Seifer aveva otto anni, io ne avevo sette. Era un bambino che poteva
essere definito con qualsiasi aggettivo, tranne che
"innocente". Crescendo, era diventato sempre più
insofferente nei confronti delle regole e aveva aspettato con pazienza
esasperata che io compissi i sette anni per poter affrontare
liberamente i mostri solo perché gliel'avevo chiesto io,
dato che altrimenti gli insegnanti si sarebbero insospettiti se fossi
stata abile già alle prime lezioni...e grazie agli
insegnamenti di mio fratello ero già diventata molto brava,
devo dirlo.
Comunque, fu nel Centro che affinammo le nostre tecniche di
combattimento. Lui ha usato sin da subito il Gunblade: prima quello di
misura ridotta, poi a dieci anni quello da adulti. Me lo ricordo mentre
si sforzava di sollevarlo con quelle braccine striminzite che si
ritrovava, il volto contratto per lo sforzo e le mani bianche, da tanto
ne stringevano l'impugnatura. Ricordo che il peso dell'arma l'aveva
trascinato a terra senza che lui potesse averne il controllo,
nonostante la fronte imperlata di sudore e le mille imprecazioni
sputate fra i denti. Il giorno dopo era in palestra a fare sollevamento
pesi, contando forte e arrivando alle quattro cifre stremato e la
settimana dopo era già in grado di tenere in mano la spada.
Non serve dire che due settimane dopo la maneggiava come se non avesse
fatto altro per tutta la vita.
Comunque, a otto anni lui usava ancora il Gunblade più
piccolo e io l'arco, anche quello di misura ridotta. Fu nel Centro
durante le nottate con Seifer che lui mi insegnò a
combattere con il pugnale, circa un anno prima. E una volta mi
sfidò a duello.
Eravamo a un passo dal laghetto che si trova al centro dell'area e la
situazione era particolarmente tranquilla, dato che di solito in quella
zona non si aggiravano né Grat né tantomeno
Archeosaurus. Io stavo osservando il mio riflesso sull'acqua,
accovacciata alla fine della passerella in legno, perché
l'ultimo Grat mi aveva graffiata in viso e volevo vedere come fossi
conciata.
Seifer era uscito con questa geniale idea perché,
ovviamente, si era stufato a starsene lì in piedi contro il
tronco di un albero a scavare solchi con la punta del Gunblade.
-Atra, ti sfido a duello!- aveva esclamato all'improvviso, puntando la
lama della spada contro di me. Io l'avevo visto riflesso nell'acqua e
la luce del Gunblade mi aveva abbagliata, costringendomi a guardarlo
direttamente.
-Cosa?- gli avevo chiesto, sicura di aver capito male. Lui aveva alzato
gli occhi al cielo, rinsaldato la presa sul Gunblade e ripetuto:
-Ti sfido a duello! Sai cos'è un duello?- mi aveva chiesto
poi, con aria di saccenza. Io, a malincuore, avevo scosso la testa e mi
ero avvicinata a un cenno di mio fratello, che si era seduto a gambe
incrociate picchiando il terreno accanto a lui per invitarmi a sedere.
Io gli ero scivolata accanto ed ero rimasta affascinata ad ascoltarlo
infervorarsi tutto per spiegarmi cosa diavolo fosse quel nuovo gioco:
-Ci sono due persone una di fronte all'altra e a un certo punto una
dice: "Ti sfido a duello!" e l'altra risponde: "Ci sto!". Poi prendono
le armi e combattono fra loro all'ultimo sangue, fino a quando uno dei
due non si arrende- aveva detto lui, gesticolando come un forsennato e
con un lampo di smania negli occhi. Ricordo di aver sollevato gli
occhi, quella volta, chiedendomi quale tipo di duello si immaginasse di
star combattendo proprio in quel momento. Però avevo anche
storto la bocca:
-"All'ultimo sangue", hai detto? Vuoi davvero dissanguarmi?- gli avevo
chiesto, un po' indispettita. Lui aveva inclinato la testa con aria di
sufficienza:
-Beh no, sorellina. Potremmo solo vedere chi per primo tocca l'altro
con la sua arma. Tu usi il pugnale e io il Gunblade. Allora,
giochiamo?- poi aveva battuto le mani e contemporaneamente i suoi occhi
di ghiaccio, in cui brillava già il sapore della sfida. Io
avevo sentito lo stesso sapore sulla punta della lingua e avevo
deglutito. Mi ero alzata e avevo sfilato il pugnale dalla cintura,
lanciando un'occhiata a controllare l'arco e le frecce. Poi avevo
annuito con un sorrisetto birichino: mio fratello sarebbe stato deluso,
se credeva di vincere con me solo perché ero una femmina e
perché ero più piccola.
-Ti sfido a duello!- aveva strillato Seifer, mettendo davanti a
sé la lama del Gunblade a tagliargli in due la faccia, che
pure rimaneva speculare all'altra mentre si rifletteva nell'acciaio
dell'arma. Sul suo viso concentrato aleggiava la vittoria a ogni costo,
cosa che poi si sarebbe tradotta nella sa filosofia intitolata "a me
l'ultimo colpo!", che ha portato avanti fino ad ora, praticamente.
Nessun tremito a scorrergli sul corpo, nessuna esitazione e nessuna
paura di ferirmi. Evidentemente mi conosceva bene e sapeva che sarei
stata alla sua altezza.
E non c'era nemmeno un segno che chiarisse che stessimo giocando,
sebbene dieci secondi prima mi avesse chiesto di "giocare".
Beh, neppure per me quello era un gioco. Ciò che divideva la
realtà dal gioco era solo il fatto che non combattessimo per
uccidere. Nient'altro.
-Ci sto!- avevo risposto con convinzione, stringendo la presa sull'elsa
del pugnale e piegando leggermente le ginocchia come mi aveva insegnato
lui.
Avevo sperato che sul mio viso si leggesse la stessa concentrazione e
la stessa serietà che tanto gli invidiavo.
Quella fu la prima delle tante sfide che accettai da lui.
Seifer era partito in quarta a testa bassa, veloce e silenzioso come
sempre. Nemmeno il rumore di un passo a tradirlo, solo lo spostamento
d'aria. Fu sufficiente: avevo aspettato che si avvicinasse, per poi
semplicemente scartare di lato e allungare il braccio che teneva il
pugnale per colpirlo alla schiena. Ma lui aveva abbassato il Gunblade
per spazzare il terreno sotto di me, allora avevo saltato e poi avevo
fatto una finta all'indietro per recuperare l'equilibrio. Ma essendo
una finta, ero subito scattata in avanti per approfittare del suo
sbilanciamento in avanti per attaccarmi. Così lui aveva
scartato di lato e sferrato un colpo di piatto per sorprendere il mio
fianco scoperto. Allora ero arretrata velocemente, mandando il colpo a
vuoto, per poi abbassarmi a colpirgli un piede, vicinissimo a me. Lui
l'aveva ritratto di scatto e stava per colpirmi alla schiena, quando io
ero rotolata in avanti fra le sue gambe per impedirglielo e gli avevo
fatto lo sgambetto. Ma Seifer mica era caduto! Stava cadendo,
sì, ma aveva lasciato la presa sul Gunblade e poi si era
appoggiato a terra con le mani, così da non finire ai miei
piedi e alla mia mercé. Ero scattata a prendere la sua arma,
ma quando lui l'aveva raggiunta prima di me avevo scartato a destra per
colpire la sua gamba. Lui aveva saltato e mirato alla mia schiena.
Allora ero rotolata sul fianco e lui si era appoggiato a terra con la
mano per evitare il mio pugnale pronto a colpirgli la pancia. Mi ero
rialzata in fretta e in tempo per evitare che mi colpisse quando ero
ancora distesa.
Così eravamo tornati a fronteggiarci, come due leoncini
fratelli che avevano scoperto come darsele di santa ragione, facendolo
passare per un gioco.
-Maledizione Atra, sei così brava!- aveva sputato lui fra i
denti. Io avevo riso tutta orgogliosa:
-Lo so, lo so- avevo cantilenato sprezzante.
-Hai imparato dal migliore, ricordatelo-. Seifer aveva sollevato un
dito e un sorriso orgoglioso gli aveva incurvato le labbra. Io avevo
battuto i piedi con impazienza:
-Sì, ma anche io sono brava!- mi ero lamentata, stizzita del
fatto che mio fratello si stesse prendendo tutto il merito. Lui aveva
sputato una risata e aveva sollevato la mano in un gesto conciliante
(lo stesso che gli è rimasto ancora oggi, quando si sente
attaccato dagli altri):
-Certo che sei brava...sei la mia sorellina- aveva osservato. La solita
constatazione che mi aveva sempre fatto pensare a quanto sarei stata
inutile senza mio fratello. E per un certo periodo lo ero davvero
stata: completamente devota a Seifer, un cagnolino che lo seguiva
ovunque.
Poi ero cambiata, da quando avevamo iniziato a frequentare lezioni
separate. Beh, tirare con l'arco e usare un Gunblade sono due
discipline davvero diverse. Fu in quel periodo che Seifer e Squall
iniziarono a collidere paurosamente fra loro.
Seifer aveva visto intanto la mia distrazione e aveva deciso di
approfittarne, all'urlo di:
-Atra mantieni la concentrazione, che diamine!-.
Io mi ero riscossa in tempo per schivare il colpo. In quel momento un
Grat, richiamato dalle nostre urla e dai nostri movimenti, era
zampettato fino a noi. Io l'avevo notato per prima e mi ero preparata a
lanciargli il pugnale, quando anche Seifer se n'era accorto e aveva
interrotto la sua piroetta per riprendere l'equilibrio e guardare
l'orologio, mentre io continuavo a tenere d'occhio il mostro.
-Le quattro meno dieci. Dobbiamo andare, sorellina- mi aveva avvisato
con una punta di dispiacere nella voce. Poi mi si era avvicinato con il
Gunblade rivolto a terra:
-Bello scontro. Mi sei piaciuta molto, Atra - mi aveva elogiato
mettendomi la mano sulla spalla - Ma non finisce qui-. La sua voce si
era abbassata e chiunque si sarebbe sentito turbato da quelle parole e
dal modo in cui erano state pronunciate. Tutti, ma non io. Avevo
sorriso e l'avevo guardato dritto negli occhi, sollevando il mento:
-Ovvio che no- gli avevo risposto, sollevando le sopracciglia e godendo
della luce che gli avevo visto attraversare gli occhi e scendere a
illuminargli il viso. Era esaltato e il suo petto si alzava e si
abbassava velocemente, seguendo il ritmo concitato del suo respiro e
del suo cuore.
Lui si era voltato a guardare il Grat, molto vicino a noi, e aveva
sollevato di nuovo il Gunblade:
-Ti sfido! Vediamo chi lo fa fuori per primo!- aveva strillato, prima
di avventarsi contro il mostro.
-Ehi, non vale!- avevo urlato a mia volta, precipitandomi a prendere il
mio pezzettino di carne da scannare.
L'ennesima sfida. Su questo filo passavano le nostre giornate e nessuno
avrebbe detto che fossimo fratelli. In perenne litigio e un battibecco
dopo l'altro stavamo costruendo la nostra relazione.
In realtà ci stavamo misurando l'uno con l'altra e cercavamo
il limite oltre il quale il gioco avrebbe lasciato spazio alla
rivalità.
Non l'abbiamo mai trovato. |