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Avevo sei anni, Seifer sette. Eravamo al Garden da due anni e stavamo
imparando a combattere. Io non avevo ancora il permesso di misurarmi
con i mostri, quindi non avevo assolutamente idea di cosa significasse
esattamente la parola "uccidere". Seifer aveva incominciato quell'anno
e, non c'è davvero bisogno di dirlo, era molto esaltato.
All'epoca non ci facevano ancora entrare nel Centro di Addestramento da
soli; quello era un privilegio riservato solo dai tredici anni in su e
noi ci eravamo ancora relativamente lontani..."relativamente" secondo
l'opinione di Seifer, che sin da piccolo ha sempre odiato aspettare.
E così la notte sgattaiolavamo nel Centro nella fascia
oraria in cui la sorveglianza era minima, ovvero fra le due e le
quattro. Non ci beccarono mai, anche perché eravamo due
tipetti svelti e discreti, quindi facevamo molta attenzione.
Dopo avermi insegnato a combattere con il pugnale, Seifer si era
intestardito di volermi far provare a uccidere il mio primo mostro. Il
"battesimo di sangue" lo chiamava. Si era intestardito
perché, come mi aveva detto una volta, "non mi fido di
quegli incapaci dei tuoi insegnanti", che a dire il vero erano anche i
suoi... beh, si sa come è fatto Seifer.
Una notte mi aveva trascinato nel Centro. Non che io non volessi e non
mi sentissi fiera della prospettiva di poter dire poi di aver
già eliminato un mostro alla mia età,
però ero spaventata da due cose.
La prima era trovarmi davanti non più il solito bersaglio
circolare o mio fratello che si faceva anche colpire qualche volta per
darmi una soddisfazione, ma un altro essere vivente pronto a difendere
la propria vita da me. DA ME.
La seconda era proprio questa: come avrei potuto decidere che la vita
del mio nemico doveva finire? Quando avrei avuto davanti un altro umano
con la sua vita e la sua realtà da vivere...avrei dovuto
sacrificarlo in nome di una mia superiorità decretata...da
chi? Chi aveva detto che io dovevo vivere e lui morire, quando l'altro
magari non aveva fatto niente per attaccarmi?
-Un mostro ti attaccherà sempre, ricordatelo - mi aveva
detto allora Seifer, storcendo la bocca davanti alla mia esitazione - e
a te non resta altro da fare che difenderti. Pensala così e
uno scrupolo se ne andrà senza che tu te ne accorga. E poi
basta che superi il battesimo di sangue: già dal secondo
mostro viene tutto più naturale. Forza, sorellina - mi aveva
incoraggiata, inginocchiandosi ai miei piedi per guardarmi da sotto in
su - vediamo di che pasta sei fatta-.
Avevo deglutito con forza e avevo stretto la mano attorno
all'impugnatura del pugnale. Non volevo deludere Seifer...e nemmeno me
stessa.
Il primo Grat si era subito avvicinato e ricordo che io l'avevo
osservato affascinata. Si muoveva goffamente, non doveva essere
completamente adulto. Mi ero anche indispettita, perché
sarebbe stato uno scontro alla pari allora e io volevo potermi
già misurare con un nemico più forte.
-Vacci piano, Atra! Cominciamo con questo!- mi aveva subito urlato
Seifer, ridendo della mia espressione delusa. Avevo fatto spallucce e
avevo attaccato per prima. Il Grat aveva dondolato sulle zampette e
aveva abbassato di colpo i suoi lunghi arti, per graffiarmi. Io gliene
avevo tagliati tre, mentre un quarto mi si piantava nel braccio e un
quinto mi si avvolgeva attorno alle gambe. Avevo stretto i denti e li
avevo tranciati di netto, poi mentre il mostro era occupato a gemere di
dolore, gli avevo conficcato il pugnale nel ventre e quello si era
accasciato al suolo.
-Ottimo lavoro, Atra. Fammi vedere la ferita-. Seifer era arrivato
accanto a me in tutta tranquillità e mi aveva afferrato il
braccio.
Ero tornata alla realtà e solo in quel momento mi ero resa
conto di due cose: la prima era il mio corpo. Non avevo sentito niente
durante il combattimento, ma ora il dolore e il fiato corto mi stavano
lentamente avvisando che non era stata una passeggiata come avevo
creduto fino a quel momento. La seconda: quel mostro davanti a me aveva
appena smesso di respirare per colpa mia. Magari aveva una madre ad
aspettarlo...e io avevo deciso che il figlio non sarebbe tornato a casa.
Ai tempi ero piccola; una cosa del genere ora non mi toccherebbe
nemmeno, ma allora mi ricordo che mi ero turbata parecchio.
-Atra, non pensarci- mi aveva consolato Seifer, mentre mi controllava i
graffi sul braccio. Io avevo scosso la testa:
-Ci sto pensando adesso. Prima, mentre combattevo, non me ne sono
preoccupata- avevo ammesso. Era questo che mi faceva più
paura: avevo conservato la calma per tutta la battaglia. Non che fosse
una cattiva cosa, ma avevo paura di cosa sarei diventata a combattere
così a sangue freddo.
-Durante la battaglia devi conservare il sangue freddo. E devi pensare
che ti stai difendendo, solo difendendo. Sorellina, - e qui Seifer mi
aveva dato un buffetto sulla guancia con un sorriso - vedrai che
imparerai a uccidere-.
E l'avevo imparato davvero, per quanto risultasse inquietante dirlo.
Beh, al Garden eravamo addestrati per questo, ma fu con Seifer che
avevo imparato per la prima volta cosa volesse dire.
-Quando avrai davanti il tuo primo nemico umano, Atra - mi aveva detto
una settimana dopo, durante l'ennesimo allenamento insieme - gli
scrupoli arriveranno, sia che tu sia abituata ad essi o meno.
Però devi tenere presente che stai uccidendo per un motivo:
magari il tuo bersaglio ha ucciso già in precedenza o sta
per colpirti. Magari la tua missione prevede un obbiettivo da
raggiungere e quella persona ti sta ostacolando.
Tu non uccidi perché sei assetata di sangue. Tu uccidi e ti
dispiace, il che è ammirevole-.
-E a te dispiace?- avevo chiesto allora, dal basso della mia
ingenuità di bambina. Seifer aveva gettato indietro la testa
e aveva semplicemente riso, limitandosi a passarsi il Gunblade
nell'altra mano per poi colpire l'ennesimo mostro. Il sangue si era
versato ancora una volta e Seifer ne era stato coperto di nuovo. Ma non
direi che gli fosse dispiaciuto più di tanto.
Non gli avevo più fatto quella domanda. Forse
perché avevo paura della risposta, forse perché
anche io non sapevo bene se ce n'era una.
Per quel motivo non avevo capito come fosse mio fratello al di
là di uno scontro con l'ennesimo Grat nel Centro. Magari non
avessi voluto vedere...in realtà non capivo quanto uccidere
fosse la perdita di equilibrio per cadere in un circolo vizioso alla
perenne e inutile ricerca della gloria, inseguendo l'ambizione
più estrema.
Mio fratello ci era caduto. E, evidentemente, non voleva che ci cadessi
anche io.
Con l'arco fu diverso e decisamente più dura. Ammazzare
qualcuno a sangue freddo e da lontano fu sicuramente più
difficile e Seifer non era accanto a me. Ma tenendo sempre presente che
uccidevo per un motivo sempre giustificato, come mi aveva detto lui, e
che uccidere per me non significava niente e potevo anche rinunciarci,
farlo era sempre più facile.
Così come diventava facile non ascoltare più la
voce della mia coscienza, diventata ormai roca a furia di sgolarsi sin
dalla mia infanzia.
Oggi la metto a tacere con un niente, forse anche perché non
ho più tempo per starla ad ascoltare.
Seifer credo non ne abbia più nemmeno una.
Oppure è diventata definitivamente afona.
Sì, devo
passare a rovinare anche questo capitolo...ma sarò breve.
Questa storia è riferita al capitolo 4 della mia fanfic a
capitoli "Il legame del sangue" e spero che vi sia piaciuta:
ciò che ho voluto sottolineare è soprattutto la
differenza fra Seifer e Atra. È ammirevole che Seifer abbia
tentato di capire un po' come la sorella si sentiva nell'uccidere dei
mostri, pur non condividendo il suo pensiero, e abbia anche cercato di
infonderle coraggio, sempre a modo suo.
Fatemi sapere se vi piace questo genere di raccolta! A presto! |