SMALL
STEPS INTO OBLIVION
Il
primo incontro
L'università
è un posto orribile se sei solo; diventa come un labirinto
di
persone che ti ignorano, ed è più che facile
passare inosservati.
Questo
vale anche per Aki, una ragazza che apparentemente non ha nulla di
così eclatante da mostrare al mondo; ma se quel mondo si
soffermasse
per un attimo sforzandosi di scambiare anche solo una parola con lei,
allora capirebbe che davvero le apparenze ingannano.
Un
ragazzo, tra questa massa di gente molle e informe, che passa la vita
sperando di diventare qualcuno, si è accorto di questa
ragazza che
vive nell'ombra di sé stessa, cercando di non dare mai
fastidio a
nessuno e di non dare particolarmente nell'occhio; vuoi per non
essere disturbata, vuoi per non essere giudicata.
È
cominciato tutto così, in un banale giorno di pioggia.
“Maledizione!”
imprecò la ragazza, ormai infradiciata dalla testa ai piedi,
guardando il suo ombrello rovesciato al contrario.
Quel
giorno la pioggia aveva deciso di battezzarla, come se non fosse
già
abbastanza avere una coinquilina che avrebbe fatto uscire di testa
anche il Papa. E fare uscire di testa il Papa era pressoché
impossibile.
Il
suo grazioso ombrello a fiorellini aveva deciso di disertare proprio
in quel momento, rivoltandosi come un calzino e lasciandola alla
mercé del tempo.
Molto
simpatico, effettivamente.
“Maledizione
alla pioggia, all'ombrello e anche a...” sbraitò
Aki, spostandosi
malamente i capelli ricci appiccicati alla faccia e non finendo la
frase.
“Basta,
devo trattenermi. Non devo essere volgare” disse subito dopo,
tirando un respiro profondo che doveva servire a riprendere il
controllo di sé.
Se
qualcuno l'avesse sentita parlare da sola in quel modo, sicuramente
l'avrebbe presa per una pazza scriteriata. Non che non lo fosse, sia
chiaro. Ma quella giornata era cominciata davvero troppo male.
Prima
la sveglia non era suonata, poi la metropolitana l'aveva gentilmente
schiacciata contro una quarantina di persone; come se non bastasse il
tempo aveva iniziato a fare i capricci, ma di quelli pesanti, e il
suo ombrello aveva deciso che morire era una valida alternativa al
riparare la sua malcapitata padrona.
Aki
si incamminò a grandi passi verso l'ingresso
dell'università,
stranamente poco frequentato quel giorno. Se ci pensava, in effetti
le lezioni erano già iniziate da un pezzo e lei, ovviamente,
era in
ritardo.
“Merda,
merda, merda!” imprecava ancora, salendo velocemente le
scale,
subito dopo l'ingresso. Non poteva assolutamente perdere un'altra
lezione, altrimenti sarebbe saltato tutto il suo programma per il
primo semestre.
Era
abbastanza triste che se ne fosse fatto uno già al primo
anno di
università, ma non avendo amici con cui uscire o con cui
condividere
qualcosa, quello le occupava il tempo che non spendeva a studiare.
Già,
perché lei non aveva amici. Non che ci mettesse impegno nel
cercarli, semplicemente nessuno la vedeva, tra quella folla di gente.
Era la classica persona insignificante, quella che ti passa vicino e
nemmeno te ne accorgi. Ma ad Aki andava bene così, o almeno
cercava
di convincere sé stessa, e anche sua madre. Soprattutto sua
madre,
che era preoccupata che la figlia fosse depressa; trascurando il
fatto che tra le due la depressa, non era la figlia.
Lasciando
da parte questi pensieri, Aki continuò a camminare
velocemente,
passando distrattamente davanti al bagno degli uomini e urtando
qualcuno.
Un
rumore di libri rovesciati per terra riempì il corridoio, ma
lei
nemmeno si voltò a guardare; chiese velocemente scusa e
continuò a
correre.
“Ma
dimmi te che gente...” commentò il ragazzo che era
stato
investito, raccogliendo i suoi libri.
“Però,
ha un bel culo!” ridacchiò, guardando la ragazza
riccia andare
via.
Aki
rinunciò la corsa alla lezione quando capì che
tanto non sarebbe
arrivata in tempo per poter capire di che cosa stessero parlando.
Rallentò
il passo, sbuffò sonoramente e fece dietro front, scendendo
le scale
che portavano al cortile interno della struttura.
Con
lo sguardo perso chissà dove, aprì la porta a
vetri e uscì, stando
attenta a rimanere sotto al parapetto del piano superiore, in modo da
non prendere la pioggia battente un'altra volta; le era già
bastata
quella di poco prima -non si era ancora nemmeno del tutto asciugata-.
Tirò
fuori il suo pacchetto di sigarette, estraendone una; quando fu il
turno dell'accendino però, scoprì con sgomento
che l'acqua era
riuscita ad infilarsi nella sua borsa e a renderlo inutile.
“C'è
ancora qualcosa che deve andare storto oggi?” chiese a
nessuno,
lanciando l'accendino in mezzo al cortile.
“Forse
non chiedere scusa alla gente che si investe perché non si
guarda
dove si va”
Una
voce calda la fece sobbalzare e girare di scatto. Ma da dove era
sbucato? In cortile non c'era nessuno quando era entrata.
Davanti
a lei si parò un ragazzo alto e ben piazzato; probabilmente
aveva
dei muscoli come Dio comandava, ma i vestiti autunnali non
permettevano di vedere oltre. I suoi capelli erano più
spettinati di
quelli di un senzatetto e, insieme a quella spruzzata di lentiggini
che aveva sul naso e sulle guance, contribuiva a dargli un'aria
infantile. Infantile e molto furba.
Però
caspita se era bello.
“Scusa?”
chiese la ragazza, non capendo a che cosa si riferisse.
Il
ragazzo rise.
“Mi
hai investito poco fa nei corridoi del terzo piano, buttandomi
giù i
libri. E non te ne sei nemmeno accorta” sorrise sghembo, con
una
faccia che di rassicurante non aveva niente.
Aki
si portò una mano alla bocca, aperta, scoprendo di essere
stata una
vera maleducata.
“Oddio,
io...scusa, non...non volevo è solo che...ero in ritardo
e...”
farfugliò, in preda all'imbarazzo. Non era da lei
comportarsi a quel
modo!
Il
ragazzo rise nuovamente, interropendola.
“Non
importa, è passato. Piuttosto...” quel sorriso
malandrino ancora
stampato sul volto; le si avvicinò di qualche piccolo passo
con la
testa leggermente inclinata da un lato.
“Puoi
scusarti ancora meglio uscendo con me” disse a bruciapelo,
lasciando Aki completamente spiazzata.
“Cosa
scusa?” chiese confusa. Doveva aver capito male.
“Esci
con me, stasera alle otto” ripeté tranquillo, come
se fosse la
cosa più banale del mondo. Sembrava che stesse parlando di
quali
biscotti comprare per la colazione.
“Ma
se non mi conosci nemmeno, non sai neanche il mio nome!” si
indispettì lei, visibilmente imbarazzata. Nessuno le aveva
mai
chiesto una cosa del genere, men che meno un completo sconosciuto.
Ancora meno uno sconosciuto bello come quello che aveva davanti.
“Allora
piacere, io mi chiamo Ace, e tu, bella ragazza?” disse
gentilmente
ma sempre con quello strano sorrisetto in faccia, tendendo la mano ad
una Aki molto sospettosa e titubante. Non è che si fidasse
molto
della gente, di quei tempi poi ancora meno del solito.
“Guarda
che non mangio mica!” si difese scherzosamente Ace, vedendo
che lei
non accennava a schiodarsi dal suo immobilismo.
“Tu
sei pazzo...!” pronunciò, con non molta
convinzione. Però era
davvero una situazione strana; queste cose le aveva viste capitare
solamente nei film che tanto amava.
“No,
sono Ace, te l'ho detto!” ridacchiò lui, alquanto
divertito.
“E
tu, mi dirai il tuo nome o no? Posso averlo questo onore?”
Aki
sospirò, porgendo la mano che Ace prontamente
intrappolò nella sua,
dandole un bacio sul dorso. Aki arrossì. Ma da dove diavolo
veniva
quello strano essere?
“Mi...mi
chiamo Aki” le sue gote erano rosso fuoco.
“Piacere
mio!” esordì lui allegro, lasciandole la mano.
“Allora,
esci con me?”
Lei
rimase a pensare a qualcosa, qualcosa che sembrava davvero intricato.
“No,
direi di no” disse, infine.
L'espressione
di Ace rimase delusa per circa due secondi, per poi tornare a
sorridere.
“Così
mi ferisci, Aki”
Alla
ragazza scappò un risolino; era davvero una persona molto
strana. Un
brivido però la scosse quando pronunciò il suo
nome.
“Vedo
che sei molto provato!” rispose a tono lei, divertita.
“Io
sono un ragazzo sensibile! Mica come tutti gli altri!” si
gonfiò
Ace, mostrando il petto come un tacchino.
“Già,
almeno mi hai rivolto la parola, non come tutti gli altri...”
pensò
Aki. Forse poteva dargli mezza chance. Ma proprio solo mezza, eh.
Poteva sempre ricavarci qualcosa di buono da quella situazione.
“Allora ascolta,
Ace.” iniziò convinta, sperando di sembrarlo
almeno la metà di
quello che pensava.
“Se per te vale lo
stesso, accompagnami a casa, visto che tu hai l'ombrello e il mio ha
optato per il suicidio oggi” disse con aria quasi di sfida,
indicando l'ombrello arancione che aveva lui accanto.
Ace
la guardò per un secondo, studiandola.
Assottigliò un po' gli
occhi, per poi esplodere in un sorriso magnifico, che Aki non aveva
mai visto in nessun altro.
“Wow...”
“Ok, ci sto!”
proruppe infine, entusiasta.
“Così saprògià
dove abiti!”
Quella
giornata, alla
fine, non si rivelò affatto così tremenda come
era iniziata.
Una
ragazza
apparentemente invisibile aveva trovato quel qualcuno nel mondo che
aveva avuto la pazienza di rivolgerle la parola; e lei lo aveva
accettato, come non faceva da tempo ormai.
Quel
giorno due persone
si erano trovate, inconsapevoli di ciò che ne sarebbe
derivato; si
sarebbero cambiati la vita a vicenda.
Almeno
non ci sarebbero
più stati stupidi programmi per il semestre a venire.
ANGOLO
DELLA DEMENZA
Hola
malcapitati di turno! :D
Inizio
col dire che, se siete arrivati fin qui, siete delle persone
magnifiche; perché mi avete regalato il vostro tempo, ed
è una cosa
che a me fa sempre piacere! ❤
Detto
questo.
Dei
piccoli chiarimenti.
Questa
one shot, e quelle a venire dopo di lei, sono delle spin-off della
mia long fic Oblivion,
che potete trovare qui.
La
sua lettura è consigliata per capire meglio, se non questa,
almeno
le altre storie. Mi è venuta questa idea semplicemente
perché non
potevo ammassare tutte queste vicende in una storia sola; sarebbe
stata infinita e noiosa, oltre che la lettura sarebbe davvero
risultata pesante. Però mi dispiaceva un sacco non poterle
piazzare
da qualche parte! E poi, come lettrice, mi piacerebbe leggere dei
retroscena, delle scene che sono state escluse, proprio come succede
nei dvd. Tante volte sono più curiosa di leggere quelle che
la
storia in sé, perché mano a mano che essa
procede, i flashback
possono far capire davvero un sacco di cose.
Ok,
la smetto.
Ringrazio
ancora chiunque sia arrivato fino qui.
Sappiate
che Ace vi ama ❤
Alla
prossima, se sarà possibile!
Peace
& Love! ❤
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