The home
of my heart
Quando la luce si è finalmente affievolita abbastanza da non
costringerla più a camminare tenendo gli occhi strizzati, Kureha ha
avvertito ancora una volta la famigliare sensazione di cadere
all'indietro in un abisso di pura tenebra e solo per un secondo si è
chiesta se quello fosse ciò che si prova a morire, e se anche sua madre
avesse avvertito la stessa sensazione in quella notte di tempesta in
cui le è stata crudelmente strappata per sempre dalle braccia.
Ma i suoi pensieri, così come si sono sviluppati, così trovano una
brusca interruzione nel momento in cui la sua schiena impatta con forza
su una superficie dura, anche se non abbastanza da convincerla di
essere infine caduta dal tetto ed essersi schiantata sul cemento del
viale che conduce alla Arashigaoka. Al contrario, la consistenza le
appare rugosa ed irregolare e coperta da qualcosa che le provoca
solletico alle orecchie, entrambe le paia che ora possiede, e alle
nuove zampe ricoperte dalla morbida pelliccia che ha la stessa tonalità
dei suoi capelli.
La prima cosa che nota, quando riesce finalmente ad aprire gli occhi
senza avvertire la sensazione che il suo cranio possa spaccarsi in due,
è un cielo azzurro come non ne ha mai visti prima in cui corrono pigri
banchi di soffici nuvole bianche.
Un grugnito di dolore la spinge a girare di scatto la testa verso
sinistra, digrignando appena i denti quando una nuova fitta le saetta
lungo le tempie, prima di posare gli occhi sulla figura scarmigliata e
apparentemente altrettanto dolorante di Yurishiro Ginko, che si sta
portando una zampa alla fronte nel chiaro tentativo di scacciare via
un'egualmente intensa emicrania.
"Gau, ma che è successo?" mormora la ragazza, aprendo l'occhio non
coperto dalla zampa impegnata in un vano massaggio terapeutico, facendo
scorrere uno sguardo esterrefatto sul panorama che le circonda "Un
attimo fa le ragazze della Tempesta Invisibile ci stavano sparando
addosso, poi mi è sembrato di vedere una luce accecante ed adesso…"
Non fa in tempo a finire la frase, che Kureha si è lanciata fra le sue
braccia con sufficiente foga da farle nuovamente capitombolare entrambe
a terra. Ginko si lascia sfuggire l'ennesimo sibilo di dolore quando la
nuca già sufficientemente dolente sbatte ancora una volta a terra, ma è
quasi con un riflesso involontario che le sue braccia si stringono
intorno alla vita dell'altra ragazza per attirarla meglio contro di sé.
Le ci vuole un attimo per riprendersi, ma quando lo fa ha l'istinto di
domandarsi se la testata l'abbia fatta piombare definitivamente nel
mondo dei sogni, perché neanche durante lo scambio del Bacio della
Promessa Kureha l'ha stretta con tale foga o ha affondato il viso con
tale abbandono contro la sua spalla, lasciandosi sfuggire un sospiro di
cui Ginko conosce con certezza l'origine.
Anche lei non riesce a non stupirsi della piega assolutamente
inaspettata che hanno preso gli eventi, non quando entrambe dovrebbero
essere state uccise o quantomeno ridotte a semplici spiriti privi di
corpo dalla salva di pallottole scaricata loro contro dalle studentesse
della loro classe: al contrario l'erba che le solletica la schiena, la
luce del sole che la costringe a strizzare le palpebre per non rimanere
accecata ma soprattutto il peso che le schiaccia l'addome sono così
fisicamente reali che neppure per un istante il concetto di essere morte sembra volerne sapere
di fare presa nella sua testa, non quando il profumo di Kureha le
riempie le narici al punto da farle quasi girare la testa.
In quell'abbraccio tutte le sue paure più nascoste hanno modo di venire
alla luce e poi dissolversi come se non fossero mai esistite, perché
neppure nella gioia dello scoprire di essere ancora vive può esistere
un simile desiderio di fondersi con la persona che si tiene tra le
braccia, sentire i corpi premere l'uno contro l'altro con una tale
forza da darle l'idea che da un momento all'altro possano unirsi in uno
solo e così rimanere fino alla fine del tempo.
"Ginko, ti amo" mormora una voce ad un soffio dal suo orecchio, ma non
è tanto la vicinanza quanto il significato stesso di quelle parole a
farle scorrere un brivido che le fa rizzare il pelo sulle zampe e
scorrere il sangue nelle vene ad una tale velocità da farle venire le
vertigini.
Le sembra di aver inseguito Kureha per il tempo di una vita intera,
nella disperata ricerca di un'occasione che le permettesse ancora una
volta di avvicinarsi alla ragazza e ricostruire il loro rapporto di
amicizia, ma la sensazione che le causa il sentirsi rivolgere quelle
parole… è tanto intensa che ha paura che, se pure non l'hanno uccisa le
pallottole dei fucili, riuscirà a farlo quella semplice frase.
"Kureha"
Non riesce a mormorare altro che il suo nome, eppure ha la sensazione
che in quel momento nessuna parola possa contenere un potere maggiore
di quella che ha sussurrato da sola nelle lunghe notti, passate in
paziente ma fervente attesa davanti al Muro dell'Estinzione, disperando
di una chiamata che le avrebbe permesso di tornare ancora una volta nel
mondo degli umani.
"Kureha ascolt-" vorrebbe replicare, ma ancora prima che le sue labbra
abbiano iniziato a formulare una risposta la bocca di Kureha si è già
chiusa intorno alla sua, in un bacio frenetico e appassionato che le fa
girare la testa e battere il cuore con una tale forza che da un momento
all'altro non si meraviglierebbe di sentirlo schizzare via dal petto.
"Ti amo Ginko. Ti amo. Ti amo"
Le parole si sovrappongono e si accavallano l'una sull'altra in una
nenia quasi incomprensibile ma Ginko non ha bisogno di sentirle per
sapere che sono vere e che sono rivolte a lei, perché i baci di Kureha
sono tutto ciò di cui ha bisogno per sentirsi rassicurata che nulla più
potrà separarle da lì all'eternità.
Ma la passione che la bionda sta mettendo nel baciarla è tanto
inaspettata che presto la mora è costretta ad afferrarla per le spalle
e allontanarla di qualche centimetro da sé, giusto lo spazio necessario
per riuscire a prendere un paio di respiri affannati e rivolgere uno
sguardo incredulo alla ragazza.
"Gau! Kureha, dammi il tempo di respirare, potrei morire da un momento
all'altro se continui così"
La risata che le giunge alle orecchie è chiara e pura, e carica di una
tale divertimento che persino coi suoi sensi ovattati dalla carenza di
ossigeno è in grado di percepire la pura gioia che porta con sé e che si
riflette negli occhi azzurri e brillanti della persona che le ha rubato
il cuore, un numero di anni prima che ora le appare quasi infinito.
"Ti amo Ginko" mormora nuovamente Kureha, come se quella dovesse essere
la risposta a qualunque domanda dell'universo, chinandosi in avanti
ancora una volta per posare la fronte contro quella della ragazza più
bassa e lasciandosi sfuggire un sospiro di pura contentezza.
Ginko si lascia scappare uno sbuffo, ma la verità è che ha capito
perfettamente che cosa l'altra voglia dirle con quelle parole.
"Ti amo anche io, Kureha"
Mentre si stendono insieme sull'erba a fissare il cielo, l'una tra le
braccia dell'altra, sanno entrambe che non c'è altro posto in cui
vorrebbero passare il resto della loro vita.
Con la guancia posata contro la clavicola di Ginko, Kureha ha una
perfetta visuale del volto di quest'ultima e può permettersi pigramente
di studiarne i lineamenti, consapevole che i suoi lunghi capelli biondi
nascondono il suo operato molto più di quanto non possano fare le corte
ciocche scure dell'altra: non è la prima volta che si ritrova a farlo,
anche se nell'occasione che ricorda meglio la ragazza era in preda ad
una violenta febbre, dopo gli strapazzi causati dalle ragazze della
Tempesta Invisibile e i loro orribili piani per il party a sorpresa del
suo compleanno. Ai tempi, Ginko le era apparsa immensamente stanca,
irrequieta, con il volto segnato dalle profonde occhiaie dovute non
tanto alla mancanza di sonno quanto dal trascinarsi inesorabile verso
un obbiettivo irraggiungibile. Ha potuto riconoscere in lei quel
proposito, perché sa che quelle stesse occhiaie per molti anni hanno
marchiato anche lo spazio sotto i suoi occhi mentre si lasciava guidare
dal suo proposito di distruggere fino all'ultimo orso sulla faccia
della terra.
Ma ora, ora sul volto dell'altra ragazza non vi è più traccia alcuna di
quella disperazione che ne aveva distorto i tratti nei loro ultimi
giorni alla Arashigaoka, né i suoi occhi sono offuscati da quella
patina di costante tristezza che sembrava accompagnarla ogni volta che
i loro sguardi per qualche motivo si incrociavano.
No, ora Ginko ride ed i suoi occhi ridono con lei, e Kureha sente il
cuore battere più forte ogni volta che si scopre a fissare il volto di
quella che per tanti anni ha dimenticato essere sempre stata la sua
persona più importante.
"Kureha, non possiamo stare qui. Dobbiamo andare" mormora ad un certo
punto la mora, mentre disegna delicati cerchi sulla sua schiena con i
cuscinetti delle zampe "Dobbiamo cercare un riparo, tra qualche ora
farà notte"
La bionda si ritrova ad annuire mentre il suo lato pratico prende
nuovamente il sopravvento, sebbene non sia senza una buona dose di
rimpianto che solleva la testa dal petto su cui l'aveva poggiata sino a
quel momento. Ginko ne approfitta per posarle una carezza leggera sulla
guancia, usando poi la zampa per guidare le loro labbra un'ultima volta
le une contro le altre. Con un sospiro, Kureha si decide infine ad
alzarsi.
"Dove pensi che ci troviamo? Questo posto non assomiglia a nessuno che
abbia mai visto prima" mormora spostando lo sguardo sui dolci pendii e
sulla foresta che circonda il pianoro su cui sono atterrate da… da
dove? Non c'è nulla sopra di loro che possa giustificare una caduta
dall'alto e l'ultima cosa che ricorda è di essersi trovata sul tetto
della scuola mentre le altre studentesse piene di terrore puntavano
contro di loro i fucili.
Lo sguardo di Ginko è serio mentre osserva con attenzione ciò che le
circonda, ma dopo qualche minuto la sua espressione corrucciata sembra
distendersi abbastanza da lasciare spazio ad un piccolo sorriso.
"Non ne sono così certa, ma ho la sensazione di essere già stata in
questo posto tanto tempo fa. Credo di poter trovare una strada che ci
conduca via da qui" esclama, rivolgendo le ultime parole direttamente a
lei.
La verità è che nessuna delle due ha idea di quale debba essere la loro
direzione, perché già il fatto di essere vive è un evento
sufficientemente grande da stupirle senza giustificare necessariamente
uno scopo superiore. Specie se l'artefice del loro salvataggio le ha
poste in un luogo tanto sperduto e lontano da ogni forma di
civilizzazione.
"Andiamo?" mormora la mora porgendole, con quella che appare quasi una
traccia di esitazione, una zampa, come se avesse paura che Kureha
potesse in qualche modo decidere di rifiutarla.
Ma non c'è timore alcuno nel modo in cui la ragazza dagli occhi azzurri
allunga a sua volta una zampa per stringerla intorno a quella ricoperta
di soffice pelo corvino che le viene offerta, lasciando che i loro
palmi di adagino l'uno contro l'altro sino a sovrapporsi perfettamente.
Neppure nei momenti di maggior confusione, quando la tempesta
imperversava con le sue prime raffiche e il dolore per la perdita di
Sumika annullava ogni altro sentimento, neppure allora Tsubaki Kureha
aveva mai provato alcuna paura di Yurishiro Ginko.
Di certo, nulla al mondo potrebbe spingerla a provarne adesso.
"Andiamo"
E così si avviano, insieme, verso il loro nuovo futuro.
Nonostante Ginko affermi di non ricordare la strada, non c'è esitazione
alcuna nei suoi passi o nel modo in cui le sue zampe calpestano i
ramoscelli caduti lungo il limitare della foresta, generando uno
scricchiolio che si perde fra i mille altri rumori della natura.
Gli alberi alla loro destra offrono un riparo sufficiente dalla calura
e l'erba è morbida sotto di loro mentre camminano con passo spedito
verso quello che Kureha spera sia un riparo sufficiente per la notte,
che piomberà su di loro nel giro di qualche ora: non che lei abbia
paura, nonostante l'uso decisamente discutibile della sua forza in
passato Ginko si è dimostrata in grado di affrontare persino un intera
squadra di persone armate di armi da fuoco senza riportare più di una
leggera ferita, ed il tutto avvalendosi solo dell'aiuto delle sue zanne
e dei suoi artigli, e sebbene faccia ancora un po'fatica ad abituarsi
all'idea, ora lei stessa possiede quegli strumenti che le
permetterebbero di difendersi in caso di pericolo ma… non vuole neanche
pesare all'idea di doverli un giorno usare per attaccare qualcuno.
Persa com'è nei suoi pensieri, non ha notato il pendio farsi sempre più
ripido fino a trasformarsi in una piccola salita che, pur senza
tagliarle il fiato, le rende impossibile vedere cosa si trovi oltre la
cima della piccola collinetta che stanno scalando.
La vista che si offre ai loro occhi oltre l'ostacolo è quella di verdi
prati accarezzati dalla brezza che sembrano estendersi per miglia e
miglia degradando lentamente verso un lago e quello che sembra un
villaggio costruito sulle sue sponde, ma quello che veramente cattura
gli occhi di Kureha è la baita che si trova poco sotto di loro, a poche
centinaia di metri da un torrente cristallino che dopo pochi salti fra
le rocce sembra puntare con decisione verso lo specchio d'acqua più a
sud.
Il luogo appare disabitato, con le parti della costruzione in legno che
sembrano aver resistito meno all'opera delle intemperie rispetto ai
solidi muri di pietra e mattoni, mentre il tetto per quanto malmesso
sembra comunque promettere un riparo abbastanza solido. Nel complesso,
per quanto mostri quello che appare a tutti gli effetti come uno stato
di abbandono, la baita sembra quasi invitarle ad avvicinarsi e ad
usufruire della protezione che essa può offrire.
Kureha non è certa che quella sia necessariamente la soluzione
migliore, ma il villaggio appare troppo lontano perché possano
raggiungerlo prima che sia scesa la sera, e non hanno nessuna prova che
gli abitanti di quel paese le accoglierebbero a braccia aperte.
Sperdute e prive di risorse come sono, per di più impossibilitate a
fornire una spiegazione sul loro vagare in quella regione,
rischierebbero solo di mettersi ancora una volta in pericolo.
Ed entrambe sono concordi di averne avuto abbastanza, di pericoli, per
un bel po'.
"Non è molto, ma per questa notte possiamo farcelo bastare. Se per te
va bene" mormora Ginko con una leggera nota di apprensione nella voce,
sollevando appena lo sguardo per incrociare i suoi occhi purpurei con
quelli azzurri dell'altra ragazza "Se non te la senti, possiamo provare
al villaggio. Magari qualcuno sarebbe disposto ad accoglierci…"
Ma prima che possa continuare un dito, o per lo meno il suo
corrispettivo all'interno di una zampa, si è posato sulle sue labbra
zittendola all'istante, mentre la sua proprietaria si china in avanti
per posarle un bacio sulla guancia che spegne ogni protesta sul nascere.
"Andrà benissimo, Ginko"
Non importa se il tetto è rovinato e la cucina potrebbe allagarsi al
primo acquazzone, o se i muri sono pieni di spifferi per via delle assi
consumate e il mobilio scricchiola quando vi viene posato sopra
qualcosa di un po'più pesante: non è il luogo che conta, ma la persona
con cui lo ci si trova a condividere.
E Kureha non potrebbe immaginare qualcuno di diverso da Ginko con cui
farlo.
Se dovesse spiegarlo, Kureha è certa che non sarebbe in grado di
riuscirci: in un primo momento hanno deciso di fermarsi nella baita
solo lo stretto necessario per recuperare le forze dopo una giornata
decisamente piena di strapazzi, ma ad un certo punto qualcosa nella
loro testa deve essere cambiato mentre l'idea di procedere verso sud si
è fatta meno desiderabile. Probabilmente in un attimo tra il momento in
cui Kureha ha messo insieme i pochi beni commestibili per preparare la
colazione e quello in cui Ginko, una volta scoperta una vecchia ma ben
fornita cassetta per gli attrezzi in quella che a tutti gli effetti
sembra una rimessa, ha deciso di dedicarsi ai lavori di
ristrutturazione delle stanze principali.
In un primo momento, nessuna della due ha fatto veramente caso alle
reali dimensioni dell'edificio, ma ora che lo osservano meglio hanno
modo di rendersi conto che la costruzione ha stanze a sufficienza da
poter ospitare anche tre o quattro famiglie, o una sola particolarmente
numerosa.
"Ci serviranno comunque cibo e materiali" sussurra Ginko nel buio
mentre stringe a sé l'altra ragazza "Domani farò un salto al villaggio
e vedrò se riesco a procurarmi qualcosa"
E' implicito nel suo tono come voglia che Kureha rimanga lì, lontana
dai pericoli, e sebbene ogni singola cellula nel corpo della bionda
voglia protestare e urlare che no, lei non le permetterà di andare da
sola, le emozioni che si agitano in quegli occhi purpurei la spingono a
mordersi le labbra ed annuire in silenzio mentre adagia meglio la testa
contro il suo petto. Lo sa che l'altra farebbe ogni cosa per tenerla al
sicuro, anche servirsi di metodi drastici pur di assicurarsi che
nessun pericolo possa sfiorarla, ma questo non significa che il
pensiero di sapere Ginko camminare consapevolmente verso quelle che
potrebbero essere a tutti gli effetti le fauci del nemico, le piaccia.
E' appena poco più tardi dell'alba quando la giovane la saluta con un
bacio prima di uscire dalla porta, ed il gesto contiene una tale
intimità che la bionda non può non domandarsi se sia così che si saluta
un marito che esce per andare al lavoro, anche se subita che qualunque
mestiere una persona possa intraprendere riuscirà mai a farla sentire
tanto in ansia quanto vedere la schiena della persona che ama
scomparire a poco a poco in lontananza.
Per cercare di distrarsi, decide di dedicare il suo tempo a rendere
l'intera baita almeno un poco più vivibile attraverso un'intensa opera
di pulizie: è primo pomeriggio e lei è impegnata a spazzare via il
denso strato di polvere da una delle stanze da letto, quando sente una
voce che la chiama da fuori. Nessun sollievo è paragonabile a quello
che prova quando vede Ginko arrancare sotto il peso di un paio di
sacchi decisamente voluminosi, il volto incorniciato da gocce di sudore
che brillano sotto i raggi del sole che si trasforma in una maschera di
pura gioia quando vede la ragazza comparire sullo stipite della porta.
Come le spiega qualche minuto dopo, una volta che si trovano entrambe
sedute nuovamente al tavolo della cucina, il villaggio è abitato da una
piccola comunità di orsi che ha risentito relativamente poco degli
effetti della guerra contro gli umani e per questo ha continuato a
vivere in pace rispetto alle regioni più vicine al Muro dell'Estinzione.
"Il Muro è piuttosto lontano da qui, ma se vuoi tornare a casa posso
guidarti fin là" mormora la ragazza dai capelli corti, facendo rotolare
nervosamente un bicchiere tra le zampe "Posso immaginare che vivere in
un regno pieno di orsi non sia il tuo sogno più grande, considerato
quanto noi orsi siamo stati responsabili di…"
Ma come ha imparato a scoprire in quegli ultimi due giorni, Kureha
sembra avere una certa propensione a zittirla con un bacio ogni qual
volta le sembra di sentirle dire qualcosa di apparentemente stupido.
"Ginko, non c'è più nulla per me nel mondo degli umani" mormora ad un
soffio dalle sue labbra, stringendole il volto tra le zampe per
assicurarsi che gli occhi della mora non possano tentare di rifiutare
il contatto visivo "Ho lasciato tutto dietro di me quando ho ridotto in
pezzi il mio riflesso nello specchio e chiesto a Kumaria-sama di
trasformarmi in un orso. Credi che voglia davvero tornare in quel
mondo, in quella scuola dove non sarei altro che un'emarginata, sempre
che a Oki-san non salti in testa di spararmi ancora una volta? No,
questa ora è anche la mia gente Ginko. Non so se sarà migliore o
peggiore di quella che ho abbandonato, ma quello che conta per me è
avere te al mio fianco, in qualunque luogo possiamo trovarci"
Davvero, pensa Ginko, mentre lacrime di felicità scorrono senza freni
dai suoi occhi e le zampe gentili di Kureha gliele asciugano offrendole
piccole carezze di conforto, la presenza della ragazza al suo fianco e
la luce di pura fiducia e incommensurabile affetto che vede brillare
nel riflesso di quei profondi occhi azzurri sono tanto preziose, che
neppure mille anni di attesa di fronte ad un muro ostinatamente chiuso
le potrebbero apparire un prezzo troppo alto da pagare.
Non hanno idea di quanto si fermeranno in quella casa, ma questo non
vuol dire che non debbano fare di tutto per renderla confortevole:
Ginko si occupa dei lavori pesanti, dimostrando un'abilità in campo
manuale di cui Kureha si stupirebbe, se non avesse avuto sotto gli
occhi per settimane l'ottimo lavoro fatto alla finestra del suo salotto
dopo la precipitosa ed acrobatica fuga messa in atto da lei e Lulu nei
primi giorni del loro trasferimento alla Arashigaoka, mentre alla
bionda toccano le pulizie e la preparazione dei pasti.
E' una fortuna che entrambe siano abituate a prendersi cura da sole di
se stesse, perché questo permette loro di scivolare agilmente in una
routine quotidiana che, sebbene abbastanza piena e faticosa, non per
questo manca di soddisfazioni.
La prima volta che Ginko la porta al villaggio con sé, Kureha si
stupisce dell'affabilità con cui gli altri orsi le accolgono, dicendo
loro che è un sollievo che finalmente qualcuno abbia deciso di tornare
ad abitare in quella casa sulla cima della collina e offrendo loro
aiuto nel caso ne avessero bisogno: è tanto rinfrescante quella
completa mancanza di egoismo da parte della piccola comunità, che la
società umana non potrebbe apparirle più lontana e meno desiderabile.
Non sa da quanto tempo si siano fermate nella baita, ma un giorno le
sembra che l'intero luogo abbia assunto un'aria diversa che non riesce
a spiegarsi ed è solo quando quella notte le braccia di Ginko sono
strette intorno alla sua vita, che si rende finalmente conto di aver
iniziato a chiamare quel posto casa.
I mobili vecchi ma ancora in buono stato, le assi più chiare che hanno
usato per riparare le zone in cui il legno mostrava segni di cedimento,
le finestre ora non più coperte da quel velo di polvere che faceva
apparire la vista sull'esterno nebulosa, le suppellettili brillanti e
impilate in ordine rigoroso sulla credenza sono diventate tanto
famigliari che il pensare di non vederle più ogni giorno aprendo gli
occhi le appare quasi un sacrilegio. Nessuna delle due lo dice ad alta
voce, ma a poco a poco il desiderio di fermarsi e costruire una nuova
vita lì è diventato tanto forte che nessuna parola sullo spostarsi da
qualche altra parte ha mai interrotto le loro giornate.
Ma con questo silenzioso accordo, è anche nato il bisogno di trovare un
nuovo metodo di sostentamento: così, mentre Ginko inizia a parlare di
qualche campo da coltivare, Kureha pensa che un orto sarebbe perfetto
sul fianco della casa e prima ancora di rendersene conto entrambe
stanno già implementando quei nuovi compiti alla loro routine.
Non hanno un calendario che le aiuti a tenere il conto dei giorni,
anche se le giornate più calde ed i colori della natura le convincono
di trovarsi ormai agli inizi dell'estate, quando un giorno entrambe si
svegliano con la sensazione che qualcosa di incredibile stia per
accadere. Nessuna delle due sa spiegarsi il perché, ma l'intera
giornata passa con un senso di attesa ed eccitazione che si fa sempre
più potente con il calare della sera.
Quando sono sedute al tavolo per la cena e un sommesso bussare risuona
dalla porta di ingresso, entrambe si ritrovano a drizzare le orecchie e
rivolgersi uno sguardo d'intesa prima di mettere insieme la mano sul
pomello e girare.
Per qualche motivo, sanno che non dovrebbero essere così stupite nel
ritrovarsi davanti una ragazza dai lunghi capelli castani stretti in
due codini ed una frusta divisa scolastica bianca e verde che le guarda
con un sorriso tirato, mentre con una zampa coperta da fitto pelo
castano stringe a sé un bambino biondo ed assonnato che non potrebbe
mostrare più di quattro anni.
"Gau, scusate il disturbo Ginko, Kure-chin. Ma non sapevamo dove andare
ed abbiamo pensato di passare e chiedervi se potevate almeno ospitarci
per la notte"
Risate e lacrime si mischiano insieme mentre il piccolo Mirun si sfrega
gli occhi sforzandosi di non addormentarsi, mentre la sua sorellona
viene gettata a terra e stritolata dalla forza dell'abbraccio delle
altre due ragazze.
"Gau-ouch! Piano, Ginko mi stai soffocando! Kure-chin, mi stai
riempiendo la camicia di lacrime!" geme Lulu, mentre nonostante tutto
stringe a sé con forza maggiore le sue due più care amiche e lascia che
le lacrime scorrano anche le sue guance.
I miracoli esistono davvero, si dice Kureha mentre tutte insieme
capitombolano a terra riempiendosi i vestiti di polvere e fili d'erba,
perché non le viene davvero in mente un altro modo in cui potrebbe
definire quella realtà che ora si ritrovano tutte insieme a condividere.
Ora è davvero tutto come avrebbe sempre dovuto essere.
Nonostante l'aggiunta di due nuove persone alla loro famiglia, perché a
questo punto potrebbero anche iniziare a considerarla tale, la loro
vita prosegue in relativa tranquillità: Ginko lavora nei campi ed ogni
tanto Kureha le da una mano, mentre le faccende di casa e l'uso della
cucina sono passati nelle mani di Lulu. Lei e la bionda si recano anche
una volta a settimana giù al villaggio, mentre la mora preferisce
tenersene il più lontano possibile nel timore che qualcuno prima o poi
riconosca in lei la traditrice che è stata scacciata dalla Chiesa di
Kumaria molti anni prima. Qui il potere della chiesa non è molto forte,
ma il rischio permane e lei non ha alcuna intenzione di essere la causa
della rovina della loro famiglia, pertanto lascia che siano le altre
due ragazze ed il piccolo Mirun ad occuparsi degli acquisti.
Il principe è ancora troppo piccolo per essere di reale aiuto in casa,
ma la sua dolcezza ed il suo sorriso sono in grado di sciogliere il
cuore di chiunque ed al villaggio non c'è persona che non gli rivolga
un saluto sincero, quando lo vedono correre nella piazza stringendo tra
le zampe il suo onnipresente vasetto di miele. Kureha non potrebbe
adorarlo di più, spesso sedendosi di fianco al suo letto la sera per
raccontargli le storie che sia madre aveva scritto per lei quando era
ancora una bambina, e persino Ginko non può trattenersi
dall'arruffargli affettuosamente la scompigliata zazzera bionda quando
lo vede correrle incontro, per avvisarla che il pranzo è pronto.
Di tanto in tanto però capita anche che Lulu insista che le altre due
ragazze si prendano una giornata di pausa, e dopo aver messo loro in
mano un cestino per il pranzo le spinge fuori di casa invitandole a
rilassarsi e non farsi vedere fino a sera, chiudendo poi loro la porta
in faccia ignara delle loro espressioni sconcertate.
Dopo un paio di occasioni entrambe hanno imparato a non protestare e
semplicemente godersi quei giorni in cui possono passeggiare per il
bosco, stendersi sulla riva del torrente o dedicarsi alla scoperta di
nuovi panorami lungo le rive del lago.
E' in una di queste occasioni in cui Kureha avverte come una sorta di
pizzicorino che le fa fremere le orecchie e la spinge a fermarsi per
cercare di cogliere l'origine di un rumore inaspettato.
Facendo cenno a Ginko di non parlare, sforza il suo udito al massimo
fino a che non le pare di riconoscere quello che sembra il suono di
singhiozzi soffocati: nel momento in cui si gira per porre una domanda
alla mora, questa le sta già rivolgendo uno sguardo sufficiente a
convincerla della necessità di andare fino in fondo a quella storia, e
senza scambiarsi una parola insieme si avviano tra gli alberi.
In un piccolo spiazzo in mezzo agli alberi una piccola orsetta è seduta
a terra stringendosi il muso tra le zampe, e anche se dalla loro
posizione tutto ciò che possono vedere sono solo le sue spalle scosse
dai singhiozzi non è difficile capire che lo stato in cui si trova sia
quello di una profonda tristezza.
"Ehi piccola, perché piangi?" domanda Kureha nel tono più soffice che
le riesce inginocchiandosi a poca distanza dalla cucciola, per non
spaventarla torreggiando su di lei con la sua altezza.
Lo squittio di paura che risuona nell'aria è la prova che l'orsetta non
doveva averle sentite avvicinarsi, ma il fatto che non sia ancora corsa
via significa che o è troppo stanca o troppo terrorizzata per farlo: la
bionda spera vivamente che sia la prima opzione.
"E' successo qualcosa, qualcuno ti ha fatto qualcosa?" mormora Ginko
con una traccia di evidente preoccupazione nella voce, chinandosi al
suo fianco ma non azzardandosi ancora ad allungare un braccio per
toccarla "Non aver paura, siamo qui per aiutarti"
Forse è il suo tono calmo e pacato, che Kureha che certa di non averle
mai sentito usare prima neppure con il piccolo Mirun, che comunque
sembra preferire gesti più rustici a belle parole e complimenti, ma
dopo qualche minuto i singhiozzi sembrano calare d'intensità fino a
ridursi a nulla più che piccoli respiri affannosi, e finalmente
l'orsetta si decide a girarsi verso di loro.
La prima cosa che si nota di lei è la macchia di pelo bianco che
disegna la curiosa forma di una stella in mezzo ad una pelliccia per il
resto completamente nera, e che finisce inevitabilmente per essere il
particolare che cattura lo sguardo di chiunque posi gli occhi su di lei.
"Gausniff… davvero non volete prendermi in giro?" domanda con un filo
di voce carico di una tale tristezza che Kureha è certa di aver sentito
il suo cuore spezzarsi in due.
"No, perché dovremmo farlo?" domanda, allungando lentamente una zampa
per asciugare le lacrime dal musetto della piccola, che ora le fissa
con quella che sembra quasi una punta di speranza.
"Tutte le altre orsette mi prendono in giro perché sono diversa, perché
ho questa macchia sulla fronte mentre tutte loro no. Dicono che è per
questo che i miei genitori mi hanno abbandonata davanti
all'orfanotrofio quando sono nata e che nessuno mi vorrà mai per
questo. Dicono che anche Kumaria-sama non saprebbe che farsene di una
come me"
Il rumore di un ringhio a stretto trattenuto fende l'aria tagliandola
come un coltello, mentre la bionda si gira per rivolgere un'occhiata
stupita alla compagna: i denti di Ginko sono stretti tra loro con tale
forza che non si meraviglierebbe se da un momento all'altro dovessero
spezzarsi, mentre i canini appuntiti provocano un ticchettio che
all'altra ricorda situazioni molto meno piacevoli vissute nel mondo
umano.
"Ginko?" mormora Kureha non senza una nota di preoccupazione, incapace
di comprendere il comportamento dell'altra. Come riscuotendosi
improvvisamente da un sogno, la mora torna a posare lo sguardo
sull'orsetta ancora seduta a pochi passi da lei: il sorriso che le si
disegna sul volto e che prende il posto dello sguardo torvo di poco
prima è tanto malinconico da far pizzicare l'angolo degli occhi alla
compagna. Non ha bisogno di sentirselo dire a parole per sapere a cosa
Ginko stia pensando, perché quel passato di abusi e rifiuti è stato
condiviso da entrambe nel corso della loro infanzia, prima che la
testardaggine di non voler rinunciare al proprio amore le guidasse ad
ergersi senza paura contro le ondate di odio che venivano loro
quotidianamente rivolte. Ma non è detto che tutti siano in grado di
resistere con eguale coraggio e la cucciola che si trova di fronte a
loro è ancora palesemente troppo piccola per poter assumere sulle
proprie spalle un fardello tanto grande.
"So cosa si prova ad essere rifiutati" comincia la diciassettenne
offrendo all'orsetta un'affettuosa carezza fra le orecchie "Ma solo
perché ti sembra che tutto il mondo ce l'abbia con te, non è detto che
non esista qualcuno in grado di amarti"
"Gau… amarmi?"
"Sì" mormora la ragazza rivolgendole un sorriso sincero "Tutti hanno
qualcuno che li ama per quello che sono, e che è disposto a cambiare
pur di poterti stare vicino per sempre. Le persone che ti amano davvero
non sono quelle che ti costringono a nascondere chi sei, ma quelle che
accettano ed amano tutto di te"
E' una lezione che la coppia ha imparato a caro prezzo, perché è
l'equivoco che ha causato loro non pochi problemi in passato e quasi
finito per separarle per sempre, se i loro sentimenti non fossero stati
tanto forti.
La piccola sembra incantata dalle sue parole mentre la fissa con bocca
spalancata, le lacrime ormai dimenticate alla luce della nuova
rivelazione.
"Gau, quindi anche per me esiste qualcuno in grado di amarmi?"
"Non in grado" sussurra Kureha, allungando una zampa per donarle anche
lei una carezza fra le orecchie "Ma desideroso di farlo più di ogni
altro al mondo"
Il cinguettio deliziato che riceve in risposta e lo sguardo di supplica
di Ginko sono già più che sufficienti per convincerla.
La piccola, che durante il ritorno scoprono chiamarsi Aiko, ha sette
anni ed un carattere allegro nascosto sotto una spessa corazza di
timidezza: inoltre sembra adorare Ginko e pende letteralmente dalle sue
labbra, reagendo con incredibile meraviglia ad ogni sua spiegazione o
racconto, per quanto sciocco. La vista delle due che camminano fianco a
fianco è tanto adorabile che Kureha non può trattenersi dal
ridacchiare, lasciando che il suo passo rallenti abbastanza da far sì
che le altre procedano qualche metro davanti a lei: non ci sono più
tracce di furia repressa nella sua compagna, ora più che mai le appare
come la ragazza che avrebbe sempre dovuto essere, piena di vita e di
gioia da condividere con chi le sta intorno, e la figura che disegna
mentre passeggia zampa nella zampa con la piccola Aiko è tanto
commovente da farle scendere una piccola lacrima lungo la guancia.
Dopo qualche ora, la cucciola sembra essersi aperta abbastanza da
iniziare a raccontare loro della sua vita, ed immediatamente tutta
l'atmosfera gioiosa viene come succhiata via lasciando il posto solo ad
una rabbia bruciante nei confronti degli addetti dell'orfanotrofio.
Come possono permettere che qualcosa di simile possa accadere ad
un'orsetta tanto dolce e gentile?
E più i racconti procedono, disegnando un quadro di precoce abbandono e
chiara trascuratezza, più il desiderio di non permettere ad Aiko di
tornare mai più in quel luogo orribile si fa forte in entrambe, come
ognuna delle due può leggere negli occhi furibondi dell'altra quando si
girano per rivolgersi un cenno affermativo.
Sono ormai arrivate all'altezza del villaggio, quando Kureha si decide
finalmente a parlare.
"Dimmi Aiko-chan, ti piacerebbe venire a casa con noi?"
E' chiaro come la sua domanda abbia lasciato decisamente stupita la
piccola, ma lo stupore è ben presto sostituito da un'espressione mesta
mentre con la zampa inizia a strusciare nervosamente sull'erba.
"Siete state molto gentili con me, Kureha-san, Ginko-san, ma se non
torno a casa la direttrice se la prenderà ancora di più con me e mi
lascerà senza cena per punizione"
Quell'ammissione, detta con un tono tanto abbattuto, è la definitiva
goccia che fa traboccare il vaso.
"Aiko-chan" esclama Ginko con voce decisa, inginocchiandosi ancora una
volta in modo che i suoi occhi siano allo stesso livello di quelli
della cucciola "Se tu potessi scegliere, verresti con noi? O
preferiresti tornare all'orfanotrofio?"
"Se tutto questo fosse un sogno, se io potessi scegliere… mi piacerebbe
tanto poter rimanere ancora un po'con Ginko-san e Kureha-san" mormora,
chinando il musetto verso terra nel tentativo vano di nascondere le
lacrime che hanno già iniziato a brillare in mezzo al soffice pelo nero.
Come se non stessero aspettando altro, le due ragazze più grandi si
scambiano un'occhiata che ben presto lascia spazio a due sorrisi
egualmente carichi di felicità, che si trasformano in risate quando lo
squittio spaventato di Aiko risuona nello loro orecchie, nel momento in
cui Ginko la afferra fra le braccia per posarsela a cavalcioni sulle
spalle.
"Allora Aiko-chan, credo che non si sia più motivo per rimanere qui in
minuto di più. Andiamo a casa"
L'espressione di Lulu quando bussano alla porta e si ritrova davanti
non la coppia che aveva salutato quella mattina, ma un terzetto di
sorrisi scintillanti e sguardi imploranti le fa morire sul nascere ogni
desiderio di chiedere spiegazioni.
"Entrate" concede alla fine con un sospiro rassegnato.
A quanto pare, la loro famiglia è destinata a non smettere ancora di
allargarsi.
Una volta superate le barriere della formalità e delle prime settimane
di incertezza in un ambiente sconosciuto, complice anche l'allegria
inesauribile del piccolo Mirun, Aiko si rivela un'adorabile aggiunta
alle loro giornate. Nonostante questo, sembra non volerne sapere di
smettere di rivolgersi loro usando l'onorifico, cosa che fa scappare
più di uno sbuffo alle tre ragazze più grandi: se Mirun fa risuonare la
casa di energici Onee-tama e
di Ginko-baa-chan e Kureha-baa-chan, così non sembra
voler fare la loro aggiunta più recente. Anche mentre è impegnata a
preparare i biscotti al miele, che sono una specialità che non manca
mai nella loro casa, insieme a Lulu e al suo fratellino, il velo di
formalità sembra non volerne sapere di decadere e questo fa stringere
il cuore delle ragazze perché significa che la piccola non si sente
ancora abbastanza suo agio con loro.
Inizialmente avevano pensato di rapportarsi a lei come delle sorelle
maggiori, ma il modo in cui entrambe le offrono affetto è più attento e
profondo e ricorda più un sentimento genitoriale che uno fraterno. E
sarebbe tanto più facile considerare Mirun un cugino che un nipote,
considerata la minima differenza di età tra loro ed il fatto che
quest'ultimo chiami già ripetutamente le due ragazze le sue zie.
Da un lato lo desiderano, dall'altro non sanno minimamente quale
potrebbe essere la loro reazione se qualcuno dovesse iniziare a
chiamarle Kureha-mama e Ginko-mama, anche se Lulu ha già
iniziato con largo anticipo a prenderle in giro meritandosi più di
un'occhiata omicida in risposta.
Un giorno di tardo autunno, Aiko sembra scomparsa e solo dopo una buona
mezz'ora di panico riescono a trovarla nella legnaia, seduta dietro la
riserva di legno che hanno messo da parte per l'inverno con
un'espressione triste come non le vedevano negli occhi da settimane.
Avvicinandosi con cautela, mentre Lulu dopo essersi assicurata che la
piccola stia bene decide di tornare il cucina, per accertarsi che la
cena non esca fuori carbonizzata, Ginko e Kureha si ritrovano a
ripetere lo stesso comportamento di quel pomeriggio di qualche mese
prima, quando hanno trovato la piccola orsetta in un prato in mezzo ai
boschi.
"Gau, Aiko-chan, è tutto a posto? E'successo qualcosa?" mormora la
mora, con quella traccia di preoccupazione nella voce che a Kureha
riporta alla mente ricordi lontani di lei e sua madre nel giardino di
casa, quando la vedeva seduta in un angolo da sola in mezzo ai gigli.
Il cenno di diniego che ottengono in risposta è chiaramente falso, ma
entrambe hanno deciso di rispondere a quel rifiuto di parlare con
silenziosa testardaggine, lasciandosi cadere sedute al suo fianco
decise ad aspettare tutto il tempo necessario perché lei inizi a
parlare.
Occorre più di un'ora, prima che la voce spezzata della cucciola
risuoni flebile fino alle loro orecchie.
"Non è successo niente, è solo che tutte voi siete così gentili con me
che il periodo all'orfanotrofio mi sembra solo un orribile incubo. Il
pensiero di quel posto non mi spaventa più, ma mi fa ricordare che là
dentro c'erano altri cuccioli trattati come me, che venivano emarginati
e bullizzati dalle orsette più grandi perché erano diversi o erano
stati abbandonati dai genitori. E non posso fare a meno di pensare che
tutta la mia fortuna sia stata ingiusta, mentre loro non avranno mai
nessuno che gli voglia bene"
E' capitato altre volte che Aiko raccontasse loro dei suoi anni
trascorsi in quel luogo orribile, ma mai prima di quel momento il
discorso aveva riguardato altri orsetti rifiutati dal branco: per quel
che ricorda Ginko della sua infanzia, nel suo orfanotrofio è sempre
stata l'unica ad essere messa in disparte e Kureha sa che
all'Arashigaoka veniva scelta di volta in volta una sola ragazza da
usare come capro espiatorio. Ma pensare che in un paese così piccolo
potesse esserci più di un escluso e che nessuno avesse mai fatto nulla
per aiutarli… fa ribollire loro il sangue nelle vene.
"Aiko-chan, per ora non possiamo prometterti niente ma sappi che
troveremo un modo per aiutarli. Non lasceremo che quei cuccioli
soffrano ancora"
Per quanto le loro parole possano essere belle, è solo dopo lunghe
serate passate a discutere intorno ad un tavolo che le tre ragazze più
grandi giungono infine ad una decisione: sono consapevoli che non sarà
facile, ma tutte quante sanno bene cosa voglia dire una vita di dolore
e solitudine.
E nella loro casa c'è spazio a sufficienza.
Una mattina, Ginko e Kureha svegliano Aiko e la invitano a seguirle al
villaggio, trascinando con se un'orsetta confusa che non sa come
interpretare la strana piega che hanno assunto le loro labbra. Quando
riconosce il luogo in cui si trovano, avverte un'orribile sensazione di
abbandono che le fa salire le lacrime agli occhi e il desiderio di
scappare: l'orfanotrofio si erge con i suoi muri grigi a poche
centinaia di metri da lei, probabilmente pronto ad accoglierla ancora
una volta dentro le sue stanze spoglie e fredde.
Il sogno è stato bello finché è durato, ma prima o poi i sogni sono
destinati a rivelarsi appunto per quello che sono, mentre la dura
realtà torna prepotentemente a mostrarsi in tutta la sua crudele
indifferenza. Il desiderio di mettersi a correre e scappare è sempre
più forte, ma come a saperlo la zampa di Ginko si stringe con maggior
forza intorno alla sua costringendola a continuare a camminare al suo
fianco fino a che tutte e tre non si trovano di fronte alle porte della
costruzione.
"Aiko-chan" esclama improvvisamente Kureha, rivolgendole un'occhiata
carica di serietà. Non c'è dubbio che ora le elencherà tutto quello che
ha sbagliato in quegli ultimi mesi ed il motivo per cui hanno deciso di
riportarla in quel luogo orribile "Credi di saper riconoscere tutti gli
altri cuccioli che venivano esclusi come te, qui dentro?"
"Gau?" si ritrova a rispondere stupita la piccola, rivolgendo alla
bionda un'occhiata carica di confusione.
"Aiko…" mormora Ginko per la prima volta rinunciando al suffisso "Ci
abbiamo pensato molto a lungo e ne abbiamo anche discusso con Lulu e
Mirun a casa. Non è stato facile arrivare ad una decisione ma alla fine
abbiamo deciso di non poter semplicemente stare a guardare mentre altri
venivano trattati in modo così orribile sotto i nostri occhi"
"Per questo abbiamo deciso di fare esattamente quanto abbiamo fatto con
te la prima volta, e portare a casa i cuccioli che vengono maltrattati
qui dentro. E' chiaro che comunque qui non li vogliono, pertanto anche
se non abbiamo molto da offrire loro, per lo meno potranno vivere in
una casa piena d'amore"
Il grido di gioia che segue a quelle parole e l'abbraccio successivo
sono resi ancora più unici dal fatto che per la prima volta Aiko chiami
entrambe con il nome di mamma.
La baita ora appare più viva che mai, mentre risuona delle urla
esasperate di Lulu e delle risate dei sette cuccioli d'orso che corrono
su e giù per le scale o si rotolano nell'erba dei prati, presentandosi
poi a pranzo coperti di terra dalla punta del naso alla cima della coda.
Ma per quanto possano lamentarsi nessuna di loro si fa veramente caso,
perché l'atmosfera sempre festosa che la avvolge controbilancia le
grandi e piccole difficoltà che mantenere un gruppo di persone simili
porta con sé. Un paio degli orfani che hanno preso con loro sono
abbastanza grandi da poter aiutare nel lavoro, anche se Ginko si
assicura che nessuno di loro esageri, mentre i più piccoli aiutano
nell'orto, che hanno dovuto triplicare così per poter mantenere una
produzione sufficiente per tutti.
E' incredibile come persino in una vita modesta come la loro i cuccioli
riescano a trovare sempre un nuovo motivo per sorridere ed essere
felici, se i disegni che puntualmente vengono offerti a ciascuna delle
tre ragazze sono una prova sufficiente della loro felicità.
Con mezza dozzina di orsetti di varie età che scorrazzano per casa e
sembrano pronti a regalare sorrisi in qualunque momento, Kureha non
riesce a spiegarsi come chi lavora in un orfanotrofio non possa cercare
di fare di tutto per far sbocciare quella gioia in ogni momento della
giornata.
"L'orfanotrofio in cui sono cresciuta io era gestito dalla chiesa di
Kumaria" mormora una notte Ginko mentre riposano l'una tra le braccia
dell'altra, nei momenti ancora abbastanza lucidi che precedono il sonno
"Kumaster-sama si assicurava di ripeterci tanto spesso di essere
cuccioli non voluti, da spingerci a fare qualunque cosa pur di ottenere
il riconoscimento da parte di qualcuno. La predica su Kumaria-sama che
ci avrebbe amate se avessimo combattuto per lei, era solo l'ultimo
tassello per spingerci ad entrare nell'esercito di guardia al Muro.
Eravamo entusiaste, di poter mettere a rischio la nostra vita per
distruggere quei vermi degli esseri umani e tenere altro il nome della
nostra unica salvatrice"
Il suo tono è amaro, mentre nella mente di entrambe fluiscono i ricordi
in un campo di battaglia coperto da una fitta coltre di neve spazzato
da raffiche di vento gelido.
"Vuoi dire che tutti questi cuccioli verranno addestrati e poi mandati
al fronte?" esclama Kureha, sentendo improvvisamente un'ondata di
panico afferrarle la gola.
"Non so cosa sia successo al Muro dell'Estinzione dopo che ce ne siamo
andate, ma se conosco i membri della chiesa non avranno smesso un
attimo di cercare di convincere altri cuccioli della necessità di dare
la propria vita per una causa superiore"
"Ma è orribile! Dobbiamo fare qualcosa per fermarli!"
"Gau, credimi, nessuno più di me vorrebbe farlo. Ma Kureha" sospira,
passandosi una zampa sugli occhi per scacciare le prime tracce di sonno
"Non possiamo cambiare un sistema che va avanti da sempre. Rischieremmo
solo di venire escluse ancora una volta o peggio, additate come
traditrici ed uccise. Non possiamo far correre un simile rischio alla
nostra famiglia, per un risultato tanto incerto"
"Eppure non posso sopportare di vivere così in pace quando da qualche
parte migliaia di cuccioli vengono ogni giorno spinti a credere di
dover morire per ottenere una briciola di amore" mormora la bionda
nascondendo il viso nella spalla della compagna "Lo so che se non fosse
stato per quello noi non ci saremmo mai conosciute, ma il pensiero di
tutto quello che hai dovuto sopportare mi fa desiderare di poter
tornare indietro nel tempo ed assicurarmi che tu avessi una vera
famiglia"
"Sei tu la mia famiglia" mormora l'altra posandole un bacio sulla
chioma che spunta fra le orecchie "Tu, Lulu, Mirun, la piccola Aiko e
quella banda di scalmanati che abbiamo adottato insieme. E' vero che se
io non fossi stata abbandonata la mia vita sarebbe stata più semplice,
ma più felice? Gau, non credo che avrei mai potuto essere più felice di
quanto sono ora. Ma se lo stato degli orfani del regno ti preoccupa
tanto… Gau, perché non ne adottiamo degli altri?"
"Cosa?"
Gli occhi azzurri della ragazza sono tanto spalancati da brillare come
fari sotto i raggi della luna che filtrano attraverso le finestre, e
Ginko sente una risata inarrestabile risalire dalla parte bassa dello
stomaco sino ad esplodere nell'aria silenziosa della stanza.
"Non c'è nulla da ridere!" esclama la bionda sbattendole per altro un
cuscino sulla faccia "Per un attimo ho creduto che fossi seria!"
"Gau, ma io sono seria" mormora l'altra afferrandole un polso per
evitare una nuova salva di colpi sulla faccia, le labbra ancora
deformate da un ghigno divertito ma non per questo meno serio "Ne ho
parlato con Lulu già un po'di tempo fa, e ci è venuta un'idea che
potrebbe essere la soluzione migliore per tutti"
"E quale?"
"Di trasformare questa casa in un orfanotrofio vero e proprio.
Diciamolo, lo spazio non ci manca, e non possiamo continuare a
prenderli con noi senza dare una spiegazione plausibile. Prima o poi al
villaggio cominceranno a parlare, specie se continuiamo a portare a
casa solo cuccioli che la maggior parte definirebbe problematici. Ma
come orfanotrofio… sarebbero direttamente loro a venire da noi. E
chissà che altri non possano sentir parlare di noi e seguire il nostro
esempio. Così avvieremmo la nostra rivoluzione
della società senza rischiare di lasciarci la pelliccia nel
processo"
Le conseguenze di una simile scelta sarebbero inimmaginabili, questo è
certo, e porterebbero ad una rivoluzione prima di tutto nelle loro vite
e poi forse dopo nella società in cui vivono. Ma ora che l'idea è stata
esposta, Kureha non riesce a trovare un solo motivo per rifiutarla, e
certamente milioni invece per accettarla.
"Sei veramente certa di volerlo fare?" domanda non senza una punta di
incertezza "So che vuoi bene ai piccoli, ma vedo quanto fatichi per
cercare di mantenere tutti quanti e non voglio che tu debba assumerti
ancora più oneri"
"Se diventiamo un orfanotrofio, dovremmo acquisire anche un certo
numero di vantaggi che ci renderanno la vita più facile. E poi non so
cosa darei per vedere la faccia di Kumaster-sama quando verrà a sapere
della politica di educazione dell'orfanotrofio "Reia Tsubaki""
Se possibile, a quelle parole gli occhi di Kureha si spalancano ancora
di più.
"Vuoi intitolare l'orfanotrofio a mia
madre?"
"E perché no? In fondo è stata lei la prima ad accogliere un'orfana
ferita e sperduta in casa propria. Non potrei pensare ad un nome
migliore"
E così fanno, con i cori di giubilo della loro grande famiglia
allargata quando rivelano i loro piani e chiedono la collaborazione di
tutti: i lavori sono faticosi e le difficoltà da superare tante, ma il
giorno del diciottesimo compleanno di Kureha i preparativi sono finiti
e la Casa dei Cuccioli Non Voluti "Reia Tsubaki" può finalmente aprire
i battenti.
Circa un mese dopo l'inaugurazione, all'ora del tramonto mentre tutti
sono a tavola, un deciso bussare alla porta fa scattare immediatamente
le tre ragazze più grandi: nonostante le voci siano corse per la
regione, ancora nessuno ha deciso di affidare i suoi cuccioli a loro,
per questo sentono una punta di nervosismo al pensiero che quella possa
essere la loro prima volta.
Certo tutto si aspettano aprendo la porta, tranne che di trovarsi
davanti gli ardenti occhi rossi ed il labbro piegato in un ghigno
sardonico di Yurizono Mitsuko che le fissa a braccia incrociate,
reagendo alle loro bocche aperte con un cipiglio torvo.
"Era ora, pensavo aveste intenzione di lasciarmi qui fuori ancora per
molto"
Ginko inizia a pensare che questa storia del riportare in vita le
persone stia cominciando ad andare un po'fuori controllo. O che
Kumaria-sama abbia in realtà un pessimo senso dell'umorismo.
Sorprendentemente, ora che non c'è più per lei alcun motivo di tentare
di divorare Kureha, Mitsuko sa rivelarsi una persona tollerabile. Non
certo desiderabile, ma quanto meno tollerabile, ed una mano in più ora
che il numero di ospiti ha preso a crescere esponenzialmente è sempre
ben accetta.
Inoltre la sua causticità per qualche motivo sembra essere motivo di
ammirazione da parte di un paio dei cuccioli più piccoli, che hanno
preso a seguirla ovunque vada e a venerare quasi la terra dove cammina.
Forse è proprio in virtù di questo che la ragazza li tollera, o forse è
semplicemente perché in fondo un cuore lo possiede pure lei.
Ma è proprio quando sembra che le cose non potrebbero andare meglio,
che Ginko inizia a notare qualcosa che invece sta rapidamente
peggiorando: l'umore di Kureha sembra essersi fatto sempre più
malinconico con il passare delle settimane e sebbene la veda continuare
a ridere quando è insieme ai loro orfanelli, ci sono occasioni in cui
le sembra che un velo ricopra i suoi occhi azzurri rendendoli meno
vivi, più distanti, e la cosa la spaventa perché non riesce a
spiegarsene il motivo.
Il problema maggiore che le si pone sulla strada è l'immensa
testardaggine della sua compagna, capace di negare un problema fino
alla morte pur di non doverlo condividere con gli altri, ma Ginko non
ha aspettato per sette anni davanti ad un muro per niente e crede di
poter chiaramente dimostrare di essere lei a possedere la testa più
dura del gruppo.
Occorrono innumerevoli piccoli passi, alcuni talmente minuscoli che le
sembra non compierli affatto, prima di riuscire a mettere la bionda
nell'angolo e costringerla a rivelarle il motivo della sua tristezza.
"Ginko, non ti capita mai di sentire di rimpiangere il passato? Non
voglio dire che rimpiango di essermi innamorata di te, assolutamente,
ma… ogni tanto penso a com'era la mia vita tra gli esseri umani, e
nonostante le difficoltà anche là c'erano delle cose per cui valeva la
pena essere felici: mia madre, Sumika, l'aiuola dei gigli… sono tutti
ricordi importanti per me e so che vivranno per sempre nel mio cuore,
ma non ci sarà mai nulla di fisico in grado di ricordarmeli. Qui i
gigli non crescono, il libro di favole di mia madre è stato distrutto
da Oki-san ed il cibo non ha lo stesso sapore di quello che io e Sumika
condividevamo sul tetto della scuola durante la pausa pranzo. E sebbene
non possa immaginare nulla di più bello di quello che ho ora, ogni
tanto mi sento un po'triste a pensarci"
E' un discorso che lascia Ginko a riflettere mentre lavora sotto il
sole che si fa di giorno in giorno più caldo mentre la primavera
procede verso l'estate, e nelle lunghe notti trascorse con il corpo
della ragazza che ama stretto contro il proprio. Per i gigli forse più
a sud sarebbe in grado di trovare dei semi che permettano alla ragazza
di piantarne una piccola aiuola dietro casa, e in quanto al libro sente
che se Kureha volesse sarebbe in grado di riscriverlo da capo, ma per
il gusto del cibo… non ha idea di che fare.
Ha idea che quest'ultimo rimpianto sia dovuto a due fattori, il più
importante dei quali non ha soluzione dato che Sumika è ormai superiore
sia al concetto di orsi che di quello di umanità, ma ha la sensazione
che anche la cultura stessa del Giappone abbia la sua importanza e
crede che se Kureha potesse sperimentare almeno qualche abitudine
tipica del suo paese, potrebbe affrontare meglio la tristezza.
Il problema principale è che né lei né Lulu hanno trascorso molto tempo
in quel paese, e a parte la tradizione degli Hikkoshi Soba che hanno
astutamente girato a loro vantaggio per ottenere ospitalità in casa
Tsubaki, nessuna delle due ha idee su cosa festeggi il giapponese medio
nel corso dell'anno.
Il che, la spinge a dover chiedere aiuto all'ultima persona a cui
vorrebbe dovere un favore.
"Vuoi curare la nostalgia di casa di Kureha e sei venuta da me per
chiedere aiuto?" esclama non senza una certa nota di stupore Yurizono
Mitsuko, un giorno mentre sta pulendo il cortile "Credevo di non
piacerti ed invece guardati, qui davanti a me tutta disperata di
ottenere una mano dalla sottoscritta"
"Non credere che mi faccia piacere" ringhia l'altra scoprendo le zanne
in una chiara dimostrazione di irritazione "Ma sei quella che tra tutte
ha trascorso più tempo nel mondo degli umani quindi dovresti anche
essere quella che li conosce meglio"
"Beh, mi dispiace deluderti tesoro, ma io sono arrivata là solo un mese
prima di voi. A parte un paio di sciocche tradizioni riguardo
all'inaugurazione dell'anno scolastico non so nulla, e dubito che alla
tua fidanzatina piacerebbe particolarmente rivivere qualcosa che le
ricordi l'orrore del suo periodo liceale"
Il che fa precipitare sulle spalle di Ginko un senso di sconfitta tanto
totalizzante che persino il tono derisorio di Mitsuko le scorre addosso
senza causarle alcun effetto.
"Oh non fare quella faccia disperata adesso, non è mica la fine del
mondo! Vedrai che tra qualche giorno quei mocciosi urlanti le avranno
già fatto dimenticare tutti i suoi problemi"
La mora sa che deve trattenersi, non sta bene commettere un omicidio
dove i cuccioli potrebbero vederla e poi tentare di imitare il suo
esempio, ma certe volte le parole di Yurizono le lasciano addosso la
sensazione di avere la pelliccia impiastricciata di melassa e ogni
motivo è buono pur di allontanarsi da lei il prima possibile, ma quando
invece le sue parole raggiungono tali livelli di cinismo… è solo con
notevole autocontrollo che non usa le zanne per squarciarle la gola e
cancellarle una buona volta quel ghigno saccente dalle labbra.
"D'altro canto, se pensi che la tua biondina non sarebbe più in grado
di essere la stessa senza qualche sciocca tradizione, allora forse
conosco chi potrebbe aiutarti"
L'espressione dell'altra è tanto carica di stupore che gli occhi paiono
quasi schizzarle fuori dalle orbite, mentre fissa a bocca aperta la
ragazza passarsi una zampa fra le lunghe ciocche grigie.
"Non ho detto che lo farò gratis dolcezza, ho una condizione se vuoi
così disperatamente il mio aiuto"
A questo punto, Ginko sarebbe disposta anche ad entrare di soppiatto
nel palazzo del re degli orsi per rubare la corona dalla testa della
regina durante un'udienza di palazzo, ma suppone che la clausola di
Mitsuko riuscirà ad apparirle ancora meno desiderabile.
"Quello che voglio" conclude con un sogghigno che fa brillare gli
ardenti occhi rossi di una luce sinistra "E' che tu mi porti con te"
Trovare una motivazione che giustifichi il loro viaggio e soprattutto
il perché abbia intenzione di andare da sola con Mitsuko non è facile,
ma per fortuna ci sono una serie di faccende da sbrigare per conto
dell'orfanotrofio che giocano a suo favore. Questo comunque non
significa che Kureha non sia terribilmente incazzata con lei, la
mattina in cui all'alba salutano una assonnata Lulu sulla porta di casa
e si avviano verso la loro misteriosa destinazione.
Il viaggio è lungo, più di quanto Ginko avrebbe preferito soprattutto
quando con il passare dei giorni si rende conto che il loro cammino
tende a portarle sempre più vicine al Muro dell'Estinzione. Cosa che
dovrebbe preoccuparla, ma a pensarci razionalmente ha senso,
considerando che quello è il luogo in cui il confine tra i due mondi è
più labile e quindi per qualche motivo presume sia più facile trovare
ciò che cercano.
Ma se per lo meno ora che ha un'idea della loro destinazione finale si
sente un po'più tranquilla riguardo al viaggio in sé, non può dire lo
stesso della compagnia, tanto che dopo i primi giorni il silenzio che
le accompagna si è fatto tanto pesante che sta iniziando a pesare anche
sui suoi nervi ferrei.
"Ci vorrà ancora molto?" sibilla con impazienza una sera in cui sono
sedute ai lati opposti di un fuoco da campo "Sono giorni che viaggiamo
e ancora non hai voluto dirmi a chi stiamo andando a chiedere aiuto"
"Rilassati, ormai non manca molto. Saremo là in meno di tre giorni"
replica la ragazza con un gesto stizzito della zampa "E non pensare che
a me faccia tutto questo piacere viaggiare in tua compagnia. Troverei
più stimolante avere al mio fianco un insetto"
Per lo meno le sue parole si rivelano veritiere, perché se prima il
Muro dell'Estinzione le è sempre parso infinitamente lontano sulla
linea dell'orizzonte, ora si estende davanti ai loro occhi con tutta la
sua imponente maestosità in mezzo al paesaggio costantemente innevato
che lo circonda e che ricopre, cristallizzando nel tempo, i resti delle
feroci battaglie lì combattute.
"Quella è la Porta dell'Amicizia?" esclama Ginko non senza una buona
dose di incredulità: le terre che hanno attraversato per giungere fin
lì non avevano nulla di famigliare eppure eccole di fronte a quella
medesima porta di fronte alla quale lei ha atteso per sette anni la
telefonata da parte del Tribunale dell'Estinzione "Ma come è possibile
che si trovi qui?"
"La porta è sempre aperta, per chi si avvicina al Muro con sentimenti
di amicizia. Shabadadu"
Sulla bianca distesa su cui fino a quel momento non si vedeva anima
viva, improvvisamente fanno la loro apparizione tre figure avvolte in
eleganti completi da uomo. Quello che ha parlato tiene le zampe
incrociate sul petto mentre appoggia la schiena alla superficie stessa
del Muro che si estende all'infinito alle sue spalle.
"Yurishiro Ginko, rinuncerai al tuo amore o divorerai ragazze umane
questa volta?"
"Nessuna delle due" replica la diretta interessata facendo un passo
avanti con espressione decisa "Voglio solo trovare un modo per aiutare
Kureha a stare meglio"
"Kira Kira! E'un impegno nobile il tuo, voler aiutare con tale
disinteresse la persona che ami" sospira Life Beauty dedicandole uno
svolazzante inchino con la rosa che tiene fra le zampe.
"Cool! Ma andare nel mondo degli umani richiede sempre un prezzo, quale
sei disposta a pagare questa volta per farlo?"
"Non mi interessa andare nel mondo umano, voglio soltanto poter aiutare
Kureha. Ma se mi dite che l'unica soluzione possibile per farlo è
attraversare il Muro ancora una volta, allora sono disposta a pagare
qualunque prezzo"
"Shabadadu. Non c'è alcun desiderio egoistico questa volta che ti
muova? Nessun bruciante bisogno di cambiare la persona che ami?"
"Proprio perché non voglio che Kureha debba essere costretta a cambiare
troppo per restare con me… con noi, sono disposta a rischiare la vita
ancora una volta dall'altra parte"
La risata che risuona nel silenzio del campo di battaglia è tanto
inaspettata da spingerla a rivolgere ai tre membri del Tribunale
un'occhiata torva.
"Non c'è nessun motivo per cui tu debba farlo" esclama dopo qualche
istante Life Sexy, rivolgendole un sorriso divertito "Come ho detto
prima, la Porta dell'Amicizia è sempre aperta per chi è guidato da
sentimenti sinceri, ed ora che Kumaria-sama è tornata non c'è più alcun
bisogno per noi di occuparci di compiti che sono di sua competenza.
Puoi passare senza timore, Yurishiro Ginko, la porta si aprirà per te.
Che la tua vita possa essere felice. Shabadadu!"
Con un ultimo inchino, i tre orsi scompaiono come se non fossero mai
esistiti, lasciando dietro di sé solo le impronte delle loro zampe nel
luogo in cui si erano appoggiati al muro.
"Beh, devo dire che è stato più pittoresco di quanto mi aspettassi"
commenta Mitsuko, superandola per avvicinarsi per prima al portale "Ora
suggerirei di fare in fretta e concludere i nostri affari nel minor
tempo possibile, prima che a qualcuno salti in mente di iniziare a
spararci con un fucile"
Annuendo distrattamente, ancora troppo confusa dall'incontro di poco
prima, Ginko si avvicina alla porta di spesso metallo che separa il
regno degli orsi dal mondo degli esseri umani.
"A te l'onore" borbotta l'altra rivolgendole un ampio cenno con la mano
"Sei tu l'esperta di lavori pesanti"
I cardini cigolano appena ma la pesante lastra scivola con facilità
scoprendo a poco a poco un panorama che ad entrambe le ragazze è
piuttosto famigliare.
Perse come sono nell'osservare la struttura imponente della scuola, non
notano la figura che le sta fissando con occhi sbarrati.
"E voi che ci fate qui?" esclama una voce chiaramente femminile e che
sembra provenire dalla corta rampa di scale alla loro destra, che
connette l'aiuola con il giardino: qui, una ragazza dai lunghi capelli
legati in due codini ai lati della testa e brillanti occhi verdi le
osserva da una posizione accucciata, come se stesse cercando di
nascondere qualcosa con il proprio corpo.
"Gau, maledizione. Peggio di così non poteva anda-"
"Gesu~?"
Il suono di quella voce è talmente inaspettato che persino Mitsuko
rimane a bocca aperta, invece di attaccare la ragazza umana come aveva
inizialmente preventivato.
"E' tutto a posto Konomi, puoi stare tranquilla" rassicura Uchiko con
una luce di sincero affetto negli occhi, sollevando la mano per offrire
una carezza sulla testa di… Ginko non riesce a capire se quello sia un
orso pieno di parti bioniche o un cyborg a forma di orso, ma
onestamente niente la lascia più confusa del rantolo che sfugge
improvvisamente dalla bocca di Mitsuko.
"K-Konomi?"
"Gesu~!"
"Cosa ci fate voi qui? E' pericoloso ora più che mai per gli orsi
girare intorno alla scuola" esclama Uchiko rivolgendo alle due
un'occhiata severa, mentre allunga nuovamente le braccia per avvolgere
ancora una volta in un abbraccio protettivo l'orsetta spaventata
"Tornate indietro prima che qualcun altro vi veda"
Ginko improvvisamente si ricorda di lei, della giovane che era seduta
dietro il computer durante la sua esecuzione sul tetto dell'accademia.
"Tu sei quella che non ci ha sparato quel giorno! Eri quella vicino
alla macchina del Raggio Anti-Orsi!"
"Sì. Yurishiro-san, mi dispiace molto per come sono andate le cose quel
giorno, ho capito troppo tardi che non c'era alcun motivo per escludere
te e Tsubaki-san" mormora con tono malinconico, facendo scorrere una
mano sulla testa bionica dell'orsetta che le sta dando piccoli colpetti
con la fronte nel tentativo di tirarle su il morale "Poi ho incontrato
Konomi e ho capito che ragazze ed orsi possono essere amici se lo
vogliono, ma temo di essere l'unica che la pensa allo stesso modo qui.
Ma perché siete qui Yurishiro-san? Cosa vi porta di nuovo in questo
mondo?"
Nei successivi minuti, Ginko si prodiga a spiegare la situazione alla
ragazza, che ogni minuto che passa la fissa con occhi sempre più
spalancati. Nessuna delle due ha fatto caso a Mitsuko che ha salutato
entrambe con un cenno della zampa prima di scomparire chissà dove.
"Wow, sono successe davvero tante cose in questi mesi. Vorrei poter
dire che ci sono stati così tanti cambiamenti a scuola ma… ahimè, non è
così. Detto questo, voglio poterti aiutare Yurishiro-san! Tu non
puoi girare liberamente per la città, anche se riuscissi a
nascondere la tua vera forma c'è sempre il rischio che qualcuno ti
riconosca ma io…" conclude rivolgendole un luminoso sorriso "Io posso
camminare liberamente senza alcun timore. E credo di avere un'idea di
cosa ti possa servire per aiutare Tsubaki-san. Consideralo un pagamento
per avermi aperto gli occhi a come stanno veramente le cose nel mondo"
Il viaggio di Ginko nel mondo degli umani si riassume quindi in un'ora
trascorsa in compagnia di un orso bionico che non fa altro che ripetere
una sola parola osservandola con espressione confusa, mentre la sua
compagna di viaggio è scomparsa chissà dove a fare chissà cosa, e
Uchiko Ai è impegnata a portare a termine il compito che spetterebbe a
lei.
La prima a fare la sua apparizione è proprio Mitsuko, che ha disegnata
sul volto un'espressione estremamente soddisfatta di cui l'altra non
vuole conoscere il motivo: del resto, meno sa di lei e meno ha bisogno
di passare la notte a dibattersi fra i sensi di colpa per l'aumento del
numero di vittime alla Arashigaoka.
Pochi minuti dopo, anche la ragazza coi codini arriva di corsa
all'aiuola, stringendo al petto una borsa che si affretta a passare
nelle mani della mora non appena ha messo piede sull'ultimo gradino.
"Ecco Yurishiro-san. Non so cosa tu avessi in mente, ma credo che
questo potrebbe per lo meno fornirti qualche idea. Avrei voluto passare
a casa di Tsubaki-san per recuperare qualcuno dei suoi oggetti
personali, ma dopo la vostra scomparsa la sua casa è stata chiusa e
resa off-limits a chiunque. Persino transitargli intorno è considerato
sospetto"
"Ti ringrazio per quello che ha fatto, so che hai messo a repentaglio
la tua vita per noi e te ne sarò debitrice per sempre" mormora la
ragazza con un profondo inchino, ignorando lo sbuffo di Mitsuko che si
trova già dall'altra parte della porta.
"Non è stato nulla di che" sorride Uchiko rivolgendole un cenno di
ringraziamento, prima di lasciar cadere il braccio lungo il fianco ed
abbandonare il tono allegro in favore di uno più sobrio.
"Yurishiro-san, posso farti una domanda?" esclama, mentre la mora si
appresta già a riportare la porta alla sua posizione originaria.
"Certo"
"Se questo mondo dovesse diventare troppo pesante da sopportare… credi
che il mondo dall'altra parte sarebbe disposto ad accettare una coppia
di fuggitive?" mormora con una luce negli occhi che fa nascere un
sorriso sincero sulle labbra di Ginko.
"Tra i due mondi non c'è molta differenza. In entrambi le persone
vengono escluse se considerate diverse ma" conclude, prima che la
speranza dell'altra possa spegnersi del tutto "All'orfanotrofio abbiamo
sempre bisogno di un paio di mani, o zampe, in più. Sono certa che
sarebbero tutti felici di avere con noi una persona dal cuore tanto
gentile"
E' solo qualche ora dopo, quando il Muro dell'Estinzione si è richiuso
alle loro spalle e lei e Mitsuko hanno deciso di fermarsi per la notte,
che Ginko si decide a dare un'occhiata al contenuto della borsa che la
ragazza le ha affidato prima di salutarle.
Sente una risata divertita sfuggirle spontanea, quando si ritrova a
stringere tra le zampe una guida turistica agli usi e costumi del
Giappone.
Il viaggio di ritorno le sembra scorrere più veloce di quanto non abbia
fatto l'andata, soprattutto ora che si è liberata di un peso ed è in
grado di tracciare una strada più breve tra il luogo in cui si trovano
e l'orfanotrofio. Ciò non toglie che sia passato quasi un mese dal
giorno in cui sono partite, considerate anche le deviazioni per
concludere quelle commissioni che sono state la loro scusa per potersi
allontanare per tanto tempo. Ha idea che Kureha la ucciderà, ma spera
almeno che Lulu ed i cuccioli siano stati in grado di distrarla
abbastanza a lungo da non farla piombare nella tristezza.
Lei stessa sente una forza dirompente che la spinge ad affrettare il
passo nonostante il ritmo massacrante tenuto fino a quel momento,
perché il bisogno di poter stringere fra le braccia la ragazza che ama
e rubarle tutti i baci a cui è stata costretta a rinunciare nel corso
dell'ultimo mese la stanno facendo impazzire e la rendono sorda alle
proteste della sua compagna di viaggio.
Quando finalmente il famigliare lago ed il villaggio costruito sulle
sue sponde fanno la loro comparsa, deve trattenersi dall'iniziare a
correre per l'ultimo tratto che le separa dalla loro casa, nonostante
il respiro affannato di Mitsuko le suggerisca che pochi minuti in più o
in meno a questo punto non cambierebbero molto la loro situazione.
"Vai pure avanti, stupido orsetto del cuore. Lo vedo che muori dalla
voglia di riabbracciare la tua fidanzatina. Anzi, vai pure e
risparmiami il ritorno a casa melenso che avrà luogo, non ho alcuna
intenzione di mettermi a vomitare miele nel mezzo del cortile"
Con un cenno di ringraziamento, la giovane scatta in una corsa
invidiabile persino per un atleta riposato, figurarsi per una persona
che non ha fatto altro che camminare ininterrottamente per settimane:
nonostante la salita le tagli le gambe e le trasformi il respiro in un
susseguirsi di boccheggi affannati, nel momento il cui il cortile
appare sotto i suoi occhi sembra trovare una nuova riserva di energia
che la spinge ad accelerare ulteriormente il passo. La figura bionda
che fa improvvisamente capolino dalla porta, probabilmente per
richiamare i cuccioli in casa per il pranzo, è la ciliegina sulla torta.
"Kureha!"
"Ginko? Ma cosa.."
Prima ancora che possa formulare una domanda, le labbra di Kureha sono
già state intrappolate in un bacio mozzafiato che le fa tremare le
gambe e minaccia di farla piombare a terra, se le braccia di Ginko non
si stringessero con decisione intorno ai suoi fianchi.
"Sono tornata, Kureha" mormora la mora ad un soffio dalla sua bocca,
rivolgendole uno sguardo tanto pieno d'amore che la ragazza sente il
cuore minacciare di esploderle da un momento all'altro.
"Ho passato un mucchio di tempo a pensare a tutto quello che ti avrei
urlato addosso una volta che fossi tornata, ma adesso non riesco a
ricordarmene neanche una" sbuffa, con il poco fiato che le è rimasto
dopo l'atto di pochi secondi prima.
"Anche tu mi sei mancata, Gau Gau"
Quando mezz'ora dopo una distrutta Mitsuko mette piede nei terreni
dell'orfanotrofio, la vista che le si offre sotto gli occhi la spinge a
lasciarsi scappare un urlo carico di frustrazione.
"Dannate piccioncine, torno dopo un mese e la prima cosa che mi trovo
davanti è la coppia di idiote tutto zucchero che compiono atti osceni,
assolutamente prive di vergogna! Non c'è proprio più rispetto in questo
mondo!"
Nonostante il libro, Ginko ha la sensazione che non possa limitarsi a
offrirlo a Kureha come se niente fosse, ma debba piuttosto fruttare
quanto scritto al suo interno per prepararle una sorpresa. Il problema
è che, nonostante nelle ultime settimane lo abbia riletto abbastanza da
poterlo recitare a memoria, non ha la minima idea su quale possa essere
la soluzione migliore.
Il caso, o forse il destino, vuole che il suo sguardo cada in quel
momento sul calendario, che Lulu si è premurata di comprare durante una
delle sue visite al villaggio, ed un sogghigno si disegni sulle sue
labbra mentre si alza in piedi e corre a chiamare la sua migliore amica
e qualcuno dei cuccioli più grandi. Se tutto va per il meglio, in pochi
giorni avranno una sorpresa pronta per la loro bionda direttrice.
Una mattina, Kureha si sveglia per la prima volta con la testa
appoggiata sul cuscino piuttosto che sulla spalla della ragazza che ama
e la sua confusione non può che aumentare quando scopre che oltre a
Ginko anche Mirun, Aiko e tre delle femminucce più grandi sono
irreperibili, mentre una stranamente sorridente Lulu le serve la
colazione spiegandole come il gruppetto sia partito molto presto in
direzione del villaggio.
La situazione si fa ancora più strana quando vede piccoli gruppetti di
orsetti sussurrarsi nelle orecchie con fare cospiratorio ed
interrompersi o disperdersi non appena la vedono avvicinarsi.
Durante il corso della giornata, le sembra di essere l'oggetto al
centro dell'attenzione di tutti, ma anziché gli sguardi d'odio a cui si
è abituata durante la sua adolescenza sono occhiate cariche di
aspettativa: non per questo i suoi nervi non stanno iniziando a
soffrirne.
Ma l'apice delle stranezze è raggiunto quando Lulu la afferra per le
spalle e la guida con forza sorprendente dentro la sua stanza prima di
chiuderla a chiave all'interno, sorda ad ogni sua protesta, prima di
rivolgerle un paio di scuse sommesse ed avviarsi di corsa verso il
punto in cui si sono riuniti tutti gli altri.
Le urla che provengono dal cortile stanno facendo pian piano impazzire
la bionda, che non riesce a spiegarsi il motivo di tutta
quell'agitazione e cosa possa aver spinto le altre ad arrivare a metodi
così estremi per toglierla dalla circolazione, ma dato che non c'è
molto che possa fare si limita a sedersi sul letto a gambe incrociate
ed aspettare con pazienza.
Dopo quello che le sembra un tempo infinito sente il chiavistello
finalmente girare, ma quando posa lo sguardo sul corridoio non c'è
nessuno ad attenderla ed il tutto non può che far raggiungere alla sua
confusione livelli stellari. Decisa a venire a capo di quella storia,
attraversa la sala adibita a mensa ed il corridoio dell'ingresso prima
di mettere piede nel cortile.
A quel punto, il respiro le si mozza il gola.
In fila di fronte a lei stanno una ventina di cuccioli di diversa età
avvolti in quelli che appaiono chiaramente come degli yukata colorati,
anche se le tinte unite e i bordi sfibrati sono una chiara prova che
nessuno si sia limitato a fare nulla di più che avvolgersi intorno al
corpo dei teli colorati.
In compenso, il fascio di rami di bambù piantati nel terreno da cui
pendono diversi cartoncini colorati è identico a quello che sua madre
preparava in un angolo del salotto ogni anno, mentre su un tavolino
poco lontano spiccano una manciata di penne e una piccola pila di altri
tanzaku bianchi, pronti per essere compilati e legati ai rami.
"Kureha" la chiama una voce alle sue spalle, che non appartiene ad
altri che ad una Ginko avvolta in quello che sembra uno yukata più
ricercato degli altri, almeno per la stampa floreale che lo decora sui
bordi "So che sentivi la mancanza del mondo umano, ma non sapevo come
fare per farti stare meglio. Così io ed i ragazzi abbiamo deciso di
mettere le mani su una piccola tradizione di quel mondo e… adattarla,
per quanto possibile. Ti piace?"
Lo slancio con cui la bionda si getta fra le sue braccia ed il bacio
che segue subito dopo sono la prova che questa volta deve aver fatto
qualcosa di giusto.
"Dimmi Ginko, perché tra tutte le feste proprio il Tanabata?" mormora
Kureha qualche ora più tardi, mentre è seduta sulla panca che la mora
ha costruito qualche mese prima usando delle vecchie assi e su cui di
tanto in tanto si fermano per osservare le stelle.
"Gau, beh, in primis direi perché era la festa più vicina e non
riuscivo a sopportare di vedere oltre quel velo di rimpianto nei tuoi
occhi. E quanto alla seconda motivazione… non trovi che la leggenda del
Tanabata sia piuttosto calzante per noi due?"
La risata di Kureha è chiara e divertita, mentre la sua proprietaria si
accoccola meglio fra le braccia sempre aperte della compagna.
"Stai dicendo che noi siamo come Orihime e Hikoboshi? Posso immaginare
il Fiume Celeste come il Muro dell'Estinzione, ma chi dovrebbe essere
il Re del Cielo? E poi loro due erano sposati, e potevano vedersi una
volta all'anno. Io mi ero dimenticata di te e sono dovuti passare sette
anni prima di poterci rincontrare"
"Gau, ho detto che gli assomigliamo, mica che la nostra storia è
esattamente uguale alla loro. Anche se, riguardo una delle differenze
che hai elencato, quella possiamo risolverla molto in fretta"
"Cosa intendi dire?" esclama la bionda, staccandosi da lei per
rivolgerle un'occhiata confusa.
Gli occhi di Ginko brillano del riflesso delle migliaia di stelle del
cielo, mentre si china in avanti per posarle un bacio a fior di labbra.
"Beh, per cominciare, potresti accettare di sposarmi"
Note dell'autrice:
Vorrei poter dire di avercela fatta, ma in realtà ho un
po' barato nel finale pubblicando prima di aver finito di correggerla.
Chiedo perdono, ma è diventata talmente lunga che per un attimo ho
temuto persino di non riuscire a finire di scriverla e rimanere ancora
nel 7 luglio!
Ecco comunque per il mio terzo anno di fila il mio special dedicato al
Tanabata: in verità quest'anno causa esami volevo rinunciarci, ma ieri
mattina stavo ascoltando quella meraviglia di canzone che è Shattered
dei Trading Yeasterday mentre andavo in università alle sei e mezza, e
PUF! L'ispirazione mi è piombata addosso con il peso di una balenottera
azzurra. Nonostante la canzone abbia una testo tristissimo e questa
storia sia tutto... meno che quello.
Ergo, una volta che avevo l'idea non potevo non scriverla! Sarebbe
stato un sacrilegio.
Detto ciò, Yuri Kuma Arashi... l'anime più bello del mondo a mio
avviso, ma in questo caso del resto parliamo di gusti personali. Ma è
bello avere una serie che dietro quintali di simbolismo nasconde
tematiche vive ed attuali.
Questa fanfiction al contrario contiene zero simbolismo e solo tanto
desiderio di immaginare un futuro dove tutte sono vive ed in salute e
riempono il mondo di miele e dolcezza. Sono stupita persino io di
quanto Ginko e Kureha siano schifosamente mielose qui, ma per qualche
motivo ho la sensazione che, una volta eliminato l'aspetto della
perversione (oh andiamo, le fantasie a occhi aperti di Ginko sono da
oscar!) quelle due sarebbero una coppietta piena di zucchero e buoni
sentimenti. Non vai contro il mondo intero per qualcosa di meno di un
amore totalizzante del resto.
La verità, è che nell'ultimo periodo ho letto troppe fanfiction
post-anime su La rivoluzione di Utena (perchè Ikuhara docet!) e quindi
ho sentito l'impulso di imitare almeno un po'quei capolavori... ma
sfruttando Yuri Kuma Arashi invece di Utena!
Ci sono riuscita? Non so. Ma ora non voglio più sentire questo pc
bollirmi sulle gambe per almeno una settimana!
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