Nella
stanza circolare, tutta bianca con venature ferrose
date da alcuni macchinari, si ergevano tredici troni. Uno
più alto dell’altro,
non ve n’era uno che avesse la stessa altezza
dell’altro. Improvvisamente su
dieci di questi comparvero delle macchie oscure. Erano come dei buchi
neri in
miniatura, da essi si materializzarono delle figure incappucciate,
coperte da
un mantello nero. Dalla testa ai piedi erano coperti di nero. Il
vestito
anch’esso nero aveva dei pendenti e la cerniera in metallo, e
il grigio
risaltava ancora di più su quel nero così
profondo. Dal quarto trono più alto
la figura che ne era comparsa iniziò a parlare rivolgendosi,
per quanto possa
sembrare, al capo che sedeva sul trono più alto.
-Maestro, in questo nuovo ordine mondiale, che sembra non avere
più legami col
vecchio, è tutto diverso, capovolto. La nostra ricerca
potrebbe essere più
difficile, senza contare che a dispetto delle nostre aspettative siamo
inferiori al numero prestabilito.-
Anche da sotto il cappuccio del “Maestro” si notava
il suo sorriso, malvagio e
pieno di aspettative. Lasciò finire il membro in nero, poi
prese a parlare. La
sua voce, la riconoscerei tra mille, ormai segnata
dall’età, dai secoli vissuti,
se non addirittura millenni. –Miei cari vessilli,
è vero che siamo in dieci e
che quindi dovremo andare alla ricerca dei rimanenti vessilli, ma
è anche vero
che le schiere della luce sono ormai esigue, se non addirittura spoglie
di
custodi atti a infastidirci. Direi di proseguire con il piano
originale, e nel
frattempo cerchiamo qualcun altro che sia degno di diventare un nuovo
vessillo
dell’oscurità.-
Il tempo di finire quella frase e tutti scomparvero nelle loro nubi
oscure. Mi
ritrovai allora al centro di quell’insieme di troni, su di
una pedana bianca
che faceva da base di appoggio ai tredici troni. Intorno a me non vi
erano
porte, quindi come avrei mai potuto uscire da quella prigione di bianco
e
metallo. Fu allora che un corridoio oscuro si aprii dietro di me.
Titubante lo
attraversai, io, che ho sempre combattuto contro
l’oscurità, mi facevo salvare
da essa. Quale infingardo e ironico destino. Ma mai mi sarei aspettato
di
vedere ciò che si prospettava davanti ai miei occhi.
Un mondo, che gli abitanti chiamano Terra.
Non ve ne sono altri, a quanto dicono loro.
O meglio, ve ne sono, ma sono disabitati.
Mi chiedo cosa sia successo all’intero universo dopo la mia
scomparsa.
Ci sarà mai qualcuno in grado di darmi delle risposte?
Mentre vagavo per questo mondo, tramite i corridoi oscuri che quelli
dell’Organizzazione lasciavano aperti, sentii finalmente un
cuore. Non
particolarmente forte, ma disposto sicuramente a combattere.
Devo riuscire a capire diverse cose, e magari questo cuore potrebbe
aiutarmi a comprendere.
Appena riuscirò a districarmi in questo nuovo e unico mondo,
dovrò andare alla
ricerca dei miei tre allievi, che per me erano come dei figli.
Ora però, è tempo di mettersi di nuovo al lavoro.
L’oscurità deve essere di
nuovo fermata. E stavolta lo giuro sul mio nome!
–Master Eraqus-
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