Non tutte le storie possono avere un lieto fine

di Tigre Rossa
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Non tutte le storie possono avere un lieto fine

 

 

 

 

Le storie troppo belle finiscono in un tragico colpo di scena…

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A Bilbo erano sempre piaciute le storie, soprattutto quelle che sua madre Belladonna gli raccontava prima di addormentarsi, quando era piccolo.
Si rannicchiava lì, sotto le coperte, e l’ascoltava narrare di principi e cavalieri, draghi ed eroi, avventure mozzafiato e re senza paura. Si lasciava trasportare da quei racconti pieni di magia, poesia e fantasia, e si perdeva in quei miti ed in quelle leggende senza tempo che tanto lo affascinavano e di cui desiderava essere parte.
Amava le storie, quelle divertenti come quelle drammatiche, quelle romantiche come quelle eroiche, quelli tristi come quelle allegre.
Ma quelle che gli piacevano di più erano le favole, le storie con un lieto fine.
Gli sembrava giusto che coloro che tanto avevano lottato, che tanto avevano sofferto, che tanto avevano patito e perso, avessero la giusta ricompensa, qualcosa che li ripagasse di tutto. Voleva che tutte le storie potessero finire con ‘ e vissero per sempre tutti felici e contenti’. Semplicemente, voleva per ognuna il giusto lieto fine. Perché tutti meritano un lieto fine.

Con il tempo, Bilbo era cresciuto, ma non aveva mai smesso di credere nelle storie di sua madre, né nelle favole o nel lieto fine.
Certo, aveva visto morire sua madre e poi suo padre, aveva imparato a vivere senza amici e si era abituato ad una fredda routine scandita dalle stesse eterne abitudini, incatenato in una vita che non gli apparteneva, ma non aveva mai smesso di credere.

Poi, una notte, tutto era cambiato.
E la sua storia aveva avuto inizio.

Un’avventura si era presentata alla sua porta, certa che il giovane hobbit non avrebbe resistito al suo richiamo, da tanto tempo desiderato anche se di nascosto, nei meandri più nascosti del proprio cuore. Un gruppo di dodici nani, accompagnati da uno stregone i cui occhi brillavano di promesse e da un guerriero che aveva visto anche troppe battaglia, si era intrufolato di botto nella sua vita monotona, travolgendola e trasformandola senza che lui potesse impedirlo.
Aveva tentato di lottare, di opporsi, e di tenersi attaccato a quell’esistenza grigia e anonima che tanto duramente aveva conquistato, ma poi erano bastati i versi di una vecchia canzone, un paio di occhi di ghiaccio profondi come il tempo e un contratto lasciato quasi per dimenticanza in un salotto troppo vuoto per farlo cedere.
Andando contro a tutti i suoi principi ed alle sue più radicate obbiezioni e paure, aveva varcato di corsa la sua porta, per seguire quella compagnia pronta a tutto per affrontare un’impresa eroica ed al contempo spaventosa, guidati da quel principe senza trono che tanto aveva sofferto e che era disposto a donare la sua vita per ritrovare ciò che era loro.
Sapeva che sarebbe finita male, oh, il piccolo Bilbo lo sapeva benissimo; quelle pazze creature volevano riconquistare una Montagna colma di tesori custodita dal più pericoloso drago sputa fiamme della loro Era, dopotutto.
Ma la Via l’aveva chiamato, e quando ci si mette anche il Destino, non si può fare altro che seguirla con piedi alati e cuore volenteroso.

E così, lo scassinatore che scassinatore non era si era ritrovato in una di quelle storie che tanto aveva amato da bambino, trascinato nel corso degli eventi come da una tempesta impetuosa, eppure ben deciso a scegliere con cura i propri passi.
Prima solo fardello, poi pian piano osservatore, ed infine alleato e protagonista, si era fatto catturare da quella vita che da sempre gli era destinata, e aveva preso parte attiva in quell’impresa che adesso era anche un po’ sua.
Gli avventurieri che lo circondavano erano diventati più che compagni di viaggio, più che amici, più che fratelli. Erano diventati il suo piccolo rifugio personale, la sua stirpe, la sua famiglia. Avrebbe dato la vita per loro, e loro l’avrebbero data per lui.
Si erano ritrovati vicino alla morte così tante volte, eppure lui non si era mai sentito così vivo, e così felice.
Il suo mondo era lì, con loro. Nonostante tutte le difficoltà e le fatiche, gli orchi ed i goblin, il freddo e il caldo, il poco cibo e la paura costante, avrebbe dato tutto se stesso perché quel viaggio non finisse mai, solo per continuare a sentirsi ancora un po’ a casa.

Si era ritrovato in una favola.
Certo, piena di avversità e di pericoli, ma era una favola, la sua favola, o almeno cosi credeva. In fondo, c’erano tutti gli elementi: coraggiosi guerrieri dal cuore di fuoco, una pericolosa impresa per riconquistare una patria perduta, prove e rischi da affrontare, un drago terribile e letale, un tesoro che li attendeva alla fine, un re senza corona pronto a tutto per il suo regno caduto.

Il re . . .

Era lui, più di tutti, a far credere al piccolo ed ingenuo hobbit di essere sul serio in una storia leggendaria. Nobile e fiero, forgiato dalle avversità della vita e dal fuoco del drago, sembrava davvero uscito da uno di quei miti che da bambino lo facevano sognare ad occhi aperti. Ma c’erano piccoli dettagli che dimostravano quanto fosse reale, quanto in realtà fosse umano, dettagli che lui notava, e che per qualche strano motivo lo toccavano più di tutto il resto.
I primi capelli argentati che brillavano in mezzo a quella chioma scura come la notte, le piccole righe che comparivano attorno agli occhi ed alla bocca quando sorrideva, i segni degli anni di lavoro e fatica sulle sue mani da condottiero, le rare carezze con cui sfiorava la testa ai suoi nipoti quando dormivano, il dolore e la fragilità che vedeva nel suo sguardo quando quest’ultimo guardava l’orizzonte, perso in un passato mai dimenticato.
Bilbo li notava, quei dettagli, unico tra tutti gli altri, e con il tempo gli erano divenuti cari come il suo stesso respiro. Respiro che puntualmente il principe dei nani gli toglieva ogni volta che incontrava i suoi occhi color del ghiaccio.

Era dura, per il piccolo Bilbo, accettare di essere caduto in quella trappola fatale, così inevitabile nelle vecchie storie che tante volte aveva udito, quel tranello che tanto a lungo aveva evitato e temuto.
Ma non gli importava poi tanto, quando il suo re lo stringeva tra le sue braccia, o gli permetteva di stargli accanto mentre osservava il profilo della sua lontana patria perduta, o gli dava accesso a quella parte di sé che aveva donato a lui ed a lui solo.
Era un sentimento giovane il suo, e timido, ma forte e puro come solo nelle favole avviene, senza doppi fini, senza imbrogli, senza nessuna sporcizia a macchiarne il candore.
Un sentimento forte, alimentato da promesse e sogni altrettanto forti, da sguardi ardenti, baci fugaci e preziosi, rari abbracci, nomi sussurrati come preghiere.

E il piccolo scassinatore, tra le braccia del suo re, aveva pregato che quella favola durasse per sempre, o che il suo lieto fine sarebbe stato bello come quell’inizio.

Bilbo ci sperava davvero, in quel lieto fine.
Pensava che quella storia, la loro storia, sarebbe stata sul serio una favola come quelle che gli raccontava la madre.
Credeva che avrebbe vissuto il suo ‘vissero per sempre felici e contenti’ perché si, loro se lo meritavano. Lo meritavano sul serio.

Ma poi, tutto era crollato.
Ed aveva scoperto la più amara delle morali, le più triste delle fini.
Non c’era nessun lieto fine. Non per loro.

Non aveva capito che la sua storia non era una favola con un lieto fine, ma una tragedia dal finale amaro e senza senso, e quando ci era arrivato era troppo tardi.
Aveva lottato per impedirlo, per aver quel lieto fine, e se l’era visto scivolare fra le dita senza poter fare nulla.
Aveva ingannato, combattuto, rischiato, sofferto, rubato per quel sentimento che si era preso tutto sé stesso, ma non era servito a nulla.
Aveva visto il suo lieto fine spegnarsi tra le sue braccia, e tutto quello che gli era rimasto era il sapore di un ultimo disperato bacio, un vuoto incolmabile nell’anima e un cuore senza più battiti.
Il suo sogno si era spezzato in quegli occhi che avrebbero dovuto cullare i suoi per sempre.

Il suo Thorin era morto tra le sue braccia, con il suo nome sulle labbra e i suoi occhi incatenati nell’anima.

Il suo mondo crollò nel preciso momento in cui del principe senza trono smise di respirare, ma la sua storia non terminò lì.
Tornò a casa senza mai voltarsi, ma lasciò il suo cuore laggiù, nella Montagna che avevano riconquistato a caro prezzo, giurando a sé stesso di tornare quando sarebbe stato il momento di dire addio al mondo.
Ritornò nel suo vecchio buco hobbit, che ora gli sembrava più vuoto e freddo che mai, e rimase lì, ad aspettare invano che le ore, i giorni, gli anni gli scorressero addosso senza fare rumore, e che lo portassero sempre più vicini al suo amore perduto, senza mai dimenticare, senza mai smettere di piangere, senza mai smettere di amare.


Ora che Bilbo è uno hobbit vecchio, ed il suo corpo trema eppure non vuole lasciarsi andare, passa tutto il suo tempo a scrivere la sua storia su pagine e pagine di pergamena, tramandandola per le giovani generazioni che, come lui tanti anni prima, hanno tanto bisogno delle avventure.
La scrive con tono allegro e vivace, dandogli i caratteri di una favola, non ignorando i momenti brutti e tristi ma concentrandosi su quelli spensierati, comici e belli.
Vuole che chi leggerà le sue memorie vedrà solo il bene che quella storia gli ha lasciato, e non il male. Vuole che i piccoli si divertano, e che i suoi vecchi amici si rallegrino nei loro ultimi anni rileggendo quelli che allora furono giorni felici.

Ma non scrive tutto, il vecchio scassinatore a cui è stato sottratto quello che era più importante.  No. Molte cose se le tiene per sé. Come il modo in cui Thorin lo abbracciava, le sensazioni che provava quando i loro sguardi si incontravano, la magia che avvertì quando le loro labbra si incontrarono per la prima volta. Le promesse spezzate, il dolore del rimpianto, le lacrime sulle loro guance,  il loro ultimo bacio, quel vuoto che da allora lo distrugge istante dopo istante.
Perché quelli sono momenti che appartengono solo a loro, alla loro favola spezzata, al loro lieto fine mai avvenuto, un lieto fine che ancora aspetta.

Si, perché lui ci crede ancora in quel lieto fine, anche se ormai con meno forza di prima.

Spera che arriverà, con la sua morte che però si fa attendere da tanto, troppo tempo, e che gli donerà quella felicità a lungo negata.

Ci spera, ma sempre con meno forza, tentando di non illudersi troppo, di non farsi troppe speranze come la prima volta.

Perché lo ha imparato a sue spese.


Non tutte le storie possono avere un lieto fine.

 

 

La tana dell’autrice


Aloha! Per prima cosa mi per la grafica di questa short, ma il pc di mio fratello stranamente non mi fa apportare modifiche ai testi su EFP- Mha!-.
Allora, questa è una fic che ho appuntato poco dopo la visione di BOTFA e su cui sono tornata su da poco, dopo averla recuperata dal cadavere del mio pc. Ho sempre creduto, e questa è un’impressione che mi porto dietro da quando vidi per la prima volta ‘Il signore degli anelli’, che il mio Bilbo - e nemmeno il povero Frodo se è per questo- abbia mai avuto il loro lieto fine, non sul serio. Insomma, loro due si sono caricati i problemi dell’intera Terra di Mezzo sulle spalle, e poi . . .? Insomma, non potete dirmi che abbiano avuto un lieto fine, non sul serio. Sono entrambi spezzati, in maniera diversa forse, ma sono spezzati, e non hanno avuto un lieto fine capace di aggiustarli. O, almeno, è sempre stato questo il mio pensiero. E dopo aver visto Lo Hobbit, beh, me ne sono convinta, che si consideri la bagginshield o meno.
Bilbo ha vissuto l’avventura della sua vita, ma è finita in tragedia. Ha visto morire i suoi amici, e amore o meno verso il Re sotto la Montagna, ne è stato segnato profondamente. Non ha mai dimenticato, anzi, si è sempre tenuto stretto quel passato, dedicando le sue energie a quel libro di cui ha sempre avuto difficoltà a scrivere il finale. Come se avvertisse che non fosse il finale giusto. Il suo unico desiderio, raggiunta la vecchiaia, era tornare in quel posto che racchiudeva i ricordi più importanti ma anche i più drammatici della sua vita, La Montagna. Voleva tornare a casa, alla sua vera casa, dai suoi amici – e dal suo Thorin, aggiungo io-. Ma non ha potuto. E poi . . . beh, sappiamo tutti cosa è successo poi. Mi si stringe il cuore ogni volta che penso a quel vecchio hobbit spento vegliato dal giovane e altrettanto ferito Frodo.
Beh, quindi è uscita questa cosa. Quella di Bilbo sembrava una favola, ma non tutte le favole hanno un lieto fine, purtroppo.

T.r.

P.s. Ah, un’ultima cosa. Prima di dare gli ultimi ritocchi a questa fic, ho iniziato a rileggere ‘La compagnia dell’anello’, e arrivata alla parte del Consiglio mi ritrovo queste frasi.

‘ Disse Bilbo “I libri dovrebbero sempre finire bene. Che te ne pare di: e tutti finalmente assestati, vissero per sempre insieme felici e contenti?”
“Andrà benissimo, se mai dovesse avverarsi.” disse Frodo. ’

Non ho altro da dire.





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