Cap 12
Long live the lioness
“Through the strom we reach the shore
You give it all, but I want more
And I'm waiting for you
With or without you
I can't live
With or without you”
With or Without You, U2
Il vento le accarezzava la pelle, un vento stranamente caldo e piacevole. Un vento di primavera. Il profumo era quello inconfondibile del parco degli dei del nord. Un
grosso ammasso di alberi, nulla più. Eppure in quel luogo, in
quell’angolo della Fortezza Rossa, c’era sempre una pace, un’atmosfera
magica, surreale.
Si ritrovò a camminare
tra gli alberi, su un soffice manto di foglie rosse che ricoprivano
ogni cosa, mentre il vento le faceva volteggiare la gonna.
L’albero diga si parò
davanti a lei. Aveva immense radici che si dipanavano per metri, anche
sopra la superfice. E sopra una di queste radici, era seduto un
ragazzo. O meglio, un uomo.
Fino a qualche secondo
prima le era sembrato di non fare alcun rumore camminando, eppure
avvicinandosi allo sconosciuto questo parve accorgersi della sua
presenza.
Si voltò e fece per venirle incontro.
Cosa?
Il cuore le si arrestò, il respiro si troncò. Gli occhi si
spalancarono. No, non era possibile. Non era dannatamente possibile.
Lui era…
Il suo volto tipicamente
carnoso e pieno si era allungato e smagrito, conferendogli
un’espressione molto più regale e matura. Era decisamente più alto di
come lo ricordava ma del resto…
Ad occhio dimostrava poco meno di vent’anni, e anche questo era giusto, tutto combaciava in una perfezione che la atterriva ancora di più.
Ma no, il tutto era impossibile. Lui era…
I capelli biondi erano
però gli stessi e, soprattutto, lo erano anche gli occhi. Due piccoli
smeraldi verdi, sempre pronti a schizzare da una parte all’altra.
Ciò che stava provando…era indescrivibile. Sconcerto misto a paura, incredulità unita a gelido terrore. Del resto, lui era…
Nonostante questo, riuscì, da qualche parte, la forza per parlare. Vinse la morsa che le attanagliava la gola.
“Joff…” quasi sussurrò all’uomo che oramai era a meno di un metro da lei.
A suo fratello.
Il sorriso di lui…era
qualcosa di impagabile. Nemmeno nei suoi migliori ricordi c’era
qualcosa di comparabile. E c’era qualcos’altro…lui non era affatto
sorpreso di vederla.
“Myrcella…” rispose lui.
La sua voce era decisamente più profonda di come la ricordava. Allungò
una mano, per accarezzarle il volto.
Quel contatto aumentò
ancora di più il caos emotivo che aveva dentro. I pensieri si
rincorrevano all’impazzata, senza inizio né fine, senza senso né scopo. Del resto, lui era…
A quel punto niente avrebbe potuto sconvolgerla ancora di più. E invece le parole che arrivarono alle sue orecchie…ci riuscirono. Ci riuscirono eccome.
“Come sta il nostro principe?” le chiese, con tono curioso e impaziente.
Cosa? Le orecchie le fischiarono per un interminabile istante.
No, no, no…non era dannatamente possibile.
Le dita che pochi istanti
prima le avevano sfiorato la guancia andarono ora a posarsi sul suo
grembo. Istintivamente lei abbassò lo sguardo.
E ciò che vide…
Smise di respirare, di pensare, di udire, per un istante forse anche di vivere per la sorpresa, per lo sconcerto. Per i sette inferi, che cosa stava succedendo? Non era dannatamente possibile. Lui era…
Ancora incredula e allibita mosse la sua di mano. Le dita seguirono la leggera ma indistinguibile curva del suo ventre.
Non si era sbagliata.
Ma
no, no, no, no, non era possibile. L’evidenza lo confermava, ma ogni
parte di lei, ogni suo pensiero si rifiutava di crederlo.
Annaspò qualche secondo alla ricerca di parole. Ciò
che la stava attraversando in quegli istanti era sorpresa devastante,
dirompente, che travolgeva e volatilizzava ogni sua sicurezza e
certezza.
“When…how…what…what I am?”
chiese, con tono che nonostante tutto riusciva a non essere spaventato.
Sconcertato sì, ma la paura…nella sua testa c’era talmente tanta
confusione e caos che non c’era più spazio per la paura.
Questa volta Joffrey rimase un istante sorpreso. Come se gli stesse facendo una domanda incredibilmente ovvia, banale.
Guardandola negli occhi, rispose.
“My sister. My wife. My queen.” disse, con incredibile naturalezza.
Dopo queste parole si avvicinò.
Le sue labbra andarono a sfiorare quelle di sua sorella, quelle della sua regina.
Per un attimo Myrcella fu sul punto di rifiutarlo, di respingerlo. Non
era possibile che lei fosse…la sua regina. Quello che aveva sempre
provato per Joffrey…beh, era speciale, unico, forte, ma di certo non
arrivava fin lì…
Ma nell’istante
seguente…quel contattato, quel bacio riuscì a farle dimenticare tutte
le assurdità, tutto il caos, tutti i suoi ragionamenti. Per un istante riuscì a essere libera da quei pensieri, di come fosse possibile tutto quello.
E in quella chiarezza e calma momentanea, cominciò a percepire qualcosa di strano. Un sentore amaro, amarissimo, che si faceva sempre più forte. E poi quel sapore inconfondibilmente metallico. Sapore di sangue.
Il re si staccò da lei e…
Tutto cominciò a vorticare, a sfumare, a perdere consistenza.
La faccia di Joff era
sconvolta dal dolore, rivoli di sangue gli colavano dal naso e dalle
estremità della labbra, il suo colorito era divenuto paonazzo, gli
occhi si stavano orrendamente rimpicciolendo. Con le mani si artigliava
la gola. Si piegò in avanti, tossendo in modo straziante.
Ma quando si rialzò...non era più Joff.
Provò a chiamarlo, disperata, ma nessun suono uscì dalla sua gola.
Tommen si dibatteva, si
contorceva, soffriva terribilmente sotto quella incessante tosse. Il
senso d’impotenza davanti a quella scena…
Allungò il braccio, ma il fratello si allontanava, si allontanava sempre e sempre di più.
La sua vista sulla scena
si annebbiò. Immagini vorticavano in un vuoto a tratti verde, a tratti
rossastro. Le sembrò per un istante di scorgere i ricci neri e i
lineamenti di Trystane, poi una scia argentata e due punti violacei.
Aegon? Non ne era certa.
E poi…tutto cominciò a girare, girare, girare. Le sembrò di cadere nel vuoto per istanti che parvero non avere fine.
Si svegliò di soprassalto. La penombra notturna della stanza le diede il benvenuto.
Istintivamente si alzò, fino a mettersi a sedere sul letto.
Aveva il respiro affannato come se avesse corso per miglia e miglia.
Chiuse un istante gli occhi. Era stato solo un sogno. Un sogno strano quanto terrificante.
Sentiva qualche goccia di sudore freddo scenderle lungo la schiena.
Provò a fare ordine tra i pensieri, ma era impossibile. Quello
che aveva appena visto…ricordi, sensazioni, pensieri si alternavano in
una danza logorante e senza fine. Non c’erano risposte alle sue
domande, spiegazioni ai suoi dubbi, senso in quello che aveva visto. Tutto
d’un tratto, i suoi sensi tornarono a funzionare. All’improvviso si
rese conto di quanto fosse gelida la stanza. Le coperte erano scivolate
via quando si era alzata e ora aveva la pelle d’oca. L’aria fredda
della notte che le accarezzava le spalle, le braccia, il seno e la
riempiva di brividi.
Percepì una mano sul fianco. Si girò di scatto.
Trystane si era svegliato. E la guardava con occhi pieni di curiosità e stupore allo stesso tempo.
Senza nemmeno doverlo ordinare al suo corpo, si gettò tra le sue braccia, stringendosi contro il petto del principe.
Lui la cinse a sé. Aspettò che il respiro di lei si calmasse, mentre le accarezzava i capelli.
Lei…non riusciva a togliersi dagli occhi l’immagine del fratello morente. Si,
tutto combaciava. Quella tragica lettera ricevuta oramai cinque anni
prima parlava di avvelenamento e quello che aveva appena visto… Come
diamine era possibile? E tutto il resto? Lei…la regina di Joff? Con un
suo principe in grembo? No, era una follia. Come sarebbe stato
possibile? Anche se lei non fosse partita per Dorne… No, non sarebbe
mai e poi mai potuto accadere. Non erano dei Targaryen. Nessuno avrebbe
né permesso né accettato una cosa simile.
E mentre mille simili pensieri si rincorrevano in un cerchio senza fine, una domanda le sorse dentro. Lei,
lei stessa, lo avrebbe mai permesso, mai accettato? Aveva una tremenda
paura della risposta che sentiva dentro di sé. Avrebbe mai
potuto…amarlo? No, non almeno nel modo in cui amava…non nel modo in cui
lui…
Lui…tutti
lo ricordavano come una persona orribile, dal carattere folle,
spietato, arrogante, crudele. Ma con lei non era mai e poi mai stato
così. Era l’unica che poteva controbattergli, ribellarsi, rispondergli.
Non era mai stata vicina a lui come lo era con Tommen, e non avrebbe
saputo definire esattamente cosa li unisse. Non aveva memoria di
momenti in cui loro due erano stati davvero soli. E poi…era troppo
piccola, per… Quando lei avrebbe potuto iniziare a comprendere, a
capirlo, a cogliere ciò che lui provava…lui già non era altro che
cenere.
Ma quella visione…
“No. No. No. Era solo un
sogno” urlò dentro di sé per porre fine a tutti quei pensieri. Lei era
sangue del leone. Non avrebbe mai lasciato che un incubo sì
terrificante ma irreale la terrorizzasse così. E poi…
Sentiva le braccia di lui intorno al corpo che la stringevano forte. Per
proteggerla, anche se lui non aveva idea da cosa. Sorrise. Per
l’ennesima volta si sentì incredibilmente fortunata. Niente poteva
spaventarla, intimorirla con lui di fianco.
Il suo respiro si era finalmente calmato. Riaprì gli occhi.
“Grazie…e scusa. Io…” cominciò a sussurrare. Ma lui la interruppe, passandole ancora il palmo sulla testa.
“Ssssssss…”
disse in tono rassicurante, rimanendo a sua volta in silenzio
per…secondi? Minuti? Ore? Non avrebbe saputo dirlo. La voce del
principe tornò a risuonare, poco più di un sussurro a dire il vero. Ma
era un sussurro rassicurante, premuroso, dolce.
“Cosa è successo? Dèi, non ti ho mai vista così sconvolta…”
“Un incubo…” Scosse leggermente la testa, mentre rivedeva ancora il veleno fare effetto su Joff. “Fantasmi del passato…”
Si morse per un istante
il labbro, come per rafforzare ulteriormente lo scudo interiore che
aveva creato contro quell’esercito di dubbi e ricordi.
“È tutto finito. Non è nemmeno reale, non lascerò che mi spaventi. E poi…”
Prese un lungo respiro, ritrovando nuovamente un sorriso sereno.
“Ho qui con me la miglior protezione che possa mai desiderare…”
Trystane sospirò divertito. La baciò sulla fronte.
“Davvero è tutto finito?” le chiese.
Myrcella annuì. Si staccò un istante da lui. Gli sorrise, guardandolo negli occhi. Scese a sfiorare le labbra del suo principe. Del suo unico principe.
Solo
così riuscì davvero a mettere da parte tutto. A dimenticare quelle
orrende immagini sognate poco prima. Non aveva bisogno di nient’altro.
Di nessun altro conforto, sostegno, rimedio. Solo di lui. Senza di lui…
semplicemente non avrebbe potuto vivere.
Trystane ricambiò il suo
gesto. Lei si staccò, senza fiato. Finalmente serena tornò a
sprofondare tra le sue braccia. Sentiva la mano di lui accarezzarle la
bianca schiena, scorrerle tra i capelli.
Non si sentiva stanca, eppure l’idea di dormire aveva un che di confortante.
Stretta al suo principe scivolò nuovamente nel sonno, un sonno leggero e senza sogni.
- - - - -
Un sibilo lo avvertì del
pericolo. Fece in tempo ad alzare la lama, in una parata più
improvvisata che elegante. Lo stridio del metallo risuonò per
l’ennesima volta tra le mura del forte.
Decine di uomini si erano riuniti sui camminamenti, ai lati del cortile, in cima alle torri.
Quello di certo non era uno spettacolo frequente.
Arretrò per l’ennesima volta, prendendosi un paio di metri di spazio.
Chiuse un istante gli
occhi, espirando deciso. Cercò di riportare ordine tra i pensieri, di
cancellare la paura. Provò a ricordare tutti gli insegnamenti di Ser
Rodrick, tutte le volte che aveva duellato con Rob.
Ma qui era decisamente diverso.
Aegon non aveva certo una forza sovraumana, conosceva guerrieri molto più brutali.
Non era la potenza il problema.
Il giovane drago era
spaventosamente, incredibilmente, dannatamente veloce. Blackfyre non
era di certo una spada maneggevole, anzi. Era immensamente lunga e,
nonostante fosse del miglior acciaio di Valyria, era anche molto
pesante.
Ma lui la brandiva come se fosse un bastone. E la sua rapidità…
Il movimento improvviso del principe lo distolse dai pensieri.
Questa volta lo attaccò
al fianco destro con un fendente basso. Jon non fece a tempo ad
abbassare la spada per parare che lui già vibrava un colpo a sinistra,
all’altezza del collo. Con un enorme colpo di reni e di polmoni riuscì
goffamente ad alzare lo scudo. Ma non sentì nemmeno il colpo cadere su
esso. La spada di Aegon si abbatté sul suo fianco destro, in basso,
facendo tintinnare la spessissima cotta a maglia.
Blackfyre si abbassò, perpendicolare al terreno.
“Morto. Per la quattordicesima volta.” disse il fratello, con tono ironico.
Con la mano libera scostò le ciocche di lunghi capelli argentei che gli erano finiti davanti al volto.
Sospirò, mentre qualche goccia di sudore che gli imperlava la fronte colava lungo la faccia. Rinfoderò la spada.
A quel gesto, dagli spalti improvvisati cominciò a levarsi qualche applauso.
Un ragazzino corse verso di loro, pronto a portare via i loro armamenti.
Il principe gli consegnò la leggera corazza, l’unica protezione che indossava.
Aveva combattuto persino senza scudo.
Jon era rimasto un po’
sorpreso quando gli aveva proposto un duello, ma aveva accettato di
buon grado. Ma quando il fratello aveva sancito di combattere con il
loro acciaio di Valyria, lui era rimasto senza parole.
La spiegazione di Aegon era stata…eloquente.
“Fratello, non posso
combattere con una spada che non sia Blackfyre. È come…” qui aveva riso
“bere del rosso di Dorne e poi quel piscio giallognolo che producono ad
Essos. Oppure…”
L’altro paragone…beh, non se lo sarebbe aspettato, non da lui almeno.
Ma del resto, cosa ne
voleva sapere? Il fratello era di un anno e mezzo più vecchio di lui. E
chissà quante fanciulle erano cadute vittime dell’incredibile e
sovraumano fascino del giovane drago.
Scosse la testa,
divertito, mentre consegnava scudo, gomitiere e gambali al ragazzo.
Ripose Lungo Artiglio nel fodero di traverso sulla schiena.
“Forse ho sbagliato a
usare lo scudo. La mano è di nuovo forte, è vero ma…impugnando la spada
con due mani sarei stato più rapido e veloce” pensò, mentre si avviava
verso un angolo del cortile.
Quello del Forte
Orientale era decisamente più piccolo di quello del Castello Nero, ma
del resto c’erano anche un terzo degli uomini…
“Jon!” urlò il principe, facendogli cenno di venire verso di lui.
Quando il fratello lo
raggiunse, entrambi avevano riassorbito l’affanno del combattimento. In
un silenzio che nessuno dei due sentiva di dover rompere, uscirono
dalla cinta muraria, dirigendosi verso il porto.
Una nave era arrivata da
oriente quella mattina. Era una lunghissima e snella galea
volantiana, con due file di remi. Quelle navi avevano un unico
scopo: la velocità. Erano l’evoluzione delle vecchie navi postali dei
valyriani, che trasportavano in tempi ridottissimi messaggi e
funzionari da una parte all’altra dell’impero.
Aegon fece strada verso la torre che dominava il porto.
L’interno era umido e cupo, sebbene venisse illuminato da numerose candele.
Due uomini erano già lì.
Uno era seduto al tavolo, intento a sorseggiare del vino fissando le
fiamme che ardevano nel piccolo camino. Dimostrava non più di trenta,
trentacinque anni. Aveva capelli di un biondo chiarissimo, tanto chiaro
che erano quasi bianchi. Erano tagliati cortissimi sulle tempie e sui
lati, mentre sulla sommità del capo erano molto più folti. La barba era
dello stesso colore, ma era decisamente più curata, sebbene molto rada.
L’altro ospite
invece…un’armatura di un blu tanto scuro da parere nero lo ricopriva
dalla testa ai piedi, senza lasciare spiragli. L’unica nota colorata
era un emblema, anche leggermente sbiadito, sul pettorale della corazza.
Raffigurava uno scudo,
per metà bianco e per metà rosso, in cui due strani e grossi uccelli,
dipinti a contrasto con lo sfondo, si fronteggiavano.
Non riuscì ad associarlo a nessuna casata che ricordava.
Il respiro stesso di
quell’uomo…era forte, basso, quasi lugubre. Era appoggiato con una
spalla alla parete, mentre con le mani, avvolte a loro volta in guanti
di maglia di ferro, affilava la spada.
All’ingesso del principe si voltarono.
Aegon lo introdusse a loro.
“Jon, questi sono i miei due più fedeli alleati e consiglieri.”
Sorrise, malinconico come sempre. Indicò l’uomo seduto al tavolo.
“Lord Mark Ramius, grandissimo ammiraglio e politico…”
Sospirò.
“E futuro Primo Cavaliere del Re”
Jon si fece avanti, per stringere la mano allo sconosciuto non più tale.
Di sicuro quei due già sapevano tutto su di lui.
Il fratello tornò a parlare. Nella sua voce ora c’era qualcosa di più…nostalgico? Dispiaciuto? Non riuscì a stabilirlo.
“Ser Stone Temple, combattente di grande valore e…”
Esitò un istante, mentre nei suoi occhi comparve un lampo di rimpianto.
Aegon scosse la testa, facendosi più serio. Non era il momento di affrontare quell’argomento. Avevano altro di cui parlare.
“Siamo venuti al Forte Orientale…perché ci aspetta un lungo viaggio”
Con la mano indicò la nave attraverso la finestra.
L’espressione di Jon si accigliò.
Via mare? Ma cosa… Parlò, pieno di disappunto.
“Non avevamo stabilito
che solo una piccola pattuglia sarebbe andata via nave ad Aspra
Dimora…mentre noi giungevamo via terra e…”
Il principe lo
interruppe. Il suo sguardo era perso oltre l’orizzonte, mentre la mente
vagava nei ricordi di pochi mesi prima. Quella frase riaffiorò nella
sua memoria. Era perfetta. Scandì lentamente le parole, distaccato.
“To
go north, you must go south. To reach the west, you must go east. To go
forward, you must go back, and to touch the light you must pass beneath
the shadow."
Sospirò, mentre quella sua unica serenità malinconica tornava a comporglisi sul volto.
“Jon, we are dragons”
I suoi occhi, perle di
ossidiana, incontrarono quelli del fratello. E nello sguardo che il
principe lanciò, c’era un’innata e fortissima sicurezza.
“But the dragon must have three heads…”
Note dell’autore:
capitolo che come avevo
preannunciato è di passaggio, di transazione…almeno per la storyline di
Aegon. Vorrei evitarli, ma sono necessari. Ho provato a dare un po’ di
movimento inserendo i primi due tra i personaggi creati da zero, in
questo caso due consiglieri del principe.
Non credo che molti
l’abbiano notato, il nome di uno dei due è un piccolo omaggio
all’ammiraglio Marko Ramius, interpretato da Sean Connery in Caccia a Ottobre Rosso.
L’altro…beh, diciamo che non è proprio nuovo nuovo. Una cosa alla
Robert Strong ecco. Ho lasciato qualche indizio, credo proprio che ci
arriverete presto anche voi.
Per quanto riguarda
Myrcella…questa realtà alternativa, questo sogno…beh, è un po’ fuori
contesto, ma immaginarmi qualcosa del genere…non lo so, l’idea mi
piaceva. Sarebbe andata così se lei non fosse stata mandata a Dorne?
Ho già inserito qualche
accenno qua e là del rapporto di Myrcella con Joffrey, che non è stato
mai chiarito. La mia idea a proposito…beh, certo non nego che Joff
fosse un mostro e tutto, ma…a costo di ripetere parole già dette, è
come se la parte del ragazzino crudele, sadico ecc. fosse solo una
colossale finzione (per apparire forte agli altri e a sé stesso? Per
compensare la mancanza di una figura paterna?) e che alla sorella però
non possa mentire. Un esempio chiaro mi pare quello del torneo per il
suo compleanno, sia nei libri che nella serie. Nel primo caso la
sorella si oppone a lui, per difendere Tommen, e Joff…beh, alla fine fa
quello che gli dice lei. Nella serie invece…c’è quello sguardo che… Non
so. Purtroppo non c’è mai stata occasione in cui lui potesse davvero
aprirsi e lei davvero capirlo. E…e forse sono solo paranoico su questo
aspetto.
Tornando a noi, nel prossimo capitolo avremo un bel salto temporale e geografico e…no, non anticipo nient’altro.
Non so quando riuscirò a
uscire, sto lavorando a un’altra storia che…diciamo che è un progetto
molto ambizioso, mi frulla in testa sin da quando scrivevo su altri
portali. Solo che…fatico a trovare uno stile adeguato.
Basta, ho scritto fin troppo.
Ringrazio ancora tantissimo tutti quelli che lasciano feedback, siete un punto di riferimento importantissimo.
Come sempre stay tuned e, ovviamente, long live the lioness.
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