prologo
DISCLAIMER: I personaggi non mi appartengono(tranne quelli da me inventati), tutti i diritti sono della HBO.
Prologo
289° anno dopo la Conquista del continente
“Non riusciamo a trovarla da nessuna parte. Sono ore che è sparita”.
Non prestai
molta attenzione alla septa che si lamentava lungo il corridoio, sapevo
già a chi si riferiva e il motivo della sua scomparsa. Il corpo
di lady Payne era ancora caldo, mentre le Sorelle del silenzio la
preparavano per essere deposta nel tempio. Era tutti troppo presi da
quel triste lutto per prestare attenzione ad una bambina di otto anni
sconvolta dalla morte della madre e quindi si erano lasciati sfuggire
la piccola.
Scossi la
testa, chiedendomi come quelle persone potessero essere state
così superficiali. Sicuramente nessuno le aveva prestato
attenzione, tutti presi ad organizzare le esequie, piuttosto che
consolare la figlioletta di una dama senza più marito.
Lord Edwin
Payne era morto anni prima, durante la Ribellione, e mio padre aveva
accolto la vedova e il suo piccolo fagottino a Castel Granito, in segno
di rispetto per il prode cavaliere che aveva dato la sua vita per
seguire il suo signore.
Mi fermai nelle
cucine, dove feci preparare del latte caldo con miele e un piatto di
biscotti alle mandorle appena sfornati. Il cuoco mi guardò
incuriosito, visto che preferivo farmi portare le cose in camera,
invece di provvedere io stesso ai miei bisogni. Quel giorno, tuttavia,
avevo altre priorità.
Entrai nei miei
appartamenti e chiusi bene la porta, fermandomi a posare il vassoio sul
tavolo posto davanti alla finestra. Appartamenti molto grandi, forse
troppo, vista la mia statura, ma non sia mai che un Lannister viva in
ristrettezze.
Mi avvicinai
cauto al mio letto e mi inginocchia sul pavimento. Mi sorpresi del
silenzio che permeava la stanza, visto che avevo la certezza di non
essere solo. Posai entrambe le mani sul pavimento e sollevai le coltri
che toccavano terra. Due grandi occhi azzurri colmi di lacrime mi
scrutavano, mentre il resto del viso era coperto dalle manine infantili
premute sulla bocca. Sorrisi pieno di tenerezza a quella vista, quello
era il nascondiglio preferito di Lysandra, sapevano solo i Setti dei
perché.
“Vieni
fuori, Occhi di mare” le mormorai dolcemente allungando una mano
e chiamandola con il nomignolo che le avevo dato.
Lei
afferrò le mie tozze dita come se fossero un’ancora di
salvezza e strisciò fuori da sotto il grande letto a
baldacchino. Rimase in ginocchio davanti a me per qualche istante,
mentre calde lacrime rigavano il bel faccino dai lineamenti infantili,
poi senza preavviso mi si gettò fra le braccia singhiozzante.
“Lord
Tyrion, la mia mamma… la mia mamma…” la strinsi a
me come meglio potei, non certo aiutato dalle mie braccia corte.
“Lo so,
piccolina, lo so” la scostai da me e la fissai con sguardo serio
“Ora, Lysandra, dovrai essere ancora più forte. So che ti
fa paura essere rimasta sola e che la tua mamma ti manca, ma devi
essere coraggiosa”.
A quelle parole
la bambina nascose il volto con le mani e ricominciò a piangere
in modo silenzioso. Sicuramente si sentiva sola, orfana di entrambi i
genitori, ospite in una casa dove nessuno le prestava particolare
attenzione, timorosa di rimanere senza un tetto sulla testa. Come mi
sarei sentito io, al suo posto? Sospirai, accarezzandole le braccia e
cercando le parole per rincuorarla.
“Non sei sola. So che pensi di esserlo, ma tu non lo sei” dissi alla fine.
Le mani si abbassarono e i suoi occhi si puntarono nei miei, speranzosi, in cerca di altre rassicurazioni.
“Io non
ho nessuno al mondo” per essere una bambina aveva fin troppo
chiara la sua situazione “E se lord Tywin decidesse di mandarmi
via?”
“Non
succederà, farò in modo che non succeda” le promisi
con più sicurezza di quella che provavo “Non è vero
che non hai nessuno. Tu hai me. Chiaro?”
La piccola
annuì solenne mentre prendeva il fazzoletto che le porgevo e si
asciugava il viso. Era una bambina deliziosa che prometteva di
diventare una bella ragazza. Mio padre non l’avrebbe mandata via,
suo zio materno era l’ultimo dei Jast e un giorno Lysandra
avrebbe ereditato il Castello delle Rapide Nere. In caso di guerra con
i Tyrell quello sarebbe stato un punto nevralgico per la difesa
dell’Ovest e mio padre era abbastanza saggio da sapere che non
poteva alienarsi il signore di quel casato.
Fino al momento
in cui fosse diventata donna, la sua educazione sarebbe stata affidata
alle cure della septa di Castel Granito e questo era già stato
deciso. Poi sarebbe andata in sposa a qualcuno, un uomo adatto al suo
rango.
“Ora
vieni con me” le dissi riguadagnando a fatica la posizione eretta
e porgendole la mano per aiutarla ad alzarsi “Devi nutrirti,
piccola mia”.
La feci
accomodare al tavolo e cercai di distrarla raccontandole le mie ultimi
birbonate. Non certo le mie avventure nei bordelli, quelle non erano
storie per le sue orecchie, ma di come mi divertivo a dare il tormento
a tutti gli abitanti del castello con i miei scherzi malandrini. Fui
soddisfatto quando la sentii ridere, mi assicurai che mangiasse tutti i
biscotti e bevesse tutto il latte.
Solo al
tramonto, dopo essere sicuro che non scoppiasse di nuovo a piangere o
non scappasse di nuovo a nascondersi, mi avventurai per primo fuori
dalla porta delle mie stanze. Sicuro che non ci fosse nessuno lungo il
corridoio la feci uscire e con un gesto la incoraggiai ad andarsene.
“Grazie, lord Tyrion” mi disse guardandomi ancora intensamente.
“Non devi ringraziarmi, Lysandra. Vai ora, prima che la septa si arrabbi veramente”.
Ero pronto a
rientrare, quando la vidi tentennare ancora un attimo prima di gettarmi
le braccia al collo e darmi un bacio su una guancia. Ero sempre stupito
dal fatto che lei non provasse repulsione per il mio aspetto o che non
si prendesse gioco di me, ma era la prima volta in assoluto che mi
dimostrava affetto in quel modo.
“Lord Tyrion, pregherò sempre i Setti perché vi proteggano” disse correndo via.
Cinque anni dopo
Mi guardai
nello specchio, quel vestito mi faceva sembrare una bambina che giocava
a fare la gran dama. Sbuffai indispettita, ero bassa per la mia
età e la septa non faceva che farmelo notare
Avevo
diligentemente piegato i miei vestiti e riordinato le mie cose,
passando l’intera giornata a sentire la septa che si lamentava di
come fossi troppo lenta, di come dovessi ancora imparare a stare ben
dritta con le spalle, di come dovessi smetterla di comportarmi come una
sciocchina. Recriminazioni, recriminazioni, sempre e solo
recriminazioni.
Nei miei
tredici anni di vita non avevo sentito altro da quella donna. Dopo la
morte di mia madre, se possibile, era diventata ancora più
dispotica e difficile da accontentare. Il suo compito era di fare di me
una vera lady e di martoriare il mio amor proprio facendomi notare come
non fossi mai all’altezza delle sue aspettative. Sorrisi pensando
che era un lord Tywin sotto mentite spoglie, visto che era quello il
trattamento che sua signoria riservava al figlio minore.
La notte era
ormai calata e tutto taceva nel castello. Avrei dovuto spogliarmi e
coricarmi, sia mai che dovessi essere rimproverata di non apparire
abbastanza riposata. Mi mordicchiai le labbra reprimendo una risata: i
rimproveri erano il mio pane quotidiano, non ero certa di riuscire a
vivere senza.
Abbandonai la
mia stanza e mi incamminai, silenziosa e circospetta, per i corridoi
del castello. La mia meta era situata all’estremità
opposta del palazzo, ma ormai conoscevo così bene quel luogo e
le abitudini dei suoi abitanti che non mi fu difficile evitare le
guardie e sgattaiolare inosservata dentro le stanze che dovevano
essermi precluse.
Lord Tyrion era seduto al tavolo, come se mi stesse aspettando, con una coppa di vino in mano.
“Allora, Occhi di mare, sai che non dovresti essere qui da sola con me?” mi chiese bevendo una lunga sorsata.
Abbassai gli
occhi, avvertendo il rimprovero implicito in quelle parole. Mi sembrava
impossibile che una cosa così insignificante potesse rendere
tutto così diverso. Quante volte ero sgusciata nella camera di
Tyrion nel cuore della notte, per passare qualche ora a chiacchierare e
sentire i suoi racconti sempre divertenti?
“Mio
signore, io…” rimasi ferma sulla porta a giocherellare con
la gonna del mio nuovo vestito “Ho forse fatto qualcosa che vi ha
offeso?” chiesi titubante.
“Lysandra,
ora sei una donna, una lady” mi ammonì lui senza guardarmi
“E’ inappropriato che tu entri nella camera di un uomo e
che rimanga con lui tutta sola”.
Sospirai scuotendo la testa “Perché non può rimanere tutto come prima?”.
“Te
l’ho appena spiegato” sembrava trovare più
interessante la sua coppa vuota di me “La tua reputazione
può esserne gravemente compromessa”.
“E il mio
promesso sposo potrebbe sentirsi offeso” aggiungi mettendo il
broncio “Mio signore… tu sai chi è
quest’uomo?” sapevo da sempre di essere destinata in
matrimonio a qualcuno, senza che nessuno lo dicesse esplicitamente.
Quella mattina,
quando il mio fiore rosso era finalmente sbocciato, la septa si era
mostrata quasi commossa, mentre mi ripeteva che presto mi sarei
sposata. Ma con chi? Perché nessuno mi diceva cosa era stato
deciso della mia vita?
“Tu non
lo sai?” Tyrion finalmente si girò verso di me, sembrava
sgomento quello sul suo volto “Nessuno ti ha mai detto nulla?
Sembra impossibile…”.
“Mio signore?” feci un passo avanti, spaventata da tutto quel mistero “Chi è?”.
“L’uomo
che nessuna nei Sette Regni vorrebbe come marito” disse lui
enigmatico, tornando a guardare il fondo del calice con
un’espressione triste.
“La
Montagna?!” esclamai spaventata “Ser Gregor Clegane? No,
non può essere! Lui è già sposato” meditai a
voce alta “Lord Frey?” un brivido mi percorse, mentre
nominavo quel vecchio.
“Peggio, piccola mia” allungò il corto braccio, afferrò la brocca e si riempi di nuovo la coppa.
“Chi
può esserci di peggio?” sorrisi sempre più confusa
“Secondo me non c’è nessuna promessa di matrimonio e
voi vi state solo burlando di me”.
“Volessero
gli Dei” sembrava così mesto mentre mi parlava “Ma
non temere. Sei solo una bambina. Il matrimonio non avverrà che
fra molti anni e, se i Setti ci assisteranno, non avverrà
mai”.
Rimasi ferma,
continuando a ripetermi che quello era il sogno più strano che
io avessi mai fatto. Perché tutto quel mistero? Perché
Tyrion mi stava cacciando via?
“Vai,
Lysandra” mi ammonì ancora, tornando a concentrarsi sul
vino “Non tornare qui. Ora ci è proibito più di
prima anche solo conversare senza un testimone”.
Quello era un addio, pensai mentre mi voltai e fuggii via, sopraffatta dalla perdita del mio unico amico.
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