Ben ritrovati amanti
dell'avventura! Con oggi, i patimenti di Sora il Martire avranno
termine, ma non la fanfiction! Eh no ù.ù
Settimana prossima la chiuderò con un extra e solo allora
potrà dirsi completa. Ma torniamo a noi. Spero che siate
curiosi di scoprire come Capitan Riku ci lascerà e che il
capitolo non vi risulti troppo pesante, perché mi sono resa
conto che è venuto molto più lungo rispetto agli
altri.
Prima di lasciarvi,
ringrazio Exodd per aver messo la fic tra le
seguite! E ovviamente ringrazio anche tutti i lettori silenziosi che mi
hanno seguita fin qui :3
Buona lettura!
Episodio 10: Fuoricampo - Capitan
chi?
Gli sembrava di essere tornato indietro nel tempo. Gli sembrava di
essere tornato a quando era ancora un ragazzino ingenuo che passava le
nottate a guardare il cielo, cercando di capire se quelle che vedeva
erano realmente stelle o se erano qualcos’altro come
supponeva il suo migliore amico, oppure cercando risposte a mille e
più domande, mentre sognava la partenza con la zattera che
avrebbero costruito.
Quella sera, però, Sora scrutava la volta celeste alla
ricerca di un segno, uno qualunque, che indicasse l’arrivo di
una gummiship e con essa la sua salvezza, perché sentiva di
aver raggiunto il fondo del baratro. L’unica cosa positiva
che aveva ricavato da tutta quella storia era un netto miglioramento
della sua media scolastica e sua madre non poteva che esserne felice,
ma allo stesso tempo non voleva che ci rimettesse la salute
perché gli era sembrato stanco nell’ultimo
periodo. Poteva dirle che ormai della sua salute sia mentale che
fisica, era rimasto molto poco? Ovviamente no, quindi l’aveva
rassicurata con un sorriso e un bacio sulla guancia prima di ritirarsi
nella sua stanza e sedersi sul davanzale della finestra. Dalla volta in
cui era stato aggiunto il mantello a forma di frutto paopou, elemento
che aveva così completato la sua sfavillante mise, il
custode aveva preso quell’abitudine per rassicurare se stesso
e il proprio cuore, per dirsi che non era solo e che presto sarebbe
giunta la cura per la pazzia radicale che aveva colpito Riku.
Quando giunse il sassolino e la pessima imitazione di un miagolio
-chiunque avrebbe pensato a quale atroce destino stesse affrontando la
povera bestia per lamentarsi così- l’eroe dei
mondi si preparò psicologicamente a un’altra notte
d’infruttuosa ronda alla ricerca di nemici assenti. Quelli
inesistenti, a conti fatti, già li aveva affrontati.
La mano che gli si posò con fermezza sulla spalla destra per
un attimo lo rese incapace di respirare.
-Allora Sora, sei pronto?- domandò l’argenteo con
un sorriso accennato.
Sora, non Mr. Paopou, rifletté il castano, ricordandosi che
era giorno e che si trovavano davanti al cancello della scuola. Ora
veniva la parte difficile.
-Pronto per cosa?- replicò infatti, scatenando uno sbuffo
quasi esasperato dall’amica dai capelli rossi che gli
camminava all’altro fianco.
-Davvero te ne sei dimenticato?- asserì Kairi, scrutandolo
con occhi dubbiosi. -Tidus non parla d’altro che di questa
partita da settimane.-
In un flash improvviso ricordò la sera in cui Capitan Riku
era rimasto intrappolato nella siepe per un dispetto del suo stesso
mantello e il discorso che aveva sentito fare ai tre ragazzi che li
avevano costretti a nascondersi in fretta e furia.
-Ah, ma certo!- esclamò Sora, portandosi una mano sulla nuca
con una risatina nervosa. -La partita con la sezione B!- aggiunse,
ricevendo un sospiro divertito dal migliore amico.
-Che c’è? Sei così tranquillo da averla
dimenticata?-
Il castano ridacchiò, decidendo di seguire quella strada
già avviata. -Già, in fondo, tengo la spada allo stesso
modo di una mazza da baseball, le regole le conosco, che problemi posso
avere?-
-Ricordati di non esagerare.- gli sussurrò Riku
all’orecchio. -Stiamo parlando di una palla, non di un
Heartless.-
-Tranquillo!- disse lui, mostrando un ampio sorriso rassicurante. -Voi
del terzo anno verrete ad assistere?-
L’altro ragazzo scosse il capo sbuffando. -No, purtroppo.
Abbiamo matematica a quell’ora e il professore è
stato categorico.- spiegò amaramente. -Però nulla
mi vieta di dare una sbirciata dalla finestra, dato che sono in fondo
all’aula. Farò il tifo per te.-
proseguì, donandogli un nuovo sorriso fiducioso.
-Ehi Sora.- chiamò la principessa del cuore, tirandogli il
bordo della maglietta.
-Mh? Dimmi Kairi.- rispose lui, distratto, mentre s’infilava
il casco e raccoglieva la mazza per prepararsi al suo turno di battuta.
-Vacci piano.- suggerì lei, attirando finalmente i suoi
occhi celesti su di sé. -È un gioco, non devi
metterci troppa forza, te lo ricorderai?-
Il sorriso che le donò valeva più di mille
parole. -Contaci!-
Alla fine, Sora aveva perdonato la disastrosa gaffe
dell’amica, ma aveva evitato di dirle altro circa la sua
seconda identità e l’evoluzione che aveva subito
nelle ultime settimane. Scosse piano la testa, non doveva pensare a
quell’orribile calzamaglia, doveva concentrarsi sulla partita
e come gli avevano fatto notare entrambi i suoi amici, doveva stare
attento a non lasciarsi andare. Stava impugnando una mazza da baseball
non il keyblade, se avessero perso la partita la sua vita sarebbe stata
comunque in pericolo a causa del risentimento di Tidus, ma a quello
poteva sopravvivere. Non poteva, però, rischiare di mostrare
che la sua forza era aumentata nell’ultimo anno e mezzo o
sarebbero sorte delle domande scomode.
Quando lo chiamarono alla battuta, il suo esaltato compagno gli mise un
braccio attorno alle spalle.
-Se riesci a fare un fuori campo, la partita è nostra.-
disse Tidus con voce terribilmente seria. -Ci serve un fuori campo, non
possiamo permetterci altro. Hai capito?-
Deglutendo, il custode annuì -gli faceva quasi
più paura di Capitan Riku- e si avviò al suo
posto. Smosse un po’ il terreno su cui avrebbe dovuto
poggiare i piedi, quindi impugnò la mazza e prese posizione,
assottigliando lo sguardo azzurro sotto la visiera scura, concentrato
sul proprio compito.
Riku trattenne uno sbuffo scocciato. Aveva notato che il suo migliore
amico stava avviandosi alla battuta, ma il professore di matematica si
era accorto della sua distrazione e l’aveva minacciato con un
richiamo sul registro di classe.
Nell’esatto momento in cui colpì la palla si diede
dell’idiota completo. Sentiva Tidus che esultava e gli urlava
di correre per tutte le basi, ma lui non aveva occhi che per il
proiettile appena sparato. Un bellissimo home run per tutti gli
studenti normali, ma per Sora il Martire quell’innocente
sfera che si stava dirigendo a una velocità spropositata fin
troppo lontana dal campo, era divenuta una crudele e beffarda condanna.
Arresosi, l’argenteo tornò a concentrarsi sulla
lezione, finché non sentì un rumore di vetri
infranti e un dolore fulminante alla testa, che lo mandò
dritto sul pavimento.
-…cos’ho fatto?- balbettò Sora,
crollando in ginocchio accanto al letto dell’infermeria.
-L’ho ucciso…-
Mordendosi un labbro, Kairi gli posò una mano sulla spalla.
-Non è stata colpa tua… L’infermiera ha
detto che si riprenderà.-
-Io volevo solo che tornasse normale…- mormorò il
castano come se fosse in trance. -Non volevo ucciderlo con una palla da
baseball…-
La rossa sospirò, guardando il soffitto. -Sora, guarda che
respira ancora.-
Il ragazzo fissò l’amico svenuto -che
indubbiamente stava respirando- e con la testa fasciata, e un pensiero
terrificante gli attraversò la mente. -…e se
è peggiorato?- chiese in un soffio, gli occhi larghi come
piattini. -E se s’inventa qualcosa di peggio di Mr.
Paopou e la calzamaglia gialla?!-
-Non ti sembra di esagerare…?-
-No, certo. Peggio di quello non può esserci, non dopo il
mantello a forma di paopou…- rifletté
l’eroe dei mondi, senza dar segno d’aver sentito le
parole dell’amica, mentre tornava in piedi. -Non oso pensare
a qualcosa di peggio…-
La ragazza gli mise entrambe le mani sulle spalle e gliele strinse.
-Sora, calmati! Vedrai che andrà tutto bene!-
-Come faccio?!- esplose infine, sull’orlo delle lacrime. -Due
bernoccoli lo hanno ridotto a… lo hanno ridotto così, ci
pensi ai possibili effetti di un terzo?!-
-…che sta succedendo?- biascicò il ragazzo steso
nel letto, sbattendo le palpebre per mettere a fuoco
l’ambiente circostante. -…Sora?-
chiamò, quando scorse l’amico accanto a
sé con gli occhi lucidi. -Stai… piangendo?-
-Riku!- esclamò il castano, inginocchiandosi ancora vicino
al letto. -Stai bene?! Non volevo che quella palla ti finisse in testa,
perdonami!-
L’argenteo lo fissò con sguardo confuso, quindi
passò a guardare l’amica che si era seduta sul
materasso. -Cos’è successo? Di quale palla sta
parlando?-
-Non ricordi?- disse tempestivamente Kairi, impedendo al custode bruno
di precederla con una probabile crisi isterica come quella di poco
prima. -Oggi noi del secondo anno dovevamo giocare una partita di
baseball tra le nostre sezioni.- spiegò con calma per dare
il tempo al sedicenne di assimilare le informazioni. -Tu eri in classe
e Sora con un incredibile fuoricampo ti ha preso dritto in testa.-
-Giuro che non volevo ucciderti!- squittì il quindicenne,
stringendo la mano dell’altro ragazzo per chiedere ulteriore
perdono.
Kairi sospirò portandosi una mano alla fronte. -Sora
continui a esagerare.-
-…ricordo vagamente di aver ricevuto un colpo in testa.-
confermò Riku. -…ma che giorno è oggi?
Mi sembra di aver dormito per settimane.-
A quelle parole, l’eroe dei mondi gelò.
Deglutì e cercò di mantenere
un’espressione almeno in apparenza normale.
-Oggi è Martedì. Ieri hai avuto un compito in
classe, te lo ricordi? Ne avevi parlato e studiavi da molto per
prepararti.- asserì per capire quanto e cosa il suo migliore
amico ricordasse delle ultime lunghe settimane.
-Certo che ricordo, il compito di storia, senza dubbio…-
rispose lui, guardando il soffitto come se stesse cercando di leggervi
qualcosa che continuava a sfuggirgli. -Ricordo anche di aver preso un
buon voto la settimana scorsa e che a te si era ribaltato completamente
il cestino del pranzo quel giorno… Eppure…-
-Eppure?- ripeté il minore tremando internamente.
-Eppure manca qualcosa…- concluse Riku con un sospiro stanco.
Nuovamente, Sora deglutì a vuoto. C’era solo un
modo per scoprire se le rotelle del suo migliore amico erano tornate al
loro posto, perfettamente funzionanti come dovevano essere.
-Se ti dico “Capitan Riku” e “Mr.
Paopou”, cosa ti viene in mente?- domandò con una
nota d’ansia nella voce.
Il maggiore portò l’attenzione degli occhi
acquamarina ancora su di lui, guardandolo con perplessità,
come se avesse appena parlato in una lingua che non conosceva.
Inarcò un sopracciglio, sinceramente incuriosito. -Capitan
chi? Di cosa stai parlando?- replicò poi, alzandosi sui
gomiti. -Sora? Va tutto bene?- chiese incerto e sempre più
preoccupato nel vedere il volto dell’amico invaso dalle
lacrime.
Alla fine, l’eroe dei mondi crollò con il viso sul
materasso, nascosto tra le braccia, piangendo tutto il suo sollievo e
borbottando frasi criptiche per l’argenteo tra cui figuravano
ringraziamenti a questo o quell’altro essere divino per il
suo ritorno alla normalità, immensa gioia per non dover
indossare più un costume di cui non sapeva nulla e tante
altre di cui riuscì a tradurre solo
“cuccia”, “siepi” e
“bidone dell’immondizia”.
-Ma che gli prende?- domandò all’amica, che stava
porgendo una scatola di fazzoletti al ragazzo in crisi.
-È solo contento che tu stia bene.- disse lei semplicemente,
mentre Sora si esibiva in una rumorosa soffiata di naso. -Pensava di
averti ucciso con quella palla.-
Riku sorrise, intenerito, e posò una mano sulla testa bruna
dell’amico. -Dai calmati, sei perdonato con effetto
immediato.- affermò, ottenendo un assenso e un bofonchiato
ringraziamento. -Che ne dite se ce ne andiamo a casa?-
Per l’ennesima volta in pochissimi minuti -troppo, troppo
pochi- l’eroe dei mondi smise di respirare e
avvertì un gelo spettrale congelargli lo stomaco.
Esattamente come alle persone che in punto di morte rivedono tutta la
loro vita, Sora il Martire analizzò ciò che
implicava la frase appena detta dall’argenteo.
Andiamo a casa.
Casa.
Casa di Riku.
Casa di Riku dov’erano nascosti i costumi.
-No!- scattò il castano, realizzando del tutto il pericolo
che stava correndo. -Non puoi tornare a casa!- aggiunse, fissando il
migliore amico negli occhi, fermatosi nell’atto di scostare
le lenzuola.
-Ma mi sento bene, sono perfettamente in grado di tornare a casa.-
obiettò con calma. -Si può sapere che ti prende?-
chiese poi, per essere ignorato senza riguardi.
-Kairi mi fido di te.- dichiarò grave l’eroe dei
mondi, posando le mani sulle spalle dell’amica. -Devo andare
a controllare una cosa, vado e torno!-
-Ehm… ok?-
-Perfetto! Tu tienilo inchiodato qui. Non permettergli di uscire da
quel letto prima che io ritorni, d’accordo?!-
proseguì, quasi volando fuori dall’infermeria.
Doveva bruciare quella calzamaglia maledetta.
Solo allora avrebbe potuto dire che quella storia era davvero finita.
Eccoci in fondo~
Non vi annoierò troppo. Spero che questo episodio vi abbia
strappato un sorriso e che non mi vogliate troppo male per il congedo
di Capitan Riku... È giusto che Sora torni alla sua pace,
no? Dubito seriamente che avrebbe potuto resistere ancora a lungo xD
Bene, al prossimo aggiornamento con il capitolo conclusivo!
See ya!
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