wedding
.
Sto per sposarmi.
Questa
è l'unica verità che ruzzola e si arrabatta nella
mia testa, travolgendo tutto il resto.
Sto per sposarmi.
La
stoffa del vestito – il
mio vestito da principessa –
mi riempie la testa col suo morbido fruscio quando, per l'ennesima
volta, ignoro lo specchio e ricomincio il mio angosciato andirivieni a
piedi nudi in
questa ampia stanza dove, sotto gli occhi pazienti di Anna, sto di
sicuro cercando inconsciamente di scavare il remake del solco
della preoccupazione
di zio Paperone.
-Ray,
prendi fiato e cerca di stare tranquilla.- mi dice,
guardandomi con quei suoi occhi color ghiaccio e sorridendomi,
incoraggiante – ma io non riesco a calmarmi, a prendere
fiato, a
tranquillizzarmi, perché sto per sposarmi ma c'è
qualcosa
che manca e che mi impedisce di sentirmi felice come, in teoria, dovrei
e vorrei
essere.
-Non
posso farlo.- mugolo, infilandomi le dita nei riccioli biondi
che Anna vorrebbe raccogliere per lasciarmi scoperto il
viso, ancora struccato. -Non posso sposarmi adesso.
Non posso.- continuo a gemere, sconvolta, lanciando un'occhiata al
grande specchio che mi restituisce uno sguardo disperato, angosciato,
vuoto.
Non
posso uscire da questo boudoir
ottocentesco, non posso percorrere il salone del castello
affittato solo ed esclusivamente per il mio matrimonio, non posso
raggiungere Ben e non posso sposarlo – nonostante sia la cosa
che
desidero di più in questo mondo no, io non posso farlo.
-Un
po' di panico è normale, Ray!- sospira Anna, esasperata,
ma io scuoto la testa: il mio non è panico, non è
paura,
non è insicurezza... quello che sento io è
un'indicibile,
profonda e incolmabile mancanza.
Io non
posso sposarmi così, in questo posto meraviglioso,
vestita delle sete e dei pizzi più belli e sontuosi, con
l'uomo
della mia vita, perché mi manca qualcosa –
qualcuno –
Will.
Solo
il pensiero del suo nome mi stiletta il petto con una violenza inaudita.
Will.
Io non
posso sposarmi perché qui non c'è Will.
Da
quando io ed Angel abbiamo litigato, due anni fa, William ed io
ci siamo sentiti sempre più di rado: ho cercato di
allontanarmi un poco da lui per non causargli discussioni, imbarazzo o
segreti con la sua compagna: ne ho sofferto, ne ho sofferto così
tanto, ma era la cosa giusta da fare...
lui vive in America, la stessa America da cui io sono fuggita a
diciott'anni, vive la sua vita ed è felice, realizzato...
mentre
io sono qui, terrorizzata, con addosso il mio vestito da sposa mentre
tutte le persone che vogliono bene a me e a Ben sono là
fuori ad
aspettare – mentre Ben
è là fuori ad aspettarmi – e mi lascio
sopraffare dal panico che provo all'idea
di fare questo passo senza William al mio fianco.
L'affetto
che provo per lui non è mai venuto a
mancare, non è mai scemato, non si è mai spento:
Will
rimane, per me, lil fratello che mi ha salvata quando non volevo essere
salvata, il fratello che mi ha sempre sostenuta nei momenti di
debolezza, il fratello che ho il terrore di aver perduto... e la colpa
è solo mia.
Io ho allontanato William da me, io ho cercato di
tagliare i ponti per permettergli di andare avanti senza di me, io sono l'unica da
biasimare per tutto questo... e sempre io sono troppo
spaventata per uscire da questa stanza e andare a sposare l'uomo della
mia vita. Perché
Will non è qui.
-Non
è panico, Anna.- sospiro, lasciandomi cadere su una
soffice poltroncina in broccato che, se fosse autentica, varrebbe
almeno quanto un mio polmone sul mercato nero. Nascondo il viso fra le
mani, sconsolata, sentendo ogni singolo battito del mio cuore impazzito
riverberarmi nei polpastrelli accaldati. -Ma non posso.-
Non posso.
-Allora
diamocela a gambe. C'è un'auto qua fuori piena zeppa
di regali di nozze: saltiamo su e filiamo verso il tramonto.-
Riesco
chiaramente a sentire il mio cuore fermarsi quando qualcuno che non è
Anna mi rivolge questa assurda proposta.
Se io
fossi in un film o in un libro di certo rimarrei immobile,
sconvolta, prima di alzare lentamente lo sguardo per scoprire, in un
fulgido lampo di consapevolezza e di gioia, che William è
davvero qui, che non mi sono sognata la battuta di pessimo gusto con
cui ha deciso di fare la sua maldestra e familiare entrata in
scena – ma questo non è un libro, non
è un
film, non è nemmeno una delirante fantasia adolescenziale. E
proprio per questo io alzo gli occhi ad una velocità
ipersonica,
sapendo di essere diventata pallida come un cencio, nello stesso
momento in cui il mio stomaco fa un triplo salto carpiato.
-Will...- riesco
solo ad
esalare, senza fiato. Lo guardo, sconvolta, riconoscendolo solo dopo un
intero
secondo di puro sbigottimento: William è proprio
lì,
sulla soglia del boudoir,
con indosso un completo grigio che gli sta benissimo, i soliti capelli
biondi e arruffati, il volto sbarbato alla perfezione e gli occhi
azzurri, gli
occhi azzurri che io conosco così bene, che
riflettono il suo sorriso caldo, accogliente, divertito.
Dopo
quel secondo sento solo il vestito ondeggiare come una
mareggiata attorno alle mie gambe e il parquet pulsare sotto i miei
piedi scalzi mentre corro verso di lui, rischiando di inciampare sui
tre gradini posti strategicamente in mezzo alla stanza da un qualche
sadico architetto medievale e incespicando nella gonna prima di
buttargli le braccia al collo e scoppiare in un pianto a dirotto. -Sei qui!-
strillo, disperata, fra le lacrime, stringendomelo convulsamente
addosso e beandomi della sensazione di calore avvolgente, sicuro e
protettivo che ho sempre provato fra le braccia di William.
Il suo
petto vibra di una risata sommessa quando mi serra le braccia
muscolose intorno alla vita, abbassando la testa per appoggiare la
fronte alla mia spalla, come
ha sempre fatto. -Will...-
singhiozzo, alzando lo sguardo e stringendogli le mani sulle guance,
toccandolo perché ancora non sono certa che sia qui davvero, che non
sia solo il parto della mia povera mente malata.
Will
sorride, ma riconosco una traccia di lacrime trattenute a
stento in quelle iridi celesti e limpide che non sono affatto cambiate
in questi lunghi mesi di distanza, di silenzio, di stupidità –
perché io sono stata una stupida
e lo so, ma adesso non importa, adesso il mio migliore amico
è
qui fra le mie braccia e tutto va bene, tutto andrà bene,
tutto
non può che andare bene, perché Will è qui.
-Non
piangere, raggio di sole. Sono qui.- mi prende in giro, ed io
non riesco a far altro che a scoppiare di nuovo a piangere,
boccheggiando come un pesce fuor d'acqua.
-Come...
chi...- lancio un'occhiata al di sopra della mia spalla,
cercando la mia amica con lo sguardo e trovandola lì
dov'è stata finora, seduta accanto alla toeletta, sconvolta
dall'apparizione di Will almeno quanto me. -Anna?- le chiedo ma, in
fondo, so già che risposta mi darà.
-Non
guardare me!- esclama, infatti, con una vocetta stridula che non le
appartiene.
Io
torno a guardare Will, quasi piantandogli le unghie nelle spalle
per essere certa che non mi sfugga, dimenticandomi per un istante
dell'infarto che sicuramente ha mandato a puttane almeno una buona
metà dei neuroni sani che mi erano rimasti quando, dalla sua
espressione, ottengo la muta conferma di ciò che il mio
cuore
già sa.
-...Ben.-
riesco solo a mormorare, mentre un sorriso mi sboccia
sulle labbra e nel cuore. -Ti ha chiamato Ben.- ripeto, scuotendo
appena la testa e reprimendo a stento la risata isterica, sollevata e
felice che sento salirmi in gola dritto dallo stomaco che, da annodato
e in subbuglio qual'era fino a poco fa, ora si è disteso e
brontola perché ha una fame da lupi e si mangerebbe William
tutto intero pur di essere placato a dovere.
-E ha
fatto bene.- annuisce, lui, con una decisione tale che non
posso fare altro che scuotere la testa, sconvolta dalla
familiarità e dalla complicità che c'è
fra me e
lui e che ero così spaventata di aver perduto. -Avevi
davvero
intenzione di sposarti senza dirmi niente? E poi chi ti avrebbe portata
all'altare, scusa?- mi rimprovera, aggrottando le sopracciglia in quel
modo che mi ha sempre fatto tanto ridere.
Realizzo
ciò che ha detto con qualche secondo di ritardo, lo
ammetto, ma mi si può perdonare: alle spose si perdona tutto.
-Io...
tu...- boccheggio, sgranando gli occhi e fissandolo. -Will...-
Già.
Will. Il fratello che non avrei mai pensato di avere, l'amico che mai
avrei sperato di trovare.
Altre
lacrime mi rotolano sulle guance quando non riesco a fare
altro che buttarmi di nuovo fra le sue braccia – e adesso so
che
tutto andrà bene, che tutto sarà perfetto, che
tutto
sarà come ho sognato – perché Will
è qui con me.
.
In
questo castello la navata è troppo lunga. La strada che devo
percorrere è troppa.
Vorrei
ignorare le facce dei familiari di Ben, degli amici, di mia
sorella.
Vorrei
calciare via le scarpe e fare questi quindici metri di
corsa, a piedi nudi, perché là in fondo
c'è l'uomo
della mia vita e tutto ciò che voglio è correre
da lui,
che è l'unico volto nitido che riesco a mettere a fuoco in
questa grande sala gremita.
Vorrei
strapparmi dal viso il velo per
poter ricambiare il suo sguardo che mi trapassa fin qui, che
è
pieno d'amore e di felicità e che, vorrei dirgli,
è tutto
ciò che desidero dalla mia vita, tutto ciò che mi
basta,
tutto ciò che mi completa.
Non lo
faccio, perché l'agonia che provo ad ogni passo – troppo lento –
è dolce e sospirata come un sorso d'ambrosia e, nonostante
tutto, in me, scalpiti, sono decisa a godermi tutti gli istanti
possibili di questa interminabile attraversata.
L'ancora
che mi
trattiene è il braccio di Will, forte e saldo e
rassicurante, ed
un fiotto di tenerezza mi avvolge quando mi accorgo che mi sta
stringendo la mano con fin troppa decisione – Will
è
agitato quanto me, Will sta combattendo la sua battaglia interiore,
quella che non ha mai smesso di tormentarlo: quella di chi non vorrebbe
mai permettere ad una persona a cui vuol bene di volare via,
perché sa che, da quel momento in avanti, il terrore di
vederla
cadere lo accompagnerà per sempre.
Eppure
è proprio lui che mi guida, un passo dopo l'altro,
verso il cielo azzurro ed infinito e pieno di speranza e di gioia che
ha il volto ed il sorriso di Benjamin Barnes. È proprio lui
che,
quando la navata e la folla svaniscono alle mie spalle, scioglie la
stretta delle mie dita per posare la mia mano su quella di Ben,
scostandomi da sé quando spalanco le ali e mi lascio
abbracciare dal
calore del Sole, del vento e dell'infinito.
E tutto il resto smette di
esistere.
-Chi
offre questa sposa?- chiede padre Dwight, ma io non me ne rendo
conto e non me ne importa un fico secco. Per me c'è soltanto
Ben.
-Il
fratello.-
Will
si tira indietro, non senza aver stretto affettuosamente una
spalla a Ben, e sparisce in quella nebbia sfocata ed opalescente in cui
tutto il mondo è sprofondato nel momento stesso in cui sono
arrivata qui e ho guardato l'uomo accanto a me – l'uomo che
sta per diventare mio marito – Ben.
È
bello, Ben, è radioso come non mai. Gli tremano le
dita quando scosta il velo e finalmente posso vederlo, posso
abbracciarlo con lo sguardo sperando che possa scorgere, nei miei
occhi,
tutta la gioia e l'amore che provo, tutta l'impazienza che scalcia e
nitrisce dentro di me: non riesco ad aspettare, non ho aspettato altro
che questo per tutta la mia vita.
Questo
è il nostro
nuovo inizio.
Non
sento nemmeno mezza parola della messa che padre Dwight celebra
per iniziare la cerimonia: per me c'è solo il suono del
respiro
di Ben, il colore dei suoi occhi, la forma del suo sorriso. Rimango
immobile, al suo fianco, stringendo le sue mani nelle mie mentre un
angolino della mia testa si chiede se sia possibile morire di
felicità.
E poi
giunge, più rapidamente di quanto mi aspettassi, il momento
delle promesse.
-Ray.-
Il mio
nome, pronunciato da lui, è bellissimo.
Mi
stringe le mani – e gli tremano, le sue – e mi
guarda, schiarendosi la voce prima di continuare. -Quattro anni fa sei
arrivata nella mia vita come un fulmine
a ciel sereno, e l'hai resa migliore di quanto non fosse mai stata
prima d'allora. Mi hai reso la persona migliore che io potessi e
potrò mai essere, e più felice di quanto di certo
non
sarò mai più senza di te.-
Vorrei
gridare, a lui e a tutto il mondo, che quanto ha appena detto
lo avrebbe potuto urlare anche il mio cuore: sento gli occhi inumidirsi
e sorrido, e so che lui capirà queste mie reazioni per
quello che sono, per quello che vorrei dirgli, che sento, che provo.
-Con
te voglio vivere e
invecchiare fino all'ultimo giorno della nostra vita, e condividere
tutto l'amore e la serenità che saremo in grado di trovare
l'uno
nell'altra.- continua, prima di sfilarmi il guantino di pizzo bianco,
allungare una mano verso il paggio e prendere la fede d'oro che reca il
suo nome. -Con questo anello io ti sposo.- sussurra, pianissimo, senza
mai scostare gli occhi dai miei.
Il
peso di questa sottile fascia di metallo mi trasmette una scarica
elettrica che mi riempie la pelle di deliziosi, delicati formicolii:
non ho mai portato anelli, prima d'ora, ma all'istante comprendo che
non mi separerò mai da questo, che porta
inciso questo giorno di giugno e il nome dell'unica persona, in questo
mondo, che non potrò mai smettere di amare.
-Ben...-
mormoro, prendendo un lungo respiro prima di alzare gli occhi su di
lui. -Tu mi hai salvata. Nel momento stesso in cui ti ho
incontrato tu mi hai salvata... dall'unica persona che potesse
distruggermi davvero: me stessa.-
Pronunciare
queste parole, che non gli ho mai detto e che non credo gli
ripeterò mai più, vale molto più di
quanto avessi pensato quando ho scritto le mie promesse. Lui lo sa, sa
quanto importante è sempre stato per me, ma colgo la sua
espressione rischiararsi e le sue labbra tremare appena quando sono
proprio io a dirlo a voce alta, davanti a lui e a me stessa: non
c'è mai stato l'orgoglio, fra noi, è vero, ma...
adesso, finalmente, non c'è nemmeno più nessuna
paura.
-Mi
hai insegnato ad amare ed io ho
imparato ad amare te, con ogni battito del cuore, con ogni mio
respiro.- continuo, respirando sempre più a fondo
perché sento le lacrime salirmi agli occhi ma non voglio
piangere, voglio continuare a sorridere perché tutto questo
è troppo bello per piangere, perché da quando Ben
è entrato nella mia vita ho capito che non avrei mai
più dovuto farlo.
-Sei
l'uomo della mia vita, Ben Barnes, e non desidero altro che viverla
assieme a te.- riesco a terminare, ed è solo per il sorriso
emozionato e tremante di Ben che riesco a prendere la sua fede, tenendo
le sue belle mani fra le mie mentre la infilo al suo anulare. -Con
questo anello io ti sposo.- ripeto, come lui ha detto poco fa, ed
è forse il tono decisamente convinto e anche un po'
possessivo nella mia voce a far sorridere tutti e due.
Padre
Dwight sorride, probabilmente, perché riesco ad avvertire la
sua contentezza quando parla.
-E con
questo io vi dichiaro marito e moglie.- dichiara, e qualcosa ruggisce
dentro di me nel sentire queste parole. -Non credo di aver bisogno di
dirti che puoi baciare la sposa.- aggiunge, abbassando la voce,
rivolgendomi un occhiolino quando gli lancio una rapida occhiata
stupefatta.
-Infatti.-
mormora Ben, con la voce roca, prima di agguantarmi per la vita e
tirarmi contro di sé nello stesso attimo in cui gli butto le
braccia al collo, baciandomi appassionatamente nello scroscio di un
applauso entusiasta che io, fra le sue braccia, non penso nemmeno di
voler sentire.
.
.
Credo
di non aver mai pianto tanto in tutta la mia vita.
Ho
cominciato a piangere fra le braccia di Ben, mentre uscivamo dalla
navata sotto una pioggia torrenziale di chicchi di riso; nuove lacrime
mi hanno rigato le guance quando abbiamo tagliato la torta e quando
Will ha deciso che non poteva vivere senza aver dato vita a un
rocambolesco brindisi agli sposi che per poco non lo ha ucciso –
ma credo che quelle fossero più di disperazione che di
commozione, a dire il vero –, e adesso sto piangendo
di nuovo, a occhi chiusi e seminascosta nell'incavo della spalla di
Ben, con in faccia lo stesso sorriso un po' idiota che non riesco a
togliermi dalle labbra da quando è finita la cerimonia.
Credo
che non si possa essere più felici di così.
Anche
Ben non riesce a parlare, ma so che non piangerà nonostante,
probabilmente, si senta esattamente come mi sento io: tempo fa mi ha
promesso che non lo avrei mai più visto piangere e, lo so
bene, Ben mantiene sempre le sue promesse.
Come
se fosse possibile mi stringo ancora di più a lui, chiudendo
le dita sulla stoffa della sua camicia immacolata; lui sorride, fra i
miei capelli, ignorando la musica che scema lentamente e continuando ad
accarezzarmi delicatamente una spalla mentre con l'altra mano mi
stringe, senza dire niente. Non abbiamo mai avuto bisogno di parole,
noi due: ci siamo sempre parlati tramite gli sguardi e, soprattutto in
questo momento, compresi.
Tuttavia,
sono le circostanze che impongono a entrambi di separarci, sebbene
faccia quasi male il pensiero di sciogliere questo abbraccio,
più intimo di qualsiasi atto d'amore: Patricia
– mia
suocera – si è avvicinata,
sorridendo, ed io capisco al volo che è arrivato l'unico
momento che avrei davvero voluto evitare, oggi: il ballo con i genitori.
Io non
ho un papà con cui ballare. L'uomo che mi ha generata
nemmeno sa che oggi è il giorno del mio matrimonio.
Ben lo
sa e lo sento esitare, avverto le sue mani trattenermi contro di lui in
un gesto estremamente protettivo... ma, un respiro più
tardi, sorride e si china su di me per lasciarmi un bacio sulle labbra,
sciogliendosi da me nonostante io sia estremamente confusa.
-Direi
che questo sia il nostro ballo, signora Barnes.-
Il
sollievo e la contentezza sbocciano istantaneamente dentro di me quando
riconosco la voce familiare di Will, apparso magicamente alle mie
spalle. Sorrido, passandomi velocemente una mano sulle guance per
nascondere le ultime lacrime, voltandomi verso di lui.
-Direi
di sì.- annuisco, allungando istintivamente le mani verso il
mio amico e sospirando di sollievo quando mi passa una mano sulla vita
e mi avvicina a sé, mentre la musica riparte.
Non c'è nessun altro,
al mondo, con cui vorrei ballare questo valzer.
-Balli
divinamente, raggio di sole. Dovresti fare i complimenti al
tuo insegnante, perché ha fatto un lavoro eccellente.- si
complimenta dopo qualche istante, facendomi girare su me stessa in una
lenta e
sorprendentemente aggraziata piroetta. Inarco un sopracciglio,
pestandogli casualmente
un piede quando torno ad avvicinarmi a lui.
-Non
montarti troppo la testa, Will. Si tratta di talento naturale.-
replico, rivolgendogli un sorriso civettuolo e talmente pregno di
sarcasmo che non riusciamo a trattenerci dallo scoppiare a ridere tutti
e due. Io non ho proprio nessun talento naturale come ballerina: quel
poco che ho imparato è merito suo, e Will lo sa benissimo.
Quando
la musica scema di nuovo non riesco ad evitare che ennesime lacrime
attentino al trucco, fortunatamente waterproof, che Anna ha impiegato
quasi un'ora per sistemare fino all'ultima ciglia: morirò
disidratata prima che faccia sera, temo.
Will,
che mi ha letto in faccia la commozione e tutte le parole che non sono
capace di dirgli, ride, togliendomi dall'impaccio e abbracciandomi
strettamente.
-Non
sarebbe
stato
lo stesso senza di te.- riesco a mugugnare sulla sua spalla, resistendo
alla tentazione di piantargli le unghie nella schiena ampia per
trattenerlo qui ancora un po': non credo di essere pronta a vederlo
andare via di nuovo, e sono certa che lui lo sappia.
-Non
sarei mancato al tuo matrimonio per tutto l'oro del mondo.- mi
risponde, piano, dandomi un bacio in fronte come ha fatto mille altre
volte. Vorrei dirgli mille altre cose, vorrei che capisse quanto ha
significato, per me, averlo qui oggi, ma credo non ce ne sia bisogno;
perciò gli sorrido, stringendogli forte una mano e drizzando
le spalle.
-Grazie,
Will.-
.
.
.
Dopo
questa giornata interminabile, sebbene meravigliosa, arrivare a casa
è la cosa più simile a un miracolo che io possa
descrivere. Siamo talmente stanchi che altro che prima notte di fuoco,
credo che crolleremo tutti e due senza nemmeno cambiarci:
sarà già un traguardo arrivare al letto, per
quello che mi riguarda... per fortuna King è con Will,
perché davvero non credo che sarei in grado di dargli le
attenzioni che merita, stasera.
Quando
scendo dalla macchina, però, Ben mi sorprende: mi si
avvicina, con un sorriso fresco come una rosa sulle belle labbra, ed io
mi chiedo – per l'ennesima volta – dove abbia
nascosto il ritratto che gli garantisce la giovinezza eterna.
-Permettimi...-
sogghigna, perché non è che io gli permetta
proprio niente: è lui che, senza tanti preamboli, mi passa
un braccio sotto le ginocchia e mi prende in braccio, senza nessuno
sforzo apparente, come se pesassi grammi invece di chili.
-Ben!-
strillo, perché proprio non mi piace per niente non avere i
piedi piantati per terra, artigliandogli le spalle e ringraziando il
cielo di aver tolto il mio ingombrante vestito da sposa dopo il
ricevimento, perché non sarebbe stato per niente
divertente ritrovarmi appesa per aria in quel mare di tulle e di pizzo.
-Sono pesante! Mettimi giù!- protesto, ma Ben ride
sommessamente e si avvia, bello come il Sole, verso la porta.
-Non
ci penso nemmeno. E smettila di dire stupidaggini.- mi rimbecca, ed io
gli rispondo con una pernacchia e una smorfia contrita che, tuttavia,
non dura per molto: nonostante questa sia la nostra casa da anni,
ormai, provo un'emozione del tutto nuova quando mi porta oltre la
soglia, nel silenzio morbido ed ovattato del nostro salotto.
Soltanto
dopo aver richiuso la porta alle nostre spalle, con un calcio, Ben mi
mette giù, tenendomi però fra le braccia e
appoggiando la fronte contro la mia. -Benvenuta a casa, signora
Barnes.- mormora, pianissimo, e sono praticamente certa che il mio
cuore abbia smesso di battere nel sentire queste parole.
Rido,
stringendolo forte fra le mie braccia, aggrappandomi alle sue spalle
quando mi avvolge nelle sue ed il suo calore, i suoi polpastrelli che
accarezzano la mia schiena nuda e il sorriso che gli illumina gli occhi
scuri diventano l'unica cosa che abbia davvero importanza.
-Ti
amo, signor Barnes.-
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My Space
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Di solito non inserisco nessuna gif nelle mie
fanfiction, ma questo è, all'incirca, lo stato in cui verso
in questo momento.
Avevo promesso che avrei scritto questa one-shot e ho
mantenuto la mia promessa, ma non avete idea di come mi senta.
Sarà sciocco, forse, ma Ray è una mia creatura e
scrivere il suo matrimonio è stata un'emozione
indescrivibile.
Emozione che ha rischiato di uccidermi quando la mia adorabile
compare di feels, di scleri e di amicizia, Cla, ha fatto nientemeno che il
fotomontaggio del vestito di Ray (se cliccate sull'immagine potrete
vederlo più grande):
È la cosa più emozionante che abbia mai
visto e mi sento come il Grinch, ho il cuore che ha preso due taglie in
dieci secondi. Ti adoro, socia. ♥♥♥
Detto questo, penso che andrò a piangere ancora un
po' in questo oceano di feels. La vita di una shipper non è
per i deboli di cuore.
Il castello
di Shrewsbury è la location che ho immaginato per
questo ricevimento, mentre la canzone (che fa anche da titolo alla
one-shot) è It's your
love di Tim McGraw.
Spero che questo stralcio di vita vi sia piaciuto, e magari
emozionato! Se vi andasse di farmelo sapere ne sarei molto felice. :)
Alla prossima!
B.
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