I lattei cespugli si scuotono al
brusco passaggio della mia
bestia dal passo lento. Pesante e stanco.
Abbiamo combattuto tante battaglie, abbiamo ricevuto in dono sangue di
molte
vittime, molti colpevoli, e anche innocenti.
Aghi di pino si posano sulle mie
guance, freddi, pungenti.
La mia terra è così, inospitale e mortale per la
gente che giunge al suo
cospetto senza diritto. Questi alberi alti le contribuiscono un aspetto
molto
più tetro, molto più possente e pauroso.
E’ per questa mia terra che
continuo a lottare, per
lei io sono cresciuta, tra il freddo, la
disperazione, la fame, la violenza.
Sono sopravvissuta.
Ho ottenuto il diritto di difenderla, di avere al mio seguito
uomini
validi, pronti a lottare per la fredda terra
pallida su cui camminano. Io l’unica, fra le mie
sorelle, a voler
ottenere il potere nella maniera giusta. Annientando i deboli, e il
nemico che
ogni giorno incombe alle porte del Freljord.
Reclamo un popolo forte, reclamo
coraggio, reclamo ogni
giorno sete di vendetta contro coloro che hanno sempre creduto che il
Freljord
fosse morto.
Voglio insieme a me la prova vivente che codesta terra è
rinata più forte.
Il mio grande amico sotto di me si agita, scuote la sua chioma e
grugnisce
contro il grande gelo che si imbatte sul suo muso. Anche lui come me
temprato
dalle basse
temperature, riesce a
sentire il mio tormento e la mia rabbia, un turbine di emozioni che si
amalgama
dentro al mio stomaco e sbatte contro le pareti del mio corpo, cercando
di
uscire.
Ma non è questo il momento.
Ogni vittima, ogni goccia di sangue versato, ogni strada che
deciderò di camminare…quelle
saranno le cose per cui varrà la pena di gridare fuori la
mia rabbia.
Più avanti, i miei uomini sono fermi e congelati, ad
aspettare qualsiasi ordine
gli venga imposto, guardando l’orizzonte, il grigio cielo di
nuvole e il lieve
filo rossastro di un tramonto che queste terre non avranno mai il
diritto di
vedere.
E’ ora di andare.
Per la mia battaglia.
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