And I don't want the world to
see me
'Cause I don't think
that they'd understand
When everything's meant
to be broken
I just want you to know
who I am
L’acqua è calda e la sala è grande,
illuminata appena da soffusi lumi allineati ai bordi della vasca.
Jaime osserva il suo riflesso nelle rosee increspature del suo bagno,
chiedendosi quanti ricordi siano in ammollo assieme a lui, quante voci
del passato dimenticate e sole siano nascoste sotto il pelo di
quell’acqua così torbida. È stato lui a
volerla così. Sporca e vecchia, come la pelle che si porta
addosso, come i fantasmi che infestano lo stanzone dove lo hanno
mandato a lavarsi.
Spogliato forse di tutto, si perde ora a fissare
l’espressione sul viso di Brienne di Tarth.
Come un bambino che ha letto cento volte la stessa riga nel suo libro
per capirne il significato, Jaime non ha bisogno di leggere di nuovo:
“Sterminatore di Re”, dicono gli occhi di quel
cavaliere e, come ogni volta che scorge quel nome, Jaime sente
contrarsi dentro di sé quel nodo di marcio che gli chiude la
gola.
Com’è curioso, il peso che sedici lettere possono
avere sulle spalle di un uomo. Sedici macigni, sedici frecce conficcate
nella carne, sedici unghie che strappano la pelle. Eppure, nel riflesso
dell’acqua non si scorge traccia di quel dolore: non si vede
altro che lo sporco rappreso sulla superficie e il vapore levarsi verso
il soffitto basso della stanza.
Fantasma invisibile, quel nome.
Jaime apre la bocca, ma non parla subito. «Dimmi,»
dice alla fine, quel suo tono supponente e maledettamente Lannister che
sbuca fuori ogni volta che non ci fa caso. «Se il tuo
carissimo Renly ti avesse ordinato di uccidere tuo padre e di stare a
guardare mentre migliaia di uomini, donne e bambini venivano bruciati
nei loro letti, cos’avresti fatto?»
La vergine di Tarth lo guarda, atterrita nel suo angolino, rannicchiata
come una bambina che ascolta un racconto prima di andare a letto. Non
dice niente.
«Avresti tenuto fede al tuo giuramento?»
“Bruciali
tutti.”
Le parole del Re Folle gli fischiano ancora nelle orecchie, vivide come
allora ma sempre più insane, come se il tempo le avesse rese
ancora più orrende.
“Bruciali
tutti.” dice il fantasma nella sua testa.
“Sterminatore di Re.” dice lo sguardo della vergine
di Tarth.
“Jaime, dannazione. Mi chiamo Jaime.” pensa lui,
mordendosi infelicemente un labbro con i denti bianchissimi che sono
l’unica traccia rimasta del bellissimo cavaliere che
è stato.
Inizia a sanguinare, forse, ma sotto tutto quel marciume che si porta
addosso è difficile capire dove finiscano le ferite vecchie
e dove inizino quelle nuove.
Ma c’è lui, dietro a quella maschera di fango e di
sangue rappreso. C’è Jaime, vorrebbe dire con voce
da bambino, c’è Jaime e basta. Lo Sterminatore di
Re non c’è mai stato, non c’è
mai stato; ma nessuno è mai pronto a capire.
Giudizio, giudizio, giudizio. Non c’è altro, in
quella stanza.
E Brienne lo guarda, atterrita, la mascella contratta in una grottesca
espressione contrita, le labbra screpolate dischiuse mentre gocce
d’acqua si staccano dai suoi capelli per scivolare lungo la
linea tozza del collo.
Quanto attraente sia quella visione, Jaime non sa dirlo.
C’è qualcosa che lo disgusta profondamente, in una
donna sgraziata come Brienne di Tarth, ma c’è
anche qualcosa che smuove il suo basso ventre in una sensazione
piacevole.
Cos’è, quella donna?
Nel vortice di voci che si leva dall’acqua,
nell’eco dei fantasmi che graffiano il passato sulla sua
pelle, Jaime sente lo stridere dei ricordi più vicini:
quelli che gli hanno tolto la mano, quelli che comprendono un viaggio
durato chissà quanto, e un combattimento, e la vergogna di
dover essere salvato da una donzella. E ancora, assieme al piacere di
un affetto, la repulsione della vergogna.
E quando la guarda, Brienne ha ancora quella faccia, quella di chi lo
chiama Sterminatore di Re, di chi non riesce a vedere ciò
che porta con sé da quando è stato ragazzo.
“Sterminatore di Re, Sterminatore di Re.”
“Bruciali
tutti, bruciali tutti.”
Il teatrino di quei fantasmi riprende, se mai ha smesso. La testa gira
mentre Jaime racconta, forse per la prima volta, ciò che lo
tormenta. Ned Stark e quell’occhiata che gli è
bastata a fraintendere ogni cosa, la gente, il sangue, le voci. E tutto
ciò di cui quella notte si è sporcato le mani
torna improvvisamente a pretendere posto dentro di lui, a lottare per
riemergere da ricordi confusi e mischiati.
Lupi sbranano leoni e leoni mangiano draghi, in una danza macabra e
tinta di membra.
“Ma con quale diritto, ma con quale diritto,”
sibila l’altezzosa voce di suo padre. “Ma con quale
diritto il lupo giudica il leone?”
E mentre Jaime prova ad alzarsi per rispondere a quella domanda,
improvvisamente l’acqua della vasca lo richiama a
sé con mani invisibili, e lui si sente cadere, senza
più la forza di restare in piedi.
Cade per neanche un secondo, poiché immediatamente si
ritrova tra le braccia di Brienne.
Disgusto e piacere, di nuovo.
Lei lo guarda come si guarda un giocattolo rotto, mentre la sua gola
chiama a gran voce le guardie. «Venite,» grida, con
quegli occhi sproporzionati fatti di zaffiro. «Lo
Sterminatore di Re!»
Ma Jaime scuote il capo, alzando debolmente il braccio destro sul suo
viso. Se avesse ancora la mano, probabilmente le accarezzerebbe la
guancia. «Jaime.» Sussurra, abbracciando un
fantasma. «Mi chiamo Jaime.»
.
I just want you to know who I am