Capitolo
2
Benvenuti
In mezzo all'oscurità in cui era piombato,
Alastor riacquistò i sensi all'improvviso, come se si fosse
appena svegliato da un incubo.
Sussultando, aprì gli occhi e cominciò a
guardarsi intorno, ansimante.
Si trovava lungo disteso su di un letto decisamente
troppo piccolo per lui: le braccia erano a penzoloni fuori dal
materasso e le gambe uscivano dai bordi in legno per poggiare i piedi
a terra. Era sdraiato prono in una stanza vuota, se non fosse stato
per il letto su cui era sdraiato al centro della sala e le poche
finestre sparse ai lati.
Diversamente a dove era arrivato non appena superato il
portale, questa volta le pareti erano di legno, non di luccicante
cristallo, così come tutto il resto dell'arredamento.
Rotolò, cadendo sgraziatamente dal letto, nel
tentativo di alzarsi. Quando picchiò a terra, una fantasiosa
imprecazione uscì prepotentemente dalle sue labbra, prima che
stringesse i denti e cercasse di arrampicarsi al letto per ritornare
in piedi.
Entrò nella sua stanza un nuovo cavallo, questa
volta giallo dalla criniera rosa elegantemente pettinata da un lato,
che lo guardò con un paio di occhi verdi brillanti.
«Oh, perdonami... ti ho sentito urlare, ma non
avevo capito se stessi chiedendo aiuto o mi stessi chiamando e
perciò...» balbettò lei, poco dopo aver messo le
zampe nella stanza.
Alastor aveva fatto appena in tempo a mettersi in
ginocchio avanti al letto aggrappandosi disperatamente alle sbarre e
al materasso, quando il pony paglierino aveva fatto il suo ingresso.
Anche se si stava lentamente riprendendo, ancora sentiva un brutto
sapore in bocca, come se stesse ancora digerendo il pranzo di una
settimana prima, e poteva giurare di sentire qualche passero cantare
intorno alla sua testa.
«E tu chi...»
riuscì a mormorare, con un filo di voce
«Oh,
perdonami!» esclamò di nuovo, quasi quelle due parole
fossero per lei un intercalare «Io mi chiamo Fluttershy, ti
trovi a casa mia adesso. Non stavi molto bene e così...»
Mentre il pegaso si rivolgeva a lui, parlando con un
filo di voce quasi temesse che lui avrebbe potuto mangiarla in
qualsiasi momento, Alastor chiese uno sforzo aggiuntivo alle
ginocchia per alzarsi sulle gambe. Una volta in piedi, pur senza
mollare la presa sul letto, domandò «Dov'è Aria?»
«Aria?» ripeté Fluttershy, non
sapendo evidentemente a chi appartenesse quel nome.
Seccato, Alastor le riservò il suo sguardo più
minaccioso possibile, mentre stringeva i denti cercando invano di
mantenere l'equilibrio senza appoggiarsi a qualcosa. «La
ragazza che è arrivata qui con me. Dove si trova?»
Il pony parve destarsi e, sussultando, si voltò
come se potesse trovare cosa poteva dire scritto sulle pareti e
rispose «Oh, non so dire cosa sia successo alle tue cose o ai
tuoi compagni. Di quello se ne occupava Twilight.»
Per Alastor, udire quel nome fu come uno shock.
Twilight.
Ecco qual era il nome che il drago aveva chiamato.
Perciò poteva essere la creatura che Aria non voleva
assolutamente incontrare. E adesso, Aria era scomparsa.
Era solo la terza volta che udiva quel nome, eppure già
gli donava brutte sensazioni.
L'umano gettò sul pegaso uno sguardo che avrebbe
potuto fermare il ticchettio di un orologio e domandò,
scandendo accuratamente ogni parola in maniera estremamente
minacciosa «Dove si trova questa Twilight?»
«Oh, no! Non puoi andarla a trovare adesso!»
esclamò Fluttershy, apparentemente incurante delle minacce,
ritornando a guardare l'umano e cominciando a volare verso di lui.
Alastor aveva finalmente lasciato la presa sul letto, ma gli sembrava
di camminare sospeso a diversi metri dal suolo.
Alla fine, aiutato dal pony con lui, venne messo a
sedere sul materasso e il mondo smise improvvisamente di girargli
intorno alla testa. Neppure la spazzatura travestita da liquore che
comprava Susy lo aveva mai messo così fuori gioco.
«Sei ancora troppo debole, devi riprenderti bene
prima di spostarti!» esclamò il pony, mentre lo
sistemava. Aveva abbandonato il tono basso e timoroso di poco prima,
quasi la preoccupazione per le sue condizioni fisiche superasse la
naturale paura che lei provava nei suoi confronti.
Tuttavia,
Alastor non cambiò espressione o atteggiamento nei confronti
dell'inusuale crocerossina. Gli era stato detto che in quel mondo
così strano avrebbe incontrato delle minacce e quel pony si
stava comportando in maniera anche
troppo
gentile, nei confronti di un perfetto estraneo, perché potesse
darle fiducia.
Non appena finì, il pegaso tornò ad
allontanarsi da lui, rivolgendosi all'umano con un sorriso materno
sulle labbra.
«Adesso risposati, quando avrai bisogno di me
chiamami e sarò da te in men che non si dica!»
Detto questo, senza aggiungere altro, il pegaso lasciò
la stanza chiudendo la porta dietro di se. Alastor ebbe l'impressione
che avesse anche chiuso la porta a chiave, ma era ancora troppo
intontito per esserne certo.
Passò il
tempo e presto ne perse la cognizione. In tutto quel periodo nessuno
si fece vedere né sentire e oltre l'eco lontano di qualche
animale non si udiva altro suono.
Se non altro nel
frattempo la testa aveva finalmente smesso di ronzare e l'umano aveva
lentamente ritrovato il suo senso dell'equilibrio.
In piedi, percorse
più volte la stanza a grandi cerchi fino a quando,
spazientito, non cominciò a bussare alla porta. Non provò
nemmeno a vedere se era davvero chiusa come pensava o no.
Arrivò in
gran carriera la padrona di casa, la quale una volta che vide Alastor
in piedi esclamò «Oh, vedo che stai meglio!»
«Quando
arriva questa Twilight? Sono passate ore!»
rispose in maniera seccata lui, ignorando lo stato d'animo del pegaso
e appoggiando i pugni sui fianchi senza spostarsi dalla porta.
«In questo
momento Twilight è molto occupata. Ma posso assicurarti io,
sei in grande forma!» esclamò lei, felice nonostante
l'atteggiamento scontroso di Alastor
«E la mia
borsa? Dove accidenti è finita?»
«La sto
cercando come te. Forse Twilight ha anche quella, o forse è
andata persa... confesso che non so come funziona il viaggio
attraverso i mondi.»
Quest'ultimo
dettaglio attirò l'attenzione di Alastor «Come sai del
viaggio nei mondi?»
«Be',
Twilight ha viaggiato nel tuo mondo... un paio di volte, almeno. E
poi credo ci sia ancora un altro pony che vive tra voi, ma non
ricordo come si chiama.»
Alastor non fu entusiasta di questo nuovo particolare
che gli avevano appena confidato. Anzi, il fatto che quei pony
fossero già pratici del viaggio attraverso le dimensioni lo
preoccupava: quali prove aveva, lui, per pensare che gli sgherri da
cui Aria tentava di scappare non fossero proprio quelle creaturine
colorate?
E dov'era Aria?
Perché non erano stati lasciati insieme?
La sensazione di
averla persa, dopo aver promesso di aiutarla, gli pesava nel petto
come un macigno.
Fece per uscire, dicendo «Non posso restare qui.»
Fluttershy spiccò il volo e gli si parò
davanti «Non credo di potertelo lasciar fare.»
Alastor
non reagì. Semplicemente si fermò e la guardò
inarcando un sopracciglio «Fluttershy...
sai
che
non è una buona idea.»
Fluttershy, per tutta risposta, spostò lo sguardo
dietro di sé per chiamare un certo Angel. Subito dopo entrò
nella stanza con l'umano un coniglio bianco, così piccolo che
tutto insieme poteva essere grande quanto un piede, il quale una
volta arrivato allungò un biglietto verso di lui.
Alastor lo afferrò, leggendo il suo contenuto
mentre Fluttershy spiegava cosa volesse dire. Aiuto che non si sentì
di rifiutare, poiché poche volte nella vita aveva visto una
scrittura peggiore di quella davanti ai suoi occhi. Sembrava scritta
tenendo la penna tra i denti!
«Twilight sta dando una grande festa al suo
castello, oggi. Per questo, come ti dicevo, è molto impegnata
e non ti abbiamo lasciato laggiù. Mi ha chiesto, però,
di accompagnarti da lei non appena ti saresti rimesso.»
Alastor
abbassò il biglietto rispondendo semplicemente «Andiamo
ora.»
L'umano e il pegaso cominciarono a vagare lungo le vie
di Ponyville, diretti al castello di Twilight. Mentre Fluttershy
avanzava con un intramontabile sorriso sul volto, Alastor non
smetteva di guardarsi intorno, cercando nel frattempo di ignorare le
occhiate incuriosite dei pony che incrociavano. Evidentemente quelle
creature erano tanto colorate quanto curiose.
Ma ancor più che le azioni dei passanti, era
l'intera vita intorno a lui ad impressionarlo, talmente aliena
rispetto a quello a cui era abituato che era impossibile che non la
notasse.
Ponyville sembrava ordinata e colorata così come
i suoi abitanti: le case in legno e i tetti di paglia si alzavano dal
terreno collinare riempiendo il paesaggio, lasciando tuttavia un
aspetto che aveva ben poco di artificiale, anzi si mimetizzava
perfettamente tra gli alberi e la vegetazione.
La popolazione, oltre a quelle impegnata a studiare
Alastor, camminava, o qualunque fosse la parola esatta per un
cavallo, con lo sguardo avanti a se e le labbra piegate in un
intramontabile sorriso, come se questo loro comportamento fosse stato
imposto in qualche modo. Tuttavia, se così era, non davano a
vedere lo sforzo.
La strana coppia arrivò a destinazione dopo pochi
minuti. Si trovavano davanti ad un enorme castello simile al tronco
di un albero con l'eccezione delle torrette sulla cima e di una
grande stella a sei punte scolpita nel tronco. Dai cornicioni dei
terrazzi numerose stelle filanti danzavano sospinte dal vento, come
se avessero voluto fare compagnia a quei pony sotto e sopra di loro
che ballavano seguendo un ritmo proveniente da qualche punto
imprecisato dell'edificio.
La
musica e il vociare degli invitati alla festa creava una cacofonia di
rumori che rendeva difficile, se non impossibile,
concentrarsi a fondo. Infatti, passò poco tempo prima che
Alastor perdesse Fluttershy tra la folla e si trovasse coinvolto in
discussioni con altri pony che lo guardavano e gli parlavano come se
fosse stata lui
la bestia proveniente da lontano.
La
parte brutta di quella situazione era che
era proprio così!
Senza però dimenticarsi il motivo per cui si
trovava lì, ovvero scoprire la posizione di Aria, Alastor
cominciò a chiedere informazioni sulla padrona di casa ogni
volta che ne aveva occasione, ottenendo in risposta solo tanti
aneddoti.
«Ah,
Princess
Twilight
Sparkle! Pony così ne nascono una volta ogni mille anni!»
«Ho sentito dire che può rivoltare
un'intera città come un tappeto, con la sua magia!»
«Cosa
ti aspettavi, da una che è stata in grado di affrontare draghi
e manticore a muso duro!»
«Per
non parlare di tutti gli appoggi che gode, non solo a Ponyville ma
per tutto il mondo!»
«Non
mi aspetterei diversamente, da qualcuno che ha affrontato e sconfitto
colossi come Nightmare Moon, Tirek o Queen Chrysalis!»
Ben presto, Alastor capì che l'aura di meraviglia
che si era creata intorno alla figura di Twilight Sparkle era tale
che su di lei bisbigliavano meravigliati anche soggetti che avevano
ben poco di cui parlare, al mondo. Alla fine, preferì cercarla
da solo.
Tra una giravolta per evitare camerieri con calici, uno
slalom tra i gruppi fermi a parlare e un aneddoto su cosa Princess
Twilight Sparkle avesse fatto o meno nella sua vita, Alastor riuscì
finalmente ad arrivare in uno dei terrazzi del castello che davano
sulla piazza davanti all'ingresso.
I tavoli disposti in ordine quasi maniacale sembravano
nascondersi nella mischia di pony, grandi come puntini a
quell'altezza; bevande e lustrini colorati sfilavano sotto di lui,
mentre la musica non cessava di farsi sentire, sempre e rigorosamente
con lo stesso tono, come se fosse stata appesa da qualche parte
vicino alle orecchie.
«Allora? Festa divertente, non è vero?»
domandò, ad un certo punto, una voce dietro di lui.
Alastor
si voltò verso la fonte, ammettendo seccamente «Sì,
è impressionante. Dai cibo gratis e di
sicuro
verranno a decine. Ma non sono qui per festeggiare.»
Sulla terrazza c'era un grande viavai di pony e la
musica continuava a farsi sentire, costringendo l'umano e il pony ad
alzare la voce per parlare tra di loro. Alastor mostrò il
biglietto tirandolo fuori dal gilet e cominciò ad allontanarsi
dal pony, spiegando «Ho avuto un invito, mi chiedo quanti qua
sotto ce l'abbiano. Non ho mai visto questa Twilight Sparkle, ma
tutti ne parlano come se fosse la cugina del diavolo! Riuscirò
a trovarla, presto o tardi!»
Fu quando si trovò a pochi passi dalla porta che
la musica cessò improvvisamente, assieme al vociare degli
invitati: tutto scorreva esattamente come prima, ma nemmeno un
sussurro arrivava alle loro orecchie.
La meraviglia dell'improvviso silenzio sorprese Alastor,
il quale si fermò e si voltò verso il pony lilla con
cui stava parlando.
«Forse
non sono stata una buona padrona di casa. Perché vedi, Alastor
Sullivan...» disse la giumenta, voltandosi sorridente verso
l'umano «Sono io
Twilight Sparkle.»
Alastor e la principessa si ritirarono da parte nel
castello per parlare lontani da occhi e orecchie indiscrete. Durante
il tragitto, l'umano scoprì che l'improvviso silenzio, così
come la musica che si poteva udire dovunque, era merito della padrona
di casa e delle sue incredibili doti magiche. Apparentemente la magia
era una forza molto comune in quel mondo e chiunque possedesse un
corno sulla fronte, gli unicorni, era in grado di usarla.
Quando
la coppia trovò una stanza isolata dove parlare
tranquillamente, Alastor cominciò senza fare troppi giri di
parole «Ho bisogno di alcune risposte e le voglio ora.»
«E allora fai le domande.» ribatté
Twilight guardando l'umano negli occhi senza battere ciglio.
«Dov'è Aria Blaze?»
Per una frazione di secondo, l'espressione sul volto di
Twilight si incupì. Fu una sensazione molto passeggera, ma
grazie alla preoccupazione che Alastor provava per la sua compagna
scomparsa, divenne evidente come un fulmine a ciel sereno
«Aria
Blaze?»
ripeté la principessa, senza aggiungere altro.
«Sì.
Aria Blaze. È alta, capelli scuri lunghi, raccolti in due
code. Occhi viola... bella. Indiscutibilmente
bella e...»
«So
perfettamente chi sono Aria Blaze, Sonata Dusk e Adagio Dazzle.»
ribatté Twilight, interrompendo Alastor con un tono molto più
duro di quanto lei volesse pronunciare. Pareva quasi che provasse un
certo astio per quel trio che non riusciva nascondere «Quello
che mi preoccupa è come tu le stia cercando.»
«E tu come...»
«Se
credi di sapere chi sono loro tre... sei solo un illuso.»
concluse la principessa, prima di alzarsi in volo e guardare Alastor
direttamente negli occhi «Le tre sirene, o le Dazzling,
come a loro piace farsi chiamare, sono infinitamente più
pericolose di quanto possano sembrare. Io ho visto di cosa sono
capaci. E non posso non preoccuparmi per te, vedendo come chiami una
di loro per
nome!»
«È per questo che, come siamo arrivati, ci
avete colpito alle spalle?»
Twilight inarcò un sopracciglio «Colpiti?»
«Sì,
colpiti!» esclamò Alastor, alzando le braccia al cielo
«Eravamo arrivati in questo castello, riconosco le pareti, da
nemmeno cinque minuti, abbiamo incontrato due dei tuoi e qualcosa ci
ha colpito entrambi alle spalle. Non siete voi il motivo per cui
siamo qui, perché ci dovreste attaccare?»
«Quando vi ho
visto, avevate intorno a voi Spike, Applejack e Rainbow Dash. Io vi
ho visto già svenuti... ma se non fosse stata una di loro a
rendervi inoffensivi, lo avrei fatto io.»
Quella risposta così
sincera sconvolse Alastor «Cosa? Perché?»
«Te l'ho
detto. Perché so cosa sono capaci di fare le Dazzling. Io le
ho viste all'opera, per giunta in un mondo quasi completamente privo
di magia... e ora mi dici che sono tutte e tre qui, ad Equestria. Hai
una singola idea di quanto possa essere pericoloso, tutto questo?»
Alastor
ascoltò le parole di Twilight, non senza un certo fastidio.
Alla fine, cercando di non gridarle contro, spiegò «Ascoltami,
io non ho mai visto le altre sirene e non so di che cosa tu stia
parlando. Ma ho promesso di proteggere Aria fino a che non avrà
trovato le altre e...»
«Aspetta!»
lo fermò la principessa «Vuoi dirmi che tu non
sai dove
siano le altre sirene?»
«È
quello che voglio scoprire.» rispose Alastor, squadrando
Twilight «Perciò te lo chiedo solo un'ultima volta:
dove-
sta-
Aria-
Blaze?»
La principessa, per tutta risposta, indicò fuori
con lo zoccolo «Sai cosa stiamo festeggiando, oggi?»
«Cosa?»
«Oggi
è esattamente un anno da quando sono diventata principessa. È
un anno che proteggo questa gente da tutti i pericoli del mondo. E,
avrai capito, sono tanti.
Non smetterò perché ci sei tu!»
Alastor puntò un dito contro l'alicorno,
spazientito di non trovare risposte «Se scopro che le hai fatto
qualcosa...»
«Sei arrivato qui, di punto in bianco, e credi di
avere già le idee chiare su cosa ti circonda?» lo
interruppe Twilight, facendo abbassare la mano ad Alastor con un
incantesimo.
I due si scambiarono uno sguardo gelido per alcuni
istanti. Ad Alastor non piaceva affatto quell'unicorno alato e lei
non si fidava di Alastor; non si sforzava nemmeno di nasconderlo.
«Adesso
ti trovi a Ponyville. Questa è casa mia.
Perciò, hai solo due scelte: o obbedisci alle regole e ti fidi
di me, oppure fai di testa tua. Ma se torcerai anche un solo crine
alle mie amiche... te lo giuro su Princess Celestia, verrò per
fartela pagare.»
«Mi stai minacciando?» chiese Alastor,
sorridendo divertito. Un divertimento che sapeva anche di scherno
«Mettiti in fila!»
Passò qualche altro secondo e Alastor chiuse la
loro conversazione abbandonando la sala e sbattendo la porta dietro
di se.
Sola, Twilight agitò lentamente il capo, poi
pensò a voce alta che per lo meno aveva un piano di riserva e
infine si teletrasportò in un'altra ala del castello.
La
città di Ponyville, anche lontano dal castello di Twilight,
era sicuramente colorata. Anche troppo,
per i gusti del ragazzo. Mentre avanzava tra le vie pulite e lucenti
del posto Alastor ebbe l'impressione che tutti lo stessero ancora
osservando, ma non poteva certo biasimarli per questo: anche lui, se
avesse visto girare per i suoi vicoli un cavallino colorato come loro
avrebbe per lo meno rovesciato nella fogna più vicina
qualsiasi cosa stesse bevendo.
Tuttavia, presto lo stupore che poteva giustificare la
curiosità degli altri pony finì con il mutare in un
vero e proprio clima di sospetto: ad ogni gruppo dove lui passava, le
vive chiacchierate tra di loro si interrompevano come macchine a cui
viene staccata la spina, per riprendere in un brusio sommesso ogni
volta che lui li superava.
Di cosa parlavano? Parlavano del suo aspetto o di lui?
Ma
ancora più di questo, ad Alastor premeva di sapere le sorti di
Aria. Dov'era finita? Perché nessuno voleva, o poteva,
rispondergli?
I suoi pensieri vennero interrotti da un pony dal manto
celeste e la criniera bianca in disordine avvolto in un camice che,
senza troppi complimenti, gli saltò al petto.
Alastor era grande e grosso, ma quei pony così
tondi pesavano almeno quanto lui; questo fattore, misto alla
sorpresa, lo fece finire gambe all'aria con il pony tra le braccia.
Ricambiando lo sguardo del suo aggressore, Alastor notò
come il suo volto fosse contratto dalla follia: i denti stretti, il
sorriso tirato al punto da mostrare le gengive, gli occhi sgranati
quasi fuori dalle orbite e una tempesta di tic che rendevano
impossibile per l'equino restare immobile lasciavano ben poco da
sperare sulla sua salute mentale.
Fortunatamente per l'umano, con tutti quei degenerati
che aveva incontrato nei bar malfamati della città, sapeva
come comportarsi con individui del genere.
Con un colpo di reni riuscì a girarsi scacciando
il pony e immobilizzandolo a terra con le mani non appena ne ebbe
l'occasione.
«Non muovere un muscolo!» lo minacciò,
mentre faceva per cercare a chi lasciare la custodia di quel soggetto
a rischio. Ma prima che potesse chiamare anche un solo individuo, la
voce del pony lo fece distrarre.
«Ti stanno osservando!» esclamò,
tremando
«Cosa?» domandò lui, lasciando la
presa per lo stupore di quelle parole. Piccola libertà che il
pony usò subito per liberarsi e gettare nuovamente a terra
Alastor. Nonostante il loro aspetto innocuo, possedevano tutta la
forza di un cavallo adulto.
«Ti
stanno osservando!» ripeté «Ti controllano. Ti
ascoltano. Studiano i tuoi movimenti. Sono concentrati su di te! E tu
non puoi fare niente per impedirlo! Niente! Niente!»
Il pony cominciò a ridere, una risata isterica
che gli faceva tremare il corpo, prima di galoppare in maniera
scomposta e disordinata in una direzione a caso, sbraitando che non
l'avrebbero mai presa.
Di chi stava parlando? Chi poteva osservare lui da
lontano?
Alastor rimase a guardare quel pony pazzo con la bocca
socchiusa e i denti stretti, non sapendo proprio come reagire a
qualcosa di simile.
«Ti stanno osservando! Ti stanno osservando!»
ripeté ancora il pazzo tra le risate, prima di sparire tra i
vicoli di Ponyville.
Rimettendosi lentamente in piedi, Alastor si guardò
intorno. Tutti i presenti lo guardavano come se non sapessero cosa
fare, alcuni vestiti da infermieri avevano cominciato a galoppare
dietro il fuggiasco.
Lui, invece, affondò le mani nelle tasche e
cominciò ad allontanarsi con passo sempre più spedito
lontano dalla folla.
Uscì dal paese e si ritrovò nelle
vicinanze della stessa foresta fitta e buia che aveva visto vicino a
dove si era svegliato, a casa di Fluttershy.
Si tuffò all'interno della vegetazione, cercando
un posto dove avrebbe potuto riflettere. La situazione in cui si
trovava era molto più difficile di quanto fosse abituato ad
affrontare e doveva spremersi per bene le meningi. Inoltre, se
davvero qualcuno lo stava spiando a Ponyville, era meglio sparire per
un po'.
Non aveva prove per rendere ufficiali i suoi sospetti,
ma l'impressione che Twilight e tutti gli altri pony gli
nascondessero qualcosa era troppo forte per essere ignorata e le
parole di quel pony fuori di melone gli avevano fatto gelare il
sangue nelle vene.
Era palesemente pazzo, ma chi poteva garantirgli, in una
situazione come quella, che non fosse casuale? Che le sue parole
corrispondessero al vero?
E se anche i suoi fossero stati solo vaneggiamenti,
allora che fine aveva fatto Aria? Twilight aveva praticamente
confermato che la teneva con se! Ma perché nasconderla? Perché
non tenere lui e lei assieme? Che motivo poteva avere di tenere la
presenza della sirena un mistero? E a che cosa si riferiva, quando
diceva di sapere di cosa Aria sia capace, quando è assieme
alle sue amiche?
In preda a queste domande, troppe perché potesse
trovare una risposta, Alastor vagò fino a perdersi
completamente nella vegetazione.
Convinto che in quel luogo, tra l'erba alta, i cespugli
selvatici, i rovi e la vite che avvolgeva i grandi alberi che
oscuravano la luce della luna, fosse al sicuro, Alastor si fermò
per riprendere fiato.
Riflettendo, giunse alla conclusione che giravano ancora
troppi misteri intorno a Ponyville perché potesse davvero
fidarsi, perciò scelse che poteva approfittare della
situazione per spostarsi in un'altra città, lontano da
Twilight e quei pazzi intorno a lei, riorganizzarsi e finalmente
trovare dove tenevano Aria.
Avanzò ancora per qualche metro, con passo più
calmo rispetto a prima. Non aveva idea di dove si trovasse un'altra
città, tanto meno come arrivarci, doveva perciò
mantenere le energie per affrontare una lunghissima camminata.
Fu un rumore improvviso, un ramo spezzato, a distrarlo.
Non si accorse di cosa accadde dopo, se non quando fu
troppo tardi.
Un fulmine verde apparve dal nulla, investendolo in
pieno petto.
Il colpo fu tale che venne sbalzato indietro di un paio
di metri, finendo dentro un cespuglio che lo sporcò dalla
testa alla punta dei piedi con foglie secche, fango e muffa.
Non fece in tempo nemmeno ad alzarsi che un altro
fulmine fece per piombare su di lui. Questa volta, però, fu
lesto a rispondere e tirò un gancio che si scontrò con
la meteora che altrimenti lo avrebbe investito, buttandola a lato.
Questa si rivelò essere una strana creatura nera
deforme, ma dall'altezza e dai lineamenti ad Alastor parve essere uno
di quei pony che aveva trovato a Ponyville.
Fece appena in tempo ad alzarsi in ginocchio e a
riconoscere la creatura che lo guardava in cagnesco massaggiandosi la
mascella con lo zoccolo, prima che qualcosa lo colpisse in mezzo alle
scapole, gettandolo di nuovo in mezzo alla vegetazione con un altro
volo.
Quello doveva essere un colpo non programmato, perché
in quest'occasione Alastor rotolò fino ad arrivare dentro ad
un fiume, abbastanza profondo da affondarci se restava almeno
inginocchiato.
I colpi subiti gli dovevano aver procurato dei bei
lividi, ma quel che era peggio era che lui non sapeva quanti di quei
mostri lo stavano seguendo.
Conscio di questo, approfittò della profondità
dell'acqua per spiare quanti abomini sarebbero usciti dalla
vegetazione. Sbucarono solo due: uno si diresse proprio verso la sua
direzione, come a verificare che non avesse attraversato il fiume,
mentre il suo compagno seguì la riva.
Due nemici poteva ancora affrontargli. Gli avevano anche
mollato delle signore sberle... il minimo che poteva fare era
restituire il favore!
Aspettò che il primo dei suoi inseguitori
arrivasse sopra di lui per saltare fuori dall'acqua come un mostro
marino, lo afferrò per la testa e lo trascinò
sott'acqua con lui, prendendolo di sorpresa.
La creatura lo fissò senza capire, come se ancora
non avesse realizzato cosa stesse succedendo. Senza perdere tempo,
tuttavia, Alastor approfittò dello slancio della sua cattura
per fargli picchiare violentemente la testa sul terreno sassoso del
fiume per fargli perdere i sensi.
Quello
che udì fu un sonoro “tock!”
e intorno al capo della creatura apparve una costellazione di stelle
e bolle.
«Ma
dove sono finito, in
un cartone animato?»
si chiese, osservando questo particolare, mentre trascinava la sua
vittima a riva. Avrebbe voluto sapere perché lo avevano
attaccato, ma prima doveva pensare all'altro mostro che lo seguiva.
E fu proprio qui
la falla nelle sue azioni: era piuttosto ingenuo credere di poter
sbucare dall'acqua, far perdere i sensi a uno dei suoi aggressori e
portarlo a riva... senza che il suo compagno se ne accorgesse!
Alastor fece
appena in tempo a lasciare il suo aggressore sdraiato nel fango della
riva, che una nuova meteora verde arrivò diretta ancora una
volta a lui.
Tuttavia, se Alastor peccava in acume, disponeva di una
resistenza sufficiente per fargli attutire l'attacco al petto
afferrando la testa del suo avversario una volta colpito, rimanendo
agganciato.
Purtroppo però non era abbastanza saldo sul posto
da fermare il suo avversario ed entrambi si trovarono a volare,
abbracciati uno all'altro, sopra il fiume.
In volo, i due avversari si scambiarono alcuni colpi
poco convinti, qualche zoccolata e pugno: troppa era la
concentrazione della creatura della foresta nel mantenere la velocità
per colpire con forza e Alastor doveva mantenere a tutti i costi la
presa sulle orecchie della creatura, se non voleva essere sbalzato
chissà dove a quella velocità.
Alla fine, tuttavia, l'insieme di fattori dovuto alla
velocità, la situazione precaria e il disordinato duello in
volo portarono i due sfidanti a sfondare nella vegetazione al capo
opposto della foresta, cadere rovinosamente a terra e rimbalzare in
due direzioni opposte per diversi metri.
Alastor terminò la sua corsa picchiando contro un
albero. Imprecò rumorosamente all'impatto per via del dolore,
forse qualche costola doveva esserglisi incrinata.
Tuttavia dovette portarsi rapidamente una mano sulla
bocca, avvertendo un rumore di passi avvicinarsi a lui. Sforzandosi
di ignorare la lunga fila di botte ricevute in pochi minuti, si alzò
e corse tra la vegetazione in direzione opposta, cercando di
mascherare il suo passaggio correndo tra i cespugli, gli alberi e
facendo attenzione a passare il più possibile sulle rocce per
non lasciare tracce.
Non seppe mai per quanto tempo corse, ma alla fine uscì
dalla vegetazione per trovarsi davanti a una piccola città di
periferia che riconobbe a prima vista.
Ponyville.
Di nuovo.
Avanti a lui, Twilight, Fluttershy e altre quattro pony
lo guardavano con un misto di preoccupazione, dovuto allo stato in
cui si trovava, e divertimento.
«Non sei andato molto lontano!» ironizzò
Twilight, vedendolo piegato, bagnato, sporco, con il fiatone e una
mano sul petto, dove sentiva il maggiore dolore.
Imprecando, Alastor ignorò l'insulto domandando
«Come si fa ad uscire da qui?»
La risposta di Twilight arrivò dopo un momento di
silenzio.
«Non puoi.»
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