Crushed
Disclaimer: Albert
Wesker, Alex Wesker e tutti gli altri personaggi appartengono a Shinji
Mikami, alla Capcom e a chi
detiene i diritti sull'opera. Questa storia è stata
scritta per puro diletto personale, pertanto non ha alcun fine
lucrativo. Nessun copyright
si ritiene leso. L’intreccio qui descritto rappresenta invece
copyright dell'autrice (Nocturnia) e non ne è ammessa la
citazione altrove, a meno che non sia autorizzata dalla stessa tramite
permesso scritto.
"You can love a monster,
it can even love you back;
but that doesn't
change its nature."
- Eliza Crewe -
Crushed
Ho vissuto,
sono morta.
E poi ho vissuto ancora.
Everything's bound to
break.
È giovane Excella.
Vestita d'oro e perle ride a un futuro che non conoscerà
mai.
Alexandra inclina la testa, ascolta un filo di pensieri sperduti e
confusi.
"Non ti fermerà."
"No."
"Sarà la tua rovina."
Albert le artiglia la nuca, ma non tira - accarezza.
"Questo solo perché pensi che l'Uroboros sia un fallimento."
"Lo è."
Un movimento irritato, labbra arricciate.
"È una tua opinione."
Alex ride, un suono secco, breve.
"No, Albert, non è una mia opinione. Ci sono dei dati che lo
dimostrano, delle statistiche."
"Non ho ancora trovato il soggetto giusto."
Alex sospira, chiude gli occhi.
"Spencer non c'è più." gli sfiora le mani con le
labbra, respira sulla sua pelle "Crono è caduto, ucciso, macellato,
com'era giusto che fosse."
Le dita di Albert si fermano a pochi centimetri dal suo collo, il
pollice che preme sulla giugulare.
"Non inseguire il sogno di un uomo morto, Albert."
Wesker respira tra i suoi capelli una promessa che non potrà
mantenere.
Ho sperato;
ho creduto.
Poi tutto è
crollato.
You're all that I can
trust.
"Il virus reagisce all'adrenalina. Si comporta come i recettori alfa e
beta dell'organismo umano, in sostanza. Una volta che il soggetto
è in preda a un forte stress le surrenali rilasciano il
mediatore chimico ed ecco una sequenza di eventi a cascata."
Albert annuisce distrattamente, segue la stringa di dati con occhi
scoperti, nudi senza le solite lenti scure.
"Tutto ha inizio nel sistema nervoso simpatico. Se il soggetto riesce a
controllare
quello stimolo, ecco che allora il virus si libera ma non
agisce."
"Il perfetto metro per misurare l'ospite adatto alla tua coscienza."
Alex si stropiccia le palpebre, assonnata, arrotolandosi poi sulla
sedia vicina.
"Esatto."
Albert solleva lo sguardo, fissandola.
Alex è china su un altro plico di documenti, i capelli
raccolti in un nodo improbabile (e pieno di matite, a ben guardare) e i
piedi incrociati sotto le gambe.
"Devi per forza stare seduta... così."
la riprende Albert, le labbra piegate in una smorfia "Sembri un corvo
sul suo trespolo."
Alex gli regala un'occhiata per nulla amichevole, scivolando
giù dalla sedia e appoggiando poi i piedi sulle sue gambe -
un gesto divertito e di sfida.
E adesso?
lo canzonano i suoi occhi Cosa
intendi fare?
Albert tenta di rimetterli al loro posto (ovvero per terra) e Alex
trattiene una risata, aggrappandosi con tutte e due le caviglie alla
sua coscia.
"No." dice, e sorridono i suoi occhi "Sto comoda così."
Albert sospira,
melodrammatico; Alex stira gli angoli della bocca e libera
una risata trattenuta anche troppo a lungo.
Buon sangue non mente mai,
d'altronde.
Andai a
cercarlo e lo vidi.
Quel giorno non vinsi alcuna
battaglia.
Facing the darkest days,
everyone ran away, but we’re gonna stay here.
La guerra è una questione di forza - di
reattività; la vittoria di pazienza.
Arroccata nella sua torre, nascosta dietro schermi che rimbalzano la
realtà da una superficie all'altra, Alex consegna Albert a
un'altra donna e spera.
Spera che sia sufficiente; spera che la follia non lo divori prima.
Ma...
Vorrebbe odiarla: vorrebbe davvero
farlo.
Ma...
Excella ha gli occhi arroganti di chi crede d'avere il mondo in mano.
Si muove con la grazia di una ballerina, motteggia parole strappate di
bocca ad Albert.
"Master Alex."
Gli cammina al fianco con un'audacia che Alex quasi le invidia.
"Dovrebbe mangiare qualcosa."
Non ne ha paura ed è questa la sua grande forza: il suo
più terribile
punto debole.
"Sono giorni che i suoi ricercatori non la vedono nei laboratori.
Cominciano a farsi domande."
Eppure...
"Master Alex." urgenza,
fretta.
"Cosa?" scatta Alex, soffocando un colpo di tosse "Cosa c'è?"
Stuart si schiarisce la voce, raddrizza le spalle - impeccabile.
"Da quanto?" le chiede, e Alex si nasconde ancora di più
nelle ombre.
"Non so di cosa stai parlando."
Stuart le si avvicina, appoggia sul tavolo un piatto su cui risalta una
bistecca poco più grande del suo pugno.
"Se mi permette..."
La mano di Alex scatta in avanti, ferma quella di Stuart e mezz'aria.
"Lei sta male." continua Stuart, imperterrito.
"Non ti ho dato nessuna autorizzazione." sibila Alex, un suono basso,
roco - ruvido.
Stuart rimane immobile, non arretra.
"Da quanto?"
Alex china il capo, cela un profilo sbiadito e stropicciato dalla
malattia.
"Da quanto?" ripete, ed Excella ride alla telecamera.
"Non lo so."
Stuart sospira, stringe le labbra.
"Master Alex..."
"Vattene."
Stupore, fastidio.
"Domani sarò puntuale." assicura Alex "Domani mi troverete
nel laboratorio per le nove."
Excella dondola i piedi oltre il bracciolo del divano, sospira sulla
bocca di Albert.
"Come vuole, Master Alex."
Stuart le dà le spalle, Excella scivola in ginocchio.
Alex spegne tutto e ascolta il virus che è in lei divorarla
senza pietà.
Ho amato,
sono stata corrisposta.
Non è bastato.
I'll never leave your
side.
Dodici e tredici; ironico, quasi.
YHWH,
l'avrebbero definita un tempo.
Nomen omen
per i latini e tutta un'altra serie di simbolismi che Alex non vuole
mettersi a elencare.
"Cosa stai facendo?"
"Nulla."
Getta un'altra immagine nel fuoco, la osserva accartocciarsi su se
stessa ed essere inghiottita dalla cenere.
"Perché li stai bruciando?"
"Perché mi va."
Albert alza un sopracciglio, si siede sui talloni.
Alex è un profilo durissimo nella semioscurità
della stanza, naso piccolo e dritto, occhi così
azzuri che mai diresti che nascondono una bestia tale e quale a lui.
"Piantala di fare la bambina."
Alexandra espira con forza, butta tra le fiamme l'ennesimo plico di
fogli.
"E tu piantala di dirmi sempre cosa fare e cosa non fare."
Albert le strappa la scatola di mano, irritato.
"Se tu la smettessi di compiangerti forse, e sottolineo forse,
potrei prendere in considerazione l'idea."
Le fiamme ruggiscono, divorano un ventaglio rosso e bianco sotto al
quale sono cadute città e speranze.
"Non ho bisogno di te."
Alex si allunga per riprendersi la scatola, protende le dita sottili
verso di lui.
Brillano gli occhi di Albert, virano a un rosso cupo e torbido.
"Dammela." gli dice, e ne afferra un angolo.
"La rivoglio." tira, ma la presa di Wesker è inamovibile.
Alex snuda i denti, trattiene una bestemmia.
"Perché?" e lo sussurra nel silenzio della stanza, sullo
sfondo il quieto crepitare del fuoco "Perché?" ripete,
chinando il capo.
Albert appoggia la scatola, lascia che il logo dell'Umbrella diventi
polvere e memoria.
Ha occhi trasparenti Alex, sinceri.
Ed è un vocabolo così strano - inadatto
- per definire creature come loro.
È una definizione che stona, un aggettivo sbagliato.
È fallace - impreciso.
Albert le sfiora le spalle, la trattiene contro di sé.
"Perché?" chiede - supplica.
Wesker chiude gli occhi e tace.
Sono rimasta,
ho resistito.
I fantasmi mi hanno avuta
comunque.
When it all falls, when
it all falls down.
La verità è che a volte non c'è nulla
da dire.
Nessuna storia emozionante, nessun finale a sorpresa.
A volte la vita è solo un insieme di atti puramente
consequenziali, un'azione a cui segue il suo diretto corollario.
Alex percorre il bordo dell'unghia con il pollice, distratta.
"Tu pensi che sia un nostro dovere essere giudicati?"
Albert regola il fuoco del microscopio, non dà alcun segno
d'averla sentita.
"Pensi che sia... opportuno?"
Wesker si scosta dalla scrivania, si sfrega le palpebre con la punta
delle dita.
"No."
Alex si porta una ciocca di capelli dietro l'orecchio - destra. Sempre
a destra.
"Perché?"
Occhi stanchi, appesantiti dalla ricerca di qualcosa d'impossibile.
"Perché non si può giudicare creature come noi,
Alexandra." s'inclina in avanti, lascia penzolare le braccia tra le
gambe divaricate "Divinità
come noi."
"Eppure è già successo."
Assottiglia gli occhi, la fissa dubbioso - perplesso.
"Gli uomini si sono arrogati da soli il diritto di giudicare i loro
dèi e, alla fine, li hanno uccisi."
Albert sorride, denti e null'altro.
"Non si può uccidere un dio."
Alex si alza, raggiungendolo e sfiorando il morso che gli aveva
inflitto solo la sera prima.
"Eppure sanguini, Albert." segue i contorni della ferita, si china fino
a percorrerla in punta di lingua.
Albert le prende il mento tra le dita, costringendola a guardarlo.
"Eppure vuoi."
"Come ogni dio."
"E come ogni uomo."
Il suo bacio è uguale al morso di un serpente velenoso.
Sono caduta,
mi sono rialzata.
Le tue mani sono state la prima cosa che ho stretto.
We'll be two souls in a
ghost town.
L'amore è un sentimento orribile.
È una fame che
divora, un rovo da cui pendono more di sangue e carne.
Alex si è lasciata catturare dai suoi rami, spine che
incidono la pelle e il cuore.
Ha proteso le braccia al cielo, ha chiesto una risposta che
già conosceva.
E il rovo è risalito fino alla curva pallida del collo,
lungo la schiena, tra
le cosce.
"Albert."
Ha stretto
il rovo, disegnando figure rossastre e che si perdevano sui suoi
fianchi, piccole pozze di sangue in cui si abbeverava il suo demone
personale.
Gli artiglia le spalle, ribalta le posizioni.
Alex si schiude
tra le sue gambe come un fiore bellissimo e pallido, una punta di
bianco in tutto quel nero e rosso.
Assomiglia davvero alla fioritura dei rovi Alex, e Albert si ritrova a
sfiorarla con una delicatezza inaspettata.
Ma è una pianta esigente il rovo, un arbusto arrogante e
aggressivo - feroce.
Non puoi districarlo, non puoi domarlo.
Cresce senza chiedere il permesso a nessuno e strappa agli altri
il loro spazio.
Alex sospira, liberando un gemito spezzato - senza fiato.
S'inarca all'indietro, gli offre un corpo sottile e languido.
"Alexandra."
È spietato il rovo.
È una pianta che ha mille radici e che può
stringerti in un abbraccio mortale da un momento all'altro.
Infestante, impietosa, selvaggia.
Erge barriere attorno ai loro cuori, nasconde una verità
scomoda e inaccettabile.
Alex si abbassa di colpo, morde fino a quando non lo sente venire con
un abbandono quasi doloroso.
Gli percorre la linea contratta della mandibola con le labbra,
cercandogli poi una bocca socchiusa e che mormora ancora il suo nome.
S'intreccia al suo fiore il rovo, lo stringe fino a sentirlo esplodere
sotto le dita.
L'orgasmo di Alex è tuttavia un primavera sterile e priva di
speranza.
Ho cercato,
ho provato.
L'amore
è un peso troppo grande da sopportare in solitudine.
I'll be your fire when
the lights go out.
Sushestvovanie è un'isola buia.
È un ammasso di roccia e terra che si aggrappa alle acque
gelide dell'oceano Artico, sfiorata dal sole solo per pochissimi giorni
all'anno.
Albert osserva sorgere un'alba rosa e bianca, pallide striature che
macchiano il cielo ancora scuro.
Si polverizza nell'aria quel raggio di sole, accarezzando il corpo nudo
di Alex ed evidenziandone i fianchi sottili, le gambe lunghe, i seni
piccoli.
Sotto le sue dita Alex è muscoli e pelle; reagisce al suo
tocco, sospira, lo cerca.
Albert le sfiora distrattamente il palmo della mano con il pollice,
compiendo movimenti ritmici e circolari.
"Che ore sono?" gli chiede, e nasconde il viso nel cuscino.
"L'alba."
Alex grugnisce,
intrecciando le sue dita con le proprie.
"Odio il mattino."
La linea piatta dell'addome si contrae, una superficie che Albert si
ritrova immaginare sporca di sangue e altro.
Il fruscio asciutto del lenzuolo, il suo respiro contro il fianco.
Alex si raggomitola contro il suo petto, un serpente pallido e fragile
- ugualmente velenoso.
Sushestvovanie tace, ricoperta da una nube umida e rossastra.
Albert chiude gli occhi e ascolta il cuore di Alex battere allo stesso
ritmo del proprio.
Ho osservato la bestia negli
occhi e ho visto me stessa.
Le favole sono la povera menzogna
degli illusi.
Even with no light we're
gonna shine like gold.
Albert è, alla fine, una persona onesta.
Non ha mai mentito circa i suoi obiettivi (non a se stesso, almeno) e
si è sempre mostrato per quello che era.
Non l'eroe, non il mostro; solo lo scrittore di
questa infame storia.
"All'epoca non sapevi chi ero."
Albert scivola con lo sguardo su un vecchio badge dell'Umbrella;
livello sicurezza quattro recita la plastica appannata Dott.essa Fayer.
"No."
Alex sorride, rigirandoselo tra le dita sottili.
"Spencer voleva che diventassimo rivali."
Un suono basso, sordo; una risata abbozzata.
"Le cose non sono andate proprio come previsto."
"Direi di no."
Alex ripone il tesserino nella sua scatola, scostandosi i capelli dal
viso.
"Un po' mi manca William."
"Sei sempre stata la più sentimentale."
Uno sguardo critico, sopracciglio alzato e labbra piegate in un broncio
contraddetto.
"Almeno era divertente, lui."
"Infantile,
vuoi forse dire."
Alex incrocia le braccia sotto al seno, inclina la testa di lato.
"No: intendevo proprio divertente."
Albert chiude lo spazio che li divide, il volto a un respiro dal suo.
"Eppure te ne sei andata."
Un movimento nervoso del polso, ciglia che fremono.
"Vorrei poter dire che non avevo altra scelta. Vorrei davvero poterlo
dirlo, ma c'è sempre un'altra strada. Me l'hai insegnato tu."
Albert le percorre gli zigomi in punta di dita, inclinandosi poi in
avanti e respirando tra i suoi capelli.
"Non avevi altra scelta." le dice, baciandole la fronte e lì
indugiando "Nessuno di noi l'ha mai avuta."
Alex chiude gli occhi e cerca tra le sue braccia un'assoluzione che
aspettava da troppo
infinito tempo.
I miei demoni hanno urlato, insieme li abbiamo ascoltati.
Solo tu però sei riuscito a comprenderli.
Let's just hold onto each other.
L'adrenalina della lotta; un sapore conosciuto.
Il brivido della caccia; un impulso eccitante.
La consistenza del sangue; una risata che esplodeva sulla bocca e nel
cuore.
"Tutti morti."
Albert gocciola rosso e rosso, pupille sottili come fili nerastri.
"Tutti e trenta i soggetti."
Dilata le narici, annusa l'aria.
"Vuoi proprio impressionarmi."
Labbra vermiglie, unghie scure che grattano via una carcassa.
"Vediamo se riesco a fare di meglio."
Oh, Albert quasi viene alla sola promessa.
Bisbigli nel buio, promesse sulla pelle.
Scriviamo noi le nostre favole e scegliamo poi di crederci.
When the world gets cold I'll be your cover.
Alex si lascia andare contro la sua mano, incide piccole
mezzelune rossastre nelle sue spalle.
"E poi?" la incita Albert, percorrendo con la lingua la pulsazione
rapida della giugulare "Cosa è successo?"
"È stato portato nelle prigioni." mastica Alex, soffocando
un gemito.
Wesker la solleva di peso; la raccoglie contro il suo petto e spinge -
esigente, impietoso.
"E...?"
Alex rovescia la testa all'indietro, dondola i fianchi, brucia sotto le
sue dita come una fiamma - o un veleno.
"È stato interrogato."
Albert annuisce, quasi convincente.
Osserva Alex e percorre con lo sguardo il rossore dei suoi zigomi, la
bocca socchiusa, i seni piccoli e pallidi che si alzano e abbassano al
ritmo del suo respiro.
"Ha supplicato?" mormora, e la sente tendersi sotto le sue mani. "Ha
pregato?"
Alex gli artiglia la nuca, lo costringe a guardarla - rosso e azzurro,
cristallo e fuoco.
"Sì." schiude le cosce, bagna entrambi con il suo desiderio
"E per molto tempo."
"Oh." dice solo Albert, già pronto nel vederla
così indifesa - così esposta "Immagino sia stato
questo a renderti così..." una spinta, un movimento
più veloce del polso "... ansiosa."
Alex ride, un suono di gola e basso, vibrante.
"Sì." replica, chinandosi verso il suo orecchio "Ha pianto e
mi ha implorato. Oh Albert, avresti dovuto vederlo; avresti dovuto
annusare la sua paura, la sua disperazione. Grondava sull'impiantito,
come il suo sangue."
Il rumore di una cerniera che si apre, il respiro mozzato di Albert -
le labbra di Alex tra le gambe.
"Quando è morto avrei voluto che fossi
lì con me; che potessi prendermi e..."
Le parole di Alex sono sporche come i loro cuori.
Avevi tutto, volevi tutto.
C'ero anche io in quel tutto che chiamavi libertà?
Even with no light we're gonna shine like gold.
"Kafka è deprimente."
Alex alza gli occhi al cielo, gli regala una mimica tutt'altro che
ambigua.
"Sarà allegro Tolstoj."
"Un classico."
"Un macigno."
Albert sospira, melodrammatico.
Alex si sistema gli occhiali sul naso e si schiarisce la voce.
"E poi l'ho sempre trovato... come dire... calzante."
"Quindi io sarei uno scarafaggio."
Sarcasmo, divertimento.
"No." replica Alex, improvvisamente seria "Questo è proprio
quello che voglio evitare."
Alla fine del suo mondo mancano solo cinque mesi e due giorni.
Forse lo meritavo, forse no.
Alla fine però sono stata l'unica a ricevere la punizione
tremenda di rimanere.
Tell me how we got this far, this world has turned to dust.
C'è un suono che racconta un cuore che si spezza.
È come uno schiocco secco, un elastico che si rompe; uno
snap che fa digrignare i denti e accapponare la pelle.
Tutte le scelte compiute (sue, di Albert, degli altri, di tutti) hanno
portato a questo singolo, tragico, momento.
Cammina tra case sgretolate Alex, percorre strade divorate dal fango.
In sottofondo c'è ancora una televisione accesa, un cupo e
basso ronzio che accompagna ogni suo passo.
Le lavatrici giacciono silenziose, piene di grembiuli da cucina e
cuffiette per bambini; ricordi di una vita che nessuno di loro
potrà mai più riavere.
Gira a sinistra, osserva in tralice una porta scardinata.
C'è del sangue sullo stipite, assieme a un grumo di capelli
e sangue secco.
L'odore dolciastro della carne marcia si espande nell'aria fredda di
marzo, e Alex studia una cena mai finita - neppure iniziata.
Distoglie lo sguardo, prosegue nella sua lenta marcia: il viale di un
condannato.
Sono orbite vuote quelle che riflettono il suo profilo, sibili
dall'oltretomba e sussurri che s'intrecciano nei fruscii dell'erba
secca.
"Potete uscire."
Nessuna risposta.
"Non vi farò del male."
Menzogna.
"Sono pur sempre la vostra salvatrice."
Un primo infetto fa un passo avanti, incerto.
Alex sorride, denti e rabbia.
Non avanza, non arretra; Albert le ha insegnato che il primo che
attacca è di solito anche il più debole - il
più insicuro.
L'infetto la fissa, bulbi oculari rigonfi che galleggiano nella
cavità ossea del cranio.
Alex solleva la mano, muove le dita avanti e indietro - lo incita.
L'infetto apre la bocca, emette un lamento gutturale e liquido.
Alex sfoga tutto il suo dolore in un massacro che dura per ore.
Morirò da sola, ho vissuto con te.
Mi dispiace solo averti fatto aspettare così tanto.
I know we're alright, because we'll never be alone in this mad world.
Potrebbe essere una storia romantica.
Potrebbe esserlo se si togliessero tutte quelle notti passate a
sanguinare sulla bocca l'uno dell'altro; se si potessero annullare
tutti quei sentimenti contorti e nerastri, convulsi come un nido di
vipere - arrotolati, velenosi, letali.
Potrebbe.
Alex ha occhi asciutti, un cuore stanco.
Si è trasformata in un deserto senza più vita, un
pugno di rimorsi e ricordi tumefatti dal dolore.
La geometria della fede si è rivelata una falce spietata, un
incubo che, stavolta, ha coinvolto anche loro - mostri, dèi:
alla fine, vittime della loro stessa arroganza.
Infila un'unghia sotto l'altra, solleva una pellicina che poi si
strappa fino a farla sanguinare.
S'intreccia alle pelle quel filo di sangue e scende fino al polsino
della camicia, lasciandovi un alone rossastro.
Alex china il capo, scuote la testa a destra e a sinistra.
A volte le sembra di galleggiare sui morti; di fissarli da dietro un
vetro prossimo alla rottura, un acquario distorto e grottesco.
Il dolore la stringe dall'interno, artigli che spremono, che riducono
tutto ciò che è stata in poltiglia.
Le sembra patetico. Le sembra ridicolo.
Lei, la figlia dell'avanguardia del nuovo mondo.
Lei, che proprio da lui avrebbe dovuto imparare come reagire in questi
casi; avrebbe dovuto imparare a mettere da parte la sua fragile
umanità per qualcosa di più grande.
Lei, che l'aveva visto cadere, rialzarsi.
Lei, che l'aveva conosciuto uomo, macchina, Tyrant, dio.
Morto.
Lei.
Morta.
Alex chiude gli occhi, intrappola le lacrime tra le ciglia.
In bocca ha il sapore amaro della sconfitta, nel cuore solo polvere e
macerie.
Il tempo si dilata, la sofferenza si acuisce.
Inspira, espira - vorrebbe solo smettere di farlo.
Si apre alla disperazione, lascia che schianti tutto quello che
c'è, che corroda quello che è rimasto.
Due bambini morti che ancora non lo sanno. Due bambini che hanno orbite
vuote e mani fredde. Due bambini che giocano su altalene fantasma e con
bambole di carne e chiodi.
Le toglie il fiato, le impedisce di respirare.
Alex deglutisce e ingoia tutto.
Alexandra.
Riapre gli occhi, sorride.
"Sei tornato."
Dita forti, ruvide sulla pelle.
"Sapevo che l'avresti fatto."
Mani gelide, labbra avide.
"Mi dispiace."
"Lo so." voce piena, bassa - come la ricordava "Lo so, Alexandra."
La follia le sorride dalla bocca di un uomo che aveva chiamato
fratello.
Sono diventata pazza, forse lo sono sempre stata.
Ma vivere non è forse la più folle delle imprese?
"Like a ghost, you slept in my bed.
And I fell while you tore through my neck.
When I awoke you were already dead.
Those eyes, I'll never forget."
- Drop Dead Gorgeous -
Note dell'autrice: Albert Wesker e Alex Wesker non sono
fratello e sorella. Non hanno nessun legame di sangue e non sono stati
cresciuti nella stessa famiglia come tali (ne hanno avute due ben
diverse e distinte) per cui non ritengo che questa storia richieda
l'avvertimento incest. Appartengono allo stesso progetto scientifico di
selezione genetica (Project W.) e per questo si definiscono "fratello"
e "sorella" e possiedono lo stesso cognome (in onore del creatore del
progetto), ma nei fatti non lo sono e non hanno mai avuto l'occasione
di comportarsi come tali.
Secondo
la legge italiana non sono né discendenti né ascendenti,
e neppure affini in linea retta, per cui il reato d'incesto non
sussiste.
La canzone utilizzata per la suddivisione dei paragrafi è "Ghosttown", di Madonna.
Qui di seguito un video che altro non è che il mio delirio personale sulla coppia.
|