Stato sentimentale: relazione complicata

di aturiel
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Trovare se stessi può essere drammatico, non è vero? Cercare in un garbuglio di emozioni ciò che si definisce “anima” è difficile, se non impossibile. È quello ciò che vai a studiare ogni volta che t'avvicini allo specchio?

Ti sfiori con le dita e cerchi qualcosa, l'anello di connessione fra te e l'elemento che tanto ami. E quindi assaggi con i polpastrelli la pelle lattea del tuo ventre, i muscoli levigati dalla fatica, dall'acqua e dal sudore che si fonde con essa.
Se qualcuno ti vedesse mentre t'immergi nella vasca nell'intimità del tuo bagno, scambierebbe il lungo sguardo che regali alla tua stessa immagine come superficiale vanità. Mai ci si potrebbe però sbagliare di più: non ti stai ammirando né beando del tuo visto delicato, dei tuoi occhi cristallini o della forma atletica del tuo corpo, invece stai cercando di scorgere sotto la pelle quel novanta percento d'acqua che tutti possiedono, ma di cui nessuno si preoccupa.

A volte ti fermi ad ascoltare la tua stessa voce. Cosa succede quando ti rendi conto del suo suono leggermente roco? Cosa invece quando ne percepisci la vibrazione sottile, sul fondo della gola? Non ti stupisci della sua tonalità bassa, benché tu le permetta di uscire solo raramente. Le persone a te vicine la cercano, eppure tu limiti la sua fuga, intrappolando i pensieri nei confini della tua mente e lasciando che sia più spesso il silenzio a parlare della tua lingua.
Va bene così, pensasti una volta, ma ora? Perché nemmeno volendo, talora, non puoi far a meno di tenere le labbra sigillate? Un velo di ghiaccio ormai ti frena, non puoi liberartene. Anche quando dentro di te urli, la tua voce leggermente roca e dalla vibrazione sottile rimane in silenzio, imprigionata fra i denti.

A cosa pensi quando gli altri si rivolgono a te? Cosa immagini quando qualcuno s'avvicina e ti chiede come stai, col cuore sincero? Annuisci, regali qualche sillaba, doni un sorriso appena accennato, se puoi. Ma non con tutti funziona, non con te stesso: se c'è qualcosa che non va, tu lo sai già ancor prima, eppure non sai spiegare neppure a te stesso il motivo del tuo malessere. Perché fai ciò? Perché continui a fuggire?
Anche in questo caso sai la risposta, eppure non la vuoi dare. Ma te lo dico io, cosa sei: un dolce, malinconico, ingenuo, generoso, silenzioso, inespressivo, intenso codardo. Menti a te stesso continuamente, e non fai che pentirtene, soffri per le bugie che tu stesso ti sussurri. Sei un ragazzo silenzioso che si sconvolge per le lacrime di una persona importante, ma che ne rifiuta il significato per codardia.

Ma nonostante tu sia debole, vile e apparentemente insensibile, accetti di essere chi sei. E il tuo nome, Haruka, imperfetto – a tuo parere – perché stranamente femminile, è come te: rotola sulla lingua liscio come l'acqua fresca sulla pelle e non ferisce, ma regala un brivido lungo la schiena che non si può scordare.




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