…And so I’ll be waiting for you
La
porta dell’appartamento numero quindici (interno due, scala tre) si
stagliava di fronte a lei, imponente come nemmeno le enormi mura di Konoha le erano mai sembrate. Kushina scrollò le spalle, ripentendosi che,
dopotutto, quello non era che un banalissimo pezzo di legno; non serviva essere
nella squadra ANBU per compiere la straordinaria impresa di bussare e farsi
aprire.
Un
tremito le scosse il corpo, percorrendole tutta la spina dorsale come un
brivido gelido. La ragazza strinse i denti, dandosi mentalmente della codarda:
era arrivata fin lì, si disse, andarsene proprio ora sarebbe stato
stupido.
Combattuta
osservò la targa in legno, palesemente scritta
a mano, che recava il nome del padrone di casa; una grafia piuttosto infantile
recitava: Minato Namikaze. Insomma, non c’erano
dubbi, quella era casa sua. Non le restava che bussare ed attendere che
“qualcuno” le aprisse.
Alzò
una mano tremante, pronta a colpire la porta con due o tre colpi secchi. Prese
in profondo respiro, si preparò psicologicamente e…
«
Entra, è aperto! ».
Il
pugno di Kushina rimase sospeso a mezz’aria;
strinse convulsamente le dita, piantando le unghie nella carne.
Come diavolo faceva a sapere che si
trovava lì fuori?
Cercando
di mettere a tacere la fastidiosa vocina che ronzava nella sua testa, si fece
forza ed abbassò la maniglia, muovendo i primi passi all’interno
dell’appartamento.
Grosse
scatole di cartone chiuse con del nastro adesivo giacevano qua e là, intralciando
ogni movimento, mentre oggetti di prima necessità come spazzolino e dentifricio facevano bella mostra
sull’unico mobile dell’ingresso; anche se, in teoria, avrebbero
dovuto trovarsi in bagno.
«
Namikaze? » chiamò incerta. « Ci
sei? ».
Nessuno
le rispose: udì solamente un rumore metallico provenire dalla cucina.
«
Minato? » domandò nuovamente e a voce più alta, leggermente
allarmata.
Il
clangore si ripeté ancora e ancora. Kushina
tese ulteriormente le orecchie e, tenendosi sul chi vive, scavalcò le
scatole, muovendosi piuttosto goffamente verso la sorgente del rumore.
Col
cuore in gola giunse di fronte all’uscio della cucina e lo aprì
con una leggera spinta, sperando di non far cigolare i cardini.
Appena
la porta si aprì rivelando l’ambiente, la prima cosa che
notò fu Minato, steso a terra.
Senza pensarci due volte –e dare ascolto alla sua natura ninja- irruppe in un urlo spacca timpani.
«
Aaaaaaaaaaaaaaah!
».
…troppo
tardi per notare il ragazzo che, sì, era sdraiato a terra, ma alle prese
con i tubi del lavandino. Quando se ne accorse si tappò la bocca con una
mano, cominciando a cambiare lentamente colore, virando verso una curiosa
sfumatura del ciclamino.
«
Sapevo di non essere esattamente bellissimo » mormorò lui, senza
muoversi dal pavimento. « Ma non ho mai fatto quest’effetto.
Credimi, è davvero poco lusinghiero! ».
Kushina boccheggiò un paio di volte,
senza emettere un suono.
«
Io… tu… il rumore… pensavo… » balbettò
sconnessamente.
«
Si? ».
La
ragazza si fermò un attimo per riordinare le idee.
«
Si può sapere come ti è venuto in mente di farmi prendere uno
spavento simile?! » esclamò poi, cercando
di portare alla normalità la propria respirazione.
Minato
posò la chiave inglese che teneva in mano, per sedersi a gambe
incrociate di fronte a Kushina che, ancora in piedi,
lo sovrastava in altezza.
«
Stavo solo aggiustando dei tubi » si giustificò, senza cogliere il
punto della conversazione.
«
Ora lo vedo! » gli fece notare.
« Ma prima pensavo… insomma, eri lì, sdraiato a terra…
e poi il rumore! ».
Il
ragazzo scoppiò in una fragorosa risata, osservando Kushina
che, sentendosi presa in giro, aveva incrociato le braccia e lo fissava
seriamente.
«
Hai pensato che mi avessero attaccato? ».
«
Cos’altro avrei dovuto pensare? »
borbottò lei, arrossendo ulteriormente. « Smettila di scherzare
».
«
Scherzare? » le chiese Minato, grattandosi la
testa. « Non era mia intenzione… anzi,
trovo carino che tu ti sia preoccupata! Un po’ meno che abbia urlato come
una scimmia ».
Kushina assunse un’espressione
oltraggiata.
«
Io non mi sono preoccupata! »
scandì, col volto ormai in fiamme. « Da parte mia non è
carino e, soprattutto, non ho urlato come una scimmia! ».
«
Ah, no? ».
«
No! » esclamò lei. « Era… era una brillante tattica
per mettere in fuga un probabile assalitore ».
Lui
la guardò divertito.
«
Capisco ».
«
Già » concluse lei, alzando il mento indispettita. «
Evidentemente queste, ehm, nuove tecniche originarie di Uzu
non sono ancora approdate a Konoha ».
«
Che grave mancanza, vero? ».
«
Esatto! ».
«
Kushina? ».
«
Vuoi che ti insegni la Tecnica Suprema
della Scimmia Urlatrice? » domandò la ragazza, cercando di darsi
un po’ di contegno. Lui scosse la testa.
«
Magari un’altra volta… e anche la Manicure no Jutsu. Ho sempre sognato di
impararla ».
«
Ci mancherebbe altro! ».
«
Sì… comunque… » Minato tentennò. « Sei venuta solo per assicurarti che fossi ancora vivo?
» domandò.
Kushina fece vagare lo sguardo nella stanza,
temporeggiando.
«
Veramente no... » mormorò, cercando di non guardarlo in faccia.
« Sono venuta a salutarti, tra poco ripartiamo ».
«
Capisco » rispose lui, inespressivo. « Beh, sareste dovuti partire
prima o poi, no? ».
Lei
annuì con decisione.
«
Le missioni non possono durare millenni ».
«
Questo è un arrivederci, mi auguro ».
«
Credo di sì ».
«
Non… non c’è altro? » chiese nuovamente lui,
speranzoso
Kushina arricciò il naso, rimanendo
muta per un istante.
Dopo
una breve ma profonda riflessione, si inginocchiò sul pavimento,
all’altezza del ragazzo. Lo osservò con sguardo indecifrabile per
una manciata di interminabili secondi, poi, sempre senza dire una parola, si
sporse verso di lui, appoggiando le labbra sulle sue. Minato rimase spiazzato,
sentendosi immensamente idiota in quella situazione quasi paradossale: seduto a
terra, immobile come un blocco di pietra, mentre Kushina
Uzumaki lo stava baciando.
Di sua spontanea iniziativa.
Con
movimenti insolitamente goffi –dannata
Kushina-
le prese il volto tra le mani, facendole poi scorrere lungo i capelli. Poi,
proprio mentre cominciava a prenderci gusto, la ragazza si staccò.
Si
alzò e, sotto lo sguardo sbigottito di Minato, si sistemò i
capelli come se nulla fosse.
«
Va beh » aggiunse Kushina con leggerezza.
« Ci vediamo tra un po’ ».
Lui
sbattè le palpebre un paio di volte, cercando
di metabolizzare gli avvenimenti di poco prima.
«
Allora ti aspetto, Uzumaki » concluse
sorridendo come un ebete, sempre seduto a gambe incrociate sulle fredde
piastrelle gialle.
Kushina gli lanciò un’ultima
occhiata di divertita, poi gli diede le spalle ed uscì
dall’appartamento, mormorando tra sé e sé un minaccioso:
« Ci mancherebbe altro!
».
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Ditelo
che volete uccidermi, vi farà sentire più leggeri ù_ù
Mela