Caro
diario, oggi, sette giugno duemilaquindici, mancano esattamente dieci
giorni all'inizio della maturità.
No,
aspettate, non è questa l'introduzione che avevo in mente;
quindi ripartiamo da capo.
Nessun
'caro diario', perchè io un diario segreto non ce l'ho mai
avuto, nè comincerò ad averlo ora;
però mi piace un sacco scrivere e raccontare,
della mia vita e di quella degli altri, pensando che un giorno lontano,
a distanza di un anno o magari di venti, non mi basterà
più ripercorrere con la mente questi giorni per viverli di
nuovo. E allora avrò bisogno dell'ausilio di fotografie e
testi scritti, come questo, per tornare un po' indietro nel tempo e
provare a ricordare in ogni mimino e apparentemente benalissimo
dettaglio l'estate della mia maturità.
Come
dicevo, oggi, sette giugno duemilaquindici, mancano esattamente dieci
giorni all'inizio degli esami.
La
prima prova è stata infatti fissata per mercoledì
diciassette, e sebbene non sia quella che mi preoccupa maggiormente, un
po' d'ansia mi è concessa, no?
Eppure,
quelle dell'agitazione, del timore paralizzante, del nervosismo per
l'incalzante approssimarsi di quella fatidica data, non sono le sole
componenti che dimorano nel mio animo da un po' di giorni a questa
parte.
Ricordo
come se fosse ieri l'ultimo primo giorno di scuola trascorso con i miei
compagni, ben nove mesi fa, e mi pare che in tutto questo
apparentemente lunghissimo arco temporale, i prof non abbiano fatto
altro che ripetere con un ritmo spaventosamente frenetico,
caratterizzato da una frequenza di almeno tre volte al giorno, il
solito e fastidioso " non dimenticate che quest'anno avrete gli esami!"
Sì..come
se in quelle condizioni di costante pressione, potessimo sul serio
dimenticarcene.
L'anno scolastico, tra alti e bassi, è trascorso ugualmente,
senza che noi potessimo far qualcosa per accelerare o rallentare il
tempo.
Ci
sono stati giorni scanditi dal susseguirsi di orari caratterizzati da
materie talmente pesanti (per farvi un solo esempio, il
giovedì: matematica, italiano, classico latino, letteratura
inglese e per concludere in bellezza, filosofia) che ci hanno fatto
invocare a gran voce la fine della scuola e l'arrivo del tanto temuto e
atteso mese di giugno; e poi ci sono stati altri giorni,
intensificatisi con lo scorrere dei mesi, che ci hanno fatto
riflettere, e quasi quasi, desiderare che quelle lancette si
arrestassero per un po'.
Ho
urlato a gran voce di non poterne più della scuola, dei
prof, di quello che sembrava proprio il loro divertimento nel
rabbonirci quasi sempre con la questione dell'esame, facendo cessare
sul nascere tutte le lamentale derivate da un assegno che occupava
un'intera pagina di diario; ho persino maledetto
più volte i miei compagni per il loro essere così
spensieratamente scansafatiche e il mio conseguente ritrovarmi a fare
da cavia per tutte le interrogazioni, e sono stata così
tante volte disperata per un compito in classe o un'interrogazione che
non mi sentivo pronta ad affrontare, che non c'era bisogno che
arrivassi a scrivere sui muri, a lettere cubitali, di odiare il liceo
con tutta me stessa.
E
adesso, contro ogni logica e buonsenso, mi accorgo che tutto sommato,
non è stato il male peggiore che mi potesse capitare.
Frequento
(ancora per pochi giorni) un liceo scientifico, e ho il voto
più basso proprio in matematica.
Non
ho mai retto il latino con tutte quelle declinazioni e coniugazioni e
sintassi dei casi e costrutti vari, e per un anno intero ho cercato
escamotage più o meno prevedibili per saltare le
interrogazioni di classico.
Ho
spesso trascorso interi pomeriggi con la testa e le spalle chine sui
libri per poi sentirmi porgere dalla prof di turno, l'unica domanda
alla quale non avrei saputo rispondere efficacemente.
Ho
provato istitnti omicida nei confronti di qualche compagno che finiva
per far trovare tutti in difficoltà grazie alla sua spiccata
incoerenza.
Ho
desiderato così tante volte ridurre in mille pezzi quella
sveglia che suonava sempre troppo presto la mattina, per potermi girare
dall'alltro lato fingendo di nulla.
Ho
persino più volte egoisticamente sperato e letteralmente
pregato per una nevicata improvvisa che ci facesse saltare qualche
giorno di scuola
E non
nascondo nemmeno che qualche volta mi sarebbe piaciuto tappare la bocca
di qualche professore con il nastro adesivo, per impedirgli di
continuare a spiegare, a spiegare, a spiegare cose che in quell'aula
non interessavano a nessuno.
E
mi sono finta malata per non frequentare le lezioni, persino per
saltare qualche compito; e ho esultato quando uno sciopero improvviso,
un'assemblea sindacale, di classe o di istituto, ci ha salvato da altre
ore di spiegazione, e ho odiato con tutte le mie forze quelle
inteminabili pagine del libro di fisica, storia, chimica e filosofia,
strapiene di nozioni sottolineate in grassetto che nonostante tutti gli
sforzi non riuscivano a entrarmi in testa. Persino l'ora di
educazione fisica, per me è sempre stata una palla al piede.
Quindi
a conti fatti, nonostante studiassi per senso del dovere, e nonostante
i prof mi elogiassero sempre agli occhi di mio padre ai colloqui,
andare a scuola per me è sempre stato qualcosa di molto
simile a una tortura. Ed è per questo motivo che ora,
proprio quando è definitivamente finita, ora
che dovrei essere così felice da poter toccare il
cielo con un dito solo alzandomi sulle punte, mi sento quasi...strana,
nel provare ciò che provo.
Ci
sono passati tutti e lo so bene, ma viverlo sulla propria pelle fa
tutto un altro effetto.
E
non chiamatemi pazza, perchè se avete già
superato lo scoglio della maturità ritroverete voi stessi,
magari qualche anno più giovani, nelle mie sensazioni; e se
invece siete nati un po' di più tardi e vi state
già godendo l'estate, come non nego che vorrei fare anche
io, state certi che prima o poi mi darete ragione.
Sapete una cosa?
Me lo hanno detto tutti che gli anni del liceo sono i migliori della
nostra vita, eppure non ho mai preso nessuno sul serio, quando mi
sentivo dire che per quanto potessi lamentarmi di quella routine
quotidiana e di quei tomi da studiare (che più che libri mi
parevano mattoni), una volta oltrepassato definitivamente
quel portone che mi aveva visto entrare e uscire per ben cinque anni
consecutivi e con i più disparati stati d'animo, mi sarebbe
mancato tutto quello che avevo sempre giurato di odiare.
Lo so che è un controsenso, ma ve lo giuro, è
così.
Da una settimana a questa parte ho cominciato a far
attenzione anche ai dettagli più banali: per la prima volta
ho contato i gradini che separano l'ingresso dalla porta della mia
classe.
Ho fotografato col cuore la disposizione dei banchi, della cattedra,
della lavagna interattiva e di quella tradizionale, e delle finestre,
dei termosifoni perennemente guasti, e persino dell'attaccapanni.
E poi ho trascorso l'intera ora di storia a leggere le dediche
d'amicizia, le esclamazioni colorite, le barzellette spinte e le dolci
dichiarazioni d'amore intagliate con le forbici nel legno dei banchi,
o semplicemente scritte con il bianchetto sulle spalliere
delle sedie.
Mi sono ritrovata a sorridere al bidello che di tanto in tanto fa
irruzione in classe con una 'circolare' in mano, che il prof
di turno legge ad alta voce dopo aver infrocato gli
immancabli occhiali.
Addirittura, non ho battuto ciglio, e mi sono quasi interenita,
all'ultima minaccia di nota di classe.
E mentre contavo le assenze sul registro, mi sono presa del tempo per
sfogliarlo, per ripercorrere gli assegni, le firme dei prof, le
annotazioni, le giustifiche, le immancabili entrate in ritardo per
saltare la prima ora, le uscite in anticipo per saltare l'ultima, e
infine, lo sterile e al tempo stesso vissuto, consumato elenco
alfabetico dei nostri nomi, percorso così tante volte dal
dito dei professori, in cerca dello sfortunato da interrogare.
L'ho imparato praticamente a memoria, e non voglio più
dimenticarlo.
E poi mi sono goduta gli ultimi giorni come non avevo mai fatto
prima...pensate che non ho nemmeno provato l'irrefrenabile voglia di
distruggere la sveglia, il che è tutto dire.. e anche quando
sono salita nel pullman che mi ha condotto a scuola per ben cinque
anni, anche lì, mi sono messa a osservare tutto con
curiosità quasi maniacale.
Ho occupato il solito posto con il sorriso stampato sulle labbra, ho
infilato gli auricolari nelle orecchie, e oltre a guardare la strada
come al solito, mi sono concentrata sulle persone. Sui miei compagni di
sventura, se così li si può chiamare, e mi sono
mentalmente appuntata le espressioni di chi dorme ogni mattina, di chi
ne approfitta per ripetere, di chi sente la musica estraniandosi dal
mondo per sognare a occhi aperti come me,di chi invece
chiacchiera ad alta voce per tutta la durata del viaggio scatenando
spesso commenti poco carini da parte di chi invece vuole bisbigliare in
santa pace con il proprio vicino, o semplicemente pensare ai fatti suoi
senza essere disturbato.
E una volta arrivata a destinazione, ho posato gli occhi sull'insegna
dell'edicola situata proprio alla fermata dei pullman, quell'edicola
che mi ha visto acquistare chissà quanti fogli protocollo,
fotocopie rimpicciolite da nascondere nell'astuccio durante i compiti,
quaderni, evidenziatori, calcolatrici, fogli da disegno, e libri che
avevano poco a che vedere con quelli scolastici, il cui acquisto
scatenava sempre l'ira di mia madre. Perchè devo ammettere
che in cinque anni ne ho comprati veramente troppi...
Dopo ho ripercorso con la mente tutte le volte che siamo entrati alla
seconda ora e ne abbiamo approfittato per fare colazione con un
cornetto rigorosamente alla nutella, ordinato nel nostro
cafè preferito, e tutte le volte che invece l'abbiamo usato
come scusa solo per appropriarci di un tavolo per ripassare o
scopiazzare, a seconda dei casi, i compiti del giorno.
Mi sono fermata persino davanti al supermercato, meta di incontri per
discutere delle nostre indecisioni: " ci vediamo tutti davanti la 'sai'
e poi decidiamo se entrare", e al 'boschetto', luogo all'aperto scelto
dalla maggior parte dei miei compagni per fumare una sigaretta prima o
dopo la scuola, e anche sede dei nostri picnik e 'pizzate' di gruppo,
quando dovevamo ritornare in classe anche il pomeriggio per frequentare
qualche corso intregrativo che ci avrebbe fatto guadagnare qualche
credito da spendere a fine anno.
Mercoledì, che sarà l'ultimo giorno in assoluto,
ho intenzione di fare un'ultima capatina in palestra, nel laboratorio
linguistico, da noi esclusivamente utilizzato come sala informatica per
via della presenza dei computer, e persino negli anonimi bagni. Anche
se sono convinta che per un motivo o per un altro, ci
ritornerò durante gli esami.
Già, gli esami. Non so cosa scrivere di quelli, visto che li
devo ancora vivere, ma posso sicuramente accennare, come credo di aver
già fatto, alle contrastanti e antitetiche emozioni che
albergano il mio cuore.
Ho paura delle prove scritte, di quella di matematica e del quizzone in
particolare, di certo non lo nego..e non sono nemmeno felice di dover
ripetere dall'inizio alla fine tutti i programmi di tutte le materie
per poter sostenere l'orale, e sto ancora impazzendo per decidere in
che modo presentare il percorso, e non ho la minima idea di come
sarà dover esprimere concetti che un minuto prima
dell'inizio del colloquio crederò di aver dimenticato,
sperando sempre che l'emozione non mi giochi brutti scherzi e non li
dimentichi sul serio...e non voglio, non voglio assolutamente che a
farmi domande impertinenti siano persone diverse da quelle che ho avuto
di fronte per tutto l'anno, e questa cosa dei prof esterni nelle
materie in cui sono più debole mi manda in bestia, ma
paradossalmente, voglio godermi questi giorni che mi separano dalla
maturità.
Prendo tutto il pacchetto, compresi i timori, le ansie, le maledizioni
che lancio ai filosofi barra scienzati, barra matematici, barra fisici,
barra storici, barra poeti, barra scrittori, barra artisti, barra
tutti, per essersi presi la briga di pensare, ipotizzare,
sperimentare, dimostrare, intuire, raccontare, esprimere le loro
personalissime teorie, che spesso non stanno nè in cielo
nè in terra.
E se da una parte desidero che finisca tutto in battito di ciglia e che
arrivi preso luglio e con esso la mia meritata estate, non posso
proprio fare a meno di desiderare di fermare il tempo per un po', per
trascorrere qualche altro giorno con i miei compagni di classe e
d'avventura.
Darei tutto per rivivere la gita a Berlino, che chiariamo, è
stata disastrosa, ma proprio per questo motivo indimenticabile.
E darei tutto, soprattutto per avere la certezza che certi legami non
si spezzeranno con lo scorrere dei mesi, degli anni.
Vorrei che il non essere più costretti a vederci tutte le
mattine, vorrei che il non avere più argomenti in comune
come compiti, interrogazioni e insulti ai prof ,non ci allontani;
vorrei che il gruppo whatsapp di classe non si silenziasse di colpo (
nonostante ammetta che certe volte sia veramente fastidioso avvertire
quel trillo continuo, segno della ricezione di un nuovo messaggio)...ma
non mi importa, perchè mi piacerebbe che i ragazzi
continuassero a commentare le partite in diretta, e a mandare
discutibili registrazioni vocali, e a condividere lì sopra
qualcunque cosa gli passi per la mente.
Ma ci pensate? Spesso tra i banchi di scuola nascono amicizie
che durano tutta la vita, tra persone che non si sono mai scelte
spontaneamente, e che si sono ritrovate per puro caso a
condividere gli stessi spazi e le stesse sorti..non è
assurdamente bello il semplice fatto di avere dei compagni di classe?
Ragazzi e ragazze, che vuoi o non vuoi, per cinque anni fanno parte di
te?
Mi mancheranno, lo so che mi mancheranno da morire.
Mi mancherà il vivace e talvolta fastidioso chiacchiericcio
proveniente dagli ultimi banchi centrali, che per mesi è
stato oggetto di note disciplinari.
Mi mancheranno le inopportune chiamate e vibrazioni di cellulari che di
tanto in tanto interrompono le lezioni, scatenando occhiate omicide da
parte dei professori.
Mi mancheranno le esilaranti espressioni dei miei compagni di classe,
il loro guardarsi intorno a una domanda inaspettata del prof, in cerca
di qualche suggerimento.
Mi mancheranno le battute quasi sempre fuori luogo e quasi sempre
stupide del simpaticone della classe, che troppo spesso mi hanno fatto
sganasciare dalle risate, proprio perchè insensate.
Mi mancheranno le canzoni sparate a palla durante l'ora di
religione o di arte, e sempre, puntualmente, bruscamente interrotte sul
più bello.
Mi mancherà il silenzio composto di quel compagno seduto al
primo banco, la cui presenza non verrebbe minimamente notata, se non
fosse per la sua possente stazza.
Mi mancherà quel bisbiglìo sempre presente
durante i compiti in classe, e tutte le volte in cui ho suggerito con
labiale oppure ho semplicemente spostato il foglio da
compilare, in modo tale che chi mi stava accanto potesse chiaramente
leggere cosa ci fosse scritto, allungando un po' il collo.
Mi
macherà pure quell'odioso odore di fumo perennemente
appiccicato addosso a qualcuno.
Mi mancheranno le colorite imprecazioni che almeno una volta tutti
abbiamo utilizzato.
Mi mancheranno le preghiere silenziose e spudoratamente opportuniste di
chi proprio non si sente pronto ad affrontare un' interrogazione.
Forse non mi mancherà quella sensazione di smarrimento
totale che ho spesso provato di fronte a una lavagna scarabocchiata di
incomprensibili formule matematiche, ma la pazienza e l'affetto della
prof sicuramente sì.
E di sicuro mi mancheranno le coinvolgenti spiegazioni della
professoressa di italiano che assomigliano tanto a lezioni di vita,
più che lezioni di scuola.
Mi mancherà la severità di quella di scienze,
l'esasperazione di quella di storia e filosofia, la dizione non
propriamente corretta di quella di arte, le parolacce e le critiche di
quella d'inglese, l'assenza di quello di religione, e la svogliatezza
di quella di educazione fisica. Mi
mancherà praticamente tutto: ogni singolo pezzo di quel
puzzle che abbiamo costruito in cinque anni, insieme, alunni,
professori, bidelli, segretari, custodi di laborati mai utilizzati, e
persino quella rompiscatole di prima categoria che è la
preside.
Fa decisamente uno strano effetto ammetterlo, ma mi sono resa conto che
mi mancherà la scuola, in tutto e per tutto..mi
mancherà terribilmente la nostra quotidianità. ...Anche
se in questo preciso istante mi sparerei dritto in fronte pur di non
essere costretta a ripetere tutto per gli esami.
Un in bocca al lupo? Me lo fate?
BUONSALVE!
Grazie se avete letto questo mio racconto-sfogo...non so
neppure come chiamarlo. So soltanto che ieri sera, dopo aver ripetuto
il programma di filosofia e dopo aver trovato per caso una foto che mi
ritrae insieme alla mia classe, ho pensato di dove scrivere qualcosa su
come mi sentissi. Sulle contrastanti sensazioni che sto provando in
questi giorni e che, devo ammetterlo, mi fanno sentire terribilmente
disperata, euforica, felice, nostalgica..e in una sola parola: viva.
Spero che vi abbia fatto piacere leggerlo e che vogliate
lasciarmi qualche commento :))
Ne sarei immensamente felice! Un bacione, e alla prossimaaaaaa
<3<3
Anzi, ne approfitto per pubblicizzare le mie storie, in particolare
l'ultima, che non ho ancora finito di scrivere. Si chiama 'Old London'
e la trovate sul mio profilo!
Grazie in anticipo, ciaaaaaaaaao <3
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