!
XDXDXD
Oddio, deve essere una
tara ereditaria. La mia mente pende inesorabilmente verso la follia!
Scusa per lo
sproloquio, baci!
Per
lauraroberta87:
Aaaah. Ora ho
capito!:P Scusa, ti avevo fraintesa.
Per i personaggi non
ti preoccupare, hanno creato problemi un po’ a tutti!
Spero che gli esami ti
siano andati bene, alla fine.^^
Grazie per la
recensione, l’ho molto gradita.
Un bacio!
Per
Nikelaos:
Centro, mia cara!
Complimenti per l’arguzia…!^^
La gelatina
è, effettivamente, un effetto collaterale dello scherzo dei
malandrini. Uno scherzo molto poco riuscito, in effetti!XD
Sulla litigata
James/Andrew ti ho accontentata, anche se forse non è
ciò che immaginavi…
La verità
è che quei due, ancora, si considerano troppo poco anche
solo per litigare. James non sopporta tanto il Corvonero,
perché lo sente “nel suo territorio di
caccia”, per così dire. Ma niente di
più.
Ho incontrato la
squadra di soccorso alpino che avevi mandato a cercarmi… dei
ragazzi davvero simpatici!XD
Scusa per la lunga
attesa, ciao!
Per
freddymercury:
Tranquilla, a
demoralizzarmi ci penso da sola. Agli altri non è concesso!XD
E non mi sono offesa
neanche per scherzo. Anzi, ho apprezzato molto la schiettezza delle tue
osservazioni che, tra l’altro, potrebbero anche tornarmi
utili.
Detto questo,
permettimi di ribattere che lo stile prolisso, pur facendo parte del
mio DNA, è stato in questa circostanza accuratamente scelto.
Voglio dire che lo reputo particolarmente adatto a questo racconto,
ecco. O per lo meno alla funzione “rilassante” che
questa Fanfic ha per me.^^
Le descrizioni
esasperanti, invece, hanno uno scopo puramente pratico.
Lasciami spiegare:
quel continuo ribadire concetti già espressi (vedi ricci
biondi di Alexia o la chioma d’ebano di Victoria) ha la
funzione di una formula fissa.
La moltitudine dei
miei personaggi, come avrai visto, ha creato non pochi
problemi…
Il minimo che possa
fare per aiutare un po’ le mie lettrici è proprio
“definire” il più possibile ogni singola
figura.
Anche
l’aspetto bellissimo dei protagonisti, è stato un
po’ frainteso. In quelle descrizioni in parte sì,
mi sono fatta prendere un po’ la mano, ma ho anche seguito la
scuola dell’ “esalta e valorizza i
dettagli”. Nel senso che se io affermo di avere occhi grandi
e una bocca soffice, potrei perfettamente essere una racchia con tanto
di gambe storte e faccia coperta di brufoli, mi sono spiegata?
Tra l’altro,
tendenzialmente è molto facile trovare belle le persone che
ci piacciono. Pensa ad i tuoi amici o ai tuoi familiari, se ti
chiedessi di parlarmene probabilmente glisseresti sugli aspetti meno
artistici soffermandoti invece sulle caratteristiche positive.
Anche la
maturità dei miei personaggi, per quanto possa apparire
insolita, è a suo modo giustificata. Sono quasi tutti
maggiorenni, vivono in un collegio (negli ambienti chiusi le
personalità tendono a rafforzarsi) e frequentano la famiglia
solo d’estate. Senza contare il fatto che, alla fine della
scuola, si troveranno proiettati direttamente nel mondo lavorativo. E
che, sempre in teoria, avendo conseguito i GUFO potrebbero
già lasciare la scuola.
Conclusa la mia
arringa (prolissa anche questa!XD), mi vedo costretta ad ammettere che,
nonostante tutto, mi trovo perfettamente d’accordo con te.
Lo stile con cui ho
impostato questo racconto non mi soddisfa affatto (come si
può notare dalle pause tra la pubblicazione di un capitolo e
quello successivo) e di dettagli criticabili ce ne sono fin troppi!
Ti ringrazio ancora
per l’attenzione che, nonostante tutto, mi hai prestato.
Non con questo (che fa
parte di una serie già scritta), ma con il prossimo
capitolo, spero di farti contenta.
A presto!
Per
___MiRiEl___:
Ciao! Sai che proprio
in questi giorni mi sono dedicata alla lettura della tua Fanfic?
Aspettati una recensione al più presto!^^
Grazie per i
complimenti e la carica di allegria che traspare da ogni tua recensione.
Quel “non
riesco a staccarmi dal computer” mi ha fatto piacere oltre
ogni dire, perché è esattamente il tipo di
atteggiamento che assumo io quando una cosa mi prende davvero.
A Sirius in questo
capitolo ne accadranno delle belle…
Spero che il capitolo
ti sia piaciuto,
Bacio!
Per
PolarLight:
Benvenuta e grazie
mille per avere rec
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