Tales of Wolves and Hunters
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File 015.
The Ghost Wolf.
La prima volta che
Tetsuya vede Taiga lo fa attraverso gli occhi del lupo che assistono
secondo dopo secondo alla sua caduta giù dal Brooklyn
Bridge; dal momento in cui mette il piede in fallo correndo lungo il
parapetto di sinistra, al modo in cui agita quasi comicamente le
braccia per aggrapparsi ad uno dei cavi che finisce però
per scivolargli fra le dita, fino al tuffo di schiena che solleva alti
schizzi e lo vede inabissarsi fra le acque fredde e pericolose
dell'East River.
In realtà
Kuroko, col senno di poi, non saprebbe dire cosa di preciso di quella
scena appena vista lo abbia spinto ad uscire dal suo nascondiglio di
corsa, mangiandosi i metri che lo separano dalla riva, fino a bloccarsi
proprio ad un passo da questa per rannicchiarsi sulle zampe posteriori
e compiere un lungo balzo in avanti che termina proprio in quelle
stesse acque. E' folle tuffarsi di propria volontà nello
stretto considerato come la velocità di queste riesca a
portare in breve, e senza dare modo di capire come, gli incauti
bagnanti fino in mare. Ci sono pochi appigli a cui poter far ricorso
per impedire alla corrente di trascinarti via.
Ma il grosso lupo
grigio è un abile nuotatore e riesce, se pur con un po' di
fatica, a raggiungere il punto in cui ha visto sparire il corpo del
ragazzo dai capelli rossi. Non ci pensa due volte perciò,
quando non lo vede riemergere, ad inabissarsi a propria volta.
I suoi polmoni sono in
grado di incamerare una quantità d'ossigeno sufficiente a
rimanere in apnea per svariati minuti, ma basta solo qualche secondo
perché si avveda del giovane privo di coscienza che sta
rapidamente scendendo verso il basso. Gli abiti neri che indossa sono
quelli di un Cacciatore e, fortunatamente, il materiale di cui sono
fatti non li rende un ostacolo come le normali stoffe. Li conosce bene,
d'altronde fino a nemmeno tre mesi prima li indossava anche lui.
Probabilmente
è per questo se finisce a stringere delicatamente la morsa
dei denti sul braccio che gli è più vicino, poco
sotto il gomito, attento a non incidere troppo la carne e
strapparglielo via o ferirlo più del necessario. Ha imparato
piuttosto in fretta a destreggiarsi con quella forma e le sue nuove
capacità, sebbene all'inizio non fosse stato affatto facile,
così riesce a riemergere insieme al ragazzo e guadagnarsi,
con non poche difficoltà data la corrente che li respinge,
la riva nel giro di qualche minuto che gli sembra un'ora intera.
A guardarlo
dall'esterno probabilmente sembrerà uno di quei cani
addestrati per salvare la gente in mare. Se qualcuno del Branco di New
York lo vedesse in questo momento, si giocherebbe sicuramente anche
quel barlume di fiducia che si è così
faticosamente conquistato nelle ultime settimane.
Il fatto è
che non può lasciare morire un suo ex compagno. Non
può lasciare morire una
persona. Qualsiasi sia la fazione di cui fa parte. In
fondo è stato questo suo senso di giustizia ad ogni costo a
portarlo ad oggi e fargli perdere tutto. Ma non se ne pente, a dispetto
di quel che si possa pensare. Di quello che sicuramente gli altri
Cacciatori d'Argento avranno pensato dopo l'incidente.
Non deve essere molto
più grande di lui. Forse potrebbero essere persino coetanei
anche se l'altro gode di una stazza che ricorda più un
armadio che un ragazzo, oltre che di diverse decine di centimetri in
più.
Kuroko ci riflette
mentre recupera le sue sembianze umane dopo averlo depositato sdraiato
di schiena sulla pietra fredda, forse per distogliere la mente dal
dolore della mutazione che, per quanto veloce possa essere, non lo
risparmia mai. Si chiede spesso se un giorno smetterà di
provarlo o almeno si attenuerà un poco, ma non ha avuto
finora nessuno a cui esporre questi e altri dubbi ed, in ogni caso,
dopo
tre mesi continua a fare un male cane come la prima volta. Quindi
buttandola lì direbbe proprio di no.
Fortunatamente la notte
ha avvolto nella sua materna coltre la Grande Mela già da un
pezzo e l'unica cosa ad illuminare quella zona è lo spicchio
di luna che riflette pallido in lontananza il tenue brillare delle
poche stelle che riescono a vedersi nonostante l'illuminazione della
città.
Ad ogni modo
è abbastanza tardi perché nessuno passi di
lì e si faccia qualche domanda sul perché ci sia
un ragazzo completamente nudo e bagnato chino su di un altro
visibilmente svenuto e altrettanto fradicio. Effettivamente potrebbe
essere facilmente frainteso ed incappare in non pochi guai.
Non che questo risulti
essere un vero problema nella mente di Tetsuya considerato come sia
totalmente occupata nel concentrarsi sul giovane da rianimare. E'
pallidissimo, ha le labbra quasi bluastre e i capelli sono come alghe
sanguigne appiccicate al viso; deve aver bevuto, quindi l'unica cosa
che gli viene in mente è il dover fargli espellere l'acqua
dai polmoni nel minor tempo possibile. Più tempo passa
più la sua prodezza rischia di diventare inutile.
Certo è che
non aveva ancora fatto la respirazione bocca a bocca con le
capacità che ha ora, quindi deve andare molto cauto nella
forza che appone premendo le mani sovrapposte l'una sopra l'altra al
centro del torace, ma soprattutto non l'aveva mai fatto in abiti
adamitici. Alla Base gli hanno insegnato come reagire ad ogni
situazione, ma deve essersi decisamente perso quel corso.
Trova che non sia il
momento adatto per fare dell'ironia, con le labbra appoggiate su quelle
fredde del Cacciatore ed impegnato ad insufflare aria nella speranza di
indurre l'altro a rigettare il liquido che ha bevuto, ma non
può impedirsi un piccolo sorriso divertito. Ignorando
ovviamente il debole calore alle guance, sintomo di un imbarazzo che la
sua proverbiale inespressività riesce a mascherare con
successo. Da chi non è dato sapere, visto che il ragazzo che
tenta di salvare è privo di coscienza.
Quando Taiga rinviene,
scattando seduto mentre tossisce acqua e saliva e respira come se lo
facesse per la prima volta, ringrazia mentalmente chiunque ci sia
lassù per averlo riportato con il culo per terra. Credeva
che stavolta sarebbe morto davvero. Come diavolo ha fatto ad essere
così stupido da perdere l'equilibrio in quel modo? E' una
delle prime cose che insegnano durante l'addestramento! Se Tatsuya o
Alex lo venissero a sapere probabilmente farebbe meglio a rituffarsi di
propria volontà nelle acque gelide dell'East.
Sente la testa girare,
probabilmente per il brusco cambio di posizione, i polmoni in fiamme e
la gola grattare fastidiosamente. Oltre a diversi brividi di freddo che
è quasi sicuro siano sintomo di un bel raffreddore -
è difficile per quelli come loro ammalarsi seriamente e lui
è anche più resistente dei suo compagni in quel
senso.
«Se non fossi
stato un Cacciatore saresti morto. E' stato sciocco distrarsi in quel
modo.»
Grazie tante, eh, come se non lo
sapessi. Kagami passa il dorso della mano contro le
labbra, asciugando l'acqua che ancora cola dagli angoli, trattenendosi
dal pronunciare quelle parole a voce soltanto perché
è davvero difficile al momento recuperarla per farlo.
Solo dopo qualche
istante di black out, come se fosse entrato in stand by, realizza che
con lui c'è qualcun altro. E quel qualcun altro è
un ragazzino visibilmente e totalmente nudo, dalla pelle pallidissima
solcata da svariate cicatrici - alcune vecchie e quasi sbiadite, altre
recenti -, intento a scrollarsi l'acqua di dosso come se fosse un
animale. Svariate goccioline sfuggono dai capelli di un inusuale
azzurro, più scuro perché bagnati, e finiscono
per colpirlo in pieno viso.
Taiga si ritrova ad
aprire e chiudere la bocca, dando sicuramente all'altro l'impressione
di essere un grosso pesce rosso. Un grosso pesce rosso particolarmente
stupido e con le guance in fiamme.
Kuroko lo fissa
perplesso, seduto per terra a gambe incrociate con le mani serrate alle
caviglie, non riuscendo a capire perché improvvisamente
l'altro abbia distolto lo sguardo ed iniziato ad indietreggiare
malamente sulla schiena.
Adesso sembra una sorta
di enorme tartaruga rovesciata sul dorso.
«Uhm? Stai
bene?»
«T-tu...!
Perché... perché diavolo sei nudo... io...
cosa...»
Il licantropo sbatte un
paio di volte le palpebre, unico segno evidente della sua confusione,
abbassando poi lo sguardo sul proprio corpo. Rimane in silenzio ma si
morde il labbro inferiore, incerto, come se adesso fosse in qualche
modo a disagio o preoccupato. Stabilirlo è difficile visto
che il suo viso mostra sempre la stessa espressione assente.
«Oh, questo.
Temo che sia inevitabile, finisco sempre per strappare i vestiti. Di
solito mi porto un ricambio ma non pensavo di dover salvare qualcuno
dall'annegamento» parla con un tono sommesso, quasi dolce,
sicuramente ingenuo. Come se fosse la risposta più naturale
del mondo.
Ovviamente per Taiga
non lo è per nulla, anche se continua a tenere testardamente
il capo voltato di lato per non guardarlo. Non dovrebbe, lo sa,
soprattutto perché è abituato alle docce comuni
con i suoi compagni della
Street ma... ma... ecco, quello non è un suo
compagno. E' un estraneo. Un estraneo nudo.
Una mano va alle
labbra, distrattamente, avvertendo il fantasma di un tocco. Un ricordo
nell'incoscienza.
Un estraneo che...
«T-tu mi hai baciato!»
sembra sinceramente sconvolto, nel puntargli un indice tremante contro.
Abbastanza da essersi dimenticato di non doverlo guardare, almeno.
Il ragazzo dai capelli
azzurri china il capo di lato, su una spalla, e per qualche strano
motivo al Cacciatore ricorda un cucciolo. Questo lo imbarazza ancora di
più.
«Tecnicamente
quella era respirazione bocca a bocca. Tecnica basilare di
prontosoccorso in caso di annegamento, per l'appunto» fa
notare, mitemente.
«G-giusto»
borbotta, dopo interi attimi di silenzio, quello.
«Gra-»
Ma non completa la
parola perché una scintilla di comprensione passa nei
sottili occhi rossi sormontati da assurde sopracciglia fulve - sul
serio, sembrano gli spicchi di mela come kaa-san li tagliava quando
Kuroko era bambino.
«Aspetta. Hai
detto che è inevitabile che i vestiti ti si
strappino» inizia, cautamente. Una mano scivola piano verso
il basso, alla ricerca del manico del pugnale d'argento che tiene
all'interno dello stivale.
Tetsuya si accorge
perfettamente di quei movimenti, per quanto attento sia l'altro, ma non
si
scompone e i suoi grandi occhi azzurri rimangono puntati con sicurezza
sul suo viso «Hm hm»
Il più
grande dei due inspira, avvertendo ancora una fastidiosa fitta al petto
nel farlo «Tu sei un
licantropo.»
Pronuncia la parola in
un tono talmente basso che, se Kuroko non fosse proprio quello di cui
lo ha appena accusato, non l'avrebbe neppure sentito. Sembra un
bambino che voglia nascondere una parolaccia alle orecchie dei genitori.
Il lupo socchiude gli
occhi, sospira e poi annuisce lentamente, continuando a fissarlo. Ma
non azzarda nessuna mossa neppure quando l'altro, con uno scatto
felino, si porta sopra di lui premendogli la lama del pugnale alla gola.
L'argento brucia a
contatto con la pelle ed è davvero fastidioso, sente le
lacrime risalire agli angoli degli occhi senza poter fare nulla per
fermarle ma, anche così, continua a non muoversi. Non tenta
nemmeno di toglierselo di dosso.
«Fa... fa
male...» pronuncia solo, fiocamente, con una nota di dolore
nel tono incolore.
Taiga respira
pesantemente, l'odore salmastro dello stretto in cui è
finito che ancora gli pizzica le narici ma che, adesso, si mescola ad
uno più delicato e buono anche se pungente. Gli ricorda i
boschi dove da piccoli con suo fratello facevano i picnic le domeniche
d'estate. Questo lo
destabilizza più della mancata reazione dell'altro.
«Perché
mi hai salvato? Sai perfettamente cosa sono io» ha usato il
termine esatto, dopotutto, e gli ha parlato come se conoscesse bene i
Cacciatori. Ma perché uno dei mostri che braccano e uccidono
avrebbe dovuto rischiare la vita per salvare quella del proprio nemico
naturale?
Kuroko sa che se
l'argento continuerà a stare a contatto con la sua pelle
rimarrà indelebile la cicatrice e che, a differenza delle
altre, non guarirà mai del tutto e farà sempre
male. E' una cosa che vorrebbe evitare ma vuole evitare anche di usare
la forza con quel ragazzo.
«Nessuno... nessuno merita di morire»
Kagami sgrana gli occhi
e indietreggia, ritirando il coltello, fissando attonito l'altro
ragazzo portarsi la mano al collo e tremare leggermente.
A questo non era
preparato. Lo hanno addestrato ad uccidere quelli come lui senza
esitazione, non a parlarci. Nessuno gli aveva mai detto che le bestie
potessero essere più umane degli stessi esseri umani.
Il giovane lupo legge
la confusione e lo smarrimento sul viso di quello che dovrebbe essere
un nemico ed è più dispiaciuto per questo che per
la pelle che sente ardere sotto le dita e l'acre puzzo di carne
bruciata che avverte lieve. Non gli importa neppure del dolore che
rende
faticoso trattenere le lacrime. Quello passerà, la ferita
piano piano guarirà grazie alla sua capacità di
rigenerazione.
Il dubbio che ha
instillato nel ragazzo dai capelli rossi, quello no, non
potrà sparire allo stesso modo.
«Il mio nome
è... Kuroko, comunque» riesce a parlare dopo
quelli che sembrano interi minuti di silenzio. Un silenzio pesante che
non sopportava più, quasi un fastidio sulla pelle. E dire
che di norma lui lo adora. Ci ha vissuto a stretto contatto per quasi
tutta la vita e negli ultimi mesi gli è stato un compagno
fedele più di quanti ne abbia avuti.
Più di...
«Kuroko? Sei
giapponese? Effettivamente non sembri americano. Neanch'io lo sono
totalmente...» Kagami parla, parla tanto e non si rende conto
neppure di cosa dice. Sa solo che deve parlare o probabilmente
impazzirebbe. E' sconvolto ed è visibile. Ma almeno ha
riposto la sua arma e si è messo seduto ad una
distanza ragionevole dal suo interlocutore. E' già qualcosa.
«Io sono
Kagami. Kagami Taiga, della divisione Street del Cerchio di New York. E
questo è assurdo...»
Kuroko sente un moto
d'affetto per quel ragazzo e un piccolo sorriso comprensivo gli affiora
sulle labbra.
«E' un
piacere fare la tua conoscenza Kagami-kun. Sei la prima persona con cui
parlo da quando sono arrivato qui... sai, il Branco del posto non
è proprio amichevole con gli stranieri.»
Non sa
perché gliene sta parlando ma sente che con quel ragazzo
dalle sopracciglia assurde può confidarsi. Non l'ha ucciso
quando poteva, dopotutto, anche se forse non dovrebbe tirare troppo la
corda. I suoi nervi potrebbero cedere da un momento all'altro.
Kagami annuisce,
frastornato, anche se non può proprio capire. Con i
licantropi di solito non è che vada a bere un goccio al bar,
quindi non può sapere come diamine il Branco tratti chi
sconfina nei suoi territori.
«Non... non
fai parte di un Branco anche tu?» domanda, nervosamente.
Perché potrebbe voler dire che ci sono altri mannari in
circolazione oltre quelli insediati lì. E ci manca solo
dell'altro lavoro o uno scontro tra clan, per quanto potrebbe essere da
una parte utile.
Il ragazzino, sembra
così esile e giovane che non gli darebbe quindici anni, lo
fissa per qualche istante e poi si stringe nelle spalle spostando lo
sguardo sul profilo del Brooklyn Bridge alla loro sinistra.
«No. Io...
non sono nato così. Lo sono diventato da poco e non ho
ancora avuto modo di unirmi a nessun Branco.»
Il Cacciatore annuisce
in silenzio, rimanendo a guardarne pensieroso il profilo. Poi qualcosa
sembra scattare nella sua mente e torna a guardarlo con sospetto. E un
filo di timore.
«Hai detto di
chiamarti Kuroko e vieni dal Giappone...»
L'interessato si
irrigidisce appena ma non si muove né torna a guardarlo o
risponde alle sue parole.
«...circa tre
mesi fa» continua imperterrito l'altro «un membro
della Teiko
di Tokyo è stato dato per disperso durante un raid a Mori.
Si trattava di uno della Generazione dei Miracoli. Dicono che sia stato
morso da uno dei licantropi che si trovavano nella foresta.»
Kuroko si agita,
irrequieto, e con un unico elegante movimento si alza in piedi e gli
dà le spalle «Ora devo proprio andare Kagami-kun.
Sono contento che tu stia bene. Rimettiti»
Taiga rimane a guardare
l'altro incamminarsi, accigliato. Non si alza, ma si sporge comunque in
avanti e non distoglie lo sguardo dalla sua schiena «Tu sei
Kuroko Tetsuya, il
Fantasma. Ti credono tutti morto!»
Tetsuya si ferma, esita
un secondo.
L'ultima cosa che Taiga
vede, prima che svanisca fra le ombre, è uno scorcio del
viso e l'innaturale azzurro dell'occhio del lupo. E la sua voce che
aleggia nell'aria, intrisa di rimpianto e qualcos'altro che non riesce
ad identificare.
''Ed è meglio
così.''
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