Titolo: The Sharpest
Lives
Genere: Romantico,
Introspettivo, Soprannaturale
Rating: Arancione
Avvisi: Slash, Shonen-Ai
Personaggi: Gerard
Way[My Chemical Romance] x Bert Mccracken[The Used]; accenni Frerard.
Riassunto: Ancora non mi
sono presentato. Piacere, sono un vampiro.
Mi chiamano Gerard Way,
ma non so se questo sia il mio vero nome.
Le mie
generalità le ho scordate tanto tempo fa, ormai.
Dedicata alla mia Twinna,
nonché moglie, perché se la merita fottutamente.
“The
Sharpest Lives”
Capitolo Uno
“ Esistono almeno due cose che inevitabilmente accomunano un
licantropo ad un vampiro.
La prima si può catalogare come necessità naturale;
impulso genericamente arduo da abbandonare e da ignorare: la totale
dedizione alla caccia di sangue.
Come anche un comune essere umano potrebbe pensare, la dipendenza al
vermiglio liquido è molto più forte e torturante
nel suddetto non morto.
Il vampiro brama sangue e cessa di esistere senza di esso; il
licantropo riesce invece a portare avanti la propria esistenza di
mostro senza dare troppo nell'occhio.
Il secondo punto è molto meno difficile da trattare, anche
senza l'ausilio di conoscenze nello specifico. Il vampiro è un morto. Il
licantropo è
un mutante.
Possiamo entrambi catalogarli in quella cerchia di stranezze che
più volte nell'arco dei secoli sono state ignorate e
insabbiate. ”*
Quando mi guardo allo specchio - perché
la storia del riflesso invisibile è sempre e solo stata una
fandonia - ciò che semplicemente riesco ad
osservare è un viso smorto, dai tratti cadaverici.
La classe di un vampiro
non è acqua; si suol dire in casa Way.
In realtà è più che altro un vecchio
detto, poiché il nostro scorrere quotidiano ha dovuto
accelerare il passo con i tempi. Non esiste al mondo niente che rimanga
intatto per sempre,
ecco cosa sono riuscito a capire in questi anni. Ma alla fine, giorno
dopo giorno, ciò che più cominci a gradire
è quel qualcosa chiamato abitudine. Che cosa strana, quando
ormai esisti nel mondo da quasi quattrocento anni. Vivendo, soffrendo e morendo.
Che scortesia, ora che ci penso. Ancora non mi sono presentato. Piacere, sono un vampiro.
Mi chiamano Gerard Way, ma non so se questo sia il mio vero nome.
Le mie generalità le ho scordate nello stesso momento in cui
due affilati denti gelidi hanno trapassato la pelle calda del mio
collo, traforandomi la trachea.
Avevo diciassette anni, ed era una fredda giornata di Settembre.
Inspiegabilmente, ancora oggi riesco a percepire il contrasto tra il
mio corpo febbricitante e il vento tramontano che riusciva ad entrare,
attraverso grandi spifferi, dentro la mia stanza.
La peste stava lentamente corrodendo il mio giovane corpo, e la mia
anima svolazzava via in preda a forti illusioni causate dalla mia mente
malata. Le storie dei
vampiri iniziano tutte così, vero?
Quando mi svegliai dal mio ultimo sonno, Frank Anthony Iero mi
regalò uno dei suoi più splendidi sorrisi. Una di
quelle smorfie strane, che se avessi potuto osservare da sano avrei
catalogato come “inquietanti”.
In quel momento però, mentre il lenzuolo bianco che da
giorni mi accoglieva si macchiava del mio liquido vitale, quei canini
esageratamente pronunciati e macchiati di rosso mi parsero estremamente
sensuali.
“Sei stato
fortunato.”; mi sussurrò
all'orecchio, avvicinandosi.
Si sganciò leggermente il colletto della camicia vecchio
stile che indossava, ornata di merletti e ricamature varie, offrendomi
il suo collo candido come se fossi stato partecipe al migliore dei
banchetti. In quello stesso istante avvertii il mio stomaco pulsare, la
testa scoppiarmi.
Gli occhi venati mi uscirono parzialmente dalle orbite e tutto
l'ambiente circostante mi apparve in un attimo confuso, disordinato. Solo quel collo, e quella vena
che hai miei occhi pareva la salvezza.
Lo addentai nell'arco di un secondo, senza chiedermi né
perché, né per come. Ciò si potrebbe
chiamare istinto, o forse semplicemente desiderio.
Sbranai con foga la sua pallida pelle, affogando dentro un'insolita
bramosia di cibarmi.
Quella fu la prima volta che assaggia il delizioso sapore ferroso del
mio creatore; e ne andai subito pazzo.
Da allora sono passati diversi decenni, forse anche secoli.
Quando dico di aver quattrocento anni, la mia è una stima
approssimativa; in realtà ho perso l'orientamento della
bussola da troppo tempo.
Ipoteticamente parlando, avrei quasi la certezza di saper raccontare
per filo e per segno tutti gli avvenimenti storici avvenuti negli anni
passati. Ho adorato la storia degli altri, ma non la mia.
Mai mi ricorderò il giorno e l'anno precisi in cui il mio
cuore ha smesso
di battere, ma il mio corpo ha continuato
a camminare.
Prima di me, anche mio fratello minore fu trasformato. Con infantile e
tenera preoccupazione, si era recato nel bosco vicino casa a
raccogliermi erbe medicinali. Non
aveva più fatto ritorno.
Quando mi risvegliai morto, me lo ritrovai davanti.
“Bentornato,
Gee.”; esclamò abbracciandomi. Ma non
trovai nessun tipo calore, in quelle braccia.
In tutto fummo e tutt'ora siamo quattro, i “prescelti”
a cui Frank ha donato nuova vita.
Sin da subito ho sempre provato disgusto, difronte a quella parola a
mio parere forzata.
Ciò che ho continuamente accomunato alla seconda vita che ci
è non volutamente stata data è l'odiata
solitudine del nostro creatore.
Mascherata da sorrisi innocui e parole dolci, ho più volte
letto tristezza
nel suo sguardo.
Sicuramente Frank si sentiva solo. Allora
ha creato noi.
Spesso ho pensato di odiarlo.
Comunemente un vampiro non dovrebbe provare sentimenti forti, ma la
morsa che si creava nel mio stomaco ogni volta che lo vedevo era troppo
intensa da ignorare.
Nel primo periodo della mia neo-vita, l'accettazione del mio stato mi
ripugnava.
Mi costrinsi a non mangiare, chiudendomi dentro alla mia vecchia
stanza, che aveva il profumo
di morte. Notte e giorno lì, con la mente piena di pensieri
ma tuttavia vuota.
Sangue, sangue e ancora
sangue. Quei suoi occhi magnetici, e nulla più.
“Mi hanno
stregato?”; era ciò che mi sforzavo
di pensare.
La verità era però stampata a caratteri cubitali
sulla mia faccia.
Sguardo insano, e brandelli di pelle a pezzi. L'astinenza si faceva
sentire.
Mi costringevo a morire.
“Un giorno tu
impazzisti.”; o almeno così racconta
spesso mio fratello Mikey.
Fin da piccolo, ha sempre avuto la strana dote di saper narrare fatti
realmente accaduti, romanzandoli un po'. Ho più volte
rimpianto la vita, riflettendo sull'immagine del mio fratellino adulto.
Penso proprio che sarebbe stato un buon padre, attirando i propri figli
in un piccolo cerchio intorno al fuoco e raccontando loro fantastiche
storie della buonanotte.
Ascoltando il suo discorso, ogni volta le mie budella si restringono.
Seguendo ritmicamente la sua voce, sono più volte riuscito a
ripercorrere in maniera confusionaria i passi che feci per uscire dalla
catapecchia in cui mi stavo lentamente suicidando.
Nella sua versione dei fatti, appena uscito dalla mia tana, cominciai a
correre per non so quale via ad una velocità disumana,
artigliando e spolpando vivo ogni essere umano che aveva la sfortuna di
ritrovarmi sul proprio cammino.
“Ah, temevo
che accadesse. Che vampiro stupido è tuo fratello,
Mikes.”; questo fu l'unico commento che, a detta
del mio consanguineo, Frank sospirò prima di inveire
brutalmente su di me e riportarmi dentro la casa in malora.
Non mi ricordo niente.
La mia mente è come paralizzata ed inaccessibile, riguardo a
quel susseguirsi di eventi.
Eppure è sempre stato come se qualcosa dentro me fosse fuori
posto, mentre ascoltavo lievemente imbambolato la voce soave del mio
fratellino.
Una volta, dopo una sfrenata sessione d'esauriente rapporto sessuale
tra me e Frank, la curiosità e la voglia di sapere si fecero
improvvisamente pulsanti e non riuscii a trattenermi.
“Cosa hai
fatto per farmi ritornare in me, quando andai fuori di testa?”;
pronunciai queste parole con enfasi, mentre tenevo la guancia destra
pigiata sul suo petto tatuato.
Il ventesimo secolo era ormai quasi alla fine, e Frank aveva perso
completamente il senno per quei dipinti indelebili che fieramente
portava sul corpo. Ho sempre pensato che fosse un gelido masochista,
devo ammetterlo. A me facevano leggermente ribrezzo.
Lo sentii sorridere, mentre cominciava ad accarezzarmi dolcemente i
capelli lunghi e color pece.
“Qualcosa di
molto simile a ciò che abbiamo fatto non più di
cinque minuti fa, Gee.”
Mi misi a ridere. Tutt'oggi, non so se credergli o no.
Il sesso, futile svago nella vita dei vampiri, non è sempre
stato una nostra costante abitudinaria. Seppur sia qualcosa
d'indefinibile ed eccezionale, avviene con uno scambio di sangue non
indifferente e con la conseguente fame.
Non so dire perché sia iniziato, questo rapporto tra noi
due.
Ricordo a frammenti il periodo dopo la mia accettazione di vampiro, ed
il nostro stare insieme che subì un drastico cambiamento.
Non c'era mai stato un dialogo che si discostasse dal vampirismo, fra
me e lui. Il suo parlottare continuo con Mikey mi faceva immaginare ben
poco, ma le occhiate che mi regalava davano il via ad una serie di
emozioni contrastanti che pensavo di non saper provare.
Ancora con la mentalità da ragazzo ingenuo di campagna, mi
rimaneva difficile tradurre i suoi movimenti in concretizzazioni di
qualcosa che mi attanagliava lo stomaco.
Mi sono ininterrottamente chiesto il perché.
Non sono mai stato esageratamente bello, né particolarmente
intelligente. Il mio era un viso da ragazzo paffutello; guance gonfie e
sorriso goffo. Avevo l'impressione di essere troppo comune, per poter
essere apprezzato da qualcuno. Soprattutto
da Frank.
Eppure mi guardava. Mi osservava continuamente, mentre cercavo di
nascondere l'imbarazzo che le sue occhiate mi procuravano in qualunque
maniera.
Sembrava mi leggesse dentro, con quel suo sguardo pieno d'insana
pazzia.
Perciò mi sono sempre trattenuto dal pensare troppo, in sua
presenza.
Poi successe.
Un giorno qualsiasi, privo di particolarità.
Frank mi morse.
“I vampiri
mordono lievemente le proprie vittime prima di ucciderle, usando la
propria forma dei denti come marchio di proprietà.”;
mi spiegò Mikes, nei primi anni della nostra trasformazione,
quando la sua curiosità nei confronti di ciò che
eravamo diventati era ancora infinita.
Frank mi morse,
assaggiando leggermente il sapore del mio sangue stantio.
Mentre con i suoi occhi ambrati mi penetrava l'anima, leccò
di sfuggita una piccola goccia di liquido rosso che nella foga gli era
fuoriuscita dalle labbra.
Con un bacio, mi fece capire che ero suo.
I due piccoli buchi che rimasero impressi sulla parte destra del mio
collo, sono tutt'ora il marchio che mi contraddistingue dai miei
compagni.
Perché io non
sono libero. Sono un vampiro, che appartiene al suo creatore.
Ma il suo non è
amore. E la mia non è
sottomissione.
Potrei chiamare il sentimento che mi spinge a continuare questa mia
esistenza rassegnazione,
ma la trovo una parola abbastanza patetica.
Quindi direi che mi lascio andare al corso degli eventi; ormai ho
imparato a vivere così.
Costretto ad essere ciò che non voglio.
Appartenendo ad una persona che non
amo.
Cibandomi con qualcosa che mi ripugna.
Unica consolazione? Riesco
non so come a tirare avanti.
In fondo non posso morire.
In fondo non posso amare.
In fondo se non bevo sangue impazzisco.
Non sono poi
così diverso,
non credete?
Note:
Dopo qualche giorno di assenza, direi che sto postando fiction a tutto
spiano e ciò non mi rallegra affatto. Cioè, non
è nella mia natura, di solito faccio trascorrere secoli O_O.
Ma questa volta è per una buona causa; è per la mia Twinnozza.
Non posso dire di averla scritta per lei, ma ammetto che questa
è a mio parere una delle storia cui sono più
affezionata, e per questo dico che ormai è SUA.
Amore, tu sei diventata per me una delle persone più
presenti e più importanti, sei tanto cara e tanto mia
gemella che non posso fare a meno di amarti, e non mento quando dico
che aspetto la sera per parlarti ç-ç.
Sfortunatamente abbiamo interi kilometri a dividerci, ma non importa,
io ti sento vicinissima lo stesso e spero che questa cosa non cambi mai.
Che dire poi se non che un gioioso spero
che ti piaccia?
È la mia prima storia sui vampiri a capitoli,
e posso anche già posticipare che è alquanto
intricata e poco comprensibile. In realtà non sono ancora
riuscita a trovare un “senso” compiuto a tutto
ciò che scrivo, però a me piace. Il Bertie
arriverà più in là, e no, questa fic
non ha happy ending
xD.
Uhm, penso di essermi interamente svuotata. So che come trama
potrà essere banale, però ci tengo abbastanza.
Aspetto commenti e critiche, basta che mi diciate cosa ne pensate xD.
Al prossimo capitolo.
<3
AintAfraidToDie
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